domenica 5 aprile 2020

L'Enigma di Ponsard - Capitolo 10



La domenica sera, il Residence Villa Seiffert, a parte i musi lunghi di alcuni ospiti per le note vicende, presentava la veste delle occasioni migliori. Infatti, era giunto il giorno temuto della fatidica Sagra della Sbrisa, una calamità a ricorrenza annuale e per la quale ogni abitante di Sant’Anastasia forniva il suo volonteroso contributo, costituendo per il paese l’evento memorabile dell’anno assieme al presepe vivente di Natale. Già all’imbrunire le prime volute di fumo della polenta che bolliva nei pentoloni e l’odore delle costine e dei funghi arrostiti sulle griglie della cucina da campo allestita tra i tendoni montati in piazza cominciavano a risalire la collina e a raggiungere il nostro giardino così come le musichette a tutto volume delle giostre, in attesa della performance di “Rodolfo e gli scatenati”, un’orchestra da ballo romagnola ormai ospite fissa della manifestazione. 

Nei giorni precedenti Milla aveva fatto tale e tanta pubblicità alla cosa, spacciando una banale sagra di paese come una specie di Oktoberfest, che diversi corsisti avevano deciso di prolungare il soggiorno di una notte per non perdersi quell’evento. Nell’occasione, approfittando della bella serata di maggio con una temperatura mite che invogliava a stare sotto le stelle, era stato allestito nel giardino illuminato da decine di candeline un bel buffet all’americana che ora Maria e Nadia stavano finendo di apparecchiare. 
La mia signora mi raggiunse assieme ai primi ospiti scendendo allegra la scalinata. A ruota, mentre Giulio cominciava a scaraffare il prosecco, arrivò il primo vassoio di foglie di salvia fritte in pastella che apriva la serata. Cercai di avvicinarmi al tavolo per assaggiarne almeno una ma gli ospiti brulicavano attorno a quel vassoio come un branco di Piranha attorno alla capra caduta nel fiume, così, pur avendo fatto rugby in gioventù, rinunciai subito all’impresa. 
Milla mi abbracciò raggiante <<Hai visto che meraviglia i palloncini alla veneziana con le candele? E’ stata un’idea di Giulio, li ha messi sugli alberi per tutto il pomeriggio con la scala>> 
<<Sì, ne sono al corrente. Tuo fratello è anche caduto dalla scala in questione e ha tirato tante di quelle bestemmie che a momenti veniva su Don Fabio dal paese a protestare. Speriamo solo che non c’incendi la casa. Non so se i pompieri, che saranno tutti a folleggiare alla sagra, riuscirebbero a venire in tempo>>. 

Altri vassoi arrivavano a ritmo ormai costante dalle cucine. Feci tempo a scorgere, prima che finissero nel ribollire attorno al tavolo, altre verdure fritte, dei crostoli di polenta con la soppressa e quel che doveva essere un sontuoso risotto con le zucchine. 
La mia compagna m’indicò quelle prelibatezze tutta soddisfatta <<E’ davvero brava la mamma! Non trovi? E’ fantastica, una macchina da guerra>> 
<<Si, lo so… però ho dei sensi di colpa nei suoi confronti. In questi giorni si è accollata tutto il peso della cucina sulle sue spalle e senza fiatare. Deve essersi ammazzata di fatica >> 
Milla annuì, poi allargò le braccia sconsolata. 
<<E’ vero, anch’io ho cercato spesso di farla riposare. Ci ho quasi litigato ieri. Sia io che Nadia possiamo tranquillamente darle il cambio. Magari i clienti non si delizieranno con le sue meraviglie, ma un paio di bistecche e un risotto decente li sappiamo fare anche noi. Mica li avveleniamo, no? Ma lei niente! Non la strappi da quella cucina neanche con le tenaglie. D’altronde, anche tu lo sai com’è fatta. Quello è il suo mondo e non vuole che nessuno ci metta le mani. Sono sessantaquattro anni che vive così, barricata tra le sue pentole e non c’è verso che cambi adesso. Si sente utile e apprezzata, è un lavoro che sa fare ad occhi chiusi, perché dovrebbe cambiare qualcosa? Pensa che l’altro giorno le ho detto che a corsi finiti volevo chiudere l’albergo per qualche giorno e fare una vacanza in un agriturismo toscano con te e i bambini e le ho proposto di venire con noi per riposarsi un po’. Mi ha guardato come se le avessi fatto una proposta contro natura, perché va già in panico se deve andare a Treviso, figurati a varcare l’Appennino! >> 
<<Allora, che Dio ce la conservi>> 

Agguantai finalmente una porzione di frittata di erbette amare e bruscandoli, mentre Milla saliva in cima alla scalinata per annunciare che di lì a poco, essendo ormai le dieci, e prima di recarsi in comitiva alla sagra, avrebbe avuto luogo lo spettacolo pirotecnico organizzato dalla direzione dell’albergo per gli ospiti. Si fece subito silenzio e tutti si raggrupparono in mezzo al giardino in trepida attesa. Notai che Pauline stringeva la mano di Grouchy e la cosa mi indusse a qualche riflessione, subito interrotta da un sibilo che proveniva dal lato più buio della villa. Una scia di fumo si alzò di una trentina di metri per poi esplodere e rilasciare una modesta caduta di scintille verdi. Un secondo sibilo partì subito dopo, ma questa volta il fumo si perse tra gli alberi e stessa sorte ebbero anche il quarto e quinto lancio. Il sesto, invece, si alzò sicuro salvo inclinarsi subito dopo ed esplodere fragorosamente sopra le tegole del tetto con una bella cascata di luci rosse e argento lungo le finestre del primo piano. Sembrava di assistere ai primi lanci da Cape Canaveral, con i razzi che s’inclinavano già sulla rampa di lancio. Dei successivi dieci lanci, solo tre ebbero un qualche successo e alla fine l’applauso dei presenti suonò più ironico che di apprezzamento. 

Guardai Milla abbastanza divertito. <<L’artificiere è Giulio, vero? Scommetto che ha comperato dove sa solo lui qualche convenientissimo residuato della seconda guerra mondiale. Se lo sapevo gli imprestavo la pistola Very che tenevo in barca. Sparando qualche razzo di segnalazione magari faceva più bella figura >>. 
Mi guadagnai subito un’occhiata severa. <<Guai a te se lo vai a stuzzicare, che qui non voglio altre litigate! I fuochi d’artificio li ha portati su Chiariello che ha un cugino a Salerno che li fabbrica. Li ha garantiti come eccezionali e Giulio li ha pagati di tasca sua >>. 
<<A parte che un carabiniere che traffica in fuochi d’artificio non è il massimo della vita, c’è qualche speranza per tuo fratello di essere rimborsato?>>. 
<<Non credo proprio. Conoscendo Salvatore a quest’ora li avrà già spesi>>. 
<<Allora prevedo un riacutizzarsi delle tensioni di convivenza civile tra Nord e Sud>>. 

Lanciata questa profezia di sventura e arraffata qualche residua scheggia di formaggio grana dai tavoli finalmente deserti, raggiunsi Milla nel salone dove, dopo essersi accertata che Nadia avesse portato il solito latte al professore, stava dando le ultime istruzioni a Maria per rimettere a posto e chiudere la serata. Alla fine, raggruppate le pecorelle smarrite tra il bar e i divani della hall, ci mettemmo in cammino e conducemmo la comitiva degli ospiti fino alla sagra, dove, tra mazurche, zucchero filato, giri in autoscontro e vini acidi si fece baldoria fino quasi a mezzanotte quando, se Dio vuole, Rodolfo posò il clarinetto, i suoi “scatenati” spensero gli amplificatori e la brace sotto le griglie cominciò ad affievolirsi. 

Durante la strada del ritorno Milla si staccò dal gruppo degli ospiti che procedeva lento e immerso nel chiacchiericcio reso allegro dalle libagioni e mi raggiunse in testa al plotone. Non appena fu vicina, cercò la mia mano per stringerla nella sua. Pensai subito che era tanto tempo che non lo faceva e la cosa mi diede una sensazione di piacere. Si capiva che aveva voglia di parlarmi e, infatti, appena il tempo di pensarlo, mi rivolse subito la parola.<<Sei arrabbiato con me, vero?>> 
<<No, perché dovrei?>> 
<<Non mentire, quando fai il muso te lo vedo benissimo. Comunque, sono contenta che tu sia venuto alla festa, sai? Ti ricordi che l’anno scorso l’abbiamo saltata?>>. 
<<Ricordo che avevamo litigato furiosamente, ma non so più il perché>>. 
<< Non ti preoccupare. Le nostre litigate le ricordo tutte! Una per una. Ho buona memoria, io>>. 
<<Di questo non ho dubbi. Immagino che tu voglia presentarmi il conto un minuto prima che lasci questa terra, no?>>. 
<<E se invece fosse per scusarmene?>> 
<<Di nuovo? Ti ricordo che da un mese a questa parte ti stai scusando ad intervalli sempre più ravvicinati. Temo che ormai non sia troppo plausibile>>. 
Milla ridacchiò <<Troppo comodo, vero?>>. 
<<Appunto! Le tue scuse sono credibili come quelle del lupo che ha mangiato l’agnellino e poi va a chiedere perdono alla pecora ancora con la bocca piena>>. 

La mia compagna mi passò il braccio attorno ai fianchi per stringermi a sé. <<Povero il mio agnellino! Come l’ha fatto soffrire questa pazza scatenata di moglie, vero?>>. 
<<Verissimo! Comunque, sei contenta di com’è andata la serata?>>. 
<<Si! Direi di sì, a parte i fuochi di Giulio, ma in fondo è stato simpatico anche quello. Mi pare che tutti si siano divertiti no?>>. 
<<Grouchy sicuramente! Ha mangiato, bevuto e ballato il liscio con alcune delle migliori carampane del paese. Deve essere al settimo cielo>>. 
Milla mi rifilò un pugnetto scherzoso nelle costole. 
<<Stronzo! Ha ballato anche con me! Dunque mi consideri una carampana?>>. 
Cercai di recuperare la gaffe imperdonabile. <<Ho detto “alcune”! E’ ovvio che su venti balli ne avrà fatto qualcuno anche con una partner decente. Rientra nel calcolo probabilistico. Poi, tu non sei affatto una carampana, ti definirei in modo diverso >>. 
<<Una rompicoglioni?>> 
La definizione mi strappò un sorriso. <<Più o meno>> 
Milla mi si parò davanti bloccando il mio cammino. 
<<E se fossi una rompicoglioni perdutamente innamorata di quel pelandrone di suo marito?>>. 
<<Saresti perfetta!>> 
Non ebbi il tempo di aggiungere altro perché la mia compagna mi buttò le braccia al collo e mi affibbiò un bacio intenso e passionale che provocò l’immediato applauso da parte del gruppo, ormai alle nostre spalle. 

Rientrammo in albergo di buon passo, precedendo gli altri di qualche minuto e abbracciati come due fidanzatini. Al nostro ingresso fummo accolti dal quieto russare di Chiariello che dormiva appoggiato al bancone della reception. 
La scena mi aumentò il buonumore. <<Eccolo lì il nostro prode guardiano! Uso obbedir tacendo e tacendo dormir!>>. 
<<Meno male che doveva vegliare su di noi>>. 
<<Salvatore, che succede?>>. Milla provò a scuotere il giovanotto che non ne voleva sapere di svegliarsi e ci vollero diversi tentativi perché finalmente riaprisse gli occhi. Poi, non appena messo a fuoco il mondo circostante, il nostro amico trasalì sprofondando nell’imbarazzo. <<Oh! Gesummaria! Signora Camilla, che è? Mi sono addormentato?>> 
La mia compagna gli sorrise materna. <<Temo di sì>>. 
<<Scusatemi tantissimo, ma questa settimana ho fatto due turni di pattuglia e ho tanto di quel sonno arretrato che… >>. 
<<Salvatore, ma se avevi tanto sonno per quale motivo non ti sei fatto sostituire da Giulio?>>. 
<<Suo fratello mi ha detto che si sentiva stanco e che per oggi aveva finito di lavorare. Così alle nove è andato a casa>>. 
Milla mi guardò sconcertata. <<Stanco di lavorare? Per due fuochi d’artificio?>>. 
<<Sarà andato a piangere sul suo letto, vista la figuraccia>>. 
<<E poi ha il coraggio di dire che quelli “della Bassa” fanno i furbi sul lavoro! Comunque, Salvatore, nessun dramma! Adesso ti prepari un bel caffè forte, ti accendi la radio e provi a restare sveglio. Se proprio vedi che non ce la fai, ci chiami in camera e veniamo giù a darti il cambio. Comunque, non ti preoccupare che al capitano non diremo niente, la cosa resta tra noi >>. 

La mia compagna s’interruppe un attimo perché nel frattempo aveva posato lo sguardo sulla rastrelliera delle chiavi e si era accorta che ne mancavano due. 
<<Hai dato tu le chiavi alla signora Geminiani e al signor Grouchy? O se le sono prese per conto loro?>> 
Chiariello ritornò rosso d’imbarazzo all’idea che due clienti lo avessero colto in pieno sonno, ma una voce femminile si intromise al suo posto. 
<<Alla dottoressa Geminiani le chiavi della camera gliele ho date io, signora…>>. 
Maria era apparsa inaspettata sulla porta della sala da pranzo. 
<<Hai pensato tu a darle la chiave della stanza?>>. 
<<Sì, ho visto che Salvatore stava dormendo e ho provveduto io …>>. 
<<Ma quando sono rientrati?>>. 
<<La signora Geminiani è rientrata da circa quaranta minuti, forse qualcosa di più, mentre il signor Grouchy probabilmente è rientrato dopo, ma io non l’ho visto e se la deve essere presa da solo >>. 
<<E tu cosa fai ancora qua? E' già mezzanotte...>>. 
La ragazza si slacciò la traversina e sfilò i guanti bianchi. 
<<Ho messo in ordine dopo il buffet in giardino e già che c'ero ho finito di preparare i tavoli per la colazione di domani, così Nadia può alzarsi più tardi. Ora mi cambio e vado via>>. 
Milla le andò vicino e le sorrise compiaciuta. 
<<Ma che brava che sei!>> poi stese la mano verso di lei e la sensazione fu che le avesse fatto una carezza affettuosa. In effetti, Maria si era fatta benvolere da mia moglie e da tutti noi ed ora che il suo contratto stava volgendo al termine, ci dispiaceva l’idea di perderla. Perfino Giulio aveva ammesso, seppure a denti stretti, che la ragazza, nonostante la sua provenienza, lavorava sodo “quasi” come una delle nostre parti. 

Sistemati gli ospiti e prima di far ritorno a casa Milla fece il consueto giro d’ispezione ai locali da cui ritornò rabbuiata. <<Ho fatto troppi complimenti in questi giorni e così hanno tutti abbassato la guardia. Domani mattina mi sentono>>. 
<<Che succede?>> 
<<C’era il cartoccio vuoto del latte in bella mostra sul banco del bar e alcuni bicchieri sporchi nell’acquaio. In più, al primo piano ho trovato l’aspirapolvere dimenticato fuori dal ripostiglio e nel salottino della televisione c’erano tutti i portacenere da svuotare, con due gomme americane e perfino un torsolo di mela!>>. 
<<E’ una cosa inaudita! Che si fa? Corte marziale in cucina e decimazione dei felloni, oppure degradazione con disonore dei responsabili e dodici nerbate di frusta? Escluderei il giro di chiglia per motivi tecnici>>. 
Milla mi guardò di traverso. <<Fai poco lo spiritoso, tu, che potrei ricordarmi di come nel corridoio del secondo piano ci sia una lampadina fulminata che attende da giorni di essere cambiata. Anzi, a proposito di materiale elettrico, sei stato tu a sventrare quel mezzo metro di cavo elettrico che ho trovato tra la spazzatura?>>. 
<<No… non mi pare. >> 
<<Strano, perché visti i precedenti aveva l’aria di essere proprio uno dei tuoi lavori di precisione>> 
<<Quali precedenti?>> 
<<Le due mensole del bagno che pendono come la torre di Pisa …>> 
Prima che il discorso passasse ai fori di trapano stuccati con il coltello da cucina e all’abat-jour del salotto che ci si prendeva la scossa, le cinsi la vita con il braccio, la ridussi al silenzio con un bacio e la trascinai fuori sulla strada di casa, nel buio della notte.

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