sabato 11 aprile 2020

L'enigma di Ponsard - Capitolo 13 (Parte prima)



Milla mi attendeva passeggiando nervosamente davanti al cancello di casa. Si capiva lontano un miglio che doveva essere sulle spine per qualcosa. Così, per un istante, appartenendo alla categoria di coloro che amano colpevolizzarsi anche se nessuno glielo chiede, mi venne in mente che, forse, dopo aver preso il pane in paese avrei dovuto tornare subito a casa invece che trastullarmi da “Celio” a parlare di rigori dati e non dati con quello juventino supponente del ragionier Moretta. Così mi avvicinai con le orecchie basse ma fu subito chiaro che il pane non c’entrava per niente. Infatti, appena a portata di voce, Milla mi gridò l’ultima novità: 
<<Hanno arrestato Pauline e anche Mauriot! >>. 
Affrettai il passo e la raggiunsi. 
<<Caspita! Come mai Mauriot? Non doveva essere già a casa sua in Francia?>>. 
<<No, pare che dopo la scenata con Ponsard avesse abbandonato il nostro albergo, ma solo per trovare alloggio da un affittacamere di Miane in attesa di tempi migliori. Sembra che stesse aspettando che Pauline mollasse il professore per portarsela via>>. 
<<Meno male che le aveva dato della puttana! >>. 
<<Evidentemente, chi disprezza compera! >>. 
<<Ma come hanno fatto a sapere della presenza di Mauriot? >>. 
<<Sembra che Pauline, la notte dell’omicidio, dopo il nostro rientro in albergo abbia fatto una telefonata e che qualcuno sia venuto a prenderla in macchina verso le due per riportarla poi indietro verso le cinque del mattino>>. 
<<E questo chi lo dice? >>. 
<<Chiariello! A quel punto era sveglio e ha registrato tutto. Compreso il numero chiamato da Pauline che era poi lo stesso che l’aveva cercata nel tardo pomeriggio, prima che andassimo alla festa>>. 
<<Fammi indovinare: il numero corrispondeva a quello dell’affittacamere di Mauriot! >>. 
<<Infatti! Così non ci hanno messo molto per pizzicarlo. Farà anche il detective, ma mi pare tanto mona >>. 

Visto che la faccenda si stava facendo interessante aprii il sacchetto del pane e strappai un pezzo di mantovanina ancora fragrante di forno che trangugiai in un sol boccone. Milla porse subito la mano per reclamare l’altra metà del panino. Il nostro dialogo proseguì, molto maleducatamente, a bocca piena. <<Una storia d’amore commovente, ma che prove hanno contro Pauline? >>. 
<<Perquisendo la stanza hanno trovato nascosti tra il materasso e la rete due guanti da sera che lei ha riconosciuto come suoi e che pare presentino tracce di polvere da sparo. Inoltre, guardando nei cassonetti lungo il viottolo, hanno trovato un cuscino di piume con un foro di proiettile nel centro e, guarda caso, dal corredo della stanza di Pauline manca proprio uno dei due cuscini di piuma. Quindi, sono convinti che la nostra amica abbia ucciso Ponsard con l’aiuto di Mauriot in forme che ancora devono essere accertate e che il movente sia da ricercarsi in parte nella relazione tra i due e in parte nel fatto che Ponsard era pieno di soldi in conti bancari svizzeri di cui solo Pauline sarebbe a conoscenza e di cui sembra che possa disporre in quanto cointestataria>>. 
Visto che l’appetito a quell’ora non mancava, questa volta spezzai in due una rosetta e porsi la sua parte a Milla che nuovamente non si fece pregare. <<Soldi e sesso! Un classico tra i possibili moventi. Immagino che Viccaro si stia fregando le mani, però… >>. 
<<Però cosa? >> 

Lo sguardo di Milla si fece ancora più attento, come se mi esortasse ad andare avanti per dirle quello che si aspettava da me. Così mi lanciai spericolatamente nel campo insidioso delle ipotesi. <<Non ci credo neppure se me lo giurano in ginocchio. Questa cosa mi sa di fasullo dall’inizio alla fine! Quando le prove sono così evidenti, quasi pacchiane, credo che un buon detective dovrebbe diffidarne subito. Tanto più che abbiamo di fronte persone d’intelligenza brillante, tanto brave da escogitare il trucco della porta chiusa dall’interno per simulare il suicidio, che se non era per te ci avrebbe gabbato tutti quanti. Vuoi che subito dopo siano state così stupide da nascondere tracce del genere sotto il proprio letto? Qui non c’è il pastore semianalfabeta che uccide il rivale d’impeto e poi mette la roncola sotto la paglia nel fienile. Anche un bambino sarebbe andato a cercare per prima cosa sotto il letto e nel cassonetto, figuriamoci i carabinieri. Secondo me chi ha ucciso Ponsard preparando lo scenario del suicidio con tanta cura ha fabbricato anche le prove a carico di Pauline casomai la pista principale fosse caduta>>. 
<<Bravo amore! Speravo proprio che anche tu la pensassi così! >> 
Milla mi buttò le braccia al collo e mi stampò un bacio sulla fronte. Nel farlo avvertii sul mio corpo la pressione dei suoi seni ancora tanto sodi da non meritare l’onta del reggipetto e la cosa mi offrì un flash di cattivi pensieri, presto domati dalla necessità di proseguire nella disamina dei fatti. 

Parlammo a lungo degli ultimi sviluppi, ma senza riuscire a cavarne alcunché di sensato. Ogni tentativo d’imboccare piste diverse ci riconduceva sempre ai soliti due nomi: Grouchy e Pauline. D’altronde, anche se in cuor nostro coltivavamo la certezza che il delitto fosse opera di altri, era innegabile che gli unici del gruppo ad avere moventi e anche l’occasione di compierlo erano loro. Non si scappava. Così mi ritirai in camera nostra a giocare con i bambini e lasciai Milla a dare una mano a sua madre. Tornai da basso in cucina che erano quasi le undici. 
Mia suocera era china sulle sue parole crociate e sembrava totalmente assorta, quando improvvisamente richiamò la mia attenzione <<Carlo, lei che sa tante cose… mi può aiutare con questa domanda, che è di cinema, ma io non me ne intendo?>>. 
Non ero certo dell’umore giusto, come sempre prima di pranzo, nondimeno mi rassegnai alla bisogna. <<Ma sì! Certo, mi dica…>> 
La signora Lucia annuì soddisfatta, poi mi sottopose il quesito.<<Dieci lettere: il Gillo regista…>> 
<<Pontecorvo, signora, Gillo Pontecorvo…>>. 

E come la caduta di un insignificante sassolino lungo un pendio può amplificarsi fino a trasformarsi in una frana rovinosa, così quella singola parola mise in moto all’improvviso tutta una serie di meccanismi a cascata e nello stesso istante il mio cervello fu finalmente attraversato dalla luce. Così saltai in piedi con un urlo di gioia che fece trasalire mia suocera, poi corsi a baciarla e ad abbracciarla, mentre la signora Lucia cercava inutilmente di difendersi coprendosi il volto con il grembiule. Mia moglie posò la spugnetta e il piatto insaponato nell’acquaio osservando la scena perplessa, poi intervenne a soccorso della mamma. <<Carlo, va tutto bene? Ti basta una camomilla o devo chiamare gli infermieri?>>. 
Lasciai stare mia suocera e corsi ad abbracciare la mia compagna. <<Ho capito tutto! Milla, ho capito tutto! Ora so perché è stato ucciso il professore!>>. 

Milla si staccò dall’abbraccio e dopo essersi sfilata i guanti di gomma, incrociò le braccia diffidente. 
<<Cioè?>> 
<<Ma non capisci? La battaglia d’Algeri!>> 
<<Si! Gillo Pontecorvo ha girato “La battaglia d’Algeri”. E allora? Gran bel film, ma non ci vedo nulla di speciale>>. 
L’incredulità di Milla finì con lo spazientirmi. <<Oh! Insomma! Dov’è finito tutto il tuo intuito investigativo? Ponsard era un ex paracadutista e questo è assodato, giusto? Ti ricordi che aveva quello strano tatuaggio sul polso? Era un paracadute con sotto due pugnali incrociati e quattro carte da gioco, sì o no? >>. 
<<Sì, certo, l’ho visto anch’io. Erano quattro assi>>. 
<<Brava! Ma ora so che quei due pugnali, in realtà, formavano una X e significavano che Ponsard era appartenuto alla famigerata Decima Legione Paracadutisti, quella del generale Massu, che durante la rivolta algerina ha condotto una repressione durissima contro i membri del FLN ed ogni persona che fosse sospettata di appartenervi, con torture e assassini mirati. E la cosa che avevano in comune Ponsard, Chevalier e l’editore Carmandes è che tutti e tre avevano fatto il soldato in quel corpo di paracadutisti. Dunque siamo di fronte ad un assassino che agisce per vendetta contro chi ha militato nella Decima Legione. Il delitto passionale non c’entra niente! Stiamo tutti seguendo una pista sbagliata. La chiave di lettura di quel che è successo risiede nel passato di Ponsard e lui lo aveva capito subito. E’ per questo che si portava dietro Mauriot come guardia del corpo e che aveva una pistola con sé>>. 

Lo sguardo di Milla si fece improvvisamente ammirato, come se la luce avesse pervaso anche i suoi pensieri, poi mi stampò un gran bacio in fronte. <<Lo sai che sei proprio bravo? Non lo avevo mica capito! Adesso quadra tutto. Le tre morti sono probabilmente collegate e i quattro assi significano…>>. 
<<…che forse dobbiamo aspettarci un quarto assassinio, perché chiunque sia stato non ha ancora finito il suo compito! A meno che quei quattro assi non fossero il simbolo di un’unità speciale della Legione.>>. 
<<Dobbiamo dirlo subito a Viccaro>>. 
Era la prima volta in tanti anni d’indagini con Milla che potevo condurre io il gioco e non volevo certo lasciarmi scappare l’occasione. <<No, Camilla, non essere precipitosa, lascia che Viccaro si culli qualche giorno con l’illusione di avere in mano gli assassini. Il nostro amico non è affatto stupido e alla fine ci arriva anche lui. Dunque teniamoci qualche giorno di vantaggio>>. 
<<Di quel cretino di Mauriot non m’importa nulla, ma mi dispiace per la povera Pauline che si sta facendo della galera da innocente. Poi, se davvero ogni asso corrisponde ad una persona e nel frattempo l’assassino rintraccia il quarto uomo e lo ammazza, lo sai che finiamo in galera anche noi per favoreggiamento?>>. 
<<Lo so, ma probabilmente ci vuole del tempo perché lo rintracci e comunque tutte le persone che erano presenti in albergo al momento dell’omicidio, per un motivo o per l’altro sono ancora qui, quindi, per il momento, finché non si muovono non possono nuocere... >>. 

Milla fece sgomberare sua madre dal tavolo, poi, dopo aver preso la grappa delle grandi occasioni dalla credenza e due bicchieri, si sedette di fronte a me. <<Hai qualche idea su chi sia stato?>> 

Allargai le braccia impotente, mentre la mia compagna mi riempiva il bicchiere <<Non lo so. La possibilità del vendicatore che viene dall’esterno, compie l’omicidio e poi sparisce nel nulla la scarterei subito. L’ipotesi che qualcuno sia potuto entrare di soppiatto mentre eravamo in giardino per i fuochi, quindi mettere il sonnifero nel latte con una siringa e poi, mentre noi eravamo alla sagra, uccidere il professore narcotizzato non regge. Perché come poteva sapere questa persona che l’albergo quella sera era vuoto e che anche Chiariello avrebbe bevuto il latte finendo per addormentarsi? E poi, perché perdere tempo a preparare tutta la messa in scena del finto suicidio? Bastava sparargli a bruciapelo e via…>> 
La mia compagna annuì convinta <<Sono d’accordo! Anche perché per mettere su quella messa in scena occorreva sapere della pistola, conoscere le stanze, le abitudini del professore e anche i nostri programmi per la serata, perché Ponsard avrebbe benissimo potuto venire alla sagra con noi e quindi vanificare il piano dell’assassino. Quindi il vendicatore o quanto meno il complice che gli ha fatto da basista e gli ha guidato la mano era presente sul posto e dunque occorre cercarlo tra gli ospiti dell’albergo>>. 

Sorseggiai la grappa palleggiandola tra la lingua e il palato per poterne sentirne il profumo che tendeva piacevolmente all’amarognolo, poi ripresi l’ analisi <<Certo è che se accettiamo il nuovo movente della vendetta per i fatti d’Algeria, questo scagiona del tutto la Geminiani...>> 
<<Su questo, ormai non vi è dubbio>> 
<<Allora, se non è stata lei, esaminiamo le altre posizioni: i corsisti sono andati quasi tutti via sabato sera per il cambio turno, tranne cinque che però alloggiano alla Vigna d’oro e che comunque sono tornati assieme a noi dalla sagra. Dunque non c’entrano, così come quelli del turno del lunedì, che sono arrivati a cose fatte. Restano quindi i due ragazzi francesi, ma sono troppo giovani e nuovamente Grouchy che però, come gli altri, non penso abbia legami di sorta con quelle vicende, anche perché a suo tempo mi ha raccontato che lui il servizio militare lo ha fatto in Indocina ai tempi di Dien Bien Phu e del generale Giap e in Algeria non vi ha mai messo piede. Inoltre, se quello fosse il motivo, non si capisce perché avrebbe dovuto aspettare l’occasione di ammazzare Ponsard in Italia, quando poteva benissimo farlo in Francia in tutti questi anni. Lo stesso vale per Mauriot, che, se cade la pista passionale e quella dell’eventuale interesse per i soldi che Pauline gli avrebbe portato in dote, non ha di certo motivi del genere per ammazzare Ponsard. Quindi, sembrerà assurdo, ma in teoria resteremmo solo noi>>. 
La logica ferrea di quella conclusione mi diede un brivido nella schiena, che cercai di minimizzare con una battuta. <<Pensa che bello…magari scopriamo che ad uccidere Ponsard è stata la Nadia che finalmente ha tradotto il complimento sulle tette, oppure tua mamma perché il professore le aveva rimandato indietro la sua salsa pevarada!>>. 

Ci fu un silenzio abbastanza lungo, probabilmente dedicato a rimuginare sulle cose appena dette, poi, all’improvviso, Milla sbiancò in volto, si alzò di scatto e si diresse verso la porta. 
<<Ti senti poco bene? Non avrei dovuto scherzare sulla mamma?>> 
<<No, vado al telefono. Devo fare un controllo. Tu resta pure lì!>> 
Restai al mio posto, anche perché l’opportunità di servirsi a piacere della grappa di Teroldego delle grandi occasioni non andava sprecata. Da lontano mi giungeva a tratti la voce di Milla e capii che stava chiedendo all’operatore del servizio abbonati il numero della trattoria “La carbonaia” di Perugia. Così la curiosità mi spinse ad andare da lei per capire cosa avesse in mente. La raggiunsi mentre stava componendo il numero che le avevano dato. Era molto tesa, quasi eccitata ed io, che la conoscevo bene, sapevo che quello era il suo stato d’animo di quando era sulle piste di qualcosa. 

Dopo qualche attimo di pausa, che mi sembrò interminabile, qualcuno rispose e Milla domandò del titolare, poi, nell'attesa che glielo passassero al telefono, mi fece cenno di allontanarmi, perché evidentemente voleva restare al massimo della concentrazione. Mi ritirai dietro la porta, tendendo l’orecchio per cogliere almeno i frammenti di quella conversazione e fui subito accontentato. 
<<Buonasera, lei è il signor Paolo? Senta….volevo avere da lei qualche informazione su una ragazza che ha lavorato da voi come cameriera fino allo scorso gennaio e adesso lavora qui in albergo da me. Sì, è una ragazza. Si chiama Maria Angelillo, è una morettina sui trent’anni, di Taranto>>. 
Ci fu la pausa della risposta, poi Milla sembrò colta di sorpresa. <<Scherza? Come sarebbe a dire che è un uomo? Ne è sicuro? >> 
Ci fu un'altra breve pausa, poi la conversazione riprese con la mia signora un po’ piccata per una risposta che presumevo non troppo urbana <<Si, lo immagino benissimo che lei sa distinguere un uomo da una donna, conosco anch’io la differenza>>. 
Sporsi la testa nella stanza per vedere la scena e la mia compagna questa volta mi fece cenno di avvicinarmi, perché voleva che sentissi anch’io. <<Ah! Questo ragazzo è lì di fronte a lei? Quindi questo Mario Angelillo è proprio la persona che mi ha risposto al telefono. Giusto? Ma la ragazza che è da me, allora, chi sarebbe? >> 
Milla fece un gesto con la mano come a dire che la cosa era davvero grossa, ma non c’era bisogno di farlo perché dalla conversazione tra i due lo si capiva benissimo. 
<<Addirittura! Ma allora, com’è che io ho qui il libretto di lavoro di…. Ah! Ecco! Lo ha rubato e poi falsificato! E per quanto tempo è rimasta lì da lei? >>. 
La telefonata proseguì ancora per qualche minuto, infine, avute tutte le risposte che desiderava, Milla ringraziò il signor Paolo e riattaccò. 
Subito dopo aver riagganciato, si prese la testa tra le mani, mi guardò smarrita e scoppiò inaspettatamente a piangere buttandomi le braccia al collo e chiedendomi scusa tra i singhiozzi <<Amore, perdonami, è tutta colpa mia. Io l’ho assunta e l’ho portata qui. Sono stata una cretina, ma come facevo a sapere che quella donna m’ingannava? Povero professore, gli ho portato proprio io la morte addosso! Ma non è colpa mia…non è colpa mia! >> 

La tenni stretto tra le braccia lasciando che sfogasse tutta la tensione di quella scoperta inaspettata. Poi, quando ormai la crisi di nervi sembrava risolta, le chiesi di riferirmi cosa le avesse detto il signor Paolo e Milla, dopo essersi asciugata gli occhi rossi, mi raccontò, tra un sospiro e l’altro, che la donna che noi tutti conoscevamo come Maria era in realtà una ragazza araba, che si era qualificata come marocchina, ma probabilmente non lo era, e che si doveva chiamare Amina. Asseriva di essere una studentessa di psicologia iscritta all’Università per stranieri di Perugia ed aveva lavorato effettivamente per qualche tempo presso “La carbonaia” e senza mai dare problemi. 
Poi, di colpo, circa quattro mesi fa, la ragazza era sparita dalla circolazione e qualche tempo dopo, il titolare della trattoria aveva scoperto che era stato sottratto dall’armadietto il libretto di lavoro di questo Mario Angelillo, che era un suo collega. Siccome non era stato rubato del denaro, ed essendo possibile ottenere facilmente un duplicato del libretto, il gestore non aveva denunciato la cosa. 

Al termine del racconto guardai Milla. <<Hai detto che Maria ha lasciato la pizzeria quattro mesi fa? E’ proprio il periodo di tempo trascorso dal primo omicidio, quello di Chevalier!>> 
<<Infatti! E sono abbastanza sicura che Maria ne sia coinvolta fino al collo, così come in quello di Carmandes, perché ormai è chiaro che l’investimento è stato tutt’altro che casuale. Probabilmente lei, da sola o con dei complici, ha individuato la prima vittima in Francia e anche la seconda. Così ha attraversato il confine e le ha fatte fuori quasi nello stesso periodo e senza troppa difficoltà, visto che poteva contare sulla sorpresa. Ponsard, ovviamente, era un obiettivo ben più difficile, perché ormai, dopo la seconda uccisione di suoi ex camerati, capiva di essere nel mirino a sua volta e aveva preso delle precauzioni. A quel punto, deve aver lasciato passare qualche tempo per capire come giravano le indagini e se c’era qualche modo più subdolo per arrivare al professore. Quando è venuta a conoscenza del fatto che Ponsard veniva in Italia per qualche tempo, e saperlo non era difficile, perché bastava fare una telefonata alla sua società fingendosi interessata ai corsi, è arrivata qui e con in mano il libretto di lavoro falso si è presentata alla Vigna d’oro perché dovevano averle detto che l’albergo convenzionato per i corsisti era quello e lei avrà pensato che anche il professore ci risiedesse per il periodo delle lezioni. 

E’stata anche fortunata perché Biasin, senza saperlo, le ha fatto un favore mettendoci in contatto e aprendole così le porte della tana del lupo, dove ha potuto prendere servizio e decidere con tutta calma il momento opportuno per eseguire la sua missione. Infatti, lei, dopo averne studiato le abitudini, sapeva benissimo che il professore andava a letto presto e non partecipava alle nostre serate. Tanto è vero che la sera che siamo andati tutti al Casinò di Venezia, guarda caso, qualcuno ha cercato di entrare in casa per sorprendere il professore da solo, ma tu e Giulio lo avete messo in fuga. Quando poi Maria ha scoperto le tensioni tra Ponsard, Mauriot e la Geminiani, non le è parso vero perché ha avuto la certezza che avrebbe potuto portare a termine il suo disegno in tutta tranquillità facendo cadere i sospetti su altri. Così ha cambiato i suoi piani che forse inizialmente prevedevano un’eliminazione di Ponsard più sbrigativa. Si trattava solo di attendere una nuova occasione propizia per cogliere il professore indifeso e questa non poteva essere che la domenica successiva, con la nuova uscita di gruppo. Infatti, mi è venuto in mente che aveva rinunciato al suo giorno di libertà con la scusa di dare una mano a Nadia per la cena in giardino, ma in realtà lo ha fatto per essere presente sul posto proprio quella sera. 

Comunque sia, appena ha avuto la conferma che saremmo usciti tutti in massa per andare alla festa in paese e che, come ampiamente prevedibile, Ponsard non ci sarebbe venuto, ha fatto scattare il suo nuovo piano. Ha fatto portare da Nadia il latte con il sonnifero al professore poco prima che andassimo tutti fuori per la sagra e ha aspettato che facesse effetto. Il fatto che Chiariello avesse bevuto lo stesso latte e si fosse addormentato è stata solo un’opportunità aggiuntiva per lei, perché con il rumore dei fuochi d’artificio avrebbe potuto benissimo sparare al professore senza che il nostro amico da basso se ne accorgesse. Quindi, Maria ha aperto la porta con la chiave di servizio e ha preso nel cassetto del comodino la rivoltella del professore, cosa che poteva fare solo chi sapeva dove fosse e lei lo sapeva, dal momento che rifacendo la stanza tutti i giorni aveva avuto il tempo di frugare per bene dappertutto. Infatti, come ora sappiamo, assistendo alla litigata in sala da pranzo tra il professore e Mauriot, aveva appreso dell’esistenza di una seconda pistola oltre a quella sequestrata alla guardia del corpo. A quel punto, appoggiando l’arma ad un cuscino per attutire ulteriormente il colpo, ha ucciso il professore nel suo letto. Subito dopo ha chiuso la stanza dall’esterno con il trucco del filo di rame ed è scesa a rigovernare la sala da pranzo per farsi trovare da noi mentre era intenta a lavorare al piano di sotto >>. 

Milla mi rivolse lo sguardo ansiosa per cogliere la mia prima impressione sulla sua ricostruzione dei fatti e non la lasciai delusa. Infatti, la spiegazione fornita dalla mia compagna mi trovava una volta tanto completamente d’accordo. <<Sì, deve essere andata proprio così! E questo spiega anche perché non c’erano tracce di impronte nella stanza, Maria indossava i guanti che poi sono stati rinvenuti in camera di Pauline. Certo che, a pensarci, è stato proprio come nei gialli classici: alla fine l’assassino è la cameriera!>>. 
<<Già! E adesso mi è venuta in mente un’altra cosa: mi sono ricordata che quando siamo tornati dalla sagra lei era giù in sala a sparecchiare i tavoli e io, quando ci siamo messi a parlare delle cose da fare per l’indomani, le ho tolto istintivamente qualcosa di bianco che aveva tra i capelli. Avevo rimosso questo particolare ma ora mi sono ricordata cosa fosse: una piccola piuma d’oca!>>. 

<<Quindi, ricapitolando, Maria, appena è rimasta sola in albergo è andata per prima cosa nella camera della Geminiani e ha indossato i suoi guanti da sera, da un lato per non lasciare impronte e dall’altro perché conservassero tracce di polvere da sparo e costruire una prova contro quella donna. Poi ha preso anche il suo cuscino di piume d’oca e lo ha usato per sparare al professore attutendo il rumore del colpo. Quindi ha riportato i guanti in camera di Pauline e li ha nascosti tra la rete e il materasso, immaginando che una perquisizione li avrebbe senz’altro fatti saltar fuori, semmai ce ne fosse stato bisogno. Infine, ha buttato il cuscino d’oca nel cassonetto sapendo che qualcuno prima o poi si sarebbe accorto che mancava dall’arredo della stanza e che c’era tutto il tempo perché venisse trovato, visto che lo svuotano una volta a settimana, se va bene. Subito dopo, ha preso l’aspirapolvere e ha ripulito la stanza e il letto dalle piume che al momento dello sparo dovevano essere volate dappertutto>>. 
<<Esatto! Ecco perché abbiamo trovato l’aspirapolvere nel corridoio. Ti ricordi che mi ero arrabbiata per averlo trovato fuori posto? Probabilmente, l’arrivo anticipato di Pauline, o quello successivo di Grouchy l’ha costretta a finire il lavoro e a chiudere la stanza in fretta e furia>>. 
<<Sì, e non si era accorta di avere anche una piuma tra i capelli. Comunque, se controlliamo il filtro dell’aspirapolvere vedrai che lo troviamo pieno di piume>>. 

Una breve visita al magazzino degli attrezzi e l’apertura del coperchio dell’aspirapolvere confermarono appieno l’ipotesi di Milla. Raggrumate tra la polvere, si vedevano decine di piumette bianche d’oca. <<Caspita! Hai proprio ragione! L’aveva usato per togliere ogni traccia di piume e nella fretta di scappare da basso l’ha dimenticato nel corridoio. Ma perché Maria non è scappata subito dopo l’omicidio? Perché è rimasta ancora qua con il rischio di essere scoperta?>>. 
<<Non aveva nessun motivo di scappare. Perché se si fosse allontanata senza motivo avrebbe indirizzato automaticamente i sospetti su di lei. In fondo poteva stare abbastanza tranquilla perché aveva due diverse strategie in atto. La messa in scena del suicidio era sufficientemente ben congegnata per avvalorarlo e, qualora fosse crollata, c’erano le prove contro Pauline già belle che pronte. L’arresto successivo di Pauline e Mauriot con l’ipotesi di un delitto con movente passionale l’ha tranquillizzata ulteriormente sul fatto che nessuno ormai pensasse a lei e ora può aspettare in tutta calma che le acque si calmino abbastanza da potersi congedare. E poi, forse, lei o i suoi complici devono sempre cercare il quarto uomo, Comunque, tutte queste cose ce le dirà Maria di persona>> 
<<Perché? Sai dove abita?>>. 
<<Io no, ma mi ricordo che Giulio una ventina di giorni mi ha detto di aver scorto la Regata celeste del ragazzo di Maria davanti a una pensioncina di Follina dove vanno le coppiette. Magari era un caso fortuito, ma forse abitano davvero lì. Se ci andiamo e non se la sono svignata proprio in queste ore, troviamo lei o quantomeno il suo ragazzo, o quel che è >>. 
<<Scusa, ma qualche tempo fa non ci aveva telefonato per dire che stava poco bene? Basterebbe rintracciare il numero>> 
<<Perderemmo un mucchio di tempo a cercarlo, sempre ammesso che il centralino lo abbia memorizzato e di sicuro finiremmo per scoprire che ha chiamato da un telefono pubblico o da un bar. Poi, cosa vorresti fare? Chiamarla e dirle: stia li ferma che la stiamo venendo a prendere?>>. 
<<Ma non deve venire a farsi dare i soldi dell’ultimo stipendio?>>. 
<<Purtroppo le ho dato l’assegno con il mensile l’altro ieri, praticamente non avanza nulla e sicuramente lo avrà già incassato. Comunque, ha dimenticato il grembiulino qui. Se pensi che passi a riprenderlo… >>. 

Milla si alzò e corse in cucina a rovistare nel cassettone della credenza. <<Cerchi la vecchia Luger di tuo padre?>> 
<<Sì, chiunque troveremo in quella pensione non so come prenderà questa nostra visita e non mi va di andarci a mani vuote>>. 
<< Ma la Luger non spara. Non ricordi che ha un proiettile incastrato nella canna e il percussore rotto?>>. 
<<Certo che lo so, ma loro non lo sanno e tu cerca di non farglielo capire>>. 
Una volta assicurata la pistola alla cintura e dopo averla coperta con il maglione, tanto per non sembrare una pistolera, Milla andò a chiamare Giulio per farsi dire esattamente dove fosse la pensione. Quindi, nel giro di un minuto mi ritrovai sulla Peugeot sgommante alla volta di Follina. 

Dopo qualche chilometro di provinciale percorso ad andatura regolare, mi accorsi che Milla lanciava sguardi nervosi nello specchietto retrovisore e proprio in quel momento, in prossimità di una curva in discesa ci si parò davanti un trattore carico di barbabietole. Non feci a tempo a dirle di frenare che Milla accelerò bruscamente eseguendo un sorpasso mozzafiato e alla cieca. 
Appena deglutito il cuore impazzito che cercava di uscirmi dalla gola le gridai tutto il mio risentimento <<Ma sei una pazza furiosa? Lo sai che se veniva una macchina dall’altra parte eravamo belli che spiaccicati?>>. 
Milla, intanto era concentrata su altri due nuovi sorpassi a pelo e tardò a rispondere. Poi, finalmente, dopo che una Fiesta proveniente in senso opposto le aveva fatto i fari e anche le corna, ridusse l’andatura e si girò soddisfatta verso di me. <<Lo so, ho rischiato! Però facendo il tornante precedente ho visto che la strada giù in basso era libera per un buon tratto e ho avuto fiducia che lo fosse ancora. Scusami se ti ho fatto prendere paura, ma c’era una macchina che ci seguiva ed era l’unico modo per sorprenderla. Ora è rimasta bloccata dietro al trattore e prima che riesca a liberarsi con questo traffico saremo già arrivati a destinazione>>. 
<<Ma come fai ad essere così sicura che ci stessero seguendo?>>. 
<<Molto semplice: quando sono arrivata allo stop sulla provinciale ho notato una Thema blu scuro con due uomini a bordo parcheggiata vicino al distributore di Ginetto. Come mi sono immessa sulla provinciale, loro hanno fatto manovra e si sono subito messi dietro di me…>>. 
<<Non poteva essere una combinazione? Magari erano lì a far benzina>>. 
<<Certamente. Peccato che oggi il distributore di Ginetto sia chiuso per turno. E’ questo che mi ha insospettito!>> 
Altre due curve e la nostra vettura fece il suo ingresso tra le case della piccola frazione di Follina. Degli inseguitori presunti, non vi era più alcuna traccia. <<Chi credi che fossero?>>. 
<<Non lo so e non lo voglio sapere…>>. 
<<Gente di Viccaro incaricata di sorvegliarci?>>. 
<<E’possibile. Comunque ora parcheggio qui la macchina e andiamo a piedi perché Maria conosce bene la mia Peugeot e, se la vede, addio sorpresa!>>. 

Girammo l’angolo alla svelta e in breve fummo davanti ad un caseggiato anonimo con un accenno di giardinetto, dove spiccava sulla porta d’ingresso una targa in ottone che informava di come gli “Alloggi Sorriso”, pensione ad una stella, fossero al primo piano. Dopo aver suonato il campanello, visto che la porta era aperta salimmo le scale e oltrepassata una porta a vetri che portava ancora delle decalcomanie natalizie ci fermammo davanti al bancone dove penzolavano dalla rastrelliera quattro chiavi. Di lì a poco, arrivò un signore corpacciuto che ci squadrò con aria non proprio benevola. 
Probabilmente stava finendo di pranzare, come suggeriva lo stuzzicadenti ancora in bocca e la cosa lo aveva infastidito. Infatti, senza neppure un cenno di saluto, andò subito al sodo <<Ve lo dico subito così non perdiamo tempo: se volete una camera per un soggiorno siamo al completo fino a martedì. Altrimenti vi avviso che se volete la stanza per qualche ora, adesso ne ho una libera, ma sono quindicimila più una caparra di diecimila per il cambio lenzuola ed eventuali danni>>. 

Milla lo guardò con l’aria di quella che è abbastanza divertita ma lo sarebbe di più se potesse usare la Luger. <<Non si preoccupi, siamo marito e moglie e non una coppietta in cerca di avventure e poi, incidentalmente, sono proprietaria di un albergo qui vicino, quindi la sua preziosissima stanza non ci serve affatto. Piuttosto volevo sapere se abita qui da lei una signorina mora, piccolina e con i capelli ricci, sui trent’anni che si chiama Maria e che dovrebbe essere in compagnia di un ragazzo >>. 
L’uomo scrollò subito la testa in segno di diniego <<Mai coverta!>>. 
<<Ma è sicuro?>>. 
<<Certo! Qua di Marie non ce ne sono mai venute. Perché la cerca proprio qua?>>. 
<<Perché ieri ho urtato la sua macchina con la mia e siccome volevo pagarle i danni le ho chiesto l’indirizzo e lei mi ha dato l’indirizzo della sua locanda…>>. 
L’uomo sembrò riflettere, poi improvvisamente aprì uno spiraglio di dialogo.
<<Che macchina era?>>. 
<<Una vecchia Fiat Regata celeste>>. 
Il proprietario della pensione, dopo aver spostato lo stecchino all’altro capo della bocca, s’illuminò perché finalmente doveva aver associato persone e cose. 
<<Ah! Quella? Ma la macchina no la xè di questa Maria, la xè di un tosatto marochìn, che el xè stà qua fino a ieri >>. 
Poi, dopo una nuova pausa riprese. <<Però, forse, gò capìo chi la xè questa Maria. Quando il marochìn se ga fatto male alla gamba la xè vegnuda due o tre volte a trovarlo. Me lo ricordo perché go fatto discussiòn per via che i magnava in camera e poi la xè vegnuda a torlo ieri, quando i xè andai via…>>. 
<<Fantastico! E’ proprio la persona che cerchiamo. Sa dirci dove sono andati?>>. 
<<Quei due? Cossa vusto che sappia mi? I me ga messo in man i miei schei e i xè scampai via >>. 
<<Non le viene proprio in mente niente?>>. 
Il nostro interlocutore si fece di colpo sospettoso. 
<<Ma perché v’interessa tanto questa tosa? ‘Sta storia del risarcimento dei danni la scominsia a spussàr. Dica la verità: siete della polizia? Vardè che qui el xè tutto a posto! Mi qua de gente brutta no ghe ne vogio…>>. 
<<No, stia tranquillo. Non siamo della polizia, ma visto che siamo colleghi le dirò la verità: la ragazza ha lavorato come cameriera nel mio albergo e se ne è andata via dopo aver rubato diverse cose di valore. Allora, prima di denunciarla la voglio trovare per farmi restituire quello che ha preso e la voglio guardare dritta negli occhi per vedere la faccia che fa …>>. 
<<Ah! Ecco! Comunque, scusi se mi permetto, ma lei se l’è cercata. Mi no me mettarìa a servir in albergo quel tipo di gente. Ghe xè poco da far: si vede dal muso che i xè diversi! >> 
Stavo per ribattergli che, allo stesso modo, si vedeva dal suo muso che lui era un vecchio coglione razzista quando quello si ricordò finalmente un particolare utile. 
<<Comunque, ieri, prima di partire, lei, la morettina, è venuta due o tre volte a chiedermi di telefonare ad un numero di Verona, ma non gli ha mai risposto nessuno>>. 
<<Ha conservato quel numero?>>. 
<<Si, lo go scritto da qualche parte, ora lo trovo>>. 

Il nostro uomo si recò dietro il bancone e dopo aver cercato nel cestino scomparendo alla nostra vista, riemerse dopo qualche attimo con un foglietto appallottolato che ci porse. 
Milla lo guardò, poi gli chiese se poteva tenerlo. <<Certo che pol tegnirselo. Lo avevo già butà dentro le scoasse…>> 
Mentre la mia compagna infilava il foglietto nella tasca della borsetta, mi feci avanti nella discussione. Per una di quelle antipatie “di pelle” che a volte mi concedo, quell’uomo mi stava sullo stomaco fin dal primo momento e così mi venne spontaneo formulare la domanda con il tono un po’altezzoso che adotto quando voglio rimarcare le distanze. 
<<Ma, il ragazzo, come si chiama? Questo lo saprà, almeno, visto che è stato suo ospite per diverso tempo>>. 
Il nostro alzò le spalle <<Alì, Mustafà…cosa vusto che ne sappia di quei beduini là? Se ciamarà come che l’vol!>>. 
<<Beh! Ma come fa a dire che non sa come si chiama? Se vuole essere sicuro di essere pagato dovrà pur prendere delle generalità o un indirizzo! Come lo ha registrato? >>. 
<<Non l’ho registrato… gli ho preso il passaporto quando è arrivato e gliel’ho restituito appena mi ha messo i soldi in mano e che li go contai. Poi, arrivederci e grazie>>. 
<<Come è possibile? Non può non averlo registrato! Qualsiasi albergo lo fa. E’obbligatorio, lo sa lei?>>
Quell’uscita mi procurò uno sguardo carico d’odio. L’uomo mi posò una mano sulla spalla con fare minaccioso. Era chiaro che anche lui non doveva trovarmi molto simpatico. 
<<Scolta vecio, ma ti, che albergo ti ga?>> 
<<Il Villa Seiffert, a Sant’Anastasia, è un quattro stelle>> 
<<Ecco…allora i siori che i vien da ti a duecentomila lire per notte ti pol anca registrarteli in quel posto o dove che ti vol, mentre con i poareti che i vien qui, mi fasso quel casso che vogio. Ti ga capìo?>> 
Milla mi trascinò via per un braccio prima che la situazione degenerasse. <<Grazie, comunque, lei è stato utilissimo! Le faremo sapere>>. 

Appena giù dalle scale mi guardò severa. Era chiaro che il battibecco con quel tizio avrei dovuto risparmiarmelo. <<Ma volevi farti dare un pugno sul naso? Cosa gli vai a chiedere della registrazione? Ma lo hai visto il posto? Solo tu puoi pensare che in una fogna del genere ti chiedano i documenti. E poi, da che pulpito viene la predica… non sei tu quello che stava per farci prendere una multa per non aver registrato Mauriot?>>, 
Evitai polemiche e non raccolsi la provocazione, mentre la mia compagna si dirigeva inaspettatamente dall’altra parte della strada. <<Perché vai di la? La macchina è qui dietro>>, 
Milla sbuffò sollevando la frangetta, come quando dicevo qualcosa che la irritava. 
<<Lo so perfettamente, visto che l’ho parcheggiata io. Ho preso questa strada perché lì c’è una cabina telefonica>>. 
La raggiunsi e la fermai trattenendola per un braccio. <<Vuoi chiamare quel numero?>>. 
<<Dopo, prima faccio una verifica>>. 
<<Che vuoi fare?>>. 
<<Chiamo Giulio in albergo e gli chiedo di guardare al centralino i tabulati delle telefonate di Ponsard. Voglio vedere se quel numero è uno di quelli che aveva chiamato il professore>>. 
Milla entrò nella cabina e ne uscì dopo un certo tempo tutta soddisfatta. 
<<Hai scoperto qualche cosa?>> 
<<Si! Ti va di fare un salto sino a San Zeno? E’ vicino a Bardolino, dalle parti del lago di Garda>>. 
Nel dirlo, un sorriso prima appena accennato le si allargò sul volto perché pregustava la mia faccia sorpresa e, infatti, non la delusi.<<A San Zeno? Fino al Garda? E’ perché poi?>> 
<<Perché il numero che ha chiamato Maria dalla pensione è lo stesso che aveva chiamato Ponsard prima di fare quel suo viaggio misterioso. 
Ho chiamato il servizio informazioni della Sip e l’operatore mi ha detto che questo numero appartiene ad un certo Jacques Tarentin e mi ha dato l’indirizzo. Ho provato a chiamare anch’io, ma non mi ha risposto nessuno. Dopo qualche squillo parte il fax, ma questo non vuol dire nulla. Probabilmente questo tizio ha un ufficio e quello è il numero. Però ho la sensazione che se andiamo lì probabilmente ne sapremo di più e comunque credo che Maria e il suo amichetto abbiano avuto la nostra stessa idea >>. 
<<Ma secondo te chi sarebbe questo Tarentin?>>. 
Milla mi guardò meravigliata poi posò la mano sulla mia spalla. <<Forse è l’ora di farsi vedere da un medico perché stai invecchiando male! >>. 
<<Perché?>>. 
<<Sei uno smemorato perché te ne aveva parlato Cristophe e il bello è che me lo avevi raccontato proprio tu! Tarentin è la persona con la quale Pauline era venuta in Italia e che poi ha mollato per tornarsene in Francia con Ponsard. E’ la persona che il professore è andato a trovare la mattina che è sparito e molto probabilmente è anche il quarto asso del poker d’assi! Se guardi bene Ponsard e i suoi tre amici hanno dei cognomi le cui iniziali sono le stesse dei semi delle carte da gioco francesi: picche, quadri, cuori e fiori>>. 
Feci un rapido controllo mentale e poi sbottai deluso. 
<<Ma no! Camilla, non ci siamo! Rifletti: ammettiamo anche che Ponsard fosse le“Piques”, il suo socio Chevalier il “Cœur” e l’editore Carmandes fosse il ”Carreau“, cioè l’asso di quadri. Il quarto uomo però dovrebbe avere un cognome che inizia con la “F”di “Fleurs" per essere l’asso di fiori…>>. 
Milla salì in macchina lanciandomi un’occhiata ironica. 
<<Sì, amore mio, non c’è alcun dubbio che sia così se usiamo un francese maccheronico come il tuo. Peccato, però che la carta di fiori in francese si chiami: “Trèfle”, e quindi inizi con la “T” esattamente come Tarentin. E credo che Maria il francese lo conosca meglio di te…>>. 

Sprofondai nella vergogna più totale che mi tenne compagnia quasi fino al casello di Soave, poi, finalmente mi ripresi. <<Credi che questo Tarentin sia il loro obiettivo e che siano diretti li?>>. 
<<E’ chiaro! Se ha cercato di mettersi in contatto con lui era probabilmente per tendergli una qualche trappola. Spero solo di fare in tempo a salvargli la pelle>>. 
<<Ma come fa Maria a conoscere quel numero di telefono e anche a sapere che il quarto uomo si trovava per una fortunata combinazione in Italia, addirittura a due ore di macchina dall’albergo?>>. 
<<Per il numero di telefono ha fatto come me. Ha guardato il tabulato delle telefonate della stanza di Ponsard. Non dimentichiamoci che se ha ucciso Chevalier possiede anche la sua rubrica. Non ti ricordi che tra le stranezze che Viccaro ci aveva riferito c’era anche quella che i presunti rapinatori si erano impadroniti dell’agenda del morto? Quindi le sarà bastato confrontare i numeri telefonici. In quanto al fatto che il quarto uomo si trovasse in Italia, purtroppo credo lo abbia saputo involontariamente da me …>>. 
<< Da te?>> 
<<Si! Mi sono ricordata che una sera mi è venuta a dire, con quella sua arietta innocente, che non c’era bisogno di sapere il francese perché il professore parlava benissimo italiano e mi ha chiesto come mai lo sapesse così bene. Così le ho raccontato quello che mi avevi detto a proposito del fatto che Ponsard aveva lavorato per alcuni anni da queste parti. A quel punto le è bastato vedere sull’agenda di Chevalier e sulle chiamate di Ponsard un numero con il prefisso di Verona per capire che quello probabilmente era l’uomo che stava cercando >>. 
<<Forse c’è un'altra ipotesi… tutte le vicende sentimentali di Ponsard, Pauline e Grouchy, come sai io le ho sapute da quel pettegolo di Cristophe che mi aveva fatto anche il nome di questo Tarentin, indicandomelo come l’uomo di cui Pauline si era innamorata e che poi, dopo un periodo di lavoro assieme, aveva improvvisamente lasciato qui in Italia per tornare in Francia assieme a Ponsard>>. 
<<E allora?>>. 
<<Beh! Il giovanotto, oltre che con Nadia deve averci provato anche con Maria. Lo so perché un pomeriggio li ho visti in giardino che chiacchieravano allegramente. Probabilmente lei ha fatto finta di stare al gioco per farlo cantare e lui, con un unico obiettivo in mente, le ha spiattellato nomi e cognomi>>. 
<< Bel pollo il tuo francesino!>>. 
<<Che vuoi farci? Questa è la prova della teoria di Stephen Hawking sul potere traente dei buchi neri>>. 

Milla sghignazzò a lungo per la battutaccia, ma non prima di avermi dato del mona. Attesi che un minimo di compostezza ritornasse nell’abitacolo, poi ripresi le domande. 
<<Secondo te, perché questo Tarentin non ci ha risposto? Loro hanno un giorno di vantaggio su di noi, non è che lo hanno già ucciso?>>. 
<<No, non credo. Se ti ricordi quello che ci ha detto il proprietario della pensione non ha risposto neppure a Maria. Quindi anche lei deve essere venuta qua per vedere di rintracciarlo. Il paese è piccolo, non dovrebbe essere difficile sapere dov’è. E comunque sappiamo entrambe che Tarentin fino a pochi giorni fa era qui in loco, perché Ponsard gli ha parlato>>. 
<<Ma dove potrebbe essere andato?>>. 
<<Non lo so. Potrebbe essere via per lavoro, oppure Ponsard potrebbe averlo avvisato che qualcuno cercava di fare loro la pelle e potrebbe essersi nascosto da amici. Tanto più ora che avrà saputo della morte del suo amico>>. 
<<Ma non sarebbe il caso di chiamare Viccaro?>>. 
<<Aspetta … prima vediamo la situazione in loco e poi possiamo scomodare il nostro amico con tutte le sue alfette lampeggianti. Se non riusciamo a trovarlo noi, questo Tarentin non lo trovano neppure loro, questo è certo>>. 


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