lunedì 25 luglio 2016

Traveling & traveling (nei favolosi anni'80)


Stazione di Roma Termini, ore 22.30 di una tiepida sera di primavera del 1985 .
Arriva il treno intercity da Venezia con quasi due ore di ritardo. Sfortunatamente ne sono a bordo per motivi di lavoro. L'indomani mattina alle nove, infatti, dovrò intervenire ad un (palIoso) convegno nazionale sulle nuove frontiere della formazione in azienda e dell'action learning e mi toccherà quindi alzarmi abbastanza presto. Malgrado il ritardo, dovuto ad un treno merci che non so quale problema avesse, sono ancora sereno e rilassato, anche se le Ferrovie - al solito - mi hanno tenuto sul leggero facendomi saltare la cena. Ho passato il tempo del viaggio un po' chiacchierando con una matura signora che -­ bontà sua - nel tratto da Bologna ad Arezzo ha ritenuto essenziale informarmi su come si potesse curare l'artrite reumatoide con le medicine omeopatiche e il decotto di biancospino, e un po' rileggendo e correggendo il testo della mia relazione. Sono dunque pronto a recarmi in albergo (prenotato per tempo ... ) per una bella doccetta e una gran dormita ristoratrice. Non posso ancora immaginare quale notte mi aspetti.




Arrivo frattanto in hotel. Mi presento al portiere chiedendo la mia camera, ma invece delle chiavi e della richiesta di documenti ricevo uno sguardo imbarazzato al quale rispondo sorpreso. "C'e' forse qualche problema? Non trova la prenotazione? Ho un cognome strano, guardi meglio, magari per telefono l'avete capito male e scritto peggio..." 
"No dottore il suo cognome è stato scritto benissimo... il fatto è che ormai la sua camera non c'e' più'" e chiude il registro dell'albergo con aria sconsolata, quasi a sottolineare che assieme alla camera era scomparsa anche la speranza.
"Come sarebbe a dire che la stanza non c'e più? Se l'ho prenotata almeno dieci giorni fa ..." 
"Beh ... perché lei era atteso per le nove, ma e' arrivato dopo le dieci e  trascorsa tale ora, come sa, le prenotazioni saltano e le camere si considerano di nuovo libere... ". 
Impallidisco e ricaccio in gola l'imprecazione robusta che cercava di affiorare a viva forza. "Ma che ca ... volo di discorso è?  Sara' mica colpa mia se i treni fanno schifo e non si può neppure avvisare che si e' in ritardo ... ". 
"Non e' neppure colpa mia se un cliente e' arrivato prima di lei e ha preteso la sua camera ... "
Insisto avanzando varie argomentazioni sul mio incontestabile diritto di ottenere comunque un letto, ma senza produrre alcun effetto perché i miei ragionamenti sembrano rimbalzare su di un muro di gomma. "Lei ha ragione, dottore, ma io che ci posso fare? E comunque adesso non abbiamo più stanze libere" (alle sue spalle penzolano due o tre chiavi, ma va tu a sapere se sono di clienti ancora in giro o se le gestisce per scopi suoi). 
"Ah! Perfetto .... e io, secondo lei, dove vado a dormire ora, al Colosseo?" 
"Glielo sconsiglio, dottore, non fa ancora abbastanza caldo .... ma se vuole le 
cerco un albergo!".
Questa inaspettata offerta di aiuto mi induce a soprassedere allo strangolamento del portiere con successivo vilipendio di cadavere per la faccenda del Colosseo. 
Gli allungo un ventimila (dieci per il suo disturbo e dieci per le telefonate .. ) perché sono un uomo di mondo e so bene che i favori dopo le dieci di sera non si fanno per nulla (mi chiedo anche, en passant, se per ottenere la mia camera un qualche altro uomo di mondo non abbia per caso usato lo stesso mio sistema ... ) e mi siedo su una poltrona in attesa degli eventi. 



Inganno il tempo osservando con crescente rancore quell'omuncolo insignificante con le chiavi incrociate sulla giacchettina grigia che si e' frapposto come un ostacolo tra me e il mio meritato riposo. Ha una faccettina sottile con due baffetti appena accennati su cui incombe un buffo naso largo, i capelli pepe e sale allisciati all' indietro. Penso che, con una faccia cosi', durante il fascismo sarebbe stato perfetto per fare la spia dell' O.V.R.A . 
Mentre compone i numeri del telefono infilando la matita nel disco, noto anche che porta al dito un pacchiano anellone squadrato, con una pietra verde che ha molto l'aspetto di un fondo di bottiglia. Emana inoltre, lo percepisco fino dalla poltrona dove sono sprofondato, un dolciastro profumo di acqua di colonia, della quale si deve essere inondato. Decido che per profumarsi in tal misura deve essere anche uno che si lava poco. E cosi' il nostro e' servito di barba e capelli. Il portiere, mentre lo viviseziono con lo sguardo, attacca il giro dei suoi colleghi ed amici e ogni tanto scuote sconsolato il crapino : "Dotto', qua' e' un pasticcio, nun c'e' sta un posto libero in tutta Roma". 
Mi si riaffaccia inquietante l'ipotesi Colosseo. 




Noto anche che il portiere, penso a seguito dell'effetto "ventimila", ha abbandonato rapidamente l'inappuntabile italiano dell'esordio, virando al classic roman style. 
Comunque, dopo altre quattro o cinque chiacchierate telefoniche a spese mie per informarsi oltre che: "Se ce stava na camera pè uno ... " (che sarei stato io )  anche se: "domenica ce vedemo ar mare co' li regazzini ..." e dopo una serie di ossequiosi saluti a una non meglio identificata Marisa, il nostro riaggancia e con un sorrisone mi annuncia che mi ha sistemato ( "Ma che fatica, dotto' !" ) presso la pensione Katy in via Numa Quintilio, definita come piccola ma pulita e che incidentalmente è della cognata di un suo amico. Capisco che sarebbero gradite altre diecimila a titolo di compenso per il buon fine della vicenda e prontamente eseguo ricevendone l'atteso e untuoso "Troppo buono, dottore..."
Perplesso, ma in fondo sollevato, ringrazio e mi faccio chiamare un taxi (Como 7, in tre minuti) che arriva dopo dieci minuti. Sono già le 11.30 ed ho un gran sonno, che mi si chiudono le palpebre. Salgo e do l'indirizzo al conducente: "Mi porti in via Numa Quintilio, per favore... " ma ne ricevo una risposta agghiacciante: "Via ché? E 'ndo sta?"  
Ora, io adoro le situazioni surreali e anche l'humour romano, ma non a quell'ora e con quel sonno, per cui la mia voce si trasforma in un ringhio cupo e minaccioso. "Beh! Il tassista - romano, per giunta - è lei, mica lo devo sapere io che vengo da fuori ....si faccia dire da qualcuno dove e' questa via della malora, che ho sonno e voglio andare in albergo".




Dopo lunghi conciliaboli con radio-taxi (a tassametro acceso e a voce abbastanza alta per essere sentita) a proposito di un tipo che voleva proprio andare in questa via introvabile " 'sto fanatico ..." e sul fatto "che tutti a me devono capita'..."  arriva finalmente la sentenza: si tratta di una via periferica del quartiere di Tor e qualcosa d'altro che, anche se lo capivo ormai benissimo da solo, mi dice essere un posto per scannacristiani (ecco perché' lui non lo trovava!) e non per persone distinte come me. 
Sono tentato per un momento di rientrare in albergo e farmi restituire le trentamila dal portiere. Poi rifletto che a seguito di un fatto del genere avrei potuto passare la notte a Rebibbia per minacce e violenza privata e desisto. 
Tento la sorte e gli dico: "Senta, questa pensione Katy, a quanto mi dice, e' in un posto da lupi e mi e' passata la voglia di andarci. Mi affido a lei. Andiamo in giro per Roma a cercare un albergo, di prima, seconda o terza categoria, va bene anche con mezza stella, non m'importa. Basta che possa dormire!". 
Quello capisce al volo la possibilità del lucroso guadagno e dopo un: "Stia tranquillo, dottò, 'ce penzo io!" il mio Como 7 parte sgommando verso il centro. 
Giriamo invano cinque, sei alberghi o forse piu'. Lui scende, va a trattare e ogni volta ritorna sconsolato "Gnente , dottò, nun e' serata ..." . O forse sì - sospetto io - ma solo per il tassametro .... 

Poi, verso mezzanotte e un quarto, la buona sorte riappare. C'è un albergo di prima categoria, centralissimo e che ha una stanza libera . Scendo, ringrazio e pago un conto chilometrico. Mi informo dal portiere sul prezzo di una singola. Sono duecentoquarantamila lire per una notte (e pure senza colazione ! ). Mi rassegno al taglieggio, e del resto a quell'ora pagherei anche mezzo milione pur di dormire. Mentre il concierge mi registra i documenti mi guardo attorno. La hall e' molto elegante, con specchi antichi, stucchi color crema e pistacchio, un'allegra fontanella con putto e molte piante di felce tutt'attorno. M'insospettisce solo una cosa: il portiere, un giovanotto tozzetto con l'aria del pugile, non e' in divisa ma indossa una maglietta di cotone bianca con il collo da ciclista e, per dirla tutta: ha l'aria un po' burina. Ma - penso - sono dettagli e poi a quell'ora di notte, con certe facce che si vedono in giro (anche nella hall, per la verità) forse e' quello che ci vuole. Così, prendo la mia borsa e dopo aver preso un ascensore cigolante ma che profumava di cera (buon segno) salgo al terzo piano in cerca della mia stanza, l'introvabile 344.  Mi aggiro per i corridoi notando che man mano che mi allontano dal corpo centrale dell'albergo aumenta la trasandatezza, come se stessi inoltrandomi in una specie di depandance di più basso livello. Finalmente, percorso un lunghissimo corridoio, trovo la stanza, apro la porta e ci resto male. 




Si trattava di una stanzona tappezzata con una strana stoffa/moquette color carota con alcuni intarsi blu (rattoppi o creatività' dell' arredatore ?) e una fascia di mogano che correva lungo le pareti. Al centro, un letto matrimoniale con un solo comodino e di lato, una sedia di velluto rosso e un po' liso e un vecchio armadio. Dirimpetto al letto c'era una porta bianca, chiusa. Fine della stanza da duecentoquarantamila lire e senza colazione. Dimenticavo il quadro sopra il letto, ma è meglio così.
Passo il dito sulla fascia di mogano e lo ritiro ricoperto di polvere . Guardo anche il copriletto : ci sono delle macchie di varia natura. Non oso guardare le lenzuola. Mi indigno. Mi spingo ad esaminare il bagno e vi trovo ancora l'acqua da tirare con pisciata ricordo del precedente inquilino e una saponetta con capello incorporato. Mi indigno ulteriormente e l'impulso e' quello di prendere e andare via (magari a sporgere denuncia per truffa ... ). Poi, penso che in fondo si tratta di una sola notte (anzi, ormai di poche ore di sonno ... ) e che rimettersi ancora in pista a quell'ora in cerca di un nuovo albergo sarebbe stata una follia. Quindi, dopo un'accesa discussione tra il mio lato emotivo e quello razionale, decido di restare. Tolgo con le dita a pinza di granchio il copriletto, mi infilo il pigiama, spengo la luce e mi stendo sulle lenzuola cercando di prendere finalmente sonno. E qui invece il dramma riprende vigore. 

Dormo forse 10 minuti, non di più, quando si ode nella stanza vicina uno sbattimento di porta che mi sveglia di soprassalto. La mia stanza viene inondata dalla luce che filtra dalle innumerevoli fessure della porta bianca di fronte al letto e dal vociare allegro di tre persone, evidentemente su di giri ... Non c'e' neppure bisogno di tendere l'orecchio, perche' mi sembra di averle in camera con me. La loro conversazione in Italfranglais (che sarebbe un mix di italiano, francese ed inglese ... ) mi rende subito nota l'identita' dei miei allegri vicini. Si tratta di uno steward delle linee aeree egiziane e di due entraineuses sedicenti svizzere (di una proprio non ci avrei giurato, perché riconosco l'accento pugliese) rimorchiate da qualche night della zona. Mi e' anche abbastanza chiara l'intenzione del terzetto e la prospettiva di cagnara - erotica o no, poco importava - che si annunciava per il proseguo della notte. Provo a bussare sulla porta, dapprima piano poi più energicamente, invocando il silenzio. La cosa li lascia del tutto indifferenti, anzi, le risate aumentano di intensità'! Busso ancora piu' forte (quasi un cazzotto sulla porta .. ) e finalmente il rumore si attenua e si odono solo dei bisbiglii . Penso speranzoso : " Vabbè ! Adesso faranno quello che devono fare, sperando che lo facciano in fretta e non la tirino per le lunghe, e dopo mi lasceranno dormire ... ". Macchè : passano due minuti e la conversazione riprende alta come prima. Sento tutto quello che si raccontano. Lui - intuisco - ha perfino tirato fuori delle fotografie e le sta mostrando con orgoglio alle due sedicenti svizzerotte "This is my mother on Alexandria beach ... and this is my sister .... " . Mi domando perché' uno debba sentire il bisogno di esibire la foto della madre e della sorella a due zoccole e ne concludo che certamente e' per mostrare loro due colleghe egiziane.

  


La conversazione prosegue amabilmente (ogni tanto si sente schioccare un bacio seguito da uno scoppio di risate e palla fine tutti e tre, dopo un misterioso rumore di vetri infranti (e giù altre risate...) si mettono a cantare una canzone sgangherata  e pure in tedesco. 
Decido che non ne posso più'. Mi afferro al telefono e chiamo il portiere che dopo qualche squillo finalmente risponde: "Dicaaa ... " 
Lo aggredisco in tono concitato "Senta ... lascio perdere ogni considerazione sulla mia stanza, ma questi qui della 343 stanno facendo da mezzora un chiasso indecente. lo devo alzarmi presto domattina, ho bisogno di dormire. Può far qualcosa? " 
"Nun se preoccupi dottò, 'ce penzo io .... " e' la risposta. 
Trascorrono due minuti ed ecco che finalmente Rambo entra in azione. Come nel film, meglio che nel film. La porta della stanza vicina viene investita da un uragano di cazzottoni e si sente urlare: "Ahooo!  Che 'vve volete 'sta zitti ? Me state a sveglià tutto l' arbergo (...li mortacci)" 
I tre escono intimoriti nel corridoio a parlamentare , ma Rambo, ormai senza freni, incalza: "Io ve caccio fora a pedate, ve intorcino la spina ... "
L' egiziano cerca di ribattere qualcosa, ma viene travolto: " Ma come te permetti? Ma che stai a 'ddi? So io che te chiamo la polizia... ma vedi de annartene co' ste due zoccolone". 

Morale della favola: i tre vengono espulsi ipso facto dall' albergo. la luce si spegne e ascolto le voci ancora concitate che si allontanano lungo il corridoio. Mi rilasso (ero un tantino teso) e cerco di riprendere il sonno quando - ancora! - squilla il telefono: e' Rambo che mi informa sull'esito dello scontro: "Dottò,  abbiamo ristabbilito l'ordine. Adesso può dormire tranquillo, buona notte, dottò". 
La mattina dopo, metto in mano al portiere le duecentoquarantamila lire sulle quali la tentazione di sputarci sopra una per una prima di scendere era stata fortissima. Non sarebbe stato un gesto molto fine, lo riconosco, ma avrebbe aiutato a decongestionare il fegato. 

Ah, come dite? Il nome dell' albergo? Eh no! Non lo dico. Lasciami almeno godere all'idea che possa capitare ad altri ....