giovedì 3 settembre 2020

Fenomenologia dello spirito (di alcune) delle commesse di panificio veneziane

Avendo a disposizione due panifici vicino a casa (ci sarebbe anche il pane già confezionato in sacchetto di plastica al supermercato, ma ci ricorro solo quando mi serve la gomma da masticare) ogni giorno posso scegliere dove spazientirmi e perdere tempo venendo costretto a subire il rito veneto della ciàcola arguta con il/la cliente abituale poiché Carlo Goldoni non è nato da queste parti per caso. Ora, ormai mi conoscete, io sono normalmente un tipo molto liberal e comprensivo, sapendo da tempo quanto nessuno (io per primo) sia perfetto, dunque accetto volentieri qualche piccola chiacchiera di cortesia e di rapporto empatico tra cliente e banconiere purché non superi quel limite temporale di tolleranza che la rende fastidiosa per chi si trova in attesa al banco e bellamente ignorato, avendo magari fretta perché ha altro da fare nella vita. In tal caso a volte mi trovo costretto a riscoprire le pretese di efficacia ed efficienza di chi come me viene dall'industria privata e, se non basta l’occhiataccia cupa di preavviso, poi divento “tagliente” come il coltello che vorrei avere tra le mani.

Per esempio, uno dei due panifici in cui mi servo (una piccola rivendita) ha la signora al banco che è molto gentile, ma da qualche tempo sta diventando sorda come una campana. Questo ormai rende i dialoghi tra me e lei piuttosto impegnativi perché se le chiedi quattro rosette ti risponde che le baguette oggi non ci sono e l’altro giorno che le ho chiesto di darmi una confezione di grissini mi ha risposto: “sono dietro di lei, nel banco frigo” perché aveva capito che volessi degli stracchini. La signora, in questione, essendo la rivendita molto piccolina, consente l’ingresso solo ad una persona alla volta (e non possono entrare i cani, dunque Whisky deve attendere più o meno pazientemente legato al palo del divieto di sosta in attesa che passi qualche cane per iniziare una lunga abbaiata del tipo “se ti avvicini ti apro in due anche se sono legato”).

Così, qualche giorno fa mi sono trovato ad attendere sulla porta che la cliente entrata prima di me oltre a comperare il pane e del tutto incurante della mia presenza sulla soglia, terminasse un lungo e periglioso dialogo ad alta voce con la banconiera sui gnocchi di patate in vendita, a base di “Sono freschi? Ma sono di patate? Non è che sono di zucca, che a mi no i me piase? Li vedo così gialli… ah! go capìo, el xe il tipo di patata. Ma tu come li condisci? Con il sugo? E come fai il sugo? Con il pomodoro fresco e il basilico? Che io anch'io li faccio così, però a mio marito non piacciono, lui li vuole solo al ragù…ma ti sa anca come ti pol farli? Ti ga da far un sugo con il radicchio e la luganega, ti vedarà quanto che i xe boni…”. Alla fine, sono stato costretto a ringhiarle dalla porta “Signora, che ne dice di un bel burro e salvia con tanto formaggio e di lasciarmi prendere il pane?”. 

Al martedì invece, nella rivendita c’è un'altra commessa che ormai ho soprannominato “Moviola” perché, oltre ad essere insicura e a chiederti più volte conferma di quello che vuoi per non sbagliare (che tanto poi il latte intero te lo dà lo stesso anche se tu lo hai chiesto parzialmente scremato perché si confonde tra le bottiglie e non ha ancora capito la differenza tra quella con il tappo blu e quella con il tappo rosa) è di una lentezza esasperante, pesa due o tre volte il pane per essere sicura e a volte fa delle inspiegabili e ripetute trasmigrazioni di pane da un sacchetto all’altro forse per diversità di prezzo. Poi se, Dio non voglia, prendi qualcosa che non sia pane dallo scaffale degli alimentari, va in preda al panico e deve uscire dal banco a controllare quanto costava la scatola di piselli che hai preso. Peccato che poi nel tragitto di ritorno alla cassa se lo dimentichi e quindi sia costretta a tornare indietro a rivedere (non serve che glielo dica tu, che lei per scrupolo deve andare a controllare comunque, dato che io ho evidentemente la faccia di quello che se ti può fregare cinque centesimi, te li frega).
Una volta, spinto dalle logiche aziendali del miglioramento continuo, le ho suggerito, visto che la sua rivendita non era il Conad con migliaia di prodotti in vendita, di scriversi i prezzi di quelle quattro cose che tiene sullo scaffale degli alimentari e nel piccolo banco frigo (il burro, lo yogurt, i pelati e qualche altro barattolo assortito e merendina) sopra un foglietto da appiccicare alla cassa, ma se lo deve essere dimenticato appena sono uscito. Comunque, il problema di “Moviola” è facilmente risolvibile, basta ricordarsi di non andare in quel panificio di martedì. 

L’altro panificio ha invece il problema “Mirandolina” ovvero una banconiera che, come fosse uscita dalle quinte della commedia di Goldoni, vuole farti vedere quanto sia vivace e brillante nella vita di relazione sociale e dunque si sente in obbligo di rivolgere ad ogni cliente conosciuto/a una sventagliata di considerazioni argute e battutine di grande ilarità, tanto che spesso se le fa e se le ride da sola. Il tutto aggravato dal fatto che il panificio ha anche un piccolo settore dove si può fare colazione e dove lei ama dedicare gran parte del suo tempo perché mentre prepara il cappuccino (dopo essersi autodefinita la maga della schiuma) ha modo di disquisire spiritosamente su pregi e virtù tutte le brioches in vetrina, con particolare enfasi per quelle integrali e al Kamut, Inoltre, s’informa di tutto un po’ riguardo alla vita del / della cliente: dalla fresca laurea di un nipote, alla figlia sedicenne che sta facendo pratica dalla parrucchiera, dai nonni che hanno fatto le nozze di platino e hanno festeggiato in uno sconosciuto ristorante di Oriago, magnificato come fosse la Villa Crespi di Cannavacciuolo, per finire al tema dei temi: “Ciò! Luisa... dove ti xè stada in vacansa, che xè tanto che no te vedevo…”. 
Così, appreso mentre sorbiva il cappuccino che la signora Luisa era stata a Cuba e che anche “Mirandolina” avrebbe tanto voluto andarci con suo marito, ma che ha paura di volare, mi sono sorbito, del tutto dimenticato davanti al banco del pane, una lunga serie di banalità turistiche sul pesce incredibile, il mare azzurrissimo ma con i pescecani, i cubani che sono gentili e simpatici ma appena esci dal centro c’è tanta povertà, il caldo umido e insopportabile, il Rum che quello buono è caro per non parlare dei sigari, le vecchie macchine americane e i taxi che sono scassatissimi e via dicendo, compresi i Barbudos che non ci sono più. Poi, anche se sono rimasto deluso perché mi aspettavo almeno un cenno a Che Guevara, attesa al varco come una sentenza, “Mirandolina” ha rivolto alla signora Luisa la domanda delle domande “ma ti xe stada anche a Guantanamera?” . A quel punto mi sono intromesso nel dialogo dicendo: “Scusate, ma ho sentito che parlate di Cuba e Guantanamera e volevo chiederle se per caso ha mica incontrato Compay Segundo”
“No.. ma… chi sarebbe?”
“Oh, niente… è un mio amico cubano che mi ha chiesto se gli comperavo quattro rosette.”

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