venerdì 14 aprile 2017

Della cara e vecchia Pasqua di una volta


Questa mattina ho letto con molto piacere che alcune mie amiche su Facebook si raccontavano a vicenda dei riti tradizionali della Settimana Santa (il digiuno di magro, la musica classica alla radio e in televisione... ) che attorno agli anni '60 e dintorni si osservavano rigorosamente nelle famiglie e nella nostra società in generale e si chiedevano se anche altri amici li ricordassero.

E come no? Certo che li ricordo bene...la settimana che precedeva la Pasqua era un crescendo rossiniano di sobrietà, meditazione e penitenza che culminava con il venerdì santo e terminava con lo slegarsi delle campane di San Marco alla mezzanotte del sabato. I cinema erano praticamente tutti chiusi e alla televisione, che allora c'erano solo Rai Uno e Rai Due e i canali li cambiavi alzandoti dal divano e ruotando la sintonia, trasmettevano solo la Via Crucis e film edificanti di carattere religioso, tra i quali Bernadette, Quo vadis, La tunica, il Re dei re e l'immancabile Marcellino pane e vino, che già Don Camillo era considerato troppo ridanciano. Se in quei giorni di sobria meditazione volevi vedere qualcosa di più... laico, noi avevamo la fortuna di ricevere Tele Capodistria, che io guardavo di nascosto appena la nonna andava a dormire (all'epoca vivevo a Venezia con i nonni e la zia per via della continuità scolastica, perché i miei erano in giro per tutte le basi navali italiane). Il guaio era che mentre qui finivano le trasmissioni con la musichetta celestiale e le nuvolette che salivano in cielo, loro pompavano Bandiera rossa, che era tutto un programma, così la nonna, credendo che fossero arrivati i comunisti, si svegliava e s'incazzava.

Ricordo anche che la domenica delle palme si tornava dalla messa a San Marco (ero precettato dai nonni e dalla zia, non potevo esimermi) con il ramoscello di ulivo che finalmente sostituiva quello rinsecchito dell'anno prima sopra la porta della cucina e si doveva tenere la casa in ordine perché al pomeriggio passava don Gino, il Parroco di Santa Maria Formosa con il chierichetto e l'aspersorio per benedire tutte le stanze della casa, compresa la mia, sperando che almeno servisse per andare bene a scuola. Alla fine della benedizione, si facevano quattro chiacchiere seduti in cucina e mia nonna stappava per il nostro sacerdote una delle bottiglie di Bonarda che le mandavano a Natale i suoi parenti di Viarigi Monferrato e che teneva come una reliquia (per il chierichetto, c'erano dei biscotti fatti in casa).

Don Gino, che era una simpatica persona, gradiva molto quell'assaggio che veniva ripetuto più volte e quando nel '68 si guadagnò l'appellativo di "Prete Rosso" forse non era solo per le sue posizioni politiche. Comunque, durante il venerdì santo anche in casa nostra si digiunava come prescritto dalla liturgia, ma per modo di dire, che mia nonna tirava la sfoglia alla mattina e poi faceva degli strepitosi ravioli di magro, con gli spinaci e la ricotta (lei seguiva curiose ricorrenze alimentari e, per esempio, a Natale c'erano sempre i cappelletti in brodo e la gallina bollita con la salsa verde e i funghi sott'olio di contorno, mentre la sua minestra di ceci e fagioli bianchi la faceva sempre il due novembre, per la ricorrenza dei morti, e non c'era verso di fargliela fare prima). L'altro piccolo ricordo che ancora conservo è che alla mezzanotte del sabato santo, quando finalmente si scioglievano le campane di San Marco che risuonavano festose per tutta Venezia, la nonna ci faceva bagnare gli occhi perché pare che preservasse la vista. Bei tempi comunque, quando le piccole tradizioni di famiglia erano ancora sentite, ti facevano sentire parte di un mondo degli affetti e nessuno si scocciava di parteciparvi, anzi...


Buona Pasqua a chi mi legge (la sorpresa è il mio bretone)

Oggi anche la Pasqua, come già da tempo il Natale che ormai è solo un puro delirio consumistico, pur mantenendo ancora i suoi connotati originali di ricorrenza religiosa, nel comune sentire è diventata più che altro l'occasione per aprire l'uovo con la sorpresa personalizzata per i maschietti e le bambine (che altrimenti si litigano), strafogarsi di colomba farcita con la cioccolata o la cremina al Grand Marnier e far la gita fuori porta, tanto che sul Montello, sul Cansiglio o sui Colli Euganei devi aver prenotato almeno da gennaio se vuoi sperare di trovar un posto a tavola. Molti, approfittando del ponte, hanno preso un volo low cost Ryanair o Volotea e ora sono già sparapanzati su qualche spiaggia greca o chissà dove, le multisala cittadine sono aperte al gran completo, domani a mezzogiorno c'è il derby tra l'Inter e il Milan e questa sera, che sarebbe venerdì santo, basta guardare i palinsesti delle televisioni e vi si trova di tutto, da Fast and furious a Scuola di Polizia 2 e comunque, se per caso vuoi farti del male e ti viene voglia di guardare le 50 sfumature di grigio che ti eri perso al cinema, beh... ce l'hai su Netflix . Però mi sa che non ci abbiamo guadagnato con il cambio. Non si può riavere indietro la Pasqua di una volta con la sobrietà, la musica classica, i ravioli di magro e un bel bicchiere raso di Bonarda da bere discutendo di politica con don Gino ? Lo apprezzerei molto, grazie...

giovedì 13 aprile 2017

Delle vecchiette incaute che si perdono tra i boschi dell'Arizona

Ogni tanto i quotidiani nazionali ci regalano qualche perla. Infatti, ho appena letto una notizia di spalla con tanto di servizio fotografico e il titolo: "Esploratrice si perde nella foresta, un SOS di bastoncini la salva (avrebbe scritto Help, veramente, ma non stiamo a sottilizzare) " e tu pensi istantaneamente con emozione alla vicenda di un'avventurosa eroina come Amelia Earhart persa tra le foreste del Borneo o ad una Freya Stark smarrita tra le oasi del deserto e invece, proseguendo nella lettura, scopri che l'esploratrice è solo una smilza e truccatissima vecchietta di 72 anni di Tucson che andava a trovare i nipoti (dove abitavano? nel ranch di Bonanza?) e che, rimasta a secco di gas con la sua auto (cosa guidava la nonnina? Una Duna con impianto a metano?), si era messa a girovagare perdendosi per nove giorni tra i boschi dell'Arizona e facendo una salutare quanto involontaria dieta Mességué a base di bacche, erbe e acqua piovana. Ora, il fatto che una girovaghi sperduta per una foresta perché ha finito il carburante e il suo Nokia del 1994 guarda caso non prende il segnale, avrebbe dovuto suggerire al titolista che la signora non esplorava affatto per spirito di avventura, ma solo per sfiga. Ovviamente, i soccorritori avevano trovato subito il suo cane, ma solo perché l'unico esploratore vero della vicenda era lui, e comunque immagino che la bestiola avesse rifiutato ogni collaborazione pensando "Che si salvi da sola quella vecchia arpia, che lesina sulle crocchette e le compera scadute e ammuffite per risparmiare". Poi, fortunatamente, qualche giorno dopo, grazie ad un elicottero che ha visto il segnale di soccorso, hanno recuperato anche l'arzilla vecchietta e come nei film abbiamo avuto il lieto fine, anzi: l'happy end. 


Momento critico durante un guado .


Certo che quella volta in cui mi sono perso tra i boschi del Resciesa andando a funghi e sono sbucato fuori verso le undici di sera sulla strada statale in un punto che ero quasi arrivato a Santa Cristina anziché ad Ortisei, nutrendomi solo di fragole e lamponi, magari un trafiletto, anche nella cronaca sportiva, il Gazzettino o l'Adige dell'epoca potevano dedicarmelo, anche perché comunque avevo con me una decina di porcini, un paio di sbrise e oltre un chilo di finferli, che era pur sempre un gran bel risultato (servì a mitigare l'incazzatura di mia madre una volta rientrato a casa con l'autostop). La drammatica immagine che riporto qui sotto è di quegli anni e mi ritrae in mezzo ai boschi gardenesi nel momento in cui attraversando a guado un torrente ero scivolato e avevo messo lo scarpone in acqua costringendomi alla manovra di emergenza dello strizzamento del calzettone di lana, proprio come Messner durante la scalata della parete sud dell'Annapurna.