sabato 8 marzo 2014

Di quelli che si perdono nello spazio e prendono le stazioni spaziali al volo come l'autobus di Fantozzi

Proseguendo nei festeggiamenti per il genetliaco dell’elfa mia diletta consorte ieri sera, dopo una deliziosa cenetta a base di pesce, da nottambuli collaudati abbiamo deciso di tirare mezzanotte recandoci a vedere un film nel nuovo e centralissimo multisala con caffetterie, paninoteca, libreria e stordente moquette psichedelica da poco inaugurato in piazzetta Candiani, che per Mestre è come dire Piazza San Babila a Milano e che eravamo curiosi di vedere per la prima volta. Fin dal momento dell'antipasto di cozze e vongole saltate, come di consuetudine si è accesa tra me e l’elfa la tradizionale controversia sulla scelta del genere di film da scegliere. Infatti, in base al principio che trascorsi 40 anni nella visione di film socialmente impegnati, colti e politically correct e dopo esser stato perfino costretto (per amore) a vedere 4 volte, con grave rischio di orchite, Crìa cuervos di Carlos Saura in lingua originale, oltre alle giuste dosi di Fassbinder, Almodovar e Lars von Trier, ritengo di aver acquisito di fronte a certi film il diritto di dire “No, grazie, abbiamo già dato” . Pertanto, in mancanza di titoli migliori tra quelli in programmazione in questi giorni, le ho proposto due commediole rilassanti e leggere come Verdone o De Luigi, disposto ad accettare anche le delicate e introspettive mattonate di Ozpetek pur di venirle incontro, ma lei era irremovibile nell’esigere la macelleria cruenta in 3D tra greci e persiani di 300 - l’Alba di un impero e mi offriva come unica alternativa l’allegria contagiosa di 12 anni schiavo. Alla fine, giunti al caffè e al calice di ramandolo con i biscottini ebraici da inzupparci dentro, si è raggiunto il compromesso atteso con Gravity, il thriller fantascientifico spaziale appena presentato alla Mostra del cinema e di cui ora farò la mia personalissima recensione in 10 punti (liberissimi di non condividerla, obviously).

Questo è il trailer del film. Effetti speciali e fotografia sono da urlo,
 la trama invece...

Faccio una doverosa premessa: a mio parere chiunque abbia visto in gioventù 2001 Odissea nello spazio o il Solaris di Tarkovskij e subito dopo i tre episodi originali della saga di Star Wars (i tre successivi sono delle cover e valgono come gli Oasis rispetto ai Beatles: carini, ma non fanno la storia della musica) può dire di aver esaurito il genere fantascienza memorabile e rassegnarsi alla routine della banalità e del déjà vu. Al massimo ai film degni di memoria può aggiungere gli Incontri ravvicinati del terzo tipo di Spielberg e magari Capricorn One e Mars Attack, che però rispetto al genere classico sono dei border line come i due Man in Black e Avatar, che ha i suoi momenti di fascino, ma è la versione per adulti di Pocahontas. Tutto il resto prodotto da Hollywood in questi anni nel settore fantascienza è consistito quasi sempre in mastodontiche americanate con storie improbabili e perfino involontariamente comiche come quando in Indipendence Day per abbattere l’immensa astronave che sta distruggendo New York Jeff Goldblum le inocula un virus informatico in Ms-Dos utilizzando un portatile con Windows 98 e - s’immagina - connettendosi tramite una porta USB, notoriamente diffusa anche nella tecnologia aliena. Il tutto sotto gli occhi sgomenti dell’ extraterrestre che si rende conto troppo tardi di non aver aggiornato il Norton Antivirus. Premesso anche che qui di seguito dovrò fare necessariamente un po’ di spoiler sul film, ma tanto la trama e il finale sono talmente prevedibili che non vi svelerò nulla che possa sorprendervi, ecco alcune considerazioni sulle cose che ho notato in Gravity:

1- La fotografia e gli effetti speciali sono mozzafiato. Nella versione in 3D passerete metà del tempo a cercare di schivare sulla vostra poltrona detriti spaziali che vi vengono incontro come proiettili. Se la spettacolarità è quel che cercate in un film di fantascienza, allora qui siete a posto e vale ad abundantiam il prezzo del biglietto. 

2- Viste le situazioni che i due personaggi dovranno affrontare lungo tutto il film immagino che il titolo Gravity sia stato scelto solo perché Guida intergalattica per autostoppisti era già stato utilizzato in precedenza da altri. Tutto quello che accade nel film da quando i due protagonisti restano dispersi nello spazio è infatti cercare un passaggio verso qualsiasi cosa transiti dalle loro parti.

3- Ti aspetti che per un minimo tocco di humour (come quando in Trappola in alto mare, sulla corazzata Missouri conquistata dai terroristi Steven Seagal dice alla pin-up uscita dalla torta di essere un semplice cuoco e lei risponde “Mio dio, allora siamo fritti…”) al posto del classico “Houston, abbiamo un problema” uno dei personaggi dica per radio qualcosa tipo “Houston abbiamo un bel mucchio di problemi” o anche un più realistico “Houston, ma vaffanculo, va…” visto che poco prima gli avevano detto di non preoccuparsi dei detriti in arrivo, ma nulla di tutto ciò accade. Così come, dato l’elevatissimo numero di carambole e sponde tra ferramenta spaziali e relitti di stazioni orbitanti, ti aspetti che nei titoli di coda tra gli sponsor ci sia la Federazione Italiana Gioco Biliardo, ma non è così.

4- George Clooney gigioneggia in maniera insopportabile anche dentro una tuta spaziale e hai sempre l’impressione che da un momento all’altro stia per offrire alla Bullock un caffè espresso in cialda (what else?). Invece, poi le offrirà una vodka e immagino che il suo sponsor non ne sarà contento.

5- Pur trovandosi all'improvviso e drammaticamente soli a fluttuare persi nello spazio in una situazione in cui chiunque griderebbe di terrore, i due per molti minuti continuano a cazzeggiare chiacchierando tranquillamente delle loro cose come fossero a fare jogging ai giardinetti e consumando prezioso ossigeno senza motivo. Anche le ripetute domande di “Dove sei?”  ad una che sta roteando in un luogo come lo spazio dove è difficile dire se sei a destra o a sinistra ed in alto o in basso di qualcosa, lasciano perplessi così come il successivo “Dammi un punto di riferimento…” appena lei ritrova  un minimo di stabilità e che implicherebbe risposte del tipo “Sono all’incrocio tra la California e il Golfo del Messico”. La Bullock ti spiazza rispondendo “Sono qui.” . Che è ancora meglio in quanto a precisione e ti conferma che nel film interpreta un ingegnere.

Nel film le stazioni spaziali si afferrano al volo come l'autobus di Fantozzi

6- Le stazioni spaziali, da quel che si capisce, viaggiano tutte a vista sulla stessa orbita e intervallate da pochi minuti di distanza, come i treni della metropolitana. Dunque si può passare da quella americana a quella russa e da quella russa a quella cinese a patto di aggrapparsi al volo a qualche sporgenza, esattamente come Fantozzi quando decide di prendere l’autobus calandosi dal balcone perché è in ritardo.

7- Ogni volta che la Bullock riesce ad entrare in una stazione spaziale, per prima cosa si sfila velocemente la tuta e rimane in mutande e canottiera. Immagino sia per motivare il pubblico maschile a proseguire nella visione. A questo punto t’immagini anche che ci siano delle pantofole fluttuanti in assenza di gravità, ma non si vedono. In compenso ti chiedi come mai in una stazione spaziale semidistrutta ci sia ancora una temperatura tanto mite. Comunque, la scena in cui la Bullock appena rientrata nella stazione spaziale fluttua nell'aria in posizione fetale con i cavi dell’aria che sembrano il cordone ombelicale, è bella ed è un buon momento di cinema, anche se mi ha fatto subito venire in mente il videoclip di Teardrop dei Massive Attack.

La scena di lei che si mette in posizione fetale e fluttua senza gravità
 è molto bella, ma ricorda qualcosa

8- Nelle stazioni spaziali visitate la Bullock trova sempre accanto al sedile di pilotaggio un libretto d’istruzioni delle dimensioni di un terzo di quello della Panda. Immagino che sulla prima pagina ci sia scritto “Grazie per aver scelto la nostra stazione

9- Mentre la Bullock precipita tra fiamme e strilli a bordo del modulo di salvataggio verso la terra, considerando tutte le sfighe che ha collezionato sino a quel punto pensi che atterrerà come minimo in Afghanistan nel centro di un villaggio di talebani o in pieno Atlantico a 800 miglia dalla costa più vicina. Quando invece termina la corsa affondando nelle acque lacustri di un paesaggio vagamente asiatico e riesce ad uscire dal modulo, ovviamente in mutande e canottiera, ti aspetti il coccodrillo o l’anaconda. Ma a quel punto gli sceneggiatori dovevano essere esausti e non succede nulla.

10- Il film termina con una lunga inquadratura ravvicinata sulle cosce ancora ben tornite della Bullock e lì finalmente si coglie il disperato tentativo del regista di dare in extremis un po’ di concretezza ad un film francamente improbabile, ma ormai... ci sono già i titoli di coda ed è ora di andare a prendere la macchina nel parcheggio.