giovedì 22 marzo 2018

Di quelli che ogni tanto si stancano di Facebook e si prendono una pausa di riflessione.


Non avevo molta voglia di scrivere questo post, ma alla fine, dai e dai, mi sono deciso. Non c'entra lo scandalo della Cambridge Analytica e l'odierno appello internazionale al DeleteFacebook (che lascerà il tempo che trova, visto che se cancelli l'account poi sarai nei guai con tutte le app. collegate) anche perché quanto emerso in queste ore in tutta la sua gravità è stato solo la formalizzazione di un qualcosa che in realtà immaginavamo tutti, anche se preferivamo far finta di non saperlo. Perché è chiaro che se ti trastulli con i test psicologici che trovi in bacheca non è che dei benefattori li mettono su Facebook per farti divertire gratis a scoprire che in un altra vita saresti stato Napoleone o Lucrezia Borgia e che l'animale che ti assomiglia di più è il pavone. Ovviamente, quei test servono alle società del settore per tracciare il tuo profilo di consumatore e conoscere i tuoi gusti e le cause che ti appassionano o ti indignano, nella vita e dunque anche in politica. Quindi, le anime belle che in queste ore protestano per la violazione della loro privacy e l'utilizzo illecito dei loro dati personali hanno senz'altro ragione, ma tuttavia fanno un po' sorridere perché la testa sotto la mannaia della speculazione commerciale e politica ce l'hanno messa loro spensieratamente e magari i test avrebbero dovuto rivelar loro che il personaggio a cui somigliavano era più Tafazzi che non Albert Einstein. 

Ma non è questo il punto. Il fatto è che da qualche tempo mi sto stancando sempre più di Facebook. Lo reggo a fatica e ho sempre meno voglia di addentrarmi tra le sue pagine che spesso mi danno solo un senso di fastidio. Quando ci sono entrato, diversi anni fa, anche per uscire da una fase psicologicamente difficile dopo la malattia, era ancora un posto frequentabile e simpatico nel quale potevi raccontare serenamente della tua vita, delle tue emozioni e dei tuoi interessi. Qualcuno ti metteva like, qualcuno ti ignorava, altri ti chiedevano l’amicizia o facevano dei commenti simpatici ai tuoi post o alle tue foto che ricambiavi. Un posto gradevole e non stressante in cui conoscere e fare amicizia, come poi è accaduto, con persone simili a me e che oggi mi sono molto care. 

Ora in questi ultimi anni troppe cose sono cambiate. Il web, grazie ai social e alla loro semplicità d'uso, purtroppo a prova d'idiota, è diventato oltre che un potente e illuministico strumento per l’espansione della conoscenza su scala planetaria anche un generatore e diffusore di ignoranza che oggi, paradossalmente, viene addirittura vissuta come un valore, una sorta di innocenza primigenia da contrapporre con orgoglio (vedi le università della vita che in tanti rivendicano sul proprio profilo) ad un mondo del sapere e delle competenze tanto lontano da noi e sicuramente corrotto e al soldo di chissà quali oscuri interessi.  

Di conseguenza, anche Facebook da qualche tempo si è incattivito ed è diventato un luogo dove c’è in giro tanta aggressività, pregiudizio e disinformazione e nel quale in mezzo a quel poco che ancora resiste di simpatico, socialmente impegnato, intelligente e gradevole, ti vengono propinate in maniera crescente bufale, provocazioni e stupidaggini di vario genere. Tutti commentano tutto e le loro sono sempre opinioni granitiche, da professorini o primi della classe con il ditino alzato che, se solo provi ad esporre un punto di vista diverso, ti fanno la morale, ti danno lezioni di vita e anche se le loro analisi sono sempliciotte e di una banalità sconcertante, fanno il pieno di like e l'antilope isolata viene subito sbranata dal branco dei suoi follower che si spalleggiano l'uno con l'altro. Lo so, potrei fare a meno di guardare in giro sulla bacheca e concentrarmi unicamente sul rapporto con i miei pochissimi amici, ma è più forte di me, sarà una pulsione masochistica o la curiosità dell'anatomopatologo ma ogni tanto mi viene la tentazione di affacciarmi sul Maelström degli umori quotidiani del popolo di Facebook e spesso ne rimango allibito e spaventato, come quando sulla cengia di una ferrata guardi in basso. Dunque è normale che ad un certo punto uno si chieda: "Ma che ci faccio io in un posto come questo?" e non trovi ancora una risposta accettabile. 

Sinceramente, se non fosse per le mie amiche e gli amici che mi seguono ormai da anni e non smetterò mai di ringraziare per l’affetto e la simpatia che mi dimostrano quotidianamente avrei già chiuso da tempo l’account, ma ancora non lo farò perché non voglio spezzare quel filo rosso di empatia e comune sentire che mi lega a tanti di loro, con alcuni dei quali ho perfino avuto l’opportunità di sviluppare l’amicizia anche al di fuori del web e con altri lo farò prossimamente e con grande piacere, per non parlare di quelli che conosco da una vita. Dunque, non spaventatevi perché non me ne vado. Semplicemente ho deciso che mi prendo una pausa per recuperare serenità, diradando la mia presenza. Continuerò a postare ogni tanto i miei racconti del blog e a linkarli sulla mia bacheca anche perché so che molti di voi si divertono a leggerli e del resto io mi diverto a scrivere per gli amici e, comunque, se volete restare in contatto ci sono sempre la chat e il what’s up. Che dire quindi? Ci rivediamo tra un po’ e intanto, siccome mala tempora currunt, beh, cercate di correre più veloci, io vi seguo appena posso. Ad maiora!