sabato 18 maggio 2013

Della prima spiaggia, del wi-fi balneare e delle vicine di ombrellone francesi


Sono da poco passate le sei del mattino. La luce del sole, che di questi tempi, quando c’è, è merce rara visto il clima che assomiglia più al monsone asiatico che alla primavera, inonda già la nostra camera da letto filtrando tra  i rami dei platani sulla strada. Essendo ormai sveglio da diversi minuti anche per l’ennesima ginocchiata da cartellino "rosso diretto" dell'elfa che quando si gira nel sonno colpisce all'inguine con la precisione delle sue frecce, decido di andare nel mio studiolo ad accendere il computer nell'attesa che la mia compagna apra gli occhi. Così, aprendo Facebook vi trovo un messaggio di mio figlio che alle 05.25 di mattina, dopo aver attraversato di notte la Polonia e la Lituania in pullman, ci tiene a farmi sapere di essere in stazione a Varsavia e che tra un'ora ha la coincidenza per Olomuc (mi pare di ricordare che sia nella Repubblica Ceka) dove poi prenderà un altro treno per Brno e infine, dopo aver dormito a casa di suoi amici, l'autobus per rientrare nel suo ostello universitario a Vienna. Io, che da ventenne andavo in giornata da Venezia a Busto Arsizio per amore di una ragazza conosciuta in vacanza e già mi sentivo un eroe, lo ammiro anche per questo. Talis pater, talis filius. 

Alcune mie foto scattate durante la gita della scorsa settimana in bragozzo
tra le isole della laguna orientale, da Quarto d'Altino a Sant'Erasmo e il Lazzaretto Nuovo.
Qui un cocàl (un gabbiano reale) sorveglia il suo territorio

Vedo che il giovane "farfallone amoroso" è ancora collegato su internet e così chattiamo per qualche minuto. Dopo avermi informato (tentando una vergognosa captatio benevolentiae) che, per rendere omaggio alle radici austroungariche di famiglia e dei bisnonni paterni, nel weekend della prossima settimana sarebbe stato a Budapest con degli amici di università e che quindi avrebbe prelevato altri 150 euro (questo era il punto), per addolcire ulteriormente la pillola il giovanotto mi avverte che Katerina ha già postato sul suo Facebook le foto del loro giro sul Baltico, tra Klaipèda e Riga e di guardarle. 

Così, mentre ammiro con una punta freudiana d’invidia le immagini del mio rampollo e della sua ragazza abbracciati al sole su una lunga spiaggia dalla sabbia bianchissima e un mare così azzurro e trasparente da sembrare il Mediterraneo, sento una mano che si posa leggera sulla mia spalla e la voce dell’elfa ridestata.
"Lasciami il posto che voglio parlare con mio figlio e guardare le foto. Tu intanto vai a  portare fuori il cane che appena rientri andiamo a Jesolo a prendere il primo sole dell’anno. Sbrigati che non voglio fare le code…
La notizia mi coglie del tutto alla sprovvista.
"Andiamo a Gèsolo? Ah! Non me l’aspettavo!" 
"Sì, visto che finalmente c'è il sole oggi si va proprio a Jesolo che tu denigri tanto chiamandolo Gèsolo per indispettirmi. Perché? Adesso non ti va più? Non sei quello che me la sta smenando da settimane perché ha bisogno assolutamente di un bagno di mare per drenare il naso dall'allergia da polline? Ora che te lo propongo ti tiri indietro?
"Beh…no… va bene, a patto che ci stiamo poco: due bagnetti, un po’ di sole e via. Lo sai che in spiaggia mi annoio mortalmente ad osservare per ore te che ti abbronzi mentre io mi ustiono. Poi dobbiamo tornare presto per il cane…" 
"Per il cane non c’è problema perché viene mio fratello a portarlo a spasso e a dargli la pappa e in quanto alla noia che ti infliggerei, sappi che quest’anno puoi portarti il tablet perché ho letto che c’è il wi-fi anche in spiaggia. Dunque, potrai cazzeggiare a tuo piacere sul web"

Bricole e barene a perdita d'occhio verso Sant'Erasmo,
l'isola che fungeva da orto per la Serenissima,
oggi famosa per i suoi tenerissimi carciofi violetti
 e dove ancora esistono secolari vitigni unici al mondo di uva dorona.

Quest'ultima notizia mi conferma che L’Italia è un felice paese dove la genialità (e altro) si mangia a colazione come il pane e nutella. La strepitosa idea del Wi-fi da spiaggia, di cui ero all'oscuro, non poteva germogliare che qui da noi e in particolare provenire dai filantropi degli stabilimenti balneari che notoriamente farebbero anche il salto nel cerchio di fuoco pur di indurti a prendere un ombrellone con sdraio in quarta fila a 15 euro (per la prima serve la fidejussione bancaria) e un pedalò a 35. Dunque, ora da Jesolo (Gèsolo) a Lignano e da Mondello a Ladispoli il vicino/vicina di ombrellone potrà chattare animosamente su Facebook, twittare, telefonare con Skype o mostrare le tette all’universo mondo con la webcam del tutto gratuitamente (forse mi sbaglio, ma su questo punto del gratis la vedo dura…). Bene…molto bene. Ma c'è un però da valutare.

L'enorme edificio del Tezon Grande, al Lazzaretto Nuovo.
 Un' isola all'entrata della laguna dove venivano alloggiati
obbligatoriamente per quaranta giorni (da qui la quarantena)
  tutti gli equipaggi e le merci provenienti via mare per evitare
un possibile contagio della peste in città.
Abbandonata dopo la dominazione austriaca che l'utilizzava
 come un deposito militare, sino a pochi anni fa
 l'isola era una giungla inestricabile dove era difficile approdare.
Oggi un gruppo di appassionati archeologi e di volontari
 la sta lentamente restaurando e riportando al suo splendore.

Tralascio gli aspetti clinici della ciber-dipendenza di cui mi accusa l'elfa e provo immediatamente ad immaginarmi intento a scrivere questo post sulla sdraio con il mio tablet da 8 pollici in precario equilibrio tra l’addome sudaticcio (un po’ fuori forma, lo ammetto) e le ginocchia. Purtroppo, mi affiora  subito alla mente il ricordo del giovane “American idiot” che ciondolando come uno zombie con in mano un bicchierone di Coca cola tra le poltroncine del Frecciarossa Roma-Venezia mi aveva allagato e distrutto un portatile aziendale da 1500 euro pensando di cavarsela disinvoltamente con un: "Ooops! So sorry...."  (il suo corpo crivellato con la penna a biro giace ancora da qualche parte tra Arezzo e Cortona...).

Sotto gli intonaci ottocenteschi del Tezon sono emerse
 decine e decine di  preziose scritte come questa
dove gli  equipaggi raccontavano del loro viaggio,
 la provenienza e la destinazione e le merci trasportate.

Pertanto, occupandomi anche di FMEA (Failure Mode Effects and Analysis) effettuo un brain storming personale per immaginare da dove potrebbe arrivare il pericolo e classificarlo in base ad un coefficiente di probabilità di impatto con il mio tablet e di gravità potenziale del danno in modo da prevenirlo. Gli eventi possibili che mi vengono in mente sono:

1) Moglie con spray abbronzante al cocco che arriva fino sullo schermo rendendolo appiccicoso (punti 6.5) 
2) Bambino del vicino che fa a secchiellate di sabbia con la sorellina (8, 75) 
3) Signorina dal forte accento padovano che tra poco sbatterà al vento il telo da bagno pieno di sabbia (punti 5) 
4) Cenere di sigaretta di moglie che viene a curiosare fumando (7,5) 
5) Acqua salmastra che gocciola sullo screen dal costume di moglie che viene a curiosare ancora bagnata (7,5)
6) Moglie che per vedere un filmato di tango su You Tube effettua il touch screen con le dita insabbiate rigandoti lo schermo (8,0)
7) Bambino e sorellina del vicino che dopo essersi ridotti come i guerrieri di terracotta di Xi’an corrono in mare a ripulirsi e ritornano fradici scrollandosi l’acqua di dosso come due cagnolini (7,5 punti) 
8) Adolescenti che si rincorrono tra gli ombrelloni con i fucili ad acqua giocando a Steven Seagal contro Schwarzenegger e allagando te e la presa USB del tablet (7.5) 

Poi, proprio quando penso di aver previsto tutto, il cervello mi rimanda l’immagine dell’elfa spazientita che rosolata al sole quanto basta mi dice "Basta rincretinirti su quel computer, vieni a fare il bagno…" . Obbedisco e dimentico fatalmente la “regola dei dieci passi” dei film western. Quella per cui spento il tablet lo riponi amorevolmente all'ombra nella sua custodia, ti allontani di dieci passi verso il mare, ti volti e: "Buongiorno, vorrei far denuncia di un furto in spiaggia….” 

Gli equipaggi in quarantena al Lazzaretto nuovo
venivano periodicamente visitati dai medici che indossavano questa veste.
Chi presentava sintomi sospetti veniva subito trasferito sull'isola
del Lazzaretto vecchio dove si portavano gli appestati.
Il lungo naso a becco della maschera protettiva indossata dal medico
era riempito di erbe medicamentose e unguenti per fare da filtro ai microbi

Alla fine, considerato l'alto coefficiente di rischio, decido di lasciare il tablet a casa malgrado il “Non lo vuoi portare? Cavoli tuoi, ma poi non mi dire che ti annoi” e si parte. Arriviamo in spiaggia verso le dieci e c’è già un carnaio di gente bianchiccia richiamata come noi dalla prima giornata di sole.
Comunque, preso il lettino e l’ombrellone ci buttiamo finalmente nelle acque gelidine dell’Adriatico per la prima nuotata della stagione da cui ritorno intirizzito ma orgoglioso per aver fatto quasi 50 metri filati a stile libero (ho provato anche a nuotare a farfalla, ma dopo cinque metri avevo già un fiatone imbarazzante e ho pure bevuto cercando peraltro di darmi un contegno di fronte all'elfa ridacchiante dicendo che era per fare dei gargarismi di acqua salata benefici per la gola). Quindi: sdraio, unzione meticolosa della consorte con le creme e lettura di Repubblica sino all’ora del pranzo, atteso con crescente impazienza. 

Il leone cinquecentesco sulla vera da pozzo del Lazzaretto Nuovo,
miracolosamente sfuggito agli scalpelli napoleonici.
E' uno dei pochi esistenti che tiene tra le zampe il libro del vangelo chiuso
perché in quel periodo Venezia era in guerra.

Caldo afoso del dopo pranzo in spiaggia. Il panino alla piastra con formaggio sintetico, rucola e prosciutto made in Taiwan, ingurgitato in fretta seduto sotto il sole al tavolino del chioschetto bar e circondato da una mandria di tedeschi e trevigiani sudati e in attesa del nostro posto, ha iniziato un lungo viaggio spazio-temporale nel mio stomaco alla ricerca dei succhi gastrici, mentre la birra tracannata nel tentativo di deglutirlo, ora zampilla allegra dal mio corpo in tanti rivoletti di sudore. Il mio sonno sulla sdraio, spezzato periodicamente dalle gomitate leggere di mia moglie (stai russando, ti guardano tutti…) viene definitivamente interrotto dal rumore di un ombrellone vicino che si apre e dalle imprecazioni in chioggiotto del bagnino che nel farlo si è pizzicato le dita.

Metto a fuoco la scena. Alle sue spalle è in attesa una bella signora, tutta fasciata in un fluttuante pareo azzurro cielo che lascia intravedere un pudico costume intero blu notte. I capelli sono fermati da un nastrino in seta e ai piedi porta delle infradito in pelle naturale, sicuramente di marca. Tutto molto semplice, ma di grande eleganza. 
Mentre ho la sensazione di averla già vista e mi sforzo di capire dove, mi soccorre inattesa la mia compagna che la stava osservando a sua volta con lo sguardo compiaciuto della vipera che ha visto comparire l’ignaro topolino. "Prima che tu me lo chieda, è la signora che al baretto era seduta sul tavolino accanto a noi…". 
Guardo l’elfa stupito ed ammirato. "Ma lo sai che hai ragione? Brava… è proprio la signora francese."

Ecco Burano, con il campanile pendente e le case multicolori

Essendo uomo assai incauto ed ingenuo malgrado i 27 anni di vita con l’elfa che dovrebbero avermi insegnato ad essere un tantinello più attento a scorgere cosa c’è sotto le foglie dove poso i piedi, mi arriva subito uno sguardo indagatore. "E tu come fai a sapere che è francese?", 
"Perché oltre alla "salad mixte" ha ordinato al cameriere con la tipica cadenza francese quel “capiucinò” che mi ha ricordato la zia Ines, quella di Marsiglia che mi chiamava sempre “Carlò” e non sono mai riuscito a farle arretrare di un millimetro quell’accento " 
L'elfa ridacchia con il tono di quando vuol essere perfida "A me ricordava più Peter Sellers nella parte dell’ispettore Clouseau, comunque è lo stesso…"

Guardo intanto con interesse le cose che escono dalla borsa etnica in raffia della nostra vicina e che ripone con cura sulla brandina. Creme, oli solari quanto basta, poi “Le Monde” e proprio quando mi aspetto il solito Ken Follett o Wilbur Smith in versione francese mi salta fuori “Una donna spezzata” della Simone De Beauvoir. Dunque, la signora, oltre che molto charmant, è anche una donna di buone letture.

La quiete della laguna all'imbrunire

Anche l’elfa, che ha seguito tutta la faccenda attentamente riprende il discorso "Tutta questa tua premessa è solo per dirmi che ti ha colpito e l’hai notata?".
"Si… ha un bellissimo viso e mi sembra molto raffinata, l’archetipo della signora colta e di gran classe, un po’ come Ingrid Bergman in “Indiscreto”. Te la ricordi? E’ il film con Cary Grant che fa il diplomatico e lei è un’attrice di prosa…".

La sua domanda però non è affatto innocente ed appartiene a quella serie di quesiti del tipo: “Mi trovi ingrassata?” o “Come mi sta questo vestito?” che nella logica femminile significano: “E’ da tanto che non litighiamo... ti va di strillare un po'?” e ai quali si deve evitare di rispondere, ma come al solito e sempre per via della faccenda che non controllo cosa ci sia sotto le foglie che calpesto ci casco dentro fino al collo. Infatti, preso dal piacere della citazione, dimentico imprudentemente quale tragedia avesse scatenato Paride porgendo quella benedetta mela alla donna sbagliata, e, soprattutto, che elementari regole di prudenza suggeriscono di non parlar mai bene di una nuova presenza femminile ad una donna che già conosci, tanto più se è tua moglie.

Cala la sera sulla laguna

Basterebbe, a tal proposito, aver presente come una donna in spiaggia osservi diversamente da noi l’arrivo di una nuova vicina d’ombrellone, soprattutto se sola e potenzialmente competitiva. Noi aspettiamo di vederla finalmente in costume per ammirarne le forme. Il nostro fine è almeno inizialmente solo di tipo estetico e comunque innocente fino (eventualmente) al momento successivo in cui cominciamo a valutarla in termini di scopabilità (passati i cinquanta, diventa puro esercizio teorico). La nostra lei, al contrario, attende perfidamente di vedere la rivale in costume per controllarne di persona il numero delle smagliature, la consistenza delle masse cellulitiche e l’eventuale gluteo o seno cadente per farti poi notare il tutto puntigliosamente. Il suo fine, in questo caso, è esclusivamente l’annientamento dell’avversaria, hic et nunc e non si fanno prigionieri.

Entrando nel canale di Mazzorbo al tramonto

Infatti, lo sguardo di mia moglie cambia subito colore e diventa intenso come quello della mia gatta Mitzi quando studiava bene le mie mosse per graffiarmi con comodo.
"A parte che il tuo archetipo di donna fascinosa ha già superato i quaranta da un bel pezzo, non vedi che si tiene su disperatamente con il trucco? Se guardi bene noterai che è il trionfo del mascara e il viso è irrigidito nel rigor mortis dagli strati di fondo tinta. C’è più argilla addosso a lei di quanta ce ne sia in un liceo artistico. Se parliamo di portamento è rigida come una scopa e, in quanto a classe, ti basti sapere che ha portato alla bocca con le dita i pezzetti di tonno dell'insalata. Ha solo delle discrete tette, ma probabilmente ha il reggiseno con i ferretti. Se solo lo sgancia, crolla l’impalcatura. Il sedere, invece, lo tiene ancora su probabilmente a forza di diete e di palestra, ma su quei fianchi matronali che si ritrova ha due stupende maniglie dell’amore, non trovi? Ti concedo solo che ha delle belle mani da pianista… vuoi ancora dell’altro?".

Pochi minuti ancora e scenderà la notte sui campanili e la laguna

Allargo le braccia rassegnato. La bordata di un’intera fiancata di cannoni della galeazza veneta aveva sbriciolato l’innocente vascello francese. "Colpita e affondata! Ritiro tutto. Ammetto di essere orbo e di aver scambiato una vecchia cariatide per una donna incantevole ".
Mia moglie sorride soddisfatta dandomi una pacchetta cordiale sulle ginocchia.
"Bravo! Così va meglio…anzi, bravò!" 
Poi si distende di nuovo sulla brandina a riscaldarsi al sole,
Provo a mia volta a riprendere il sonno, ma non ci riesco più.
Sicuramente è colpa del primo caldo e del panino…