martedì 11 ottobre 2022

Quelli che vengono interrogati in geografia a mezzanotte e venti.


Mia moglie a volte mi ricorda la gatta Mitzi, la nostra fiera guerriera serba, figlia di Matchka, una gattona randagia trovata sporca e miagolante dopo che, entrando dal piccolo sportello sulla strada, aveva partorito nella carbonaia della nostra casa di Belgrado.

Mentre gli altri fratellini appena grandicelli se l'erano svignati in cerca di avventure attraverso i giardini confinanti, Mitzi, l'unica femmina della cucciolata (una sorellina era nata morta), a soli sei mesi era stata importata clandestinamente a Venezia avvolta in una coperta dentro ad un borsone aperto quel tanto che bastava (sperando che non miagolasse) per tenerla nascosta ai controlli doganali che fortunatamente, avendo noi in quell’epoca il passaporto diplomatico, erano piuttosto sbrigativi.

Anche Mitzi, proprio come l'elfa, ogni tanto ti fissava con l'aria dolce di quella che stava per farti le fusa, poi appena allungavi la mano per accarezzarla arrivava rapida la rasoiata delle sue unghie a farti zampillare il sangue. Infatti, questa mattina, mentre facevamo colazione assieme in pasticceria, con Whisky che attendeva paziente il pezzettino di brioche, l'elfa mi ha fissato con uno sguardo affettuoso e, poi, dopo un bel sorriso, mi ha detto: "Sai che ho pensato di prendere come regalo per il tuo compleanno?"

Al ché, io, piacevolmente sorpreso, ho risposto: "Oh! Grazie amore... ma… un altro regalo? Non mi hai già preso il parka della Quechua? Come mai tanta generosità nei miei confronti? Devo pensare che le mie crepes dell’altra sera erano davvero buone o ti sei presa un vestito o una borsetta in saldo su Amazon con la mia prepagata, oppure sai qualcosa della mia salute che io non so. Quale delle tre?"
"No... nulla di tutto questo. Ma pensavo che, siccome stasera torno a casa prima, possiamo andare alla Lidl dove, se non ho visto male, inizia la settimana svedese. Che ne dici di un barattolo di marmellata di mirtilli rossi e qualche scatola dei loro biscottini allo zenzero e cannella oppure di una confezione di aringhe affumicate con l’aneto?"
“Dico che a parte le aringhe affumicate, delle quali peraltro sei ghiotta anche tu, gli altri mi sembrano regalini per te, piuttosto che per me, ma se proprio vuoi gratificarmi con qualcosa di svedese senza andare all’IKEA allora potresti regalarmi una bottiglia di vodka Absolut…”
Elfa che, da quella carina e carezzevole, assume improvvisamente l’aria della moglie indignata: “Ma scherzi? Assolutamente no, perché ti fa male…”
“Va bene, in alternativa, se mi regali del salmone affumicato? E’ tanto che non lo mangio e con i crostini di pane, il burro e una goccina di limone potrebbe essere una buona idea per cena… se poi dici che così non mangio mai l’insalata, allore potrei mettere sul crostino di burro e salmone del lattughino fresco, che ci sta bene…”

Elfa che, interrotte le fusa, sferra immediatamente la graffiata sanguinosa, alzando perfino la voce.
“Ecco, lo vedi? Sei sempre il solito! Lo sai benissimo che Il salmone è ricco di proteine e le devi limitare. Scordatelo! Anzi… guarda, se la metti così, lasciamo perdere i regali alla Lidl che è meglio, tanto lo so che di questo passo mi chiederai di prenderti i salamini affumicati tirolesi o il chorizo spagnolo...”

Ma non c’è solo questo a renderla simile alla Mitzi, perché l’elfa, esattamente come la mia gatta che, puntualissima, alle nove di sera la trovavi acciambellata sulla poltrona a dormire (ora lo fa il bretone che a quell’ora è già in pigiama sul suo lettino), se non c’è nulla d’interessante in televisione ha ripreso la vecchia abitudine di infilarsi prestissimo al calduccio sotto la trapunta per leggere qualche libro e ormai ne divora un paio a settimana, tanto che ne ha acquistati diversi da un tizio sulla Miranese che vende chincaglieria assortita, roba vecchia e libri usati in un caotico e polveroso negozietto.

Il problema è che quando verso mezzanotte io spengo il computer e la raggiungo sotto le coltri, arriva subito il “Ti dispiace se leggo ancora un po’?” aggiungendo poi con tono affettuoso “Tu, se vuoi, dormi pure, che non mi dai fastidio…” (che in un mondo normale dovrebbe essere il contrario, ma pazienza) .
Tuttavia, in realtà, il prendere sonno è tecnicamente impossibile visto che, da un lato abbiamo un lampadario a otto braccia ad illuminarci la stanza neanche fosse mezzogiorno e poi, appena ci provi, precedute da un colpetto di piede e un "Stai già dormendo?" (che se anche fosse così a quel punto sei comunque sveglio) iniziano le domande strane a cui devi rispondere assolutamente, altrimenti lei insiste e sbuffa perchè non sei collaborativo e non la badi.

Ieri sera, per esempio, mi è stato chiesto “Dove nasce il Danubio? In Austria?”
“No, mi pare nella foresta nera, in Germania…”
“Sei sicuro? Non è che ti confondi con il Reno? Se Strauss ha scritto il bel Danubio blu perché passa per Vienna, magari nasce in Austria”
“No… a parte che il Reno se ne va per i fatti suoi verso il Mare del Nord, a Vienna il Danubio lo hai anche visto e ci arriva che è già bello grande e navigabile. Quindi nasce molto prima, in Germania”
“Non è che può essere la Svizzera?”
“No, passa per una decina di paesi e attraversa quattro capitali: Vienna, Bratislava, Budapest e Belgrado, ma la Svizzera non se la fila nemmeno di striscio. Forse non ama il formaggio con i buchi, il cioccolato e gli orologi a cucù”
“Sarà come dici tu, ma dove sfocia?”
“Nel Mar Nero…”
“Naaah! Lo vedi che ti confondi? Quello è il Volga”
“No, amore… giuro che il Volga, se la Russia non lo ha deviato, sfocia ancora nel Mar Caspio”
“Sicuro? Non è che puoi controllare su Google Maps?”
“Ho spento il computer…”
“Si, ma puoi chiederlo al telefonino…”




Così mi alzo, vado nel mio studiolo a prendere lo smartphone in ricarica, con il cane che dal suo lettino mi guarda stupito di vedermi ricomparire, ed eseguo. Quindi torno a infilarmi di nuovo sotto la trapunta dicendole: “Google e Wikipedia confermano: il Danubio nasce nella Foresta nera e sfocia nel Mar Nero. Contenta ora? Possiamo dormire? “
“Sì, Finisco il capitolo e spengo..”
"Ma non l'avevi già finito?"
"Sì, ma mentre eri di là, ho iniziato quello seguente... però lo leggo in dieci minuti, non ti preoccupare"
Provo di nuovo a chiudere gli occhi, ma dopo un paio di minuti arriva implacabile un nuovo quesito: “Quali sono gli affluenti del Danubio?”
“Senti, tesoro.. a parte che non mi è chiaro perché debba sostenere un’interrogazione di geografia a mezzanotte e venti, mi dici che cacchio di libro stai leggendo e perché si interessa tanto del Danubio? Lo so che in quel negozio trovi libri sconosciuti e subito abbandonati da chiunque abbia provato a leggerli, ma… ”
“Questo non l’ho comprato in negozio… qualche tempo fa uscendo di casa ho visto che c’era una pila di vecchi libri appoggiati sopra il cassonetto della carta e siccome questo mi sembrava interessante l’ho preso…“
“Vabbè, allora se qualcuno lo aveva destinato al cassonetto fatti una domanda e datti una risposta. Comunque di che parla?”
“Racconta le vicende di una popolazione primitiva e nomade che esplora terre sconosciute e ad un certo punto mi dice che si accampano vicino ad un grande fiume che sfocia nel Danubio. Tu hai idea di quale fiume si tratti?”
“Boh… il Danubio ha decine di affluenti, ma l’unico grande che mi viene in mente è la Sava, anche perché ho abitato a Belgrado e il punto in cui i due fiumi si uniscono davanti alla fortezza del Kalemegdan l’avevo vicino a casa. Ci sarebbe anche l’Inn, ma è molto più a monte e non è tanto grande…”
“Mah.. per me ti dimentichi qualche fiume… puoi andare a controllare su Google maps?”

Mi alzo nuovamente, torno al telefonino con il cane che stavolta ha l’aria del “Ehi! Qui c’è gente che sta dormendo… basta andare su e giù!” e poi ritorno sotto alle coperte.
“Avevi ragione, oltre alla Sava c’era anche la Drava… contenta?”
“Sì… comunque, ora girati sul fianco…”
“Oooh! Finalmente si spegne la luce e dormiamo?”
“No! Mi serve la tua schiena per fare da leggio, cosi posso cambiare posizione e appoggiare il libro …”
Beh, non ci crederete, ma quando alla fine l’elfa ha spento la luce ormai ero così sveglio che ho passato alcune ore ad immaginarmi di pescare carpe sulle rive del Danubio, ma non ne ho presa nemmeno una.

venerdì 2 settembre 2022

Quelli che hanno lo smartphone che si attiva per conto suo e "fa cose"


Il mio smartphone, forse perché annoiato di stare confinato nella tasca posteriore dei pantaloni quando vado in giro con il bretone mentre lui vorrebbe vedere il mondo e farsi notare dagli altri telefonini, ogni tanto si avvia per conto suo e "fa cose".

Per esempio, chiama persone prese a caso dal mio elenco dei contatti che poco dopo mi richiamano per chiedere come mai li avessi cercati, costringendomi ad un imbarazzato "Scusami, ti avevo chiamata/o per sbaglio, ma almeno ne approfitto per salutarti con tanta simpatia" non potendo ovviamente rivelare che a chiamarli era stata la mia natica destra.

Oggi lo Xiaomi mi ha chiamato lo spazzacamino che era venuto il mese scorso e ho dovuto salutare con tanta simpatia anche lui. Ora mi aspetto di salutare anche il tizio dell'espurgo pozzi o il dentista.
Ogni tanto mi lancia qualche video musicale di YouTube (canzoncine "tumpa tumpa tumpa" da discoteca di periferia, da vergognarsi) oppure la pubblicità di un'auto dove una voce suadente ti dice "Abbiamo progettato un Suv di livello superiore e l'abbiamo fatto per te!" costringendoti a replicare "Ma chi ve l'ha chiesto?".

Stamani, invece, mentre facevo colazione seduto al caffè con mia moglie, lo smartphone mi ha annunciato dal fondoschiena le previsioni del tempo e le temperature qui a Mestre nelle prossime ore. L'elfa mi ha anche ringraziato dell'informazione pensando l'avessi fatto apposta.

A volte, mentre cammino, mi giunge una voce che mi propone di chiedergli qualcosa tipo "ricordami di portare giù la spazzatura" o di raccontarmi una barzelletta (non fatelo, sarebbero penose anche in terza elementare). Così, per accontentarlo una volta tanto, poco fa ho usato la sua funzione di ricerca vocale.

Per tre volte gli ho chiesto di cercare il sito "il mio libro" cercando anche di scandire bene le parole e parlare forte e chiaro, come direbbe John Wayne. Mi ha aperto nell'ordine la pagina web di Libero, il sito di un agriturismo in Umbria e infine la pagina di un' agenzia di viaggi polacca. Epic fail...




venerdì 19 agosto 2022

Quelli che, appena arrivati nell'alberghetto di montagna stanchi e accaldati, prima di poter salire in camera ascoltano pazientemente le ciance della titolare e si morsicano la lingua per non replicare.


Di solito, quando parlo in sua presenza con persone appena conosciute che per far breccia nella mia simpatia iniziano a sciorinare tutto il loro repertorio di banalità, battutine, freddure da scuola elementare e luoghi comuni, essendole nota la mia insofferenza per il cretino medio, mi arrivano subito pestatine di piede molto discrete dell’elfa (mia moglie è chiamata così in famiglia per via che tira con l'arco come Legolas e ha un carattere spumantino) che significano: “Togli subito il dito dal grilletto, qualunque cretineria dica… lo so che stai per sparare una bordata, ma non farlo. Rassegnati e assumi l’aria consenziente, quella con il sorrisetto bonario tipo cheese!”, ma questa volta è stato davvero difficile trattenersi, dunque, ancora una volta, il piedino dell’elfa è stato salvifico, altrimenti avremmo iniziato e proseguito la vacanza in albergo in un clima teso.

Questo è infatti il dialogo intercorso con la giovane e garrula titolare del nostro alberghetto di montagna (l'unico trovato nella settimana di ferragosto, preso per disperazione perché nelle altre valli non c'era nemmeno un fienile disponibile e pagato come un cinque stelle anche se ne aveva due) al momento della riconsegna delle carte d’identità dopo la registrazione e la consegna della chiave della stanza. Tra parentesi riporto quel che avrei voluto replicarle e non ho potuto:

“Aaaah! Non mi dite che siete di Venezia!”
(perché te lo dovrei confermare se l’hai appena letto sulle nostre carte d’identità?)
“Sì, certo… siamo veneziani”
La signora assume l’aria estasiata
“Che bello!” (sì, è piacevole…) Ma lo sa che abbiamo avuto per trent’anni un cliente di Venezia come voi che era affezionatissimo?”
(No, se era scritto sul Gazzettino mi è sfuggito e comunque come posso saperlo se questa è la prima volta che ci vediamo?)
L’aria della signora vira di colpo dall’allegro con brio al preoccupato “Ma purtroppo sono quattro anni che non lo vedo…” (vabbè… o è morto o si è rotto i coglioni di queste ciance inutili e ha cambiato albergo).




La nostra interlocutrice, superato il momento toccante di malinconia, riprende subito quota con una brillante idea.
"Magari, se fosse stato in albergo, potevate fare amicizia…”
(Come no? Morena ed io ci domandavamo durante il viaggio se ci sarebbe stato qualche veneziano in albergo, ma solo perché di solito evitiamo Fiera di Primiero, la valle di Zoldo e quella di Fiemme proprio per evitare di incontrare migliaia di mestrini e veneziani, che poi non ci sentiamo più in vacanza e ci sembra di essere in Piazza Ferretto o nelle Mercerie)

La signora, non trovando alcun supporto da noi, gioca le sue ultime carte per vedere se poteva far scattare l’empatia con dei veneziani, un po’ come il vecchietto ottantenne di Pian di Meleto che per trovare comunque un punto di contatto con noi e il Veneto ci aveva detto di aver fatto il militare a Gorizia.
“Questo signore era di Cannaregio, sapete dov’è?”
(No, a Venezia non l'ho mai sentito, ma ora lo cerco su Google maps…)




Arriva subito il primo calcetto di Morena, celato allo sguardo dal trolley che è posato davanti a me.
Così, dopo un respiro profondo, le replico cortesemente: “Sì, ovviamente lo conosco, Cannaregio è il più grande sestiere di Venezia”
“Ah! bene... ma forse, se mi ricordassi qual era il nome della strada o il numero civico di casa sua, potreste capire dove abitava?”
Altro calcetto dell’elfa…
“Non credo proprio, a parte Strada Nova, noi non abbiamo strade, ma calli, callette, rughe, fondamenta, campielli e cose del genere e in ogni caso le numerazioni civiche a Venezia coprono tutto il sestiere, quindi partono dal numero 1 e, proseguendo con un andamento circolare, noto solo ai postini, arrivano a qualche migliaio. Io, per esempio, abitavo a Castello 5653..."
(dai bellezza, ora chiedimi meravigliata come mai abbiamo tanti castelli a Venezia, così facciamo l’en plein)
“Certo, capisco… comunque, questo signore veneziano era di Cannaregio e si chiamava Mario. Non è che per caso lo conoscete?”
(Ehi, ciccia! Se questo tipo si fosse chiamato Ajeje Brazorf magari ci pensavo anche, ma hai un idea di quanti Mario ci sono in un sestiere di trentamila persone? Venezia non è mica il paesotto qui vicino con duecento anime, un bar-tabacchi, il negozietto della Famiglia Cooperativa e dove vi conoscete tutti…)

Questa volta il pestone dell’elfa è forte e doloroso, tanto da spostare perfino il trolley.
“No, signora… l’unico Mario di Cannaregio che mi viene in mente era Marietto, uno che veniva sempre allo stadio a tifare il Venezia, soprattutto per i brindisi nelle osterie dopo le partite quando il Venezia vinceva, ma per fortuna vinceva poco. In ogni caso, a dispetto del nome, Marietto era un omone alto due metri e dieci, sempre un po' malfermo sulle gambe per via delle ombre de vin… poteva essere lui?”
“No… questo Mario che veniva qui era un signore piccolino e con i baffi”
(Ah! Se di mestiere faceva l'idraulico forse l’ho visto in un videogioco della Nintendo...)”
“Allora non ci pare di conoscerlo, vero Morena?”




L’elfa ribatte subito con aria di sollievo per la fine dei convenevoli.
“No infatti… mio marito ed io non lo conosciamo. La nostra stanza è al primo piano, vero?”
“Si, certo… ”
“Bene, a dopo, allora…”
"Ah! la colazione domani inizia alle otto in punto, mi raccomando!"
"Grazie, saremo puntuali..."

Prendiamo i trolley e iniziamo a salire le scale preceduti dal cane che ci fa strada, mentre l’elfa, che ancora ridacchia tra sé e sé, si gira verso di me dicendo: “i commenti li facciamo dopo, in camera…”
“Sì, ma ho sofferto l’anima mia…. questa tipa è davvero una cret…”
“Ti ho detto dopo… comunque sei stato bravo.”
“Grazie, ma di un panino con la soppressa come premio, più tardi, giù in paese, non se ne parla, vero?”
“No, perché ti fa male…”
“Come l’ultimo pestone che mi hai dato?”
“Sì… fa conto che sia una cosa del genere…”

Quelli che hanno il vicino di ombrellone che fa i cruciverba ad alta voce.


Ora del dopo pranzo in spiaggia, sole a picco e caldo atroce sotto l’ombrellone dove c’è calma piatta di vento, tanto da farti pensare che almeno il tuo forno di casa è ventilato, invece qui è statico. Mentre cerchi di appisolarti per smaltire il panino e la birra che ha già iniziato a fuoriuscire per conto suo sotto forma di rivoletti di sudore e, dopo il Despacito che proviene dal tizio alla cassa che tiene la radio accesa, provi ad escludere dalla tua vita anche il bambino che, un paio di ombrelloni più in là, si diverte da alcuni minuti a far scrocchiare la plastica di una bottiglia vuota di minerale rivalutandoti la nobile figura di Erode, ecco che il vecchietto seduto dietro a te inizia a cimentarsi con un cruciverba della Settimana enigmistica compitandolo ad alta voce, come i bambini delle elementari.

“Quattro verticale… l’Humprey del cinema”
“Bogart” lo soccorre subito la moglie (esatto, però era facile)
"Dieci verticale.. il Don ballerino"
"Lurio..." (peccato, speravo dicesse Abbondio...)
“Nove orizzontale… il fiume delle quattro capitali”

E qui si ride, penso subito… infatti inizia immediatamente con il Reno (ma no, el xè de sette lettare) così la moglie lo corregge con la Senna (sono cinque lettere signora… può far di meglio) e poi con il Volga (sempre cinque signora…zoppichiamo anche con la matematica, eh?) e perfino con il Tamigi (sono sei lettere… dai che ci avviciniamo!). Alla fine, quando già stai per fischiettare il bel Danubio blu, lui ci arriva da solo e si capisce che ne è soddisfatto.

Avanti con la prossima: “Quindici verticale… lo scienziato che ha scoperto i buchi neri” (Oddio! Questa è davvero dura…)
“Galileo!”
“No…”
“Leonardo…”
“No…”
“Michelangelo…” (sì, sì… vabbè.)
“No, quèo el xè un pitor … me serve due lettere soltanto, le ga da essar le iniziali… una xè la H di chiodo, parché quel che se batte col martèo el xè el ciodo…”
“Nol xe l’incudine?”
“No… me serve de sie lettere, incudine el xè de oto…” (giusto, lui la matematica la sa…immagino che lei stia per replicare che ciodo el xe de cinque lettere, ma poi si trattiene)




Alla fine, con l’aiuto di vari incroci, scoprono anche la S però si capisce che sui due permane la nebbia in Val Padana riguardo al nome completo dello scienziato. Quindi, dopo essere andati via spediti sul Cristiano calciatore, sulle lasagne intese come "il piatto di Bologna" e sulla cantante di “Maledetta primavera” ma con un nuovo piccolo intoppo sulla targa di Sondrio, lui prosegue da solo, mentre la moglie si stende sul lettino ad abbronzarsi, finché, dopo una decina di minuti si alza e gli chiede spazientita “Ma ti gà finìo col cruciverba, che go vogia de andar in acqua?”
“Sì, lo go quasì finio… me manca solo una parola de quattro lettere che non so bon de trovar…”
“Mona?” (suggerimento ad alta voce del vicino di ombrellone, che quando ci vuole, ci vuole…)

martedì 5 luglio 2022

Di quando apprendi che tua moglie ha letto tutti i tuoi libri gialli, ma poi ne scopri anche il motivo.

 Avete presente la scena cult di "Harry, ti presento Sally”, quando lei, indispettita dalle vanterie maschiliste di lui sulle sue conquiste e le relative prestazioni sessuali di grande soddisfazione per le sue partner occasionali, gli rivela che in realtà molte donne spesso fingono l’orgasmo e di fronte alla sua incredulità, mentre sono a tavola al ristorante gliene simula uno lungo e clamoroso con tutti i clienti che la guardano e la signora del tavolo vicino che dice al cameriere “Prendo quello che ha preso la signorina…” ?

Bene… ieri mi è successa una cosa simile, perché le mogli sanno perfettamente dove colpire duro quando vogliono ferire l’ego dei loro uomini e la cosa fa più male di una ginocchiata nelle palle (arte marziale nella quale l’elfa è cintura nera e che mi costringe nelle discussioni con lei a starle almeno a un metro di distanza, soprattutto quando ha torto marcio e glielo sto dimostrando).

Ieri pomeriggio, infatti, tornando dal florovivaista lungo una stretta stradina di campagna, mentre stavamo chiacchierando del più e del meno, la mia signora ha emesso uno strillo acuto e quindi ha fatto un paio di sbandate e controsbandate improvvise, che mi son visto prima spiccicato contro un platano e poi infilato dentro al fosso sull'altro lato. Tutto questo perché, a suo dire, dal finestrino aperto era entrato un insetto, forse una vespa, che peraltro non avevo visto e che, probabilmente terrorizzata a sua volta da quelle sbandate e dallo strillo, era subito uscita dal mio finestrino per mettersi in salvo.


Quando le mogli pur di trovare un difetto ti dicono che l'hai fotografata di schiena.


Così, dopo lo spavento, per riprendere un dialogo rasserenante le ho chiesto: “A proposito di insetti alati, hai già visto la foto che ho postato?”
“Dici quella dell’ape sulla lavanda?”
“A parte che non è un ape, ma una vespa e forse dovresti ripassare la categoria degli imenotteri, ti è piaciuta?”
“Sì, è bella… però dovevi fotografarla davanti e non di schiena”
“Grazie, la prossima volta cercherò di metterla in posa e magari le faccio dire “cheese” per farla sorridere, però non mi hai messo un like… guarda che non è indecente mettere un like a qualche post del coniuge, ogni tanto lo fa perfino nostro figlio, che è tutto dire…”
“Ma perché dovrei metterti dei like? Lo sai che io uso Facebook solo per rilassarmi con i giochini”
“Ah già… dimenticavo che tu sei quella che non ha mai letto nemmeno i miei libri gialli… “
“Non è affatto vero… li ho letti tutti!”
“Ah! Lo apprendo solo ora che li avresti letti… e quindi? Ti sono piaciuti?”
“Non lo so, perché non li ho mai finiti…”.


Quella tanto aperta e liberal, che non sembra, ma come Sherlock ti osserva e sa tutto di te,,,


A questo punto un silenzio gelido è sceso dentro la Vitara e non era il condizionatore… poi dopo un minuto lungo come l’eternità, l’elfa è scoppiata a ridere dicendo: “Ma no, scemo…volevo farti uno scherzo e vedere come ci rimanevi male… li ho letti e mi sono anche piaciuti…”
“Non è che ora lo dici per consolarmi?”
“Ma no…fidati.”
“Posso interrogarti?”
“Ma certo…”
“Chi è l’assassino dell’Enigma di Ponsard? E qual’ è il colpo di scena finale della Luna sul Cesen?”
L’elfa risponde correttamente ad entrambe i quesiti.
“Caspita! Quindi li hai letti davvero? Ma… siccome sei furbetta, non è che per caso sei saltata a leggere l’ultima pagina?”
“Scoprilo da solo… non sei un detective?”
“Sì, ma come faccio a provarlo se davvero lo hai fatto?”
"Se conosci come dici l'animo femminile, ci arrivi benissimo ad avere la prova. Basta che ragioni..."
"Non vedo come..."
“Va bene, se mi offri l’aperitivo te lo dico…”
“Andata, ti offro lo spritz! Quindi?”
“Ma secondo te, dal momento che Milla, la tua detective, è ispirata a me, vuoi che non legga i tuoi libri pagina per pagina per controllare come cavolo mi descrivi? Elementare, Watson…”

lunedì 27 giugno 2022

In memoria dei cinema veneziani con le seggiole di legno cigolanti, dove si mangiavano i semi di zucca e non i tacos con la salsa messicana stravaccati nelle poltroncine in velluto.


Dopo due anni di covid con tutte le limitazioni amnnesse, mia moglie è andata in crisi di astinenza e ieri sera a cena vedendo il trailer di un prossimo film che sembrava molto interessante, mi ha chiesto: perché non andiamo a vedercelo al cinema, che è tanto che non ci andiamo?. Naturalmente le ho detto di sì, tanto è programmato dal 10 luglio “nei migliori cinema” e farà a tempo a dimenticarselo e comunque tra qualche mese ce lo vedremo su Netflix o Prime con tutti i confort in salotto, anche stravaccati sul divano con la coppetta di gelato o i cioccolatini a portata di mano.

Oh, non fraintendetemi…io adoro il cinema perché sono di una generazione che si è formata culturalmente e si è nutrita di cinema e di cineforum con il “seguirà dibattito” e alla Mostra del Cinema, disponendo grazie ad un nostro amico di famiglia, dei biglietti per assistere alle proiezioni pomeridiane per i giornalisti in Saletta Volpi, non mi perdevo nemmeno i film cecoslovacchi in bianco e nero, con i sottotitoli in tedesco. E comunque mi sono visto tutto il ciclo di Eisenstein, corazzata Potemkin compresa, il Nosferatu di Murnau, Ordet di Carl Theodor Dreyer e il Napoleone di Abel Gance e naturalmente, per rimanere più sul cinema allegro e vivace, anche Deserto rosso di Antonioni e il Dillinger è morto di Ferreri. Ho visto perfino, ma quella era un prova di amore chiesta da una laureanda in ispano americano, mi sono visto quattro volte di fila “Cria Cuervos” di Carlos Saura in lingua originale, perché lei, precisa e puntigliosa di carattere, voleva approfondire bene l’accento castigliano. Ovviamente, poi ci siamo lasciati.

Allora, chiederete voi (lo chiedete, vero? Che ci devo scrivere ancora mezza pagina…) perché sei così recalcitrante all’idea di andare al cinema? Beh.. per il semplicissimo motivo che l’idea di cinema che ho in mente io non esiste più e nel cinematografi di oggi non mi ci ritrovo.

Nei cinema di una volta avevi le seggioline in legno ribaltabili e cigolanti, se c’era il Cinemascope era roba fina, l’audio era quello che era, se la pellicola s'interrompeva tutta la sala chiamava a gran voce il "gobboooo..." perché rimediasse, d’estate avevi caldo, d’inverno stavi seduto con il cappotto e il massimo disturbo possibile erano quelli con le caramelle Charms da scartare. Nei cinema di terza categoria frequentati dal lumpenproletariat di Castello alto, di Cannaregio e Dorsoduro, il disturbo era incarnato da quelli che mangiavano e sputazzavano i semi di zucca, i lupini o le stracaganasse (le castagne secche) oltre agli onnipresenti bagigi (le arachidi) che poi quando cercavi posto al buio tra le file dei sedili, con tutte quelle bucce sul pavimento ti sembrava di camminare su un tappeto di corteccia umidiccia.

I film, però, li si guardava in religioso silenzio e se proprio uno dava fastidio o parlottava lo si zittiva con un paio di discreti “shhhh!” come a teatro se eri al Rossini o al San Marco o uno "scolta vecio, ma ti vol seràr quea boca da cloro?" se ti trovavi al Giorgione o all’Olimpia, oppure, dal Progresso, al Moderno e fino al Garibaldi, veniva la maschera con la pila ad ammonire con garbo (varda che te buto fora in cae a peàe in cuo....). Andare al cinema costava poco, soprattutto nelle sale di seconda e terza visione per gli studenti, tipo l'Accademia e se un film ti piaceva, te lo guardavi anche due o tre volte di fila, che nessuno ti mandava via. Fine della giostra.

Oggi hai cinema multisala con aria condizionata e moquette a volontà, le poltroncine ergonomiche, il surround dolby che se sparano una cannonata ti abbassi istintivamente e l’Hd con gli schermi panoramici che vedi anche se l’attrice ha le doppie punte. Il biglietto del cinema per due persone costa come andare in pizzeria e, tra una cosa e l'altra, i trenta euro a botta se ne vanno via. Peccato però che ora hai anche vicini di sedia che tirano su la Fanta con la cannuccia fino a succhiare il cartoncino del bicchiere, l’odore untuoso dei pop corn con la ravanata di mano nel secchiellone inclusa e ultimamente anche quello dei tacos croccanti da intingere nella salsina messicana, quindi tutto un sottofondo di ruminamenti vari, da aggiungere a schiamazzi, lazzi e frizzi assortiti e senza freno di bande di ragazzotti in preda alle tempeste ormonali adolescenziali, per non dire dei ciarlieri che avendo già visto il film da qualche parte informano la ragazza o la moglie che “Adesso verrà fuori che il poliziotto è il padre della ragazza, ma poi alla fine lui muore per difenderla, ma lei si salva, vedrai…” . 

Ma, soprattutto, nei cinema di oggi esiste l’ onnipresente ansioso/ansiosa che deve consultare compulsivamente lo smartphone ogni dieci minuti e che ogni volta che accende il suo padellone illumina la sala e tu ti domandi cosa sia mai successo di così importante e perché costui/costei paghi un biglietto per consultare il telefono, cosa che potrebbe fare comodamente a casa sua e senza rompere i coglioni a te che il film te lo vorresti vedere in pace e concentrato, senza flash di luce azzurrina a distrarti in continuazione, tanto che una volta, imbufalito dalla cretinetti della fila accanto che accendeva in continuazione lo smartphone per chattare con non so chi, ho acceso il mio come se avessi ricevuto una chiamata e porgendoglielo le ho detto “Scusi… è per lei.”. 

 Dunque, anche se in tanti campi della vita sono tutt'altro che un conservatore, mi sa che nel cambio della tipologia di cinema alla fine ci abbiamo perso…

giovedì 16 giugno 2022

Quando ti emozioni alla vista di un fiasco impagliato e ti riparte il film del tuo '68


Tu chiamale se vuoi emozioni… ma quando in una piccola enoteca di campagna vedi ancora un fiasco di vino impagliato… beh, te lo comperi al volo. Perché ti riparte subito tutto il film (in bianco e nero molto contrastato, in stile Jean-luc Godard, che ci tengo) dei tuoi anni da studente di Giurisprudenza, delle occupazioni delle facoltà, delle notti passate a disegnare tadze bao o a stampare giornaletti con il ciclostile e a dormire nei corridoi davanti alle aule dentro ai sacchi a pelo, con un freddo becco, perché il rettore aveva chiuso il riscaldamento e una bottiglia di grappa che girava tra noi per una sorsata a canna tanto per scaldarci un poco.

Ma nel film compare anche la Celere con gli scudi in plastica, gli elmetti, i lacrimogeni e quei fottuti manganelli che facevano un male boia (chiedere ad un mio incisivo rimasto sul marciapiede davanti al Pedrocchi) e noi con gli eskimo e gli altoparlanti per gli slogan, che cantavamo “Valle Giulia” (non siam scappati più!) per farci coraggio, ma poi quando quelli caricavano scappavamo eccome e finivamo in commissariato (con schedatura e denuncia a piede libero) ma anche gli amorazzi con qualche ragazza occasionale incontrata nei cortei (forse anche quello era per farci reciprocamente coraggio) che poi il giorno dopo realizzavi che nemmeno sapevi come si chiamasse e soprattutto quelle interminabili riunioni del Movimento Studentesco, in qualche osteria sperduta e lontana dalla curiosità della Questura, quindi in periferia o sui colli e fino a tarda notte, quando l’oste ci cacciava via senza troppa eleganza, dove si litigava furiosamente, c’era la nebbia come in laguna per le tante sigarette che si fumavano, si mangiava pane e soppressa "de casada" e si beveva un vinaccio forte, rosso e proletario “da murèri” (da muratori), ma, soprattutto, alla fine non si decideva mai un cazzo (un po’ come tanti anni dopo nelle nostre riunioni in FIAT).

E mi ricordo pure quella mattina d’inverno in cui, arrivato prima degli altri per la riunione in quella osteria che mi avevano indicato dalle parti della Facoltà di Medicina, per iniziare a riscaldarmi avevo chiesto all’oste, un omone grande e grosso, con un fisico da rugbysta e una folta barba rossiccia, di portarmi un litro di rosso e lui guardandomi con aria minacciosa mi aveva replicato “Qui non si serve vin rosso… gavemo solo vin nero!” e notando a quel punto qualche gagliardetto littorio appeso alle pareti avevo intuito che forse non era quello il locale per la nostra riunione e dunque, o avevo sbagliato indirizzo o mi avevano fatto uno scherzo.

Così, trovandomi nei giorni scorsi nuovamente dalle parti dei Colli Euganei e alla vista di quel fiasco impagliato, mi è venuto spontaneo raccontare le emozioni scatenate da quel mio film antico con una nuova versione dell’Infinito: (Giacomo perdonami: quando torno a Recanati prometto che ti porto una bottiglia di Rosso Euganeo per farmi perdonare…)

Sempre cara mi fu quest'osteria sui Colli (ndr: dalle parti di Arquà),
con i tavolacci, le sue panche e la tovaglia in carta segnata dai bicchieri, che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude (da Battaglia Terme fino a Monselice).

Ma sedendo e mirando oggi, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quiete (a parte qualche famigliola padovana con bambini in modalità: Erode è vivo e lotta insieme a noi!) io nel pensier mi fingo, ove per poco il cor non si spaura (avrò preso le pillole per la pressione?).

E come il vento odo stormir tra queste piante, io quel vociare fumoso da Movimento studentesco (ndr: fumo inteso nel senso più ampio del termine) a questa voce vo comparando: e mi sovvien l'eterno , e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei (ndr: l’alfa amorosa dei tempi dell’università e l’omega, pur sempre amorosa della mia vita, ma che tra poco mi dirà che dobbiamo tornare a casa perché bisogna stendere la biancheria).

Così tra questa immensità s'annega il pensier mio e il naufragar m'è dolce in questo vino.





mercoledì 16 marzo 2022

L'appartamento veneziano al Ponte Tetta (farsa teatrale in un atto per Carnevale - scena quinta e scena finale)

 

Scena quinta


Emanuele rientra a casa con un borsone (è stato via qualche giorno) e appena entrato dopo aver esclamato con soddisfazione “Eccoci tornati, casa dolce casa … e  ora… docciaaaa” inizia a spogliarsi direttamente in salotto. Appena è in mutande e canottiera, entra in scena Claudia in accappatoio, con i capelli avvolti nell’asciugamano e il phon in mano. (urlo di spavento reciproco e i due cercano di coprirsi le nudità a vicenda) 

Cla – (con la voce alterata) ma tu chi cazzo sei? che ci fai qui in casa mia?

EMA – (con la voce alterata)  Sono Emanuele e abito qui… ma piuttosto tu chi cazzo sei e che ci fai in casa nostra?

Cla –  Quale casa vostra? Io sono Claudia e abito qui

EMA– ( sorpreso, mentre si riveste) Come… come abiti qui? da quando?

Cla – ( tranquillizzata si siede sul letto ad asciugarsi i capelli)  Da questa mattina. Non ti ha detto niente il disgraziato che abita qui?

EMA –  Mi aveva raccontato che aveva trovato un nuovo inquilino per dividere le spese, ma mi aveva anche detto che si chiamava Claudio.

Cla (ride di gusto) – Bella questa! A me, per convincermi, aveva detto che avrei trovato come inquilina una ragazza di nome Emanuela. Però ora che ti vedo come ragazza non sembri un granché, non hai nemmeno le gambe depilate...

EMA    Tipico  di  quel  magliaro.  Ma  perché  lo  chiami  disgraziato?  Termine  che  peraltro condivido, anche se di mio lo definirei in altro modo… ma non vorrei darti l'impressione di essere un ragazzo volgare...

Cla – Perché per telefono mi aveva dato appuntamento per oggi qui alle dieci per darmi le chiavi e mostrarmi la casa, ma non si è fatto vedere e lo sto ancora aspettando…se lo vuoi insultare fai pure, non sono un'educanda.

EMA. –  Sì, dopo lo faccio, ma scusa... chi ti ha aperto allora?

Cla –  Ho avuto fortuna che ho trovato sul pianerottolo una signora che stava entrando e che mi ha aperto la porta…

EMA – (spaventato perché capisce che era la madre) Oh mio dio!… e che ti ha detto? 

Cla – Nulla, ha detto solo che visto che c’ero io sarebbe tornata un’altra volta… anzi, no… mi ha chiesto anche se ero lì per Roberto e le ho detto di sì. Ma chi era e perché aveva le chiavi?

EMA. –   (imbarazzatissimo) Ah… no…beh… era la signora delle pulizie, viene una volta a settimana.

Cla – (sospettosa) La vostra signora delle pulizie ha la borsetta di Gucci e il foulard di Hermès? 

EMA. –  Beh…sai… le diamo diecimila lire all’ora e comunque saranno quelle copie tarocche che si comprano dagli ambulanti.

Cla – A me sembravano originali, comunque sia… forse sarebbe stato meglio che fosse entrata anche lei perché qui dentro ho trovato un casino immondo. Sembrava fossero passati i ladri: una pila di piatti e pentole sporche nel lavello, il cartone del latte lasciato fuori e andato a male, la spazzatura ancora da portare via che puzzava e non ti dico il lavandino del bagno cosa era… ho impiegato più di un’ ora a mettere a posto. Ma chi ci abita qui? Una coppia di aborigeni?

EMA – No. l’aborigeno è uno solo, perché qui di solito la casa la tengo in ordine io, ma questa settimana sono stato a casa dai miei e l’ho lasciato da solo perché doveva preparare un esame.

Cla – (prende con aria ironica un libro spalancato sul tavolo) sarebbe l’esame di “porca troia” ?

EMA – (sconcertato) no… è storia della filosofia economica. E’ un esame complementare facile che ha scoperto che poteva fare anche lui. Infatti, quel libro è mio… 

Cla – Ah si? Beh…allora dovrai ricomprarlo. Questo è tutto pieno di scritte in pennarello rosso con variazioni sul tema del porca puttana e del porca troia. (glielo mostra) 

EMA – (sconcertato) francamente non capisco…

(in quel momento suona il telefono, Emanuele risponde e dall’altra parte del telefono c’è Roberto)

EMA. – Ah! Proprio te… ma che combini? …. Si certo che Claudio è arrivato, ma è una Claudia… perché mi dici “chi se ne frega il problema è un altro”? Ti sembra una cosa normale? Ma dove sei?perché sei così agitato? Oh cazzo!... Sei a casa tua a Verona? Come sarebbe a dire che non torni più? Tuo padre non ti paga più l’appartamento e ti prende a lavorare in studio con lui?… (sorpreso) ma che succede?… Come incinta? Chi è incinta? La Patty? Sì, va bene… ora la devo chiamare Putty… ma incinta quanto? Ah! Completa… (pausa) allora l’hai proprio impiombata! Bel colpo… eh!… ora l’ho capito che è un bel casino… come sarebbe che è colpa di mia madre? Cioè dici che quando vi ha sorpresi a letto, per lo spavento ti è partito il colpo e l’hai ingravidata? E vabbè, però anche tu potevi usare il preservativo, no? Se ti fidi dell’Ogino Knaus te le vai a cercare…  pronto? ….Prontoooo? (Roberto chiude la telefonata bruscamente) 

EMA. –   (guarda verso Claudia) ha riattaccato…che si sia offeso per la faccenda dell’ Ogino Knaus?

Cla–  (ridacchia) vedi tu… comunque, guarda che una o è tutta incinta o non lo è. Non è che lo si è un pochino… 

EMA. si, scusa… è che non me lo aspettavo…. Comunque mi pare che tu abbia compreso la situazione, quindi se vuoi andartene non c’è nessun problema. Ti posso ridare anche la caparra…

Cla–  No, senti… ho impiegato due mesi a cercare un appartamento per studenti qui a Venezia e il tuo amico Roberto, quando ci siamo sentiti lunedì scorso per prendere accordi ha voluto che gli bonificassi tre mensilità di quota d’affitto anticipate come caparra. Un po' da strozzino, lo so, ma alla fine ho accettato perché ero stanca di cercare. La casa una volta pulita sembra graziosa e poi è comoda per tante cose. Comunque, per rimanere qui, visto che la situazione si prospetta abbastanza promiscua finché non troveremo qualche altro coinquilino, devo sapere alcune cose da te…

EMA. – Dimmi…

Cla– Ti lavi i piedi, alzi la tavoletta, tiri l'acqua dopo che sei andato in bagno e pulisci la vasca da bagno, il lavello e i pavimenti? 

EMA – la risposta è sì su tutto… so anche cucinare e mi rifaccio il letto, faccio anche il bidet e mi rifaccio il letto.

Cla– (maliziosa) bene, ma non è finito… ti fai le pippe in bagno?

EMA – Ma per amor di Dio! Certo che no…

Cla – Ottimo…quindi i Playboy che ho buttato erano di quell’altro. Un’ ultima cosa fondamentale: devi giurare che non ci proverai per alcun motivo con me. Visto che le circostanze ci costringono a farlo, dovremo abitare assieme come un fratello e una sorella. Lo giuri su quello che hai di più sacro al mondo, che possa esplodere all’istante se ci provi con me?

 EMA – Lo giuro su mia madre…

Cla – Molto bene… e ora fila a cucinare che ho fame. Ma niente scatoletta di tonno... voglio avere garanzie anche sul lato della cucina.

EMA – Non c'è molto in dispensa, ma  va bene una pastasciuttina aglio, olio e peperoncino?

Cla– Sì, abbonda pure con l'aglio, tanto non ci dobbiamo baciare e comunque è una garanzia reciproca in più...

(la scena torna al buio)


Scena sesta

 

Passano diverse settimane. Si sente aprire la porta ed entra la madre di Emanuele. Si ferma a guardare sorpresa l’appartamento.

Madre di Emanuele –  Ma guarda che bravi! Questa volta è tutto talmente lustro e in ordine che sembra quasi ci sia passata una donna. (Passa il dito su un mobile) Non c’è un filo di polvere. Incredibile! (guarda anche sul tavolo) Perbacco! Ci sono anche i centrini… qui mi sa che è opera di quella ragazza di Roberto che avevo incontrato sul pianerottolo. Dev’essere proprio a modino quella lì: carina, tiene in ordine la casa, magari cucina anche bene... (sospira) Volesse il cielo che anche mio figlio ne trovasse una così! Beh.. qui sembra tutto a posto. Vediamo se almeno in camera da letto ho da fare qualcosa.

Appena entra nella camera da letto si sentono gli strilli di terrore di Emanuele e di Claudia. 

I tre escono dalla stanza tutti assieme. Emanuele in mutande e Claudia avvolta nel lenzuolo

EMA – Mamma! Non è come sembra, ti posso spiegare…

Madre di Emanuele – ma cosa vuoi spiegare? Si capiva benissimo quel che stavate facendo… Cosa credi, che non lo sappia? Tutti nudi poi… Che vergogna! 

EMA –  Ma tu che cazzo ci fai qui?

Madre di Emanuele – tu piuttosto cosa ci facevi a letto con quella sciacquetta lì? Io ti pago l’appartamento per studiare, non per portarti le ragazze a casa! Mandala via che ora io e te ci dobbiamo parlare.

EMA – Mamma…a parte che non è una sciacquetta ma una ragazza per bene e di ottima famiglia, lei è Claudia, la mia compagna di stanza, non la posso far uscire. E’ anche casa sua 

Madre di Emanuele:  – Come? Ma non abitavi con questo Roberto? E non doveva venire a stare con voi un terzo ragazzo?

EMA – Sì ma Roberto è dovuto tornare a casa e Claudia ha preso il suo posto

Madre di Emanuele – Mi avevi detto che il nuovo inquilino si chiamava Claudio, non Claudia

EMA –  Avrai capito male.

Madre di Emanuele (si rivolge minacciosa a Claudia) Signorina, resti lì dov’è  e si rivesta che poi ce n’è anche per lei, ora devo parlare privatamente a mio figlio, dopo arrivo. (prende Emanuele per un braccio e lo trascina lontano).

Madre di Emanuele: – Emanuele, guardami negli occhi. Chi è questa ragazza? State assieme o è solo una storiella passeggera? Guarda che se quella gatta morta lì ti distrae dalla laurea e con quello che ci costa mantenerti questo appartamento, la mangio viva…

EMA –    Ma no!   E’ una cosa seria, credimi. Claudia ed io ci siamo innamorati e non voglio perderla…

Madre di Emanuele  (bisbigliando all’orecchio del figlio)  Ma, dimmi bene una cosa… davvero la ragazza è di ottima famiglia?

EMA –  Certo… Claudia è la figlia del professor Gracco, il primario cardiologo che aveva operato il papà, ricordi? E’ quello che possiede quel due alberi a vela da 20 metri in darsena a Lignano che lo guardi sempre sospirando… 

Madre di Emanuele – Ah! Quindi la Enchantress… è la figlia di lui? Cioè…volevo dire: questa Claudia è sua figlia? Ma che combinazione… (pausa di riflessione sul da farsi). Comunque, sei fortunato perché la tua mamma è una donna di mondo ed molto più moderna di quanto la credi. Quindi se vi volete bene seriamente e i suoi genitori sono d’accordo, puoi continuare a rimanere qui con lei. Basta che studiate e non mi date preoccupazioni… Ma a proposito del professor Gracco, lo sai che l’ho incrociato in campo Santa Maria Formosa dieci minuti fa? 

EMA – Chi? Suo padre? Oh cazzo… ma allora sta venendo qui!

(si sente suonare il campanello) 

Padre di Claudia entra in casa: – E’ permesso? Scusate ma era aperto e… (vede sua figlia avvolta nel lenzuolo e barcolla sorpreso) Claudia, piccolina mia… ma che succede qui? Cosa fai lì tutta nuda e chi sono questi signori?

Cla  (serafica) –  Ciao Papino! Lui è Emanuele il mio compagno di stanza e la signora è sua madre. 

Padre di Claudia (con tono alterato): Come sarebbe che quel tizio in mutande è il tuo compagno di stanza? Ma non mi avevi detto che abitavi con una certa Emanuela?

Cla.–  Avrai capito male…

Madre di Emanuele (sorridendo) : Caro professor Gracco, ma che piacere rivederla! Sono la signora Graziottin. Lei tre anni fa ha operato mio marito di by– pass coronarico, si ricorda?

Padre di Claudia – (le stringe la mano con un cenno di baciamano) Ma certo,  signora, mi ricordo benissimo di suo marito, ma soprattutto di lei. Mi scuserà però se prima ho bisogno di capire da mia figlia che sta succedendo. Le dispiace se le parlo in privato? ( si apparta con la figlia per non farsi sentire)

Madre di Emanuele –   Ma certo professore, faccia pure… io l’ho appena fatto con il mio Emanuele.

Padre di Claudia : Claudia, ma chi è questo ragazzo. Voi mica dirmi che ci stai assieme?

Cla – Oh si, papà… è un ragazzo dolcissimo, lo amo alla follia. Ti prego, non mi rovinare tutto…

Padre di Claudia: Ma se non so neanche chi è…

Cla – Vuoi sapere della sua famiglia, vero? Sono i Graziottin, quelli che producono vino e hanno vigneti e campagne vicino a Ceggia e a Torre di Mosto. Sono pieni di soldi. Hanno anche la barca ormeggiata vicino alla nostra.

Padre di Claudia : (interessato) Ah! Che barca è? Quanti metri? Vela o motore? Perché se sono dei camionisti del mare…

Cla–  E’ a vela papà…stai tranquillo.  E’ la  “Co rivo, rivo…” sai quell’Alpa da regata di nove metri?

Padre di Claudia. Ah! quella… è abbastanza carina direi, anche se ho notato che per entrare in darsena arrivano con le vele giù da almeno mezzo miglio e manovrano con il motore diesel ausiliario, che fa tanto gente abituata al trattore. Però per essere di campagna ammetto che in mare aperto la portano abbastanza bene. Quest’estate l’ho vista in regata con lo spinnaker su e teneva il vento come si deve. Chi la porta? Suo padre? 

Cla –   No… Emanuele. E’ bravissimo al timone, sai? Potremmo farlo uscire con noi qualche volta, così finalmente hai chi ti dà una mano con le manovre. 

Padre di Claudia : beh…adesso non correre. Comunque, sei fortunata perché tuo padre è un uomo di mondo ed molto più moderno di quanto lo credi. Quindi se vi volete bene seriamente e i suoi genitori sono d’accordo, puoi continuare a rimanere qui con lui. Basta che studiate e non mi date preoccupazioni…Però vorrei conoscere meglio Emanuele e i suoi genitori (si rivolge alla mamma di Emanuele) Signora Graziottin, visto che tra i nostri ragazzi a quanto pare è scoppiata una bella simpatia e che il suo Emanuele è un bravo velista, che ne dice se domenica ci troviamo tutti sulla mia barca e andiamo a mangiare il pesce in Istria? Così ci conosciamo meglio.

Madre di Emanuele: . Oh! Sarebbe bellissimo. Grazie professore, verremo di sicuro.

Padre di Claudia : Bene ci conto! Io ora devo tornare verso Oderzo. Visto che sono sulla strada, cara signora, se lei ha piacere di un passaggio fino a Motta, ci possiamo mettere d’accordo per domenica prossima in macchina… quando vuole uscire sono pronto

Madre di Emanuele: Perché no? La corriera è così lunga. Beh… allora noi andiamo. Ragazzi, mi raccomando, vi lasciamo soli, ma fate i bravi e studiate, eh?

Emanuele e Claudia (all’unisono): sì, faremo i bravi bambini…non temete. Ciao ciao.

Appena i genitori escono Emanuele si rivolge a Claudia

EMA –  A proposito di bambini… sono un po’ preoccupato.

Cla – Perché amore? E’ andata benissimo con i nostri genitori, non ti pare?

EMA (titubante per l’imbarazzo)– Sì, ma non è per quello… il fatto è che quando mia madre ci ha sorpresi ero quasi sul punto di non ritorno e per lo spavento… beh, insomma….non vorrei aver combinato un guaio. 

Cla  (sorridendo amorevolmente)–  Stai tranquillo amore… so calcolare bene le mie cose e non sono nei giorni fertili, altrimenti ti avrei chiesto di mettere il preservativo. Stai tranquillo che non mi hai messa incinta.

La scena si rabbuia e quando si riaccende  si vede Claudia con il vecchio grembiule di Roberto che sta apparecchiando la tavola e si sente lo strillo di un neonato che piange

Cla – Emanuele, amoreee…. Vai a cambiare Matteo che dev’essere pieno.

EMA – Si, va bene, ma devo ancora finire di vestirmi e tra poco gli ospiti sono qui

(entra in scena dopo qualche tempo mentre Claudia finisce di apparecchiare la tavola per quattro)

EMA – Ecco fatto! Si era smerdato sino al collo… ma è normale che a cinque mesi caghi così tanto? 

Cla – (con aria di compatimento) Povero amore quanto hai sofferto! Comunque, lo sai che sono curiosa di conoscere finalmente questo Roberto? Sono contenta che tu lo abbia fatto venire a cena per vedere il bambino. In fondo un pochino è anche merito suo se ci siamo incontrati, no?

EMA – Più o meno…io invece sono curioso di conoscere questo suo nuovo grande amore che gli ha fatto mettere la testa a posto dopo quella storia tragicomica con la Patrizia.

Cla – Già! Ma come è stato che poi ha scoperto che era incinta di un altro? Non me l’hai mica detto…

EMA – Oh! Glielo ha confessato lei. Oltre che con lui e Fabianino stava con uno studente di architettura, un tizio di Treviso anche piuttosto danaroso, che da quello che so poi se l’è pure sposata. Quando è successo il fatto lei in realtà era quasi al terzo mese di gravidanza. Si cominciava quasi a vedere la pancia. Magari a Roberto qualche sospetto gli sarebbe venuto, no?

Cla – E il povero Fabianino?

EMA – Più visto…sarà entrato in seminario.

Cla– E di questa nuova fiamma di Roberto non sai proprio nulla?

EMA – No, ma già me la vedo…sarà di sicuro la solita bellona da materasso di quelle che piacciono a lui. Scommettiamo sulla donna da Carosello tutta tette, culo e niente cervello?

Cla– La vedremo, poi ti dico che ne penso. Piuttosto, a che ora gli hai detto di venire?

EMA. - sulle otto e mezza…(guarda l’orologio) quindi  dovrebbero essere…(suona il campanello ed Emanuele fa l’aria di quello piacevolmente stupito) Ah! Però! E’ proprio vero che è cambiato…è puntualissimo.

(si sente bussare alla porta, e poi la voce di Roberto) possiamo entrare? 

EMA – Avanti… è aperto.

Entrano Roberto e Fabianino abbracciati come fidanzatini e con un pacchettino di paste in mano

Rob:- Ragazzi... abbiamo portato le frittole….

Emanuele e Claudia (sbalorditi), all’unisono “Oh cazzo!…Noooo!.”

(si  spengono le  luci mentre si  sente Roberto che  dice   Te  l’avevo detto,  Fabianino, che preferivano i galani…)

 

FINE

L'appartamento veneziano al Ponte Tetta (farsa teatrale in un atto per Carnevale - scene terza e quarta)

 (segue...)

Scena terza


La luce si riaccende sulla stanza ormai vuota perché i quattro ragazzi sono andati in pizzeria e dopo un rumore di chiavi entrano due signore. 

La signora Giustinian  Ecco qui l’appartamento di suo figlio Emanuele… come vede,  è arredato di tutto punto e c’è tutto quel che serve….(fa una smorfia di disappunto) anche se ora noto un certo disordine, ma d’altronde a quell’età sono ragazzi esuberanti, si sa… 

La mamma di Emanuele, la signora Agnese: – Già! Vedo che non hanno nemmeno sparecchiato… Comunque, sono venuta qui apposta da Motta di Livenza per mettere un po’ d’ordine e pulire, così i ragazzi quando ritornano da lezione troveranno la casa a posto. Che se non ci pensiamo noi mamme… Grazie cara signora, lei è stata gentilissima…

Giustinian –  Ma si figuri… sono mamma anch’io e la capisco benissimo. Questi nostri figli sono sempre un po’ bambini e bisogna tenerli sotto controllo proprio quando iniziano a  sentirsi grandi. Ecco qui ci sono le chiavi, così ne ha una copia anche lei per ogni evenienza e io sono anche più tranquilla. Buonasera. (se ne esce)

La mamma di Emanuele. rimasta sola si rimbocca le maniche e intona uno slogan da corteo studentesco: “ E’ ora.. E’ora… la mamma che lavora.” . Si avvicina al tavolo e guarda la teglia con il pollo.

Mamma di Emanuele. – Oh! Ma guarda che bravi! Hanno fatto il pollo ripieno… questo  però dev’essere opera di quell’altro ragazzo, perché il mio Emanuele queste cose non sa nemmeno da che parte iniziarle…

Intinge il dito nel sugo e assaggia…

Mamma di Emanuele. –… forse un po’ forte di sapore, ma è proprio buono. Devo fargli i complimenti a questo Roberto e farmi dare la ricetta. Strano che lo abbiano lasciato sul tavolo. Comunque, sarà meglio metterlo in frigo, che magari per cena se lo riscaldano.

Le luci di scena si abbassano e la madre esce (dopo un rumore di aspirapolvere ), poi quando si riaccendono ricompaiono Emanuele e Roberto.

EMA – (sbalordito) Oh mio dio! Il pollo era ancora vivo…

Rob – Ma che cazzo dici? Se lo abbiamo cotto e squartato…

EMA – Sarà, però se n’è andato via da solo e ha pure sparecchiato la tavola.

Rob – Hai ragione…E ha fatto anche dell’altro… sulla fotografia incorniciata che ho messo sulla credenza ha lasciato un bigliettino con su scritto: “carina, chi è?”

EMA – Oh Cazzo! La conosco: è la calligrafia di mia madre! Ti ho detto che quella donna sarebbe riuscita ad entrare…è peggio degli incursori di marina. Allarme rosso! Abbiamo un’invasione! Ispezioniamo tutti i locali…

Rob –  Stai calmo!  (si guarda in giro) Magari si è limitata solo a… oh cazzo! Non si è affatto limitata…(corre di colpo in camera sua e si sentono imprecazioni e tonfi poi rientra con l’aria furibonda) Lo sai che ha fatto tua madre? Mi ha buttato tutti i Playboy originali americani in spazzatura e mi ha messo sul comodino un foglietto con scritto “Studiare! Niente donnine…”. Poi mi ha fatto sparire dall’armadietto del bagno tutte le confezioni di preservativi e ha lasciato al loro posto la scritta “Sesto comandamento: non fornicare” e nell’armadietto dei liquori al posto delle bottiglie ho trovato questa: (mostra una classica bandiera pirata con le tibie e i teschi incrociati),.

EMA    Scusa,  sono  senza  parole…  probabilmente pensava  che  fosse  tutta  roba  mia.  Ti ricompero tutto…

Rob – Ma no… figurati… mi secca solo che sia entrata a curiosare in casa. Le hai dato tu la chiave?

EMA – Ovviamente no. L’avrà chiesta alla padrona di casa, che sarà stata ben felice di dargliela. Visto che è sempre lì a controllarci non le sarà sembrato vero che qualcuna lo facesse per lei

Rob–   Quindi è inutile cambiare la serratura perché tanto la Giustinian le ridarebbe subito la nuova chiave.

EMA – Temo di sì. Comunque le parlerò e spero di convincerla a smetterla. Piuttosto… ma chi è la ragazza che hai messo nella cornice?

Rob–  E che ne so? L’ho trovata su una rivista. La uso per non insospettire Fabianino che così pensa che la mia donna sia un’ altra, che non è la sua.

EMA – Ah! Non mi avevi detto che la Patrizia stava ancora con Fabianino. Avevo capito che ora stesse solo con te…ecco perché non dovevo dire che tu e lei… ma da quant’è che quei due stanno assieme?

Rob – circa un anno…ma è solo per via della famiglia della Putty. Lui è figlio di un sottosegretario democristiano molto influente e i genitori di lei, che hanno una piccola impresa edile sperano nel matrimonio della figlia con un buon partito.

EMA – Ma lui non se ne accorge che lei viene a letto con te?

Rob– Figurati… a quello potrebbe passare vicino un leone e nemmeno se ne accorgerebbe. 

EMA – Ma tu non sei geloso di avere la tua donna in condominio?

Rob – No perché ci sta assieme per modo di dire… Patrizia gli ha detto che vuole fargli il dono di arrivare vergine al matrimonio e lui che è un tipino religioso e remissivo, magari diventa cieco, ma aspetta buono e tranquillo…e intanto io gliel'addestro per bene, sono praticamente il personal trainer della sua ragazza in quel campo e quando sarà il suo momento lui potrà solo ringraziarmi.

EMA – Quindi come ricompensa avrà un gran bel regalo di nozze (ridacchia)… hai ragione a chiamarla Putty. 

Rob    (severo)  Sì,  ma  ti  ricordo che  solo  io  posso  chiamarla così,  tu  non  ti  permettere. Comunque, mettiti il cuore in pace, che questa settimana Patrizia è venuta con Fabianino perché mi ha detto che stava finendo le mestruazioni, ma venerdì viene di nuovo a pranzo qui da sola, quindi dopo il caffè tu trovi una scusa e te ne vai. Chiaro? 

EMA – (sull’attenti come un soldato) Sissignore! Forte e chiaro. 

Rob - Bene e ricordati del segnale:  se vedi il vaso di gerani sulla finestra del bagno, puoi salire, altrimenti te ne resti a spasso e vai a giocare a flipper al bar in campo, magari avendo fatto scorta di monete, visto come giochi . 

EMA – (annuisce) – Sarà fatto…

Rob    Bravo! così ti voglio: uso obbedir tacendo e tacendo... andar fuori dai marroni.


Scena quarta 

 

I tre ragazzi sono a tavola e stanno sorbendo il caffè. Mentre Patrizia è distratta, Roberto fa segno con le mani ad  Emanuele di togliere il disturbo. Emanuele si gira a guardare verso la finestra con aria sconsolata. In quel momento si ode un forte tuono e il suono della pioggia battente… 

EMA.   Beh… quasi, quasi, visto che abbiamo finito il pranzo, ora andrei a fare due passi… ho bisogno di un po’ di aria fresca per digerire.

Patrizia (sconcertata) – ma… Emanuele… ti bagnerai tutto, sta diluviando.

EMA. (si alza ) ma no….non preoccuparti, ho l’impermeabile. E poi mi piace il clima di tempesta. Il vento in faccia mi tonifica. E’ fortificante. Anzi, prendo anche la macchina fotografica, che se ho fortuna scatto delle foto di Piazza san Marco con la grandine. Sarebbero così insolite…

Rob –  Ottima idea, magari hai una botta di culo e c’è anche l’acqua alta…a dopo allora, buona passeggiata e buon safari fotografico…

Emanuele prende l’ombrello, la macchina ed esce di casa. Roberto e Patrizia, si abbracciano e si dirigono verso il letto (che è fuori scena, come fosse in un’altra stanza) Ricompare Roberto già in mutande e canottiera che  dopo aver tolto il vaso di gerani dal balcone del bagno lo posa sul pavimento

La scena si fa buia e si illumina nuovamente poco dopo con la mamma di Emanuele che entra furtiva con l’ombrello gocciolante. La Mamma di E. guarda i piatti ancora sul tavolo.

Mamma di E.    Ecco! Lo sapevo! Tanto per cambiare hanno pranzato e se ne sono andati a lezione senza sparecchiare. Meno male che ci sono le mamme a pensarci (inizia ad impilare piatti e forchette, poi lo sguardo le cade sul vaso di gerani sul pavimento. Posa di nuovo tutto sul tavolo e congiunge le mani in preghiera)  Madre santissima! Che devo vedere…  ma guarda tu, quella povera pianta quanto è secca e poi perché la tengono sul pavimento? Roba da matti…comunque, gliela rimetto sul balcone del bagno che almeno prende un po’ di pioggia. (esegue, poi rientra in salotto rimboccandosi le maniche) Su! Dai! Forza e coraggio… iniziamo a pulire questo covo di sfaticati… anzi iniziamo dalla loro camera che sono sicura che non si sono nemmeno rifatti il letto….

Entra decisa nella camera da letto e si sentono gli strilli di terrore di Roberto e Patrizia, poi la madre di Emanuele fugge fuori di casa imbarazzatissima “ Ragazzi scusate…non volevo… …è stato uno sbaglio… scusatemi tantissimo” appena esce di casa compaiono sulla soglia della camera Roberto e Patrizia (visibilmente scossa)

Pat – Ma chi era quella pazza? Cosa voleva?

Rob – Era la madre di Emanuele, ecco chi era.. e voleva solo curiosare, la maledetta impicciona. 

Pat– Oh mio dio! Quindi ora mio padre lo saprà…

Rob   Ma no! Non sa nemmeno come ti chiami. Come farebbe a dirlo a tuo padre? E poi la figuraccia la farebbe lei che s’introduce nelle case altrui come una ladra

Pat–  Sì, forse, ma mio padre spaccherebbe lo stesso le ossa a me, se lo sapesse e la mamma di Emanuele potrebbe farselo dire dal figlio. E, comunque, io qui non ci vengo più…

Rob (sorpreso) –   Ma come non ci vieni più, amore? E’ il nostro nido delle coccole…lo vuoi abbandonare?

Pat–  (piagnucolando) Non me ne importa niente! Non posso fare l’amore con il terrore che sul più bello arrivi di nuovo quella matta. Mi sono vergognata come una ladra che mi abbia vista a letto con te (si soffia il naso).

Rob–   Ma no! Era buio, cosa vuoi che abbia visto… e poi (con il tono da seduttore).. micina mia…ma davvero non vuoi più fare l’amore con il tuo Roby?

P – (asciugandosi una lacrimuccia) Sì che lo voglio, ma allora prendi una stanza da un’affittacamere o in una pensione. Mi sta bene anche un letto sfasciato, con i pidocchi e che cigola, ma qui mai più.

Rob. –  Dai micettina… su… vedrò di farmi ridare le chiavi o cambio la serratura, così il problema il tuo Roby te lo risolve subito. Va meglio così? (lei annuisce) Dai…vieni qui e dammi un bacetto come prima, che tanto per oggi quella non torna più

Patrizia lo abbraccia lo bacia e i due rientrano in stanza . Proprio in quell’istante si apre la porta ed entrano Emanuele e Fabianino 

EMA – Robertoooo … sono qui con Fabianino, è venuto a riprendere la sua dispensa… 

Rob (dalla stanza) – oh caz… ehm…. sì … va bene… ce l’ho in camera da letto, mi sto vestendo… offrigli una birra che arrivo.

EMA. –  Non abbiamo birra in casa…

Rob – Vabbè, offrigli del vino…. 

EMA – Lo hai finito…

Rob – Ma che caz...  allora andate giù e vi raggiungo al bar in calle…

EMA – Fabianino dice che non ha voglia di nulla.

Rob –   E ti pareva?  Comunque non importa, portalo lo stesso al bar che io ho voglia di uno spritz

EMA –  Va bene. Ma fai presto che Fabianino deve tornare a Conegliano 

(I due escono chiudendo la porta e subito dopo si riaffacciano alla stanza Roberto e Patrizia)

Pat  (agitatissima) – Ci mancava anche Fabianino adesso…Io qui non ci torno più…neanche morta mi ci rivedi.

Rob – Si vabbè, ne riparliamo dopo, micettina, ora scappa che la via è libera. 

Pat – Sono sicura che non li incontro per le scale?

Rob – Ma sì certo, sono al bar, basta che fai il ponte delle tette invece di passare per la calle…. Vai tranquilla…

(si sente aprire la serratura della porta. Patrizia corre a nascondersi sotto il tavolo. Rientrano in casa Emanuele e Fabianino)

EMA. –  Il bar in calle era chiuso per turno 

Rob .(impreca sottovoce)   Allora portalo in campo San Giovanni e Paolo, ci sono tre locali lì, almeno uno stracazzo fottuto di bar su tre sarà anche aperto, no? 

Fabianino:    Scusa Roby se dico la mia… ma io vorrei solo riavere la mia dispensa, non ho voglia di prendere qualcosa al bar. Perché devo andare per forza al bar?

Rob –  (Lo spinge verso l’uscita con l’aria severa) Non ti ci mettere anche tu, oggi, che non è giornata! Emanuele ed io abbiamo voglia di uno spritz. E’ vero Emanuele che anche tu ne hai voglia? Dai, usciamo che sono pronto….al ritorno ti do la dispensa.

Passando a fianco di Emanuele gli bisbiglia “Stronzo! Guarda i segnali la prossima volta”

Emanuele allarga le braccia perplesso “ Ma se c’era il vaso sul balcone…”.

Appena tutti sono usciti, Patrizia esce da sotto il tavolo e dopo aver fatto il gesto dell’ombrello all’appartamento come a dire che non ci verrà mai più, se ne va anche lei.

(segue...)