giovedì 2 aprile 2020

L'Enigma di Ponsard - Capitolo 8



La mattina seguente, con un sole stupendo che illuminava la vetta del Cesèn e faceva luccicare il Piave in fondo alla vallata, cominciarono ad arrivare alla spicciolata i corsisti del nuovo ciclo di lezioni che avrebbero avuto inizio nel primo pomeriggio. Al momento di servire le colazioni, tuttavia, ci trovammo di fronte ad una sorpresa imprevista: il professor Ponsard aveva affidato la lezione pomeridiana a Grouchy e se n’era andato via di buon mattino con la sua automobile. Dove fosse andato nessuno lo sapeva. L’unica cosa che aveva lasciato detto era che sarebbe rientrato probabilmente dopo cena. Milla, ad ogni buon conto, avvisò Viccaro che rimase piuttosto sconcertato della cosa e si fece dare per sicurezza anche il numero di targa della vettura. 

Ultimati gli arrivi, mentre molti degli ospiti, invogliati dalla stupenda giornata si spingevano fino in paese per una salutare passeggiata alla scoperta dei luoghi, raggiunsi Milla che stava compilando il registro degli arrivi. <<Cosa ne pensi di questa sparizione di Ponsard?>>. 
<<Non ne ho idea, anche se sono propensa a credere che sia collegata a quanto è successo ieri sera>>. 
<<Anche i suoi collaboratori sono sembrati sorpresi>>. 
<<Infatti! Ti dirò che questo colpo di testa non mi dice nulla di buono e comincio ad aver paura che possa davvero succedere qualcosa. Sono sempre più pentita di essermi imbarcata in questa storia>>. 
<<Ormai siamo a metà del guado, mancano due settimane e poi li salutiamo. Quel che succederà dopo non sarà più affare nostro. Fino ad ora siamo stati bravi, si tratta solo di stringere i denti>>. 
<<Sì, lo so, ma è possibile che noi non si possa avere dei clienti normali come tutti gli altri alberghi? Possibile che da noi vengono solo quelli che fregano la biancheria o si portano dietro i pistoleri?>>. 
<<Non so che dirti, sembra che vada così… piuttosto, con gli incassi, come siamo messi? >> 
<<Non va bene neppure lì. Siamo sotto di almeno quattro milioni rispetto alle previsioni e meno male che l’unica a stipendio è Maria. Quelli ci fanno correre da tutte le parti, ma poi non spendono una lira in più neanche a sparargli. Questi non sono dei normali docenti in trasferta, sono delle monache di clausura! Una cioccolata? Una bibita dal frigobar? Un bicchierino di whisky? Una mezza minerale? Macché! Non gli scappa un extra nemmeno per sbaglio! >> 
<<A parte le fotocopie >>. 
<<Si, certo! A parte quello >>. 

In quel momento suonò il telefono del bureau. La lucina sul display indicava che era una chiamata interna. Milla prese il ricevitore e vidi che s’incupiva man mano che ascoltava. Poi, dopo aver assicurato l’interlocutore che avrebbe immediatamente provveduto a fare quanto richiesto, riagganciò. Guardai curioso la mia compagna : <<Chi era?>> 
<<E’ lo sciupafemmine del secondo piano>> 
<<Cristophe?>> 
<<Già! E indovina cosa vuole?>> 
<<Che Nadia vada su in camera sua per qualche motivo>> 
<<Bravo! Vedo che su queste cose da maschietti in libera uscita te la cavi sempre bene! La scusa è che Nadia gli porti su degli asciugamani puliti >>. 
<<E tu gli hai detto di sì?>>. 
Milla sbuffò impaziente per sollevare la frangetta, poi mi guardò con fare malizioso. 
<<Ho detto di sì solo per gli asciugamani, ma non per Nadia>> 
<<Glieli porti tu?>> 
<<Ovviamente no!>> 
<<Allora vuoi che vada su a parlargli?>> 
La mia compagna fece ancora cenno di no. << Purtroppo per il ragazzo, mi ha colto in un momento in cui non ho l’umore giusto. Mi spiace per lui.>>
Subito dopo, rivolta verso la sala da pranzo, gridò con tutto il fiato che aveva in corpo. <<Giuliooo! Giulioooo!>>. 
L’interpellato, che stava sistemando i tavoli, apparve sulla porta in maniche di camicia domandando il perché di tanto strepito. <<Giulio, fammi un piacere, porta un cambio completo di asciugamani alla stanza 21 che è già la terza volta che sollecita>. 
Mio cognato brontolò qualcosa che doveva essere un suggerimento irriferibile su dove il tizio della stanza 21 avrebbe dovuto riporre gli asciugamani, poi si avviò verso le scale per eseguire la comanda. 
Guardai Milla esterrefatto <<Gli hai mandato Giulio? Ma lo vuoi morto quel poveretto?>> 
<<Ti ho detto che il ragazzo oggi era sfortunato, no? E poi, per dirla come loro, è giunto il momento di “aller à la guerre”. Mi sono stufata di correre dietro a questi signori. Lo sai come si dice? Nel mondo ci sono tre tipi di persone: quelli che fanno succedere le cose, quelli a cui succedono le cose e quelli che dicono “che è successo?”. Ecco! D’ora in avanti vorrei che tutti noi facessimo parte del primo gruppo. Il giovane Cristophe, suo malgrado, sarà il primo a subire questo cambio di linea! >> 

Emessa la sentenza, chiuse il registro delle presenze e si allontanò verso la cucina per dare una mano a sua madre. Io rimasi sul posto aspettando gli eventi, che non tardarono. Infatti, poco dopo giunse dalle scale il rumore di un alterco verbale in cui il vocione di Giulio la faceva da padrone e, subito a ruota, quello di una porta sbattuta con violenza. Dopo un qualche altro secondo di attesa mio cognato mi si parò davanti paonazzo in viso.<<Culastriscie! Se era uno scherzo tuo o di quella matta di mia sorella, giuro che avete messo al mondo due orfani perché vi ammazzo di pugni qui sul posto!>>. 
Considerando la minaccia fondata, assunsi l’aria più innocente del mondo.<<Giulio, di che stai parlando?>>. 
<<Lo sai benissimo! Sto parlando di quel mona di francese che era tutto nudo in letto con il bigolo al vento! >>. 
Mi sforzai tremendamente per restare serio. <<Era nudo? E tu cosa hai fatto?>> 
<<Cosa vuoi che abbia fatto? L’ho ribaltato in terra con tutto il materasso e gli ho detto che se provava a fare ancora il mona gli facevo un risotto di denti! >> 
<<Credi che abbia capito?>> 
<<Quando gli ho messo il pugno davanti agli occhi ha capito benissimo!>>. 
Annuii convinto. Poi, lo informai delle decisioni di Milla sul cambiamento di rotta nei confronti degli ospiti. Giulio parve esserne soddisfatto: <<Oh! Finalmente la signora ha capito che non si può dire sempre di si a questa gente, altrimenti ci fanno diventare tutti matti. Monsieur le professor qui, monsieur le professor là… sembra che al mondo ci sia solo questo mona di professore, che vuole comandare tutti e che el xe anca becco! >> 
<<Perché becco?>>. 
<<Se ti dico che il professore è becco, è perché so quel che dico! Non te ne sei accorto? Culastriscie! Ma in che mondo vivi?>.> 
<<Accorto di cosa?>>. 
<<C’è una tresca tra la Pauline e il moretto >>. 
<<Dai! Non ci credo!>>. 

Guardai Giulio incredulo. In effetti, la notizia pareva davvero troppo grossa per esser vera. Ma mio cognato aveva segnato un punto a suo favore nella nostra guerra del pettegolezzo e si vedeva che ne era soddisfatto. 
<<Padronissimo di non credermi, però è così>>. 
<<Ma chi sarebbe l'amante? Uno degli assistenti? >>. 
<<Nooo! L’altro, la guardia del corpo>>. 
<<Mauriot?>>. 
<<Sì, proprio lui. Quel mona del professore non si è accorto che quello fa la guardia al corpo di sua moglie, mica al suo! E lo paga anche...>> 
Giulio ridacchiò soddisfatto per quella considerazione che rafforzava il suo concetto di: “Becco e contento”. 
<<Ma sei sicuro?>> 
<<Certo! Ieri pomeriggio sono andato su al secondo piano a cambiare una lampadina del corridoio e li ho visti che si baciavano e anche adesso, gli altri sono andati in paese, ma lei è in camera di lui. Se vai al piano di sopra e attacchi l’orecchio alla porta della stanza 23 li senti che i xe drio a ciavàr! >>. 
Immaginai che lo avesse già fatto per conto suo e non ritenni necessario verificare ulteriormente. 

Milla che nel frattempo aveva fatto ritorno dalla cucina ci raggiunse incuriosita. <<Si può sapere questi due gentiluomini che cosa stanno tramando? Non sarà mica un nuovo Patto del Merlot?>>. 
Poiché, come sappiamo, un gentiluomo muore ma non tace e due gentiluomini ancora meno, la mia compagna fu immediatamente messa al corrente del pettegolezzo di giornata che fu accolto con un giustificato stupore. <<Se è vero quel che mi dite, non capisco più niente. Quel Mauriot è un bulletto tutto palestrato. Sarà anche un bel ragazzo, ma deve avere un cervellino da criceto. Cosa ci fa assieme ad un tipo del genere una donna come Pauline, che è una gran signora ed è anche un’intellettuale? >>
Giulio guardò la sorella con aria da sfottere. <<Camilla! Noi una risposta ce l’avremmo, ma non te la diciamo per decenza e anche perché dopo ci romperesti i marroni con la storia che siamo due maschilisti. Se vuoi sapere cosa ci fa la tua Pauline con un tipo come quello, come ho già detto a tuo marito, basta che vai davanti alla loro porta e ascolti. Anzi, lo senti già dall’inizio del corridoio>>. 
Milla allargò le braccia in segno di resa <<In questo albergo, dopo il corsista pistolero, il professore con le paturnie e il giovanotto allupato mancava solo la coppia clandestina. Ora ce l’abbiamo!>>. Stavo per aggiungerle anche un fratello voyeur, ma in quel momento arrivò una nuova telefonata e questa volta rispose Giulio che dopo due grugniti incomprensibili riattaccò scuro in volto.<<Non mi dire che ci sono altri problemi>>. 
<<Maria non viene perché ha la febbre>>. 
Milla rimase interdetta per una manciata di secondi, poi si riprese come se nulla fosse <<Bene! Ora siamo davvero in emergenza, ma non tutto è perduto perché tra poco arriva Chiariello…>>. Così la mia compagna, proprio come un allenatore che deve ridisegnare in fretta la formazione per l’infortunio di un titolare, schierò la squadra secondo il nuovo schema di gioco che prevedeva lei in sala, di rinforzo a Nadia, Giulio alla reception e Chiariello ed io a dar man forte alla madre in cucina. 

Qualche ora dopo, mentre affettavo pomodori per le insalate miste mi prese improvvisamente per mano e mi tirò con energia verso l’uscita dandomi appena il tempo di posare il coltello. Restai sorpreso da quell’ennesimo colpo di testa. <<Beh? Si può sapere dove mi stai portando? >>. 
<<In paese! E’ una bellissima giornata e ho voglia di stare un po’ tranquilla con te. Se accetti, posso perfino offrirti uno spritz >>. 
<<Dio, che pessimo senso degli affari! Non c’era affatto bisogno di sedurmi con lo spritz perché un’occasione del genere non me la perdevo di certo. Comunque, quel che detto è detto! Ormai lo spritz te lo sei giocato >>. 
Mi tolsi il grembiule e dopo averla presa sottobraccio, m’incamminai con lei verso la nostra vettura. Lungo il tragitto mi accorsi che Milla sogghignava come se stesse rimuginando qualcosa che la divertiva molto, così le chiesi di esser messo al corrente di quelle amenità. <<Posso sapere perché stai ridacchiando? Ho combinato qualche cosa delle mie?>>. 
Si voltò verso di me e sorrise allegra. 
<<No, amore. Rinfodera i tuoi sensi di colpa. Una volta tanto non c’entri per nulla>>. 
<<Questo è già un sollievo… ma allora, di che ridi?>>. 
<<Ti ricordi cosa mi diceva ieri Giulio a proposito di Chiariello?>>. 
<<Sì… che Viccaro ce l’aveva rifilato apposta perché gli facessimo gratis da “dèscanta baucchi” che poi mi hai spiegato che in dialetto significa risvegliare gli imbambolati >>. 
<<Appunto…rido perché il “baucco” Chiariello è già molto “descantato” per conto suo. Anche troppo! >> 
<<In che senso?>> 
<<Nel senso che Maria ieri è venuta a lamentarsi che Salvatore le ronzava dietro già da qualche giorno e ieri sera, mentre erano da soli a preparare la sala da pranzo lui l’ha presa tra le braccia all'improvviso e l’ha baciata.>> 
<<Ah! Spero un bacino in punta di labbra>> 
<<Magari! E’ stato uno di quei baci con la lingua a tergicristallo che ti restituiscono le tonsille pulite come quando sei nata>>. 
<<Caspita! E io che lo facevo timido!>>. 
<<Quello è timido solo con Viccaro, perché gli conviene, A malincuore, ma una volta tanto devo dar ragione a Giulio: Chiariello si sta rivelando il classico furbetto meridionale che “chiagne e fotte”>>. 
<<Lo riferiamo a Viccaro?>>. 
<<Vuoi farlo andare dritto al carcere di Peschiera?>>. 
<<E Maria come l’ha presa?>>. 
<<Nulla di speciale: come lui si è staccato gli ha detto con tutta calma che la prossima volta avrebbe preso un coltello da cucina e glielo piantava nello sterno>>. 
<<Ecco un’altra personcina di temperamento! Certo che questo albergo ha davvero qualcosa di afrodisiaco: Cristophe che prima insidia la Nadia e poi Giulio, Pauline che se la fa con il suo ganzo, Chiariello che rischia la vita con Maria... non è che la tua mamma cucina troppo pesante?>>. 
<<La mamma cucina benissimo, e tu lo sai bene, a giudicare dalla tua linea. Però è vero: sarà l’aria di collina, ma il soggiorno in villa sembra ringalluzzire gente insospettabile>>. 
<<Peccato che non ringalluzzisca noi>>. 
Mila mi osservò maliziosa, perché era lei che da tempo conduceva i ritmi della nostra vita sessuale e questa cosa, oltre a rendermela maledettamente interessante, la divertiva moltissimo. 
<<Nemo propheta in patria. Visto che hai fatto il classico, lo dovresti ben sapere mio caro!>>. 
Ne convenni rassegnato. 

Dopo aver parcheggiato disinvoltamente proprio davanti alla chiesa, con la solita argomentazione che tanto Don Fabio era un mio amico e non se la sarebbe presa a male, e una sosta di qualche minuto per sentire sulle ossa tutto il calore di quel sole sfolgorante di fine aprile, c’incamminammo verso il brusìo allegro della piazza. Qui giunti Milla mi pose il solito dilemma lacerante.<<Andiamo da “Celio” o al “Campanile”? >> 
Questi, infatti, erano i due bar più frequentati del paese e incarnavano due diverse scuole di pensiero. I “Celisti” erano gente sanguigna, tosta, da sapori forti come il vino rosso del vecchio titolare, ancora seduto alla cassa a tenere tutto sotto controllo e nonostante le ottanta primavere appena compiute. Ogni volta che lo salutavo quell’uomo, rinsecchito dagli anni ma dallo sguardo d’aquila, mi faceva venire in mente un vecchio quadro raffigurante Nelson a Trafalgar sul ponte di comando della Victory. Lo scambio di battute con il vecchio Celio al momento di pagare il conto era un rito irrinunciabile e anche piacevole per il garbo goldoniano che le pervadeva. 

Inoltre, con quella deferenza e rispetto dei ruoli tipici di chi pratica educazioni ormai desuete, quell’uomo era uno dei pochi in paese a chiamarmi rispettosamente “dotòr” e a sgridare chi, tra i presenti, aggiungeva subito dopo a gran voce: “…dei miei maroni!”. Nel suo locale, situato in una calletta da congiurati subito dietro la canonica, tra il fumo di cento sigarette, una fettina di musetto con il cren e un bicchiere di raboso aspro, si discuteva di politica e di calcio con toni di vera passione che non di rado sfociava in qualche spintone non troppo benevolo. Memorabile, a questo proposito, un battibecco di qualche mese prima tra due avventori che non riuscendo ad afferrarsi per l’ingombro dei rispettivi addomi si erano letteralmente presi a panciate come due trichechi prima di venire riappacificati a suon di brindisi. 

Il bar “Al campanile”, invece, proprio dirimpetto al sagrato della chiesa, era il più elegante di Sant’Anastasia, con dei bei divanetti di velluto cremisi, molti specchi alle pareti, i tavolini di marmo grigio con le gambe in ghisa e le tartine ben allineate dietro le vetrinette del banco. Era un luogo che ispirava la chiacchiera lieve in punta di fioretto ed era quindi il naturale punto d’incontro di ogni maldicenza di paese. Inoltre, rispetto al suo concorrente disponeva di molti tavolini all’aperto, cosa che in giornate di sole come quella lo rendeva irresistibile. 
I “Campanilisti”, che annoveravano tra le loro fila la parte più benestante e codina del paese, non avrebbero mai messo piede da “Celio” e viceversa. Io, venendo da fuori, mi mantenevo equidistante tra le parti, traendone gran beneficio. 

Quell’insieme di riflessioni, mi consentì alfine di sciogliere il dilemma.<<Direi al “Campanile”, se non ti dispiace. “Celio” è troppo osteria. Fanno uno spritz che è una bomba alcolica. Per l’occasione di un aperitivo con la mia signora vorrei qualcosa di più finetto >>. 
Milla assentì e ci dirigemmo spensierati verso la nostra meta, quando tutto d’un tratto mi tirò improvvisamente per il braccio, piantandomi le unghie nella carne e facendomi anche male. Poi se ne uscì con un commento che sulle prime non compresi. 
<<Certo che lui è cretino, ma anche lei non scherza>>. 
La guardai accigliato, mentre mi massaggiavo il braccio. <<Gattaccia selvatica che non sei altro! Si può sapere di che parli?>>. 
<<Guarda lì>>
<<Dove devo guardare?>>
<<Ore undici, visto che hai fatto servizio in Marina, così capisci...>> 
Seguii con lo sguardo il dito puntato di Milla e in fondo alla piazza intravidi Pauline che guardava le vetrine tutta abbracciata con Mauriot come se niente fosse. 
<<Quindi Giulio aveva ragione!>>. 
<<Sui pettegolezzi quella bocca da sacrestia di mio fratello non sbaglia un colpo e quello che sfugge a lui lo recupera Nadia. Nulla in questo paese va perduto. Comunque, quei due sono davvero degli incoscienti perché questa mattina la metà dei clienti dell’albergo è qui in piazza e tanto valeva mettere la foto sul Gazzettino se lo si voleva far sapere a Ponsard>>. 
<<Già, pensa che disastro se lo venisse a sapere>>. 
<<Se fanno così è solo questione di tempo. Sarà bene prepararsi all'impatto del siluro >>. 
<<Posto di combattimento, signore?>>. 
<<Si! Batta il posto di combattimento e faccia issare la bandiera sull'albero di trinchetto>>. 
<<Sissignore! Ai vostri ordini signore! Teniamo la rotta per “Al Campanile”? >>. 
Milla, trovata di nuovo l’allegria, confermò prendendomi sottobraccio <<Manteniamo la rotta, nostromo! Macchine pari avanti tutta!>> e due profumati spritz al Bitter guarniti con le olive di Cerignola celebrarono alla grande quella splendida mattinata.


2 commenti:

  1. Bene, anche perché tra un paio di capitoli arriverà un finale piuttosto... movimentato.

    RispondiElimina