tag:blogger.com,1999:blog-57724571760639420582024-02-06T17:55:42.443-08:00Noblesse ObligeCarlo Volebele Vayhttp://www.blogger.com/profile/14678576870905270096noreply@blogger.comBlogger188125tag:blogger.com,1999:blog-5772457176063942058.post-7804291973525517632023-04-06T03:52:00.001-07:002023-04-06T03:54:00.186-07:00iI destino cinico e baro dei fotografi e i misteri di una notte di mezzo secolo fa.<p style="text-align: justify;">Il destino cinico e baro dei fotografi fa sì che, giunti quasi alla fine del cammin di nostra vita, oltre alle tante immagini di viaggi, mogli, figli ed altri accadimenti, ci si ritrovi con un intero archivio pieno di ritratti di amiche e amici, che soprattutto per i loro volti ripresi ancora negli anni lontani della gioventù, diventano un patrimonio di ricordi divertenti o malinconie struggenti.</p><div dir="auto"><div class="x1iorvi4 x1pi30zi x1swvt13 x1l90r2v" data-ad-comet-preview="message" data-ad-preview="message" id=":R2kdanlabaammjabkq75b5klbaH2:"><div class="x78zum5 xdt5ytf xz62fqu x16ldp7u"><div class="xu06os2 x1ok221b"><span class="x193iq5w xeuugli x13faqbe x1vvkbs x1xmvt09 x1lliihq x1s928wv xhkezso x1gmr53x x1cpjm7i x1fgarty x1943h6x xudqn12 x3x7a5m x6prxxf xvq8zen xo1l8bm xzsf02u x1yc453h" dir="auto"><div class="x11i5rnm xat24cr x1mh8g0r x1vvkbs xtlvy1s x126k92a"><div dir="auto" style="text-align: justify;">Però di foto tue di quegli anni, dato che stavi dall'altra parte del mirino <a tabindex="-1"></a>della fotocamera, non c'è nemmeno l'ombra, a meno di non avere avuto qualche morosa o compagno/a di classe che ti avesse ritratto. Ora, la tecnologia fa sì che, non avendo modo di farti l'autoritratto come un pittore, puoi almeno rimediare in parte con i selfie, che allora non esistevano, ma che però ormai ti rimandano impietosamente l'immagine di un viso vecchio e solcato di rughe (chissà se alla LIDL vendono quello specchio dove dentro c'è uno che invecchia per te?), dunque è meglio evitare perché la depressione è sempre in agguato dietro l'angolo. </div><div dir="auto" style="text-align: justify;"><br /></div></div><div class="x11i5rnm xat24cr x1mh8g0r x1vvkbs xtlvy1s x126k92a"><div dir="auto" style="text-align: justify;">Oddio...qualche foto per ricordarmi come fossi a quindici anni grazie a mio padre e anche a vent'anni, grazie alla mia ragazza di allora ce l'ho anche, ma sono talmente poche che ormai le conosco a memoria e non mi emozionano più. Tranne una: questa qui, che quando la vedo mi ripropone sempre il quesito insoluto di come fossero andate le cose in quella sera di oltre cinquant'anni fa. </div><div dir="auto" style="text-align: justify;"><br /></div></div><div class="x11i5rnm xat24cr x1mh8g0r x1vvkbs xtlvy1s x126k92a"><div dir="auto" style="text-align: justify;">La foto, restaurata a suo tempo con Photoshop in quanto completamente ingiallita e assai malandata, mi ritrae (sono quello con le orecchie a sventola seduto in fondo) alla cena di fine liceo, subito dopo la maturità con alcuni compagni di classe della III A del Marco Foscarini, ma non solo per questo la sua storia mi è molto cara. </div><div dir="auto" style="text-align: justify;"><br /></div></div><div class="x11i5rnm xat24cr x1mh8g0r x1vvkbs xtlvy1s x126k92a"><div dir="auto" style="text-align: justify;">La cena si era svolta al ristorante Antico Martini, nel campiello del Teatro La Fenice. Non ho mai saputo chi fosse stato tra noi il figlio di... papà, con presumibile casa a Cortina, che aveva scelto quel locale invece della solita pizzeria da studenti e, del resto, nella nostra classe almeno quattro o cinque "cagoni" sospettabili, tra figli di primari, antiquari, grandi avvocati e gioiellieri c'erano di sicuro ed altrettante di "cagone", se non di più, ce n'erano nell'altra sezione femminile, che quella sera cenava assieme a noi. </div><div dir="auto" style="text-align: justify;"><br /></div></div><div class="x11i5rnm xat24cr x1mh8g0r x1vvkbs xtlvy1s x126k92a"><div dir="auto" style="text-align: justify;">Infatti, quello scelto per la nostra cena era un ristorante piuttosto pretenzioso (pare ci avessero cenato anche Margaret d'Inghilterra, Paola di Liegi e altre teste coronate) e quindi la serata, con pesce pregiato e carta dei vini adeguata (mica il fritto misto di anguelle e calamari e la caraffa da litro di prosecco alla spina) era costosetta assai, tanto che ricordo con un senso di colpa l'espressione corrucciata di mia madre nel darmi la mia quota. </div><div dir="auto" style="text-align: justify;"><br /></div></div><div class="x11i5rnm xat24cr x1mh8g0r x1vvkbs xtlvy1s x126k92a"><div dir="auto" style="text-align: justify;">All'epoca, lei viveva solo con la sua pensione di reversibilità da vedova di guerra (mio padre era caduto in missione e anche se era un Capitano di Vascello le pensioni di quegli anni erano quel che erano) e faceva salti mortali per far vivere dignitosamente i suoi due figli. Ricordo che nell'occasione mi disse anche "Ti pago la cena solo perché sei stato promosso e non voglio che mio figlio faccia la figura con gli altri di quello che rimane a casa. Consideralo il tuo regalo per la maturità". E fu di parola, perché non mi arrivò altro se non un paio di libri.</div><div dir="auto" style="text-align: justify;"><br /></div></div><div class="x11i5rnm xat24cr x1mh8g0r x1vvkbs xtlvy1s x126k92a"><div dir="auto" style="text-align: justify;">Nella foto vi compare la Pia per la quale a quel tempo avevo una discreta cotta anche se, ovviamente, lei non mi filava nemmeno di striscio perché era una ripetente e aveva 19 anni mentre io all'epoca, essendo avanti di un anno, ero ancora un diciassettenne implume. Poi ci sono altri due miei compagni di classe: Francesco (che oggi purtroppo non c'è più) e Alberto, gran mediano di spinta della nostra squadra di calcio (fate conto una specie di Nicolò Barella dai mille polmoni), oltre al nostro bravissimo docente di matematica, che pochi anni dopo, già all'università, avrei incontrato nuovamente militando nel Manifesto, diventandone amico.</div><div dir="auto" style="text-align: justify;"><br /></div><div dir="auto" style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhcGnqLsIqrDthjJr1radi2DrQNxmv1zdBqh4sEvp0ye1bUp8v10DLyVkcm4nUroxDTdK0PB-EzwuQB0ba6YT2ZAydRR4h0DcnYqf4aj1QJnJ3Fvkdgmpajrpih93BMkM5sDAcdYPVAAegATLtXtaRBtYDyFkYfOX5q46qmz_c8IJzn4D45UWz_6BJopQ/s984/30227122_1912788202127905_4994031531900010496_n.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="670" data-original-width="984" height="313" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhcGnqLsIqrDthjJr1radi2DrQNxmv1zdBqh4sEvp0ye1bUp8v10DLyVkcm4nUroxDTdK0PB-EzwuQB0ba6YT2ZAydRR4h0DcnYqf4aj1QJnJ3Fvkdgmpajrpih93BMkM5sDAcdYPVAAegATLtXtaRBtYDyFkYfOX5q46qmz_c8IJzn4D45UWz_6BJopQ/w459-h313/30227122_1912788202127905_4994031531900010496_n.jpg" width="459" /></a></div><br /><div dir="auto" style="text-align: justify;"><br /></div></div><div class="x11i5rnm xat24cr x1mh8g0r x1vvkbs xtlvy1s x126k92a"><div dir="auto" style="text-align: justify;">La foto mi diverte anche perché vi compaio con un'espressione felicemente ebbra (come del resto lascia intendere il numero di vuoti di bottiglia sul tavolo) e ho ancora addosso la giacca che poi andrà misteriosamente persa nel corso di quella notte della quale ancora oggi non ricordo molto, se non che ero uscito dal ristorante tutto allegro e ridanciano con altri cinque o sei amici e amiche di pari livello etilico. Ricordo ancora (ma sempre più vagamente) Enrico che cavalcava i leoncini di marmo in piazza San Marco come John Wayne in "Soldati a cavallo" cantando canzoni irripetibili attorno alle due di notte e anche di aver scavalcato la ringhiera per andare a prendere i pesci rossi nella vasca dei giardini napoleonici perché c'era qualcuna tra noi che li voleva a tutti i costi e io con le ragazze sono sempre stato molto gentile (forse è stato lì che mi sono tolto la giacca). </div><div dir="auto" style="text-align: justify;"><br /></div></div><div class="x11i5rnm xat24cr x1mh8g0r x1vvkbs xtlvy1s x126k92a"><div dir="auto" style="text-align: justify;">Più tardi (molto più) abbiamo accompagnato a casa la Patrizia che sul portone ci ha baciato tutti più volte appassionatamente anche perché, essendo un po' bruttina e in cerca di un moroso, forse aveva sfruttato l'occasione ed Enrico, che era un igienista maniaco, era inorridito per un po' di lingua in bocca del tutto inattesa . La cosa per fortuna ebbe termine, prima che potesse degenerare, con sua madre che le urlava dal balcone se era quella l'ora di tornare (appena Patrizia chiuse il portone, pensando che non lo notassimo, Enrico si mise a sputazzare nel fazzoletto fingendo di starnutire). </div><div dir="auto" style="text-align: justify;"><br /></div></div><div class="x11i5rnm xat24cr x1mh8g0r x1vvkbs xtlvy1s x126k92a"><div dir="auto" style="text-align: justify;">Alla fine, ricordo ancora di aver visto Andrea intento a vomitare nella fontanella di Campo San Zaccaria e che poi voleva a tutti i costi suonare il campanello della vicina caserma dei Carabinieri per chiedere se potevano dargli qualcosa per rimettere a posto lo stomaco. Sarebbe andata bene anche una camomilla...</div><div dir="auto" style="text-align: justify;"><br /></div></div><div class="x11i5rnm xat24cr x1mh8g0r x1vvkbs xtlvy1s x126k92a"><div dir="auto" style="text-align: justify;">Dopo tutto ciò, con un salto spazio temporale che ancora oggi mi rimane pieno di interrogativi (l'oltraggio urinario di gruppo sul muro della casa del Foscolo in Campo delle gatte era della settimana prima, dunque non faceva parte degli eventi di quella notte), mi sono ritrovato da solo all'alba seduto su una panchina sulla fondamenta delle Zitelle alla Giudecca ad attendere il primo vaporetto per tornare a casa. Come, quando e perché fossi finito lì, rimane un altro mistero insoluto, oltre a quello della giacca. </div><div dir="auto" style="text-align: justify;">Che notti magiche si vivevano a quell'età!</div></div></span></div></div></div></div><div class="x1n2onr6" id=":R2kdanlabaammjabkq75b5klbaH3:"><div class="x1n2onr6"></div></div><div><div class="x1n2onr6" id=":R2kdanlabaammjabkq75b5klbaH3:"><div class="x6ikm8r x10wlt62"></div></div></div><div><div class="x168nmei x13lgxp2 x30kzoy x9jhf4c x6ikm8r x10wlt62" data-visualcompletion="ignore-dynamic"><div class="x1n2onr6"><div class="x6s0dn4 xi81zsa x78zum5 x6prxxf x13a6bvl xvq8zen xdj266r xktsk01 xat24cr x1d52u69 x889kno x4uap5 x1a8lsjc xkhd6sd xdppsyt"><div class="x6s0dn4 x78zum5 x1iyjqo2 x6ikm8r x10wlt62"><span aria-label="Scopri chi ha aggiunto una reazione" class="x1ja2u2z" role="toolbar"><span class="x4k7w5x x1h91t0o x1h9r5lt xv2umb2 x1beo9mf xaigb6o x12ejxvf x3igimt xarpa2k xedcshv x1lytzrv x1t2pt76 x7ja8zs x1qrby5j x1jfb8zj"></span></span></div></div></div></div></div><div class="x1n2onr6"><div class="x6s0dn4 xi81zsa x78zum5 x6prxxf x13a6bvl xvq8zen xdj266r xktsk01 xat24cr x1d52u69 x889kno x4uap5 x1a8lsjc xkhd6sd xdppsyt"><div class="x1c4vz4f x2lah0s xci0xqf"></div><div class="x9f619 x1n2onr6 x1ja2u2z x78zum5 x2lah0s x1qughib x1qjc9v5 xozqiw3 x1q0g3np xykv574 xbmpl8g x4cne27 xifccgj"><div class="x9f619 x1n2onr6 x1ja2u2z x78zum5 xdt5ytf x2lah0s x193iq5w xeuugli xsyo7zv x16hj40l x10b6aqq x1yrsyyn"></div></div></div></div><div class="xq8finb x16n37ib"><div class="x9f619 x1n2onr6 x1ja2u2z x78zum5 x2lah0s x1qughib x1qjc9v5 xozqiw3 x1q0g3np x150jy0e x1e558r4 xjkvuk6 x1iorvi4 xwrv7xz x8182xy x4cne27 xifccgj"><div class="x9f619 x1n2onr6 x1ja2u2z x78zum5 xdt5ytf x193iq5w xeuugli x1r8uery x1iyjqo2 xs83m0k xg83lxy x1h0ha7o x10b6aqq x1yrsyyn"></div></div></div><div class="x9f619 x1n2onr6 x1ja2u2z x78zum5 xdt5ytf x193iq5w xeuugli x1r8uery x1iyjqo2 xs83m0k xg83lxy x1h0ha7o x10b6aqq x1yrsyyn"></div>Carlo Volebele Vayhttp://www.blogger.com/profile/14678576870905270096noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5772457176063942058.post-49718483400746897662023-02-11T01:49:00.003-08:002023-02-11T01:56:51.727-08:00Quelli che quando la moglie non trova il codice PUK del suo telefonino bloccato, si sentono FUCK (ed)<p></p><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Questa mattina, dovendo fare una chiamata e non trovandolo dove lo appoggio di solito, ho temuto per una decina di minuti di aver lasciato il cellulare sul tavolo del bar dove avevo fatto colazione. Poi, per fortuna, l'ho ritrovato in casa perché togliendomi il giaccone mi era caduto dalla tasca senza che me ne accorgessi ed era finito sul tappeto del salotto, finendo nascosto quasi sotto una sedia.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Così, avendo un figlio molto tecnologico e prodigo di consigli a volte inascoltati (da sua madre), ne ho approfittato e, come mi aveva suggerito tempo fa, ho installato da Google Play la app che mi consente di rintracciare (farlo suonare o bloccarlo) con il geolocalizzatore il telefono su Google Maps in caso di smarrimento o furto, sempre che sia ancora acceso. Al termine dell'installazione, con una certa emozione ho provato a vedere se funzionava. Ho chiesto all'assistente vocale sul computer "Hey Google...where is my phone?" e dopo una breve ricerca mi ha risposto "In your hand..." mostrandomi la mappa di casa. Mi rimane il dubbio se "idiot" fosse sottinteso o meno.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Tuttavia, per la serie “Per fortuna in casa c’è sempre chi mi può consolare” le vicende del telefonino dell’elfa sono molto più movimentate, così come quelle delle sue password. Infatti io, che devo gestire almeno una trentina di password per vari siti e servizi a cui mi sono abbonato nel tempo, le ho tutte diverse per ovvi motivi di sicurezza e comunque le conservo e aggiorno quando le cambio all’interno di un file criptato conservato all’interno del cloud.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">L’elfa (mia moglie la chiamiamo così perché tira con l'arco come Legolas e per il caratterino), invece, ha un approccio più naif e frizzantino alla gestione delle password, perché dopo mille raccomandazioni mie e di Gianmarco affinché non usasse sempre la stessa per tutto, perché se te la craccano poi è subito Caporetto, si è rassegnata ad averne almeno quattro o cinque, però, volendo farci vedere quanto fosse brava e giudiziosa, le ha scelte alfanumeriche, di almeno dieci caratteri, senza alcun riferimento a date di nascita o cose intuibili e pure con l’inserimento di qualche carattere speciale.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Il problema è che lei, da Superwoman qual è pensa che le basti memorizzarle, ma poi all’atto pratico si confonde “abbestia” e così ogni tanto mi sento chiedere al telefono “Senti…devo aprire il sito “pinco pallino” ma non mi ricordo più la password, non è che per caso la sai tu?” costringendomi a replicare “Amore, ti ricordo che noi ci siamo sposati in regime di separazione dei beni, dunque temo anche delle password… buona fortuna!”.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3nl_HjqonJiSzmMnv4hHHBaRNGtSObkuFW9_RB1CEALCjsVWlUuVvGEbs91r2fxoOSrkz2N9NoKE84fw3vkeg3kzv8PqS_-A-gZwilWDiXYYM1akHeoUfmocTg8kC4B5gT7QfLI-xvB4xxtAnyvWXQlSeLrwX0ghcsjsdFPmvi-oWbNhSjXVr68uBVw/s504/273860556_6996730310400310_6226150330491307610_n.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="504" data-original-width="486" height="484" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3nl_HjqonJiSzmMnv4hHHBaRNGtSObkuFW9_RB1CEALCjsVWlUuVvGEbs91r2fxoOSrkz2N9NoKE84fw3vkeg3kzv8PqS_-A-gZwilWDiXYYM1akHeoUfmocTg8kC4B5gT7QfLI-xvB4xxtAnyvWXQlSeLrwX0ghcsjsdFPmvi-oWbNhSjXVr68uBVw/w467-h484/273860556_6996730310400310_6226150330491307610_n.jpg" width="467" /></a></div><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Oppure, come l’altra sera, quando mi ha chiesto se poteva usare il mio computer per fare un bonifico e dopo sei tentativi sempre più nervosi per accedere alla sua banca e dopo aver accusato me, il mio computer, Kaspersky, il cane e quei craponi tedeschi mangia crauti della banca di ostacolarla deliberatamente e di complottare contro di lei, alla fine si è ricordata che il carattere speciale inserito nella password che le veniva chiesta e della quale era “assolutamente sicura, perché l’ho messa mille volte e le è sempre andata bene, non capisco perché oggi questa fottuta banca mi dica che non è valida”, non era il punto esclamativo, ma la virgola.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Tornando alle movimentate vicende del suo telefonino mia moglie Morena spesso e volentieri entra in modalità “grande allarme” perché lo cerca in borsetta, nelle tasche del cappotto, dentro la macchina, non lo trova e quando me lo fa chiamare per sentire eventualmente lo squillo, il cellulare non risponde. Ma non mi preoccupo più di tanto perché so che probabilmente l’elfa si è dimenticata il telefonino nel suo ufficio o dai suoi genitori, dunque, il poverello è quasi sempre defunto, perché lei lo mette in carica secondo i bioritmi o solo quando non si è dimenticata il carica batteria da qualche parte e riesce perfino a ricordare con precisione dove possa averlo abbandonato.</div><p></p><div class="x11i5rnm xat24cr x1mh8g0r x1vvkbs xtlvy1s x126k92a" style="margin: 0.5em 0px 0px; overflow-wrap: break-word;"><div dir="auto"><div style="text-align: justify;">Evento non sempre possibile giacché l'ultima volta che mi ha strillato angosciata "Mi sta morendo il telefono!" lei era al lavoro e lui giaceva abbandonato sul piatto della frutta in cucina in mezzo alle banane, tanto da indurmi a replicarle con un tono di voce grave adatto alla luttuosa circostanza: "Appena termina l’agonia ed è spirato avvisami via mail che mando un telegramma di condoglianze alla famiglia Xiaomi".</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Poi, essendo di fondo un buonista che aiuta le elfe in difficoltà confidando nella loro capacità di redimersi, mi sono infilato il cappotto e dopo un piacevole e fresco chilometro di camminata, gliel'ho portato in ufficio (però almeno, mi ha riportato a casa in macchina e mi ha offerto pure un tramezzino e un bianchetto al bar cinese).</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Qualche tempo fa, Morena mi ha chiamato verso le dieci con il cellulare di suo fratello e tutta agitata, perché il telefonino per riavviarsi le chiedeva il PIN che lei, da donna accorta, aveva sì scritto prudentemente su un foglietto in quanto era nuovo, ma però ora non riusciva a trovarlo nel caos della sua borsa e aveva solo quello della SIM del vecchio operatore, che lei ben lo sapeva che non era il caso di usare anche se, in base alla sua teoria del: "Quasi, quasi io ci provo… non si sa mai che funzioni lo stesso" ci aveva provato e ora le rimaneva solo un tentativo (che è come dire: lo so perfettamente che non bisogna toccare le vipere perché possono mordere.. per chi mi hai presa? Però ora mi serve alla svelta il siero antiofidico...")</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Alla fine, dopo aver sudato freddo di fronte al suo: "Scendi in cucina da basso, la custodia della SIM nuova con il PIN mi pare che dovrebbe essere sotto la teiera bianca, altrimenti cercala sotto ... (e giù un elenco di quattro possibili location alternative)" ho trovato al primo colpo la confezione della SIM card nuova con il PIN proprio sotto alla teiera e gliel'ho detto, con un sospiro di sollievo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Pochi attimi dopo aver chiuso la telefonata, il telefono ha suonato di nuovo e mi sono sentito gelare il sangue all'idea che fosse ancora lei per strillarmi "Ma che numero mi hai dato? Adesso il telefono si è bloccato!". Invece, era mio figlio che mi chiamava da Liverpool (mostrandomi in webcam una bellissima giornata di sole, lo dico con invidia) mentre era on the road per andare al lavoro.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Così, quando mi ha detto "Papà! Ma che voce strana che hai...va tutto bene?" gli ho spiegato che mi aveva terrorizzato perché temevo che mi stesse richiamando la mamma per dirmi che il PIN non andava bene e che ora mi sarebbe toccato cercare da qualche parte il suo codice PUK. E Gianmarco mi ha risposto: "Ti capisco... quando la mamma arriva al livello: Codice PUK allora tu sei giunto al livello Codice FUCK, nel senso che sei fottuto...".</div><div style="text-align: justify;">Grande battuta, giuro che gliel'ho invidiata...</div></div></div>Carlo Volebele Vayhttp://www.blogger.com/profile/14678576870905270096noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5772457176063942058.post-49638627303823172842023-02-01T02:44:00.003-08:002023-02-01T02:48:27.408-08:00Quelli che vorrebbero pagare una sterlina e otto penny al Fisco Inglese, ma non ci riescono.<p><span style="text-align: justify;"><br /></span></p><p><span style="text-align: justify;">P</span><span style="text-align: justify;">er la serie: "Kafka è nato a Liverpool?" qualche
settimana fa mio figlio Gianmarco, che vi risiede da due anni, era imbufalito perché la società specializzata nei
servizi fiscali che, in convenzione con il Gruppo tedesco per cui lavora, si
occupa anche della sua dichiarazione dei redditi, nel calcolo tra gli
emolumenti di lavoro residui percepiti in Germania e quelli successivi in
Inghilterra, aveva sbagliato qualcosina (una sterlina e una manciata di penny). </span><span style="text-align: justify;">Insomma: a little bullshit, as they say in
England.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Infatti, appena rientrato a
Liverpool dopo le vacanze natalizie ha trovato nella posta una lettera dell'
HMRC (Her Majesty's Revenue and Customs) , ovvero l'Agenzia delle Entrate
britannica, che gli intimava, con tono molto brusco e minacciando sanzioni severe,
di pagare entro il 31 gennaio la somma stratosferica di una sterlina e otto
penny, che a tanto ammontava il suo mancato pagamento dei tributi. </p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Roba che Carlo III e Camilla nel
loro castello di Balmoral non ci avrebbero più dormito la notte e non perché
uno dei due (a scelta di chi legge) avesse problemi alla prostata, ma quasi
come se fosse stato annunciato un secondo libro di Harry. Inoltre, a Downing
Street sarebbe mancato il gin, Liz Truss sarebbe stata richiamata a fare il
Primo Ministro per salvare la sterlina e il PIL inglese avrebbe barcollato più
di quanto non faccia ora per conto suo. </p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Che poi uno dice: "Vabbè, ma
che ci vorrà mai per pagare una sterlina e otto penny al fisco inglese? La
swinging England, tra Carnaby street, Twiggy e le Spice Girls è un paese così
moderno e anticonformista, mica borbonico e burocratico come noi... pagare il
fisco da loro sarà as easy as drinking a pint of beer, no? ". </p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Magari, visto che Liverpool è la
patria dei Beatles, entri canticchiando "We can work it out" (la
possiamo risolvere) nell'ufficio locale delle imposte, allunghi cinque pound
all'impiegato allo sportello e gli dici " Hallo George!.. questo è quanto
vi devo. Tenga tutto e con il resto si faccia una birretta al pub a nome mio...
grazie e ... a sòreta!", che tanto lì non capiscono e magari George lo
prende come un simpatico saluto messicano.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj6nVvYgcnM0TY67VRxtRbbbBwrC_qghjFz1M6qFX-qdyTXL5-W8GqU5UuxgKUjBxTZJtNhliNHP86H1GT3AlUiklGCFXg2SdMGGTgJd1a7fXBAA5uLLf63T0mzHkr9Vj7_FAa0iyMQif7DTVoa1iQrqFAlciTZDEdRpgzcYX79FZX713usTyAsk-X6-g/s2048/liverpool%206.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1536" data-original-width="2048" height="371" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj6nVvYgcnM0TY67VRxtRbbbBwrC_qghjFz1M6qFX-qdyTXL5-W8GqU5UuxgKUjBxTZJtNhliNHP86H1GT3AlUiklGCFXg2SdMGGTgJd1a7fXBAA5uLLf63T0mzHkr9Vj7_FAa0iyMQif7DTVoa1iQrqFAlciTZDEdRpgzcYX79FZX713usTyAsk-X6-g/w494-h371/liverpool%206.jpg" width="494" /></a></div>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">E invece no, perché per accedere
al loro sito onde effettuare un pagamento devi compilare un modulo di richiesta
lungo e complicatissimo dove, non esistendo lì la carta d'identità, oltre ai
tanti dati anagrafici, sanitari (anche lo studio medico dove sei registrato e
con quale numero), lavorativi etc. come prova ulteriore della tua identità ti
chiedono un numero di patente di guida inglese o, in alternativa, nord-irlandese
(a Belfast guidano in modo diverso?). Che, ovviamente, mio figlio, avendo una
patente italiana, non possiede, così come non ha un passaporto britannico a
garantire che lui è davvero lui e non un perditempo che passa per strada, in
preda ad una perversione masochista di voler pagare il fisco britannico. </p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Al termine della compilazione e
del "Ce l'ho... ce l'ho... mi manca...", se tutto è andato bene,
riceverai un codice numerico che ti consentirà di passare allo step successivo
e di pagare, sempre che poi non storcano il naso visto che lo farai tramite una
banca tedesca, giacché loro hanno fatto la Brexit mica per niente, eh?. </p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Tuttavia, in mancanza di solo uno
di questi dati, il sistema si blocca e non puoi più andare avanti, anche se tu
in realtà vorresti solo pagare e dare loro dei soldi, mica rubarglieli. </p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">In alternativa al formulario, in
una logica "customer friendly", esiste un numero verde (ma con orari
limitati solo al mattino) per parlare con un operatore, spiegargli il problema
e ottenere quel fottu…famoso codice per pagare. Ma si tratta solo di un ottimo
sistema per ascoltare per qualche ora l'equivalente inglese delle Quattro
stagioni di Vivaldi, prima che ti possa rispondere qualcuno al centralino che
non sia la donna delle pulizie perché nel frattempo l'orario per gli utenti è
scaduto.</p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Qualche giorno fa mio figlio ha
ricevuto una nuova lettera della HMRC che nel ricordargli ruvidamente l'ormai
prossima scadenza del 31 gennaio per il pagamento della sterlina e otto penny
dovuti, lo minacciava anche di comminargli una penale di mora di ben 5 penny se
non avesse pagato nei termini. L’arresto da parte di Scotland Yard non era
esplicito, ma si sentiva aleggiare nell’aria. </p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Alla fine, ormai "heavily
incazzed", Gianmarco ha chiamato la società di servizi fiscali che
provvede alla sua dichiarazione dicendogliene di ogni e intimando loro di
provvedere all'istante e che non osassero dire che non era di loro competenza,
che altrimenti erano guai. E deve averli spaventati in tal modo che dopo una
mezzoretta e infinite scuse, gli hanno fatto avere il numero di codice per
poter pagare quella fottuta sterlina con i suoi fottutissimi otto penny. Però
gli hanno suggerito che per interrompere la mora, oltre a disporre il bonifico
a saldo, era consigliabile che lui parlasse di persona con un operatore per
avere conferma che i soldi fossero arrivati regolarmente e la procedura fosse
chiusa.</p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Così, dopo un'altra telefonata
interminabile all’HMRC di un ora e mezza trascorsa ad ascoltare musichette,
alla fine e grazie al numero di codice che gli era stato fornito è riuscito a
parlare con un… computer che gli ha risposto a tutte le FAQ (facendogli
esclamare: Fuck!) del tutto inutili per risolvere il suo problema. </p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Alla fine, dopo altri tentativi
sempre più furibondi, il sistema si è arreso e lo ha messo in contatto con un
operatore in carne e ossa il quale, dopo aver controllato che il bonifico fosse
arrivato, gli ha detto che doveva comunque parlare con un altro collega per
chiudere la faccenda degli interessi di mora, nel caso ne fossero già scattati
di nuovi. </p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Pertanto gli ha passato un
collega che non sapeva nulla della sua pratica e ha voluto identificare a sua
volta mio figlio (una goduria recitare lo spelling del nostro cognome) e fare
tutti i controlli, anche perché a lui risultava che Gianmarco fosse ancora in
Germania e quindi non capiva perché mai fosse in debito con il fisco di Sua
Maestà e a questo punto, non riuscendo a sciogliere l’enigma, sicuramente
superiore alle sue capacità di comprensione, per chiarire la cosa gli ha
passato una terza impiegata che dalla pronuncia e dall’inglese approssimativo
doveva essere indiana, perché parlava come Peter Sellers in Hollywood party. </p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Costei, dopo essersi fatta ridire
per l’ennesima volta i dati di Gianmarco e averlo rintracciato sul computer di
Sua Maestà ha iniziato a leggergli lentamente e con voce monotona tutte le
cifre della sua ultima dichiarazione dei redditi (una ventina di voci) e quando
mio figlio ha protestato chiedendole cosa ca**o (what the fuck) c’entrasse quel
riepilogo perché lui voleva soltanto sapere da lei se c’erano ulteriori
interessi di mora da pagare, lei, pensando non avesse capito qualcosa, ha
iniziato inesorabile a rileggergli tutti i suoi dati daccapo. </p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">A quel punto, Gianmarco ha
compreso perché quando telefoni alla HMRC e prendi la linea una voce registrata
ti inviti per prima cosa a comportarti educatamente con i dipendenti
dell’ufficio. Ma lui, che è spumantino come sua mamma, non c’è proprio
riuscito… e chissà se gli inglesi capiscono il significato di un “ma va in
mona!” ringhiato prima di buttare giù il telefono.</p>
<p class="MsoNormal"><o:p> </o:p></p>Carlo Volebele Vayhttp://www.blogger.com/profile/14678576870905270096noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5772457176063942058.post-72120047476462097442022-10-11T01:55:00.000-07:002022-10-11T01:55:30.711-07:00Quelli che vengono interrogati in geografia a mezzanotte e venti.<br /><div style="text-align: justify;">Mia moglie a volte mi ricorda la gatta Mitzi, la nostra fiera guerriera serba, figlia di Matchka, una gattona randagia trovata sporca e miagolante dopo che, entrando dal piccolo sportello sulla strada, aveva partorito nella carbonaia della nostra casa di Belgrado.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Mentre gli altri fratellini appena grandicelli se l'erano svignati in cerca di avventure attraverso i giardini confinanti, Mitzi, l'unica femmina della cucciolata (una sorellina era nata morta), a soli sei mesi era stata importata clandestinamente a Venezia avvolta in una coperta dentro ad un borsone aperto quel tanto che bastava (sperando che non miagolasse) per tenerla nascosta ai controlli doganali che fortunatamente, avendo noi in quell’epoca il passaporto diplomatico, erano piuttosto sbrigativi.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Anche Mitzi, proprio come l'elfa, ogni tanto ti fissava con l'aria dolce di quella che stava per farti le fusa, poi appena allungavi la mano per accarezzarla arrivava rapida la rasoiata delle sue unghie a farti zampillare il sangue. Infatti, questa mattina, mentre facevamo colazione assieme in pasticceria, con Whisky che attendeva paziente il pezzettino di brioche, l'elfa mi ha fissato con uno sguardo affettuoso e, poi, dopo un bel sorriso, mi ha detto: "Sai che ho pensato di prendere come regalo per il tuo compleanno?"</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Al ché, io, piacevolmente sorpreso, ho risposto: "Oh! Grazie amore... ma… un altro regalo? Non mi hai già preso il parka della Quechua? Come mai tanta generosità nei miei confronti? Devo pensare che le mie crepes dell’altra sera erano davvero buone o ti sei presa un vestito o una borsetta in saldo su Amazon con la mia prepagata, oppure sai qualcosa della mia salute che io non so. Quale delle tre?"</div><div style="text-align: justify;">"No... nulla di tutto questo. Ma pensavo che, siccome stasera torno a casa prima, possiamo andare alla Lidl dove, se non ho visto male, inizia la settimana svedese. Che ne dici di un barattolo di marmellata di mirtilli rossi e qualche scatola dei loro biscottini allo zenzero e cannella oppure di una confezione di aringhe affumicate con l’aneto?"</div><div style="text-align: justify;">“Dico che a parte le aringhe affumicate, delle quali peraltro sei ghiotta anche tu, gli altri mi sembrano regalini per te, piuttosto che per me, ma se proprio vuoi gratificarmi con qualcosa di svedese senza andare all’IKEA allora potresti regalarmi una bottiglia di vodka Absolut…”</div><div style="text-align: justify;">Elfa che, da quella carina e carezzevole, assume improvvisamente l’aria della moglie indignata: “Ma scherzi? Assolutamente no, perché ti fa male…”</div><div style="text-align: justify;">“Va bene, in alternativa, se mi regali del salmone affumicato? E’ tanto che non lo mangio e con i crostini di pane, il burro e una goccina di limone potrebbe essere una buona idea per cena… se poi dici che così non mangio mai l’insalata, allore potrei mettere sul crostino di burro e salmone del lattughino fresco, che ci sta bene…”</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Elfa che, interrotte le fusa, sferra immediatamente la graffiata sanguinosa, alzando perfino la voce.</div><div style="text-align: justify;">“Ecco, lo vedi? Sei sempre il solito! Lo sai benissimo che Il salmone è ricco di proteine e le devi limitare. Scordatelo! Anzi… guarda, se la metti così, lasciamo perdere i regali alla Lidl che è meglio, tanto lo so che di questo passo mi chiederai di prenderti i salamini affumicati tirolesi o il chorizo spagnolo...”</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ma non c’è solo questo a renderla simile alla Mitzi, perché l’elfa, esattamente come la mia gatta che, puntualissima, alle nove di sera la trovavi acciambellata sulla poltrona a dormire (ora lo fa il bretone che a quell’ora è già in pigiama sul suo lettino), se non c’è nulla d’interessante in televisione ha ripreso la vecchia abitudine di infilarsi prestissimo al calduccio sotto la trapunta per leggere qualche libro e ormai ne divora un paio a settimana, tanto che ne ha acquistati diversi da un tizio sulla Miranese che vende chincaglieria assortita, roba vecchia e libri usati in un caotico e polveroso negozietto.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Il problema è che quando verso mezzanotte io spengo il computer e la raggiungo sotto le coltri, arriva subito il “Ti dispiace se leggo ancora un po’?” aggiungendo poi con tono affettuoso “Tu, se vuoi, dormi pure, che non mi dai fastidio…” (che in un mondo normale dovrebbe essere il contrario, ma pazienza) .</div><div style="text-align: justify;">Tuttavia, in realtà, il prendere sonno è tecnicamente impossibile visto che, da un lato abbiamo un lampadario a otto braccia ad illuminarci la stanza neanche fosse mezzogiorno e poi, appena ci provi, precedute da un colpetto di piede e un "Stai già dormendo?" (che se anche fosse così a quel punto sei comunque sveglio) iniziano le domande strane a cui devi rispondere assolutamente, altrimenti lei insiste e sbuffa perchè non sei collaborativo e non la badi.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ieri sera, per esempio, mi è stato chiesto “Dove nasce il Danubio? In Austria?”</div><div style="text-align: justify;">“No, mi pare nella foresta nera, in Germania…”</div><div style="text-align: justify;">“Sei sicuro? Non è che ti confondi con il Reno? Se Strauss ha scritto il bel Danubio blu perché passa per Vienna, magari nasce in Austria”</div><div style="text-align: justify;">“No… a parte che il Reno se ne va per i fatti suoi verso il Mare del Nord, a Vienna il Danubio lo hai anche visto e ci arriva che è già bello grande e navigabile. Quindi nasce molto prima, in Germania”</div><div style="text-align: justify;">“Non è che può essere la Svizzera?”</div><div style="text-align: justify;">“No, passa per una decina di paesi e attraversa quattro capitali: Vienna, Bratislava, Budapest e Belgrado, ma la Svizzera non se la fila nemmeno di striscio. Forse non ama il formaggio con i buchi, il cioccolato e gli orologi a cucù”</div><div style="text-align: justify;">“Sarà come dici tu, ma dove sfocia?”</div><div style="text-align: justify;">“Nel Mar Nero…”</div><div style="text-align: justify;">“Naaah! Lo vedi che ti confondi? Quello è il Volga”</div><div style="text-align: justify;">“No, amore… giuro che il Volga, se la Russia non lo ha deviato, sfocia ancora nel Mar Caspio”</div><div style="text-align: justify;">“Sicuro? Non è che puoi controllare su Google Maps?”</div><div style="text-align: justify;">“Ho spento il computer…”</div><div style="text-align: justify;">“Si, ma puoi chiederlo al telefonino…”</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjF9zoBPO9N--rfZ3WJeBoOC_5TRNP-4ULbqNAB2DVZQ5chf79rWnoZR63sWyCJ1yrEH44XlJ-y9_KvBVXFOkLtmjDOh-LWTSoCWOFKl_9449Hd8czRDHxEIol9ObCYsfXZGZM0c9PJOZX4YIWKINpERoZ_fb9gNM41J4mE5VUAtY5H0vlAMjVadw8vsQ/s1998/244706050_6249818858424796_9104662734844670876_n.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1377" data-original-width="1998" height="397" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjF9zoBPO9N--rfZ3WJeBoOC_5TRNP-4ULbqNAB2DVZQ5chf79rWnoZR63sWyCJ1yrEH44XlJ-y9_KvBVXFOkLtmjDOh-LWTSoCWOFKl_9449Hd8czRDHxEIol9ObCYsfXZGZM0c9PJOZX4YIWKINpERoZ_fb9gNM41J4mE5VUAtY5H0vlAMjVadw8vsQ/w575-h397/244706050_6249818858424796_9104662734844670876_n.jpg" width="575" /></a></div><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Così mi alzo, vado nel mio studiolo a prendere lo smartphone in ricarica, con il cane che dal suo lettino mi guarda stupito di vedermi ricomparire, ed eseguo. Quindi torno a infilarmi di nuovo sotto la trapunta dicendole: “Google e Wikipedia confermano: il Danubio nasce nella Foresta nera e sfocia nel Mar Nero. Contenta ora? Possiamo dormire? “</div><div style="text-align: justify;">“Sì, Finisco il capitolo e spengo..”</div><div style="text-align: justify;">"Ma non l'avevi già finito?"</div><div style="text-align: justify;">"Sì, ma mentre eri di là, ho iniziato quello seguente... però lo leggo in dieci minuti, non ti preoccupare"</div><div style="text-align: justify;">Provo di nuovo a chiudere gli occhi, ma dopo un paio di minuti arriva implacabile un nuovo quesito: “Quali sono gli affluenti del Danubio?”</div><div style="text-align: justify;">“Senti, tesoro.. a parte che non mi è chiaro perché debba sostenere un’interrogazione di geografia a mezzanotte e venti, mi dici che cacchio di libro stai leggendo e perché si interessa tanto del Danubio? Lo so che in quel negozio trovi libri sconosciuti e subito abbandonati da chiunque abbia provato a leggerli, ma… ”</div><div style="text-align: justify;">“Questo non l’ho comprato in negozio… qualche tempo fa uscendo di casa ho visto che c’era una pila di vecchi libri appoggiati sopra il cassonetto della carta e siccome questo mi sembrava interessante l’ho preso…“</div><div style="text-align: justify;">“Vabbè, allora se qualcuno lo aveva destinato al cassonetto fatti una domanda e datti una risposta. Comunque di che parla?”</div><div style="text-align: justify;">“Racconta le vicende di una popolazione primitiva e nomade che esplora terre sconosciute e ad un certo punto mi dice che si accampano vicino ad un grande fiume che sfocia nel Danubio. Tu hai idea di quale fiume si tratti?”</div><div style="text-align: justify;">“Boh… il Danubio ha decine di affluenti, ma l’unico grande che mi viene in mente è la Sava, anche perché ho abitato a Belgrado e il punto in cui i due fiumi si uniscono davanti alla fortezza del Kalemegdan l’avevo vicino a casa. Ci sarebbe anche l’Inn, ma è molto più a monte e non è tanto grande…”</div><div style="text-align: justify;">“Mah.. per me ti dimentichi qualche fiume… puoi andare a controllare su Google maps?”</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Mi alzo nuovamente, torno al telefonino con il cane che stavolta ha l’aria del “Ehi! Qui c’è gente che sta dormendo… basta andare su e giù!” e poi ritorno sotto alle coperte.</div><div style="text-align: justify;">“Avevi ragione, oltre alla Sava c’era anche la Drava… contenta?”</div><div style="text-align: justify;">“Sì… comunque, ora girati sul fianco…”</div><div style="text-align: justify;">“Oooh! Finalmente si spegne la luce e dormiamo?”</div><div style="text-align: justify;">“No! Mi serve la tua schiena per fare da leggio, cosi posso cambiare posizione e appoggiare il libro …”</div><div style="text-align: justify;">Beh, non ci crederete, ma quando alla fine l’elfa ha spento la luce ormai ero così sveglio che ho passato alcune ore ad immaginarmi di pescare carpe sulle rive del Danubio, ma non ne ho presa nemmeno una.</div>Carlo Volebele Vayhttp://www.blogger.com/profile/14678576870905270096noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5772457176063942058.post-23012491528171595422022-09-02T02:14:00.000-07:002022-09-02T02:14:53.275-07:00Quelli che hanno lo smartphone che si attiva per conto suo e "fa cose"<p><span style="text-align: justify;"><br /></span></p><p><span style="text-align: justify;">Il mio smartphone, forse perché annoiato di stare confinato nella tasca posteriore dei pantaloni quando vado in giro con il bretone mentre lui vorrebbe vedere il mondo e farsi notare dagli altri telefonini, ogni tanto si avvia per conto suo e "fa cose".</span></p><div style="text-align: justify;">Per esempio, chiama persone prese a caso dal mio elenco dei contatti che poco dopo mi richiamano per chiedere come mai li avessi cercati, costringendomi ad un imbarazzato "Scusami, ti avevo chiamata/o per sbaglio, ma almeno ne approfitto per salutarti con tanta simpatia" non potendo ovviamente rivelare che a chiamarli era stata la mia natica destra.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Oggi lo Xiaomi mi ha chiamato lo spazzacamino che era venuto il mese scorso e ho dovuto salutare con tanta simpatia anche lui. Ora mi aspetto di salutare anche il tizio dell'espurgo pozzi o il dentista.</div><div style="text-align: justify;">Ogni tanto mi lancia qualche video musicale di YouTube (canzoncine "tumpa tumpa tumpa" da discoteca di periferia, da vergognarsi) oppure la pubblicità di un'auto dove una voce suadente ti dice "Abbiamo progettato un Suv di livello superiore e l'abbiamo fatto per te!" costringendoti a replicare "Ma chi ve l'ha chiesto?".</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Stamani, invece, mentre facevo colazione seduto al caffè con mia moglie, lo smartphone mi ha annunciato dal fondoschiena le previsioni del tempo e le temperature qui a Mestre nelle prossime ore. L'elfa mi ha anche ringraziato dell'informazione pensando l'avessi fatto apposta.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">A volte, mentre cammino, mi giunge una voce che mi propone di chiedergli qualcosa tipo "ricordami di portare giù la spazzatura" o di raccontarmi una barzelletta (non fatelo, sarebbero penose anche in terza elementare). Così, per accontentarlo una volta tanto, poco fa ho usato la sua funzione di ricerca vocale.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Per tre volte gli ho chiesto di cercare il sito "il mio libro" cercando anche di scandire bene le parole e parlare forte e chiaro, come direbbe John Wayne. Mi ha aperto nell'ordine la pagina web di Libero, il sito di un agriturismo in Umbria e infine la pagina di un' agenzia di viaggi polacca. Epic fail...</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgpg1v87s_X7MhNOIybBwFHHZwXUdolR_rTWhJJkjEwzVAzXShcWL75cVOJboUiwo63JsyKbHcTbVbC493PMQACZhtqn-SKgNiLOGutc8yRCS_Ioc-NKsZEiRkg6mPPa6zMhSxKIfw1BIh6Oee79DGKndhFkNLfKfu-ocs4IopJ84Nl3W-xjohfzrBc2A/s1661/io%20smartphone%20barzelletta..jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1661" data-original-width="1636" height="535" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgpg1v87s_X7MhNOIybBwFHHZwXUdolR_rTWhJJkjEwzVAzXShcWL75cVOJboUiwo63JsyKbHcTbVbC493PMQACZhtqn-SKgNiLOGutc8yRCS_Ioc-NKsZEiRkg6mPPa6zMhSxKIfw1BIh6Oee79DGKndhFkNLfKfu-ocs4IopJ84Nl3W-xjohfzrBc2A/w527-h535/io%20smartphone%20barzelletta..jpg" width="527" /></a></div><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div>Carlo Volebele Vayhttp://www.blogger.com/profile/14678576870905270096noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5772457176063942058.post-24159608669143379922022-08-19T01:33:00.005-07:002022-08-19T04:45:32.021-07:00Quelli che, appena arrivati nell'alberghetto di montagna stanchi e accaldati, prima di poter salire in camera ascoltano pazientemente le ciance della titolare e si morsicano la lingua per non replicare. <div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Di solito, quando parlo in sua presenza con persone appena conosciute che per far breccia nella mia simpatia iniziano a sciorinare tutto il loro repertorio di banalità, battutine, freddure da scuola elementare e luoghi comuni, essendole nota la mia insofferenza per il cretino medio, mi arrivano subito pestatine di piede molto discrete dell’elfa (mia moglie è chiamata così in famiglia per via che tira con l'arco come Legolas e ha un carattere spumantino) che significano: “Togli subito il dito dal grilletto, qualunque cretineria dica… lo so che stai per sparare una bordata, ma non farlo. Rassegnati e assumi l’aria consenziente, quella con il sorrisetto bonario tipo cheese!”, ma questa volta è stato davvero difficile trattenersi, dunque, ancora una volta, il piedino dell’elfa è stato salvifico, altrimenti avremmo iniziato e proseguito la vacanza in albergo in un clima teso.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Questo è infatti il dialogo intercorso con la giovane e garrula titolare del nostro alberghetto di montagna (l'unico trovato nella settimana di ferragosto, preso per disperazione perché nelle altre valli non c'era nemmeno un fienile disponibile e pagato come un cinque stelle anche se ne aveva due) al momento della riconsegna delle carte d’identità dopo la registrazione e la consegna della chiave della stanza. Tra parentesi riporto quel che avrei voluto replicarle e non ho potuto:</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">“Aaaah! Non mi dite che siete di Venezia!”</div><div style="text-align: justify;">(perché te lo dovrei confermare se l’hai appena letto sulle nostre carte d’identità?)</div><div style="text-align: justify;">“Sì, certo… siamo veneziani”</div><div style="text-align: justify;">La signora assume l’aria estasiata</div><div style="text-align: justify;">“Che bello!” (sì, è piacevole…) Ma lo sa che abbiamo avuto per trent’anni un cliente di Venezia come voi che era affezionatissimo?”</div><div style="text-align: justify;">(No, se era scritto sul Gazzettino mi è sfuggito e comunque come posso saperlo se questa è la prima volta che ci vediamo?)</div><div style="text-align: justify;">L’aria della signora vira di colpo dall’allegro con brio al preoccupato “Ma purtroppo sono quattro anni che non lo vedo…” (vabbè… o è morto o si è rotto i coglioni di queste ciance inutili e ha cambiato albergo).</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgV6a39T7fmjEAqGsRibHI9LNfPfmzNMFUsWuk8SrDxZ5TQNZOsVLsdJ0imn3Fw5Z-tLtg80A__HOuTKOvlq4hHFycmgFJiT7RvXGt3Q6BzpHdaMQCgYujvjM5lEWjCXbYgtAkstgCEHsKKxDLx9pAM891Pur_qd9aiXOIi83rKUcJGi4WJWTA90gs0tg/s2500/malghe%20sotto%20la%20conseria%20ridotta.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1667" data-original-width="2500" height="311" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgV6a39T7fmjEAqGsRibHI9LNfPfmzNMFUsWuk8SrDxZ5TQNZOsVLsdJ0imn3Fw5Z-tLtg80A__HOuTKOvlq4hHFycmgFJiT7RvXGt3Q6BzpHdaMQCgYujvjM5lEWjCXbYgtAkstgCEHsKKxDLx9pAM891Pur_qd9aiXOIi83rKUcJGi4WJWTA90gs0tg/w467-h311/malghe%20sotto%20la%20conseria%20ridotta.jpg" width="467" /></a></div><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La nostra interlocutrice, superato il momento toccante di malinconia, riprende subito quota con una brillante idea.</div><div style="text-align: justify;">"Magari, se fosse stato in albergo, potevate fare amicizia…”</div><div style="text-align: justify;">(Come no? Morena ed io ci domandavamo durante il viaggio se ci sarebbe stato qualche veneziano in albergo, ma solo perché di solito evitiamo Fiera di Primiero, la valle di Zoldo e quella di Fiemme proprio per evitare di incontrare migliaia di mestrini e veneziani, che poi non ci sentiamo più in vacanza e ci sembra di essere in Piazza Ferretto o nelle Mercerie)</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La signora, non trovando alcun supporto da noi, gioca le sue ultime carte per vedere se poteva far scattare l’empatia con dei veneziani, un po’ come il vecchietto ottantenne di Pian di Meleto che per trovare comunque un punto di contatto con noi e il Veneto ci aveva detto di aver fatto il militare a Gorizia.</div><div style="text-align: justify;">“Questo signore era di Cannaregio, sapete dov’è?”</div><div style="text-align: justify;">(No, a Venezia non l'ho mai sentito, ma ora lo cerco su Google maps…)</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjfDJqSlZUmYScEvTmdpb4kYWM-_-V-VeUZh91in022y-eqZPO2pXla9jSjvrz0tVLO3tb9Y89G6p3DNL9td_Mj7K5vlf132bOtT70FIhXp3lIi05MfkCGK1w4ujjspikzceQNzK4-g67cPs0Jl8t-vqVgHndQWz-XiE9aQLPr2GrZj3A6gS8O51OD98A/s6000/20220809_VALSUGANA_0224.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4000" data-original-width="6000" height="336" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjfDJqSlZUmYScEvTmdpb4kYWM-_-V-VeUZh91in022y-eqZPO2pXla9jSjvrz0tVLO3tb9Y89G6p3DNL9td_Mj7K5vlf132bOtT70FIhXp3lIi05MfkCGK1w4ujjspikzceQNzK4-g67cPs0Jl8t-vqVgHndQWz-XiE9aQLPr2GrZj3A6gS8O51OD98A/w505-h336/20220809_VALSUGANA_0224.jpg" width="505" /></a></div><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Arriva subito il primo calcetto di Morena, celato allo sguardo dal trolley che è posato davanti a me.</div><div style="text-align: justify;">Così, dopo un respiro profondo, le replico cortesemente: “Sì, ovviamente lo conosco, Cannaregio è il più grande sestiere di Venezia”</div><div style="text-align: justify;">“Ah! bene... ma forse, se mi ricordassi qual era il nome della strada o il numero civico di casa sua, potreste capire dove abitava?”</div><div style="text-align: justify;">Altro calcetto dell’elfa…</div><div style="text-align: justify;">“Non credo proprio, a parte Strada Nova, noi non abbiamo strade, ma calli, callette, rughe, fondamenta, campielli e cose del genere e in ogni caso le numerazioni civiche a Venezia coprono tutto il sestiere, quindi partono dal numero 1 e, proseguendo con un andamento circolare, noto solo ai postini, arrivano a qualche migliaio. Io, per esempio, abitavo a Castello 5653..."</div><div style="text-align: justify;">(dai bellezza, ora chiedimi meravigliata come mai abbiamo tanti castelli a Venezia, così facciamo l’en plein)</div><div style="text-align: justify;">“Certo, capisco… comunque, questo signore veneziano era di Cannaregio e si chiamava Mario. Non è che per caso lo conoscete?”</div><div style="text-align: justify;">(Ehi, ciccia! Se questo tipo si fosse chiamato Ajeje Brazorf magari ci pensavo anche, ma hai un idea di quanti Mario ci sono in un sestiere di trentamila persone? Venezia non è mica il paesotto qui vicino con duecento anime, un bar-tabacchi, il negozietto della Famiglia Cooperativa e dove vi conoscete tutti…)</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Questa volta il pestone dell’elfa è forte e doloroso, tanto da spostare perfino il trolley.</div><div style="text-align: justify;">“No, signora… l’unico Mario di Cannaregio che mi viene in mente era Marietto, uno che veniva sempre allo stadio a tifare il Venezia, soprattutto per i brindisi nelle osterie dopo le partite quando il Venezia vinceva, ma per fortuna vinceva poco. In ogni caso, a dispetto del nome, Marietto era un omone alto due metri e dieci, sempre un po' malfermo sulle gambe per via delle ombre de vin… poteva essere lui?”</div><div style="text-align: justify;">“No… questo Mario che veniva qui era un signore piccolino e con i baffi”</div><div style="text-align: justify;">(Ah! Se di mestiere faceva l'idraulico forse l’ho visto in un videogioco della Nintendo...)”</div><div style="text-align: justify;">“Allora non ci pare di conoscerlo, vero Morena?”</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj4np2tP7Gqm3g5PGQCJ6H_yx3RyoUbCW1DUUZpuv42zuS7u9yhzsB_-clRciuKn7fjaCLzwpSDh5ri5MsZaHavWzgVYEVnDdTXiAMZDbrftuviTQq0h9ry6-sJYtcuyzrMTY4OSZHZOJfQd000JWBd4_3mXJLEOb0wFTli9d-AHPAZMIccCmT-ONZa5Q/s6000/20220809_VALSUGANA_0168.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4000" data-original-width="6000" height="323" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj4np2tP7Gqm3g5PGQCJ6H_yx3RyoUbCW1DUUZpuv42zuS7u9yhzsB_-clRciuKn7fjaCLzwpSDh5ri5MsZaHavWzgVYEVnDdTXiAMZDbrftuviTQq0h9ry6-sJYtcuyzrMTY4OSZHZOJfQd000JWBd4_3mXJLEOb0wFTli9d-AHPAZMIccCmT-ONZa5Q/w485-h323/20220809_VALSUGANA_0168.jpg" width="485" /></a></div><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">L’elfa ribatte subito con aria di sollievo per la fine dei convenevoli.</div><div style="text-align: justify;">“No infatti… mio marito ed io non lo conosciamo. La nostra stanza è al primo piano, vero?”</div><div style="text-align: justify;">“Si, certo… ”</div><div style="text-align: justify;">“Bene, a dopo, allora…”</div><div style="text-align: justify;">"Ah! la colazione domani inizia alle otto in punto, mi raccomando!"</div><div style="text-align: justify;">"Grazie, saremo puntuali..."</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Prendiamo i trolley e iniziamo a salire le scale preceduti dal cane che ci fa strada, mentre l’elfa, che ancora ridacchia tra sé e sé, si gira verso di me dicendo: “i commenti li facciamo dopo, in camera…”</div><div style="text-align: justify;">“Sì, ma ho sofferto l’anima mia…. questa tipa è davvero una cret…”</div><div style="text-align: justify;">“Ti ho detto dopo… comunque sei stato bravo.”</div><div style="text-align: justify;">“Grazie, ma di un panino con la soppressa come premio, più tardi, giù in paese, non se ne parla, vero?”</div><div style="text-align: justify;">“No, perché ti fa male…”</div><div style="text-align: justify;">“Come l’ultimo pestone che mi hai dato?”</div><div style="text-align: justify;">“Sì… fa conto che sia una cosa del genere…”</div><div class="om3e55n1" id="jsc_c_241"><div class="om3e55n1"><div></div></div></div>Carlo Volebele Vayhttp://www.blogger.com/profile/14678576870905270096noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5772457176063942058.post-1578478589745248832022-08-19T01:00:00.000-07:002022-08-19T01:00:22.444-07:00Quelli che hanno il vicino di ombrellone che fa i cruciverba ad alta voce.<div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ora del dopo pranzo in spiaggia, sole a picco e caldo atroce sotto l’ombrellone dove c’è calma piatta di vento, tanto da farti pensare che almeno il tuo forno di casa è ventilato, invece qui è statico. Mentre cerchi di appisolarti per smaltire il panino e la birra che ha già iniziato a fuoriuscire per conto suo sotto forma di rivoletti di sudore e, dopo il Despacito che proviene dal tizio alla cassa che tiene la radio accesa, provi ad escludere dalla tua vita anche il bambino che, un paio di ombrelloni più in là, si diverte da alcuni minuti a far scrocchiare la plastica di una bottiglia vuota di minerale rivalutandoti la nobile figura di Erode, ecco che il vecchietto seduto dietro a te inizia a cimentarsi con un cruciverba della Settimana enigmistica compitandolo ad alta voce, come i bambini delle elementari.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">“Quattro verticale… l’Humprey del cinema”</div><div style="text-align: justify;">“Bogart” lo soccorre subito la moglie (esatto, però era facile)</div><div style="text-align: justify;">"Dieci verticale.. il Don ballerino"</div><div style="text-align: justify;">"Lurio..." (peccato, speravo dicesse Abbondio...)</div><div style="text-align: justify;">“Nove orizzontale… il fiume delle quattro capitali”</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">E qui si ride, penso subito… infatti inizia immediatamente con il Reno (ma no, el xè de sette lettare) così la moglie lo corregge con la Senna (sono cinque lettere signora… può far di meglio) e poi con il Volga (sempre cinque signora…zoppichiamo anche con la matematica, eh?) e perfino con il Tamigi (sono sei lettere… dai che ci avviciniamo!). Alla fine, quando già stai per fischiettare il bel Danubio blu, lui ci arriva da solo e si capisce che ne è soddisfatto.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Avanti con la prossima: “Quindici verticale… lo scienziato che ha scoperto i buchi neri” (Oddio! Questa è davvero dura…)</div><div style="text-align: justify;">“Galileo!”</div><div style="text-align: justify;">“No…”</div><div style="text-align: justify;">“Leonardo…”</div><div style="text-align: justify;">“No…”</div><div style="text-align: justify;">“Michelangelo…” (sì, sì… vabbè.)</div><div style="text-align: justify;">“No, quèo el xè un pitor … me serve due lettere soltanto, le ga da essar le iniziali… una xè la H di chiodo, parché quel che se batte col martèo el xè el ciodo…”</div><div style="text-align: justify;">“Nol xe l’incudine?”</div><div style="text-align: justify;">“No… me serve de sie lettere, incudine el xè de oto…” (giusto, lui la matematica la sa…immagino che lei stia per replicare che ciodo el xe de cinque lettere, ma poi si trattiene)</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjJbX-K9DNOfkewNeM7yUFXrP0q22eIV867GB7MMEim45uaTJ04Aa2OnigrIT0p-Y7SUO9XxSjvaWZzGknAeTrk1Zr7cXoC47MwCyX_OtaNjgAuG-ypnfWqJfqOC23-vCf29QOs3NpNt4dT7eMDIVXLjLlznaL_fM2WoMvAI9AVB_C3hN5-cx-7wcRvNA/s2048/21013959_1614640251942703_1346335294670793201_o.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1150" height="604" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjJbX-K9DNOfkewNeM7yUFXrP0q22eIV867GB7MMEim45uaTJ04Aa2OnigrIT0p-Y7SUO9XxSjvaWZzGknAeTrk1Zr7cXoC47MwCyX_OtaNjgAuG-ypnfWqJfqOC23-vCf29QOs3NpNt4dT7eMDIVXLjLlznaL_fM2WoMvAI9AVB_C3hN5-cx-7wcRvNA/w377-h604/21013959_1614640251942703_1346335294670793201_o.jpg" width="377" /></a></div><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Alla fine, con l’aiuto di vari incroci, scoprono anche la S però si capisce che sui due permane la nebbia in Val Padana riguardo al nome completo dello scienziato. Quindi, dopo essere andati via spediti sul Cristiano calciatore, sulle lasagne intese come "il piatto di Bologna" e sulla cantante di “Maledetta primavera” ma con un nuovo piccolo intoppo sulla targa di Sondrio, lui prosegue da solo, mentre la moglie si stende sul lettino ad abbronzarsi, finché, dopo una decina di minuti si alza e gli chiede spazientita “Ma ti gà finìo col cruciverba, che go vogia de andar in acqua?”</div><div style="text-align: justify;">“Sì, lo go quasì finio… me manca solo una parola de quattro lettere che non so bon de trovar…”</div><div style="text-align: justify;">“Mona?” (suggerimento ad alta voce del vicino di ombrellone, che quando ci vuole, ci vuole…)</div>Carlo Volebele Vayhttp://www.blogger.com/profile/14678576870905270096noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5772457176063942058.post-55199212827531995832022-07-05T23:25:00.001-07:002022-07-05T23:25:39.267-07:00Di quando apprendi che tua moglie ha letto tutti i tuoi libri gialli, ma poi ne scopri anche il motivo.<p> Avete presente la scena cult di "Harry, ti presento Sally”, quando lei, indispettita dalle vanterie maschiliste di lui sulle sue conquiste e le relative prestazioni sessuali di grande soddisfazione per le sue partner occasionali, gli rivela che in realtà molte donne spesso fingono l’orgasmo e di fronte alla sua incredulità, mentre sono a tavola al ristorante gliene simula uno lungo e clamoroso con tutti i clienti che la guardano e la signora del tavolo vicino che dice al cameriere “Prendo quello che ha preso la signorina…” ?</p><div><div class="" dir="auto"><div class="ecm0bbzt hv4rvrfc dati1w0a e5nlhep0" data-ad-comet-preview="message" data-ad-preview="message" id="jsc_c_125"><div class="j83agx80 cbu4d94t ew0dbk1b irj2b8pg"><div class="qzhwtbm6 knvmm38d"><span class="d2edcug0 hpfvmrgz qv66sw1b c1et5uql lr9zc1uh a8c37x1j fe6kdd0r mau55g9w c8b282yb keod5gw0 nxhoafnm aigsh9s9 d3f4x2em iv3no6db jq4qci2q a3bd9o3v b1v8xokw oo9gr5id hzawbc8m" dir="auto"><div class="cxmmr5t8 oygrvhab hcukyx3x c1et5uql o9v6fnle ii04i59q"><div dir="auto">Bene… ieri mi è successa una cosa simile, perché le mogli sanno perfettamente dove colpire duro quando vogliono ferire l’ego dei loro uomini e la cosa fa più male di una ginocchiata nelle palle (arte marziale nella quale l’elfa è cintura nera e che mi costringe nelle discussioni con lei a starle almeno a un metro di distanza, soprattutto quando ha torto marcio e glielo sto dimostrando). </div></div><div class="cxmmr5t8 oygrvhab hcukyx3x c1et5uql o9v6fnle ii04i59q"><div dir="auto"><br /></div><div dir="auto">Ieri pomeriggio, infatti, tornando dal florovivaista lungo una stretta stradina di campagna, mentre stavamo chiacchierando del più e del meno, la mia signora ha emesso uno strillo acuto e quindi ha fatto un paio di sbandate e controsbandate improvvise, che mi son visto prima spiccicato contro un platano e poi infilato dentro al fosso sull'altro lato. Tutto questo perché, a suo dire, dal finestrino aperto era entrato un insetto, forse una vespa, che peraltro non avevo visto e che, probabilmente terrorizzata a sua volta da quelle sbandate e dallo strillo, era subito uscita dal mio finestrino per mettersi in salvo. </div><div dir="auto"><br /></div><div dir="auto"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiIrDYGnXhax1ozTZoZFlvo_Put1VMBOgO6sfiQqCV31Dkp8ygSBxu9BXFcGDP1iP7M2UqUB2y9hwO_fyxr0weYl38sgrUpzvkrnCZudWNy2_vGcE4XUQraa3YDrm9OeUmq7qxAcgaOy7A5n29yQTkRBEibOiOnQ7-FX30vp16-BLvL--GF86hdsqrGGg/s2582/vespa%20su%20lavanda_1%20croppata.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1746" data-original-width="2582" height="363" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiIrDYGnXhax1ozTZoZFlvo_Put1VMBOgO6sfiQqCV31Dkp8ygSBxu9BXFcGDP1iP7M2UqUB2y9hwO_fyxr0weYl38sgrUpzvkrnCZudWNy2_vGcE4XUQraa3YDrm9OeUmq7qxAcgaOy7A5n29yQTkRBEibOiOnQ7-FX30vp16-BLvL--GF86hdsqrGGg/w538-h363/vespa%20su%20lavanda_1%20croppata.jpg" width="538" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Quando le mogli pur di trovare un difetto ti dicono che l'hai fotografata di schiena.</td></tr></tbody></table><br /><div dir="auto"><br /></div></div><div class="cxmmr5t8 oygrvhab hcukyx3x c1et5uql o9v6fnle ii04i59q"><div dir="auto">Così, dopo lo spavento, per riprendere un dialogo rasserenante le ho chiesto: “A proposito di insetti alati, hai già visto la foto che ho postato?” </div><div dir="auto">“Dici quella dell’ape sulla lavanda?” </div><div dir="auto">“A parte che non è un ape, ma una vespa e forse dovresti ripassare la categoria degli imenotteri, ti è piaciuta?” </div><div dir="auto">“Sì, è bella… però dovevi fotografarla davanti e non di schiena”</div><div dir="auto">“Grazie, la prossima volta cercherò di metterla in posa e magari le faccio dire “cheese” per farla sorridere, però non mi hai messo un like… guarda che non è indecente mettere un like a qualche post del coniuge, ogni tanto lo fa perfino nostro figlio, che è tutto dire…” </div><div dir="auto">“Ma perché dovrei metterti dei like? Lo sai che io uso Facebook solo per rilassarmi con i giochini” </div><div dir="auto">“Ah già… dimenticavo che tu sei quella che non ha mai letto nemmeno i miei libri gialli… “ </div><div dir="auto">“Non è affatto vero… li ho letti tutti!” </div><div dir="auto">“Ah! Lo apprendo solo ora che li avresti letti… e quindi? Ti sono piaciuti?” </div><div dir="auto">“Non lo so, perché non li ho mai finiti…”. </div><div dir="auto"><br /></div><div dir="auto"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiilq9p8uy5mKVusbuth_148vWhXA2cK-IG7ulqWbFHYTPheMLQ2D5sBcIIu9Jn32ik2dN-VMGjQHtgcAlIdRRIkROsAun-uOraYGVbFX0n48o4JEPQcBbYYm0YS1Wdx_FcMpRtDDybrfb6nC4UbsjxrVtI5BfX1CDCdRMxBejk4D-2Bbnh4PNbP6vjFQ/s4608/morena%20vino%20(1).jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="3456" data-original-width="4608" height="406" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiilq9p8uy5mKVusbuth_148vWhXA2cK-IG7ulqWbFHYTPheMLQ2D5sBcIIu9Jn32ik2dN-VMGjQHtgcAlIdRRIkROsAun-uOraYGVbFX0n48o4JEPQcBbYYm0YS1Wdx_FcMpRtDDybrfb6nC4UbsjxrVtI5BfX1CDCdRMxBejk4D-2Bbnh4PNbP6vjFQ/w541-h406/morena%20vino%20(1).jpg" width="541" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Quella tanto aperta e liberal, che non sembra, ma come Sherlock ti osserva e sa tutto di te,,,</td></tr></tbody></table><br /><div dir="auto"><br /></div></div><div class="cxmmr5t8 oygrvhab hcukyx3x c1et5uql o9v6fnle ii04i59q"><div dir="auto">A questo punto un silenzio gelido è sceso dentro la Vitara e non era il condizionatore… poi dopo un minuto lungo come l’eternità, l’elfa è scoppiata a ridere dicendo: “Ma no, scemo…volevo farti uno scherzo e vedere come ci rimanevi male… li ho letti e mi sono anche piaciuti…” </div><div dir="auto">“Non è che ora lo dici per consolarmi?” </div><div dir="auto">“Ma no…fidati.” </div><div dir="auto">“Posso interrogarti?” </div><div dir="auto">“Ma certo…” </div><div dir="auto">“Chi è l’assassino dell’Enigma di Ponsard? E qual’ è il colpo di scena finale della Luna sul Cesen?” </div><div dir="auto">L’elfa risponde correttamente ad entrambe i quesiti. </div><div dir="auto">“Caspita! Quindi li hai letti davvero? Ma… siccome sei furbetta, non è che per caso sei saltata a leggere l’ultima pagina?”</div><div dir="auto">“Scoprilo da solo… non sei un detective?”</div><div dir="auto">“Sì, ma come faccio a provarlo se davvero lo hai fatto?” </div><div dir="auto">"Se conosci come dici l'animo femminile, ci arrivi benissimo ad avere la prova. Basta che ragioni..."</div><div dir="auto">"Non vedo come..."</div><div dir="auto">“Va bene, se mi offri l’aperitivo te lo dico…”</div><div dir="auto">“Andata, ti offro lo spritz! Quindi?”</div><div dir="auto">“Ma secondo te, dal momento che Milla, la tua detective, è ispirata a me, vuoi che non legga i tuoi libri pagina per pagina per controllare come cavolo mi descrivi? Elementare, Watson…”</div></div></span></div></div></div></div></div><div><div class="stjgntxs ni8dbmo4 l82x9zwi uo3d90p7 h905i5nu monazrh9" data-visualcompletion="ignore-dynamic"><div class="l9j0dhe7"><div class="bp9cbjyn m9osqain j83agx80 jq4qci2q bkfpd7mw a3bd9o3v kvgmc6g5 wkznzc2l oygrvhab dhix69tm jktsbyx5 rz4wbd8a osnr6wyh a8nywdso s1tcr66n"><div class="bp9cbjyn j83agx80 buofh1pr ni8dbmo4 stjgntxs"><span aria-label="Scopri chi ha aggiunto una reazione" class="du4w35lb" role="toolbar"><span class="tojvnm2t a6sixzi8 abs2jz4q a8s20v7p t1p8iaqh k5wvi7nf q3lfd5jv pk4s997a bipmatt0 cebpdrjk qowsmv63 owwhemhu dp1hu0rb dhp61c6y iyyx5f41"></span></span></div></div></div></div></div><span aria-label="Scopri chi ha aggiunto una reazione" class="du4w35lb" role="toolbar"><span class="tojvnm2t a6sixzi8 abs2jz4q a8s20v7p t1p8iaqh k5wvi7nf q3lfd5jv pk4s997a bipmatt0 cebpdrjk qowsmv63 owwhemhu dp1hu0rb dhp61c6y iyyx5f41"></span></span><div class=""><span class="tojvnm2t a6sixzi8 abs2jz4q a8s20v7p t1p8iaqh k5wvi7nf q3lfd5jv pk4s997a bipmatt0 cebpdrjk qowsmv63 owwhemhu dp1hu0rb dhp61c6y iyyx5f41"></span></div><div class="bp9cbjyn j83agx80 pfnyh3mw p1ueia1e"><div class="gtad4xkn"></div><div class="gtad4xkn"><span class="tojvnm2t a6sixzi8 abs2jz4q a8s20v7p t1p8iaqh k5wvi7nf q3lfd5jv pk4s997a bipmatt0 cebpdrjk qowsmv63 owwhemhu dp1hu0rb dhp61c6y iyyx5f41"></span></div></div>Carlo Volebele Vayhttp://www.blogger.com/profile/14678576870905270096noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5772457176063942058.post-37290912309790142352022-06-27T00:27:00.001-07:002022-06-27T00:27:50.452-07:00In memoria dei cinema veneziani con le seggiole di legno cigolanti, dove si mangiavano i semi di zucca e non i tacos con la salsa messicana stravaccati nelle poltroncine in velluto.<p><br /></p><div style="text-align: justify;">Dopo due anni di covid con tutte le limitazioni amnnesse, mia moglie è andata in crisi di astinenza e ieri sera a cena vedendo il trailer di un prossimo film che sembrava molto interessante, mi ha chiesto: perché non andiamo a vedercelo al cinema, che è tanto che non ci andiamo?. Naturalmente le ho detto di sì, tanto è programmato dal 10 luglio “nei migliori cinema” e farà a tempo a dimenticarselo e comunque tra qualche mese ce lo vedremo su Netflix o Prime con tutti i confort in salotto, anche stravaccati sul divano con la coppetta di gelato o i cioccolatini a portata di mano.</div> <div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Oh, non fraintendetemi…io adoro il cinema perché sono di una generazione che si è formata culturalmente e si è nutrita di cinema e di cineforum con il “seguirà dibattito” e alla Mostra del Cinema, disponendo grazie ad un nostro amico di famiglia, dei biglietti per assistere alle proiezioni pomeridiane per i giornalisti in Saletta Volpi, non mi perdevo nemmeno i film cecoslovacchi in bianco e nero, con i sottotitoli in tedesco. E comunque mi sono visto tutto il ciclo di Eisenstein, corazzata Potemkin compresa, il Nosferatu di Murnau, Ordet di Carl Theodor Dreyer e il Napoleone di Abel Gance e naturalmente, per rimanere più sul cinema allegro e vivace, anche Deserto rosso di Antonioni e il Dillinger è morto di Ferreri. Ho visto perfino, ma quella era un prova di amore chiesta da una laureanda in ispano americano, mi sono visto quattro volte di fila “Cria Cuervos” di Carlos Saura in lingua originale, perché lei, precisa e puntigliosa di carattere, voleva approfondire bene l’accento castigliano. Ovviamente, poi ci siamo lasciati.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Allora, chiederete voi (lo chiedete, vero? Che ci devo scrivere ancora mezza pagina…) perché sei così recalcitrante all’idea di andare al cinema? Beh.. per il semplicissimo motivo che l’idea di cinema che ho in mente io non esiste più e nel cinematografi di oggi non mi ci ritrovo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Nei cinema di una volta avevi le seggioline in legno ribaltabili e cigolanti, se c’era il Cinemascope era roba fina, l’audio era quello che era, se la pellicola s'interrompeva tutta la sala chiamava a gran voce il "gobboooo..." perché rimediasse, d’estate avevi caldo, d’inverno stavi seduto con il cappotto e il massimo disturbo possibile erano quelli con le caramelle Charms da scartare. Nei cinema di terza categoria frequentati dal lumpenproletariat di Castello alto, di Cannaregio e Dorsoduro, il disturbo era incarnato da quelli che mangiavano e sputazzavano i semi di zucca, i lupini o le stracaganasse (le castagne secche) oltre agli onnipresenti bagigi (le arachidi) che poi quando cercavi posto al buio tra le file dei sedili, con tutte quelle bucce sul pavimento ti sembrava di camminare su un tappeto di corteccia umidiccia.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">I film, però, li si guardava in religioso silenzio e se proprio uno dava fastidio o parlottava lo si zittiva con un paio di discreti “shhhh!” come a teatro se eri al Rossini o al San Marco o uno "scolta vecio, ma ti vol seràr quea boca da cloro?" se ti trovavi al Giorgione o all’Olimpia, oppure, dal Progresso, al Moderno e fino al Garibaldi, veniva la maschera con la pila ad ammonire con garbo (varda che te buto fora in cae a peàe in cuo....). Andare al cinema costava poco, soprattutto nelle sale di seconda e terza visione per gli studenti, tipo l'Accademia e se un film ti piaceva, te lo guardavi anche due o tre volte di fila, che nessuno ti mandava via. Fine della giostra.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Oggi hai cinema multisala con aria condizionata e moquette a volontà, le poltroncine ergonomiche, il surround dolby che se sparano una cannonata ti abbassi istintivamente e l’Hd con gli schermi panoramici che vedi anche se l’attrice ha le doppie punte. Il biglietto del cinema per due persone costa come andare in pizzeria e, tra una cosa e l'altra, i trenta euro a botta se ne vanno via. Peccato però che ora hai anche vicini di sedia che tirano su la Fanta con la cannuccia fino a succhiare il cartoncino del bicchiere, l’odore untuoso dei pop corn con la ravanata di mano nel secchiellone inclusa e ultimamente anche quello dei tacos croccanti da intingere nella salsina messicana, quindi tutto un sottofondo di ruminamenti vari, da aggiungere a schiamazzi, lazzi e frizzi assortiti e senza freno di bande di ragazzotti in preda alle tempeste ormonali adolescenziali, per non dire dei ciarlieri che avendo già visto il film da qualche parte informano la ragazza o la moglie che “Adesso verrà fuori che il poliziotto è il padre della ragazza, ma poi alla fine lui muore per difenderla, ma lei si salva, vedrai…” . </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ma, soprattutto, nei cinema di oggi esiste l’ onnipresente ansioso/ansiosa che deve consultare compulsivamente lo smartphone ogni dieci minuti e che ogni volta che accende il suo padellone illumina la sala e tu ti domandi cosa sia mai successo di così importante e perché costui/costei paghi un biglietto per consultare il telefono, cosa che potrebbe fare comodamente a casa sua e senza rompere i coglioni a te che il film te lo vorresti vedere in pace e concentrato, senza flash di luce azzurrina a distrarti in continuazione, tanto che una volta, imbufalito dalla cretinetti della fila accanto che accendeva in continuazione lo smartphone per chattare con non so chi, ho acceso il mio come se avessi ricevuto una chiamata e porgendoglielo le ho detto “Scusi… è per lei.”. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"> Dunque, anche se in tanti campi della vita sono tutt'altro che un conservatore, mi sa che nel cambio della tipologia di cinema alla fine ci abbiamo perso…</div>Carlo Volebele Vayhttp://www.blogger.com/profile/14678576870905270096noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5772457176063942058.post-23245372383362447142022-06-16T01:33:00.000-07:002022-06-16T01:33:02.870-07:00Quando ti emozioni alla vista di un fiasco impagliato e ti riparte il film del tuo '68<div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Tu chiamale se vuoi emozioni… ma quando in una piccola enoteca di campagna vedi ancora un fiasco di vino impagliato… beh, te lo comperi al volo. Perché ti riparte subito tutto il film (in bianco e nero molto contrastato, in stile Jean-luc Godard, che ci tengo) dei tuoi anni da studente di Giurisprudenza, delle occupazioni delle facoltà, delle notti passate a disegnare tadze bao o a stampare giornaletti con il ciclostile e a dormire nei corridoi davanti alle aule dentro ai sacchi a pelo, con un freddo becco, perché il rettore aveva chiuso il riscaldamento e una bottiglia di grappa che girava tra noi per una sorsata a canna tanto per scaldarci un poco.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ma nel film compare anche la Celere con gli scudi in plastica, gli elmetti, i lacrimogeni e quei fottuti manganelli che facevano un male boia (chiedere ad un mio incisivo rimasto sul marciapiede davanti al Pedrocchi) e noi con gli eskimo e gli altoparlanti per gli slogan, che cantavamo “Valle Giulia” (non siam scappati più!) per farci coraggio, ma poi quando quelli caricavano scappavamo eccome e finivamo in commissariato (con schedatura e denuncia a piede libero) ma anche gli amorazzi con qualche ragazza occasionale incontrata nei cortei (forse anche quello era per farci reciprocamente coraggio) che poi il giorno dopo realizzavi che nemmeno sapevi come si chiamasse e soprattutto quelle interminabili riunioni del Movimento Studentesco, in qualche osteria sperduta e lontana dalla curiosità della Questura, quindi in periferia o sui colli e fino a tarda notte, quando l’oste ci cacciava via senza troppa eleganza, dove si litigava furiosamente, c’era la nebbia come in laguna per le tante sigarette che si fumavano, si mangiava pane e soppressa "de casada" e si beveva un vinaccio forte, rosso e proletario “da murèri” (da muratori), ma, soprattutto, alla fine non si decideva mai un cazzo (un po’ come tanti anni dopo nelle nostre riunioni in FIAT).</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">E mi ricordo pure quella mattina d’inverno in cui, arrivato prima degli altri per la riunione in quella osteria che mi avevano indicato dalle parti della Facoltà di Medicina, per iniziare a riscaldarmi avevo chiesto all’oste, un omone grande e grosso, con un fisico da rugbysta e una folta barba rossiccia, di portarmi un litro di rosso e lui guardandomi con aria minacciosa mi aveva replicato “Qui non si serve vin rosso… gavemo solo vin nero!” e notando a quel punto qualche gagliardetto littorio appeso alle pareti avevo intuito che forse non era quello il locale per la nostra riunione e dunque, o avevo sbagliato indirizzo o mi avevano fatto uno scherzo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Così, trovandomi nei giorni scorsi nuovamente dalle parti dei Colli Euganei e alla vista di quel fiasco impagliato, mi è venuto spontaneo raccontare le emozioni scatenate da quel mio film antico con una nuova versione dell’Infinito: (Giacomo perdonami: quando torno a Recanati prometto che ti porto una bottiglia di Rosso Euganeo per farmi perdonare…)</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Sempre cara mi fu quest'osteria sui Colli (ndr: dalle parti di Arquà),</div><div style="text-align: justify;">con i tavolacci, le sue panche e la tovaglia in carta segnata dai bicchieri, che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude (da Battaglia Terme fino a Monselice).</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ma sedendo e mirando oggi, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quiete (a parte qualche famigliola padovana con bambini in modalità: Erode è vivo e lotta insieme a noi!) io nel pensier mi fingo, ove per poco il cor non si spaura (avrò preso le pillole per la pressione?).</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">E come il vento odo stormir tra queste piante, io quel vociare fumoso da Movimento studentesco (ndr: fumo inteso nel senso più ampio del termine) a questa voce vo comparando: e mi sovvien l'eterno , e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei (ndr: l’alfa amorosa dei tempi dell’università e l’omega, pur sempre amorosa della mia vita, ma che tra poco mi dirà che dobbiamo tornare a casa perché bisogna stendere la biancheria).</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Così tra questa immensità s'annega il pensier mio e il naufragar m'è dolce in questo vino.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQjRE8BlWAteW7MWmtcX5oI7r_T2vH8k8r2rNCusV0Qi6h3aEbnCBG08Mi2fWM1AhW5k-LuuxZ0hSfcAejJKwCGJ3iS7YPoAtc0YvbgD6rF3c4KkBVaMW8IS_JC61nbmNqe9djd6yxo1A5IguOWaDcDc72HSyxB0vIOpYDxjivPfsgVpxR78KoA3rRGg/s2534/pane%20e%20vino%20ridotta.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1974" data-original-width="2534" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQjRE8BlWAteW7MWmtcX5oI7r_T2vH8k8r2rNCusV0Qi6h3aEbnCBG08Mi2fWM1AhW5k-LuuxZ0hSfcAejJKwCGJ3iS7YPoAtc0YvbgD6rF3c4KkBVaMW8IS_JC61nbmNqe9djd6yxo1A5IguOWaDcDc72HSyxB0vIOpYDxjivPfsgVpxR78KoA3rRGg/w548-h426/pane%20e%20vino%20ridotta.jpg" width="548" /></a></div><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div>Carlo Volebele Vayhttp://www.blogger.com/profile/14678576870905270096noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5772457176063942058.post-60762292655182140652022-03-16T22:49:00.001-07:002022-03-16T23:19:10.886-07:00L'appartamento veneziano al Ponte Tetta (farsa teatrale in un atto per Carnevale - scena quinta e scena finale)<p style="text-align: center;"><b> </b></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><b>Scena quinta</b><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><br /></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Emanuele rientra a casa con un borsone (è stato via
qualche giorno) e appena entrato dopo aver esclamato con soddisfazione “Eccoci
tornati, casa dolce casa … e<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>ora…
docciaaaa” inizia a spogliarsi direttamente in salotto. Appena è in mutande e
canottiera, entra in scena Claudia in accappatoio, con i capelli avvolti
nell’asciugamano e il phon in mano. (urlo di spavento reciproco e i due cercano
di coprirsi le nudità a vicenda)</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: left;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla – (con la voce alterata) ma tu chi cazzo sei? che ci fai qui in casa mia?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – (con la voce alterata)<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Sono Emanuele e abito qui… ma piuttosto tu
chi cazzo sei e che ci </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">fai in casa nostra?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla – Quale casa vostra? Io sono Claudia e abito qui<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">EMA– ( sorpreso, mentre si riveste) Come… come abiti
qui? da quando?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla – ( tranquillizzata si siede sul letto ad
asciugarsi i capelli)<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Da questa mattina.
Non ti ha detto niente il disgraziato che abita qui?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Mi
aveva raccontato che aveva trovato un nuovo inquilino per dividere le spese, ma
mi aveva anche detto che si chiamava Claudio.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla (ride di gusto) – Bella questa! A me, per
convincermi, aveva detto che avrei trovato come inquilina una ragazza di nome
Emanuela. Però ora che ti vedo come ragazza non sembri un granché, non hai nemmeno le gambe depilate...</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>–<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Tipico<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>di<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>quel<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>magliaro.<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Ma<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>perché<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>lo<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>chiami<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>disgraziato?<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Termine<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>che<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>peraltro </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">condivido, anche se di mio lo definirei in altro modo… ma non vorrei darti l'impressione di essere un ragazzo volgare...</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla – Perché per telefono mi aveva dato appuntamento per oggi qui alle
dieci per darmi le chiavi e mostrarmi la casa, ma non si è fatto vedere e lo
sto ancora aspettando…se lo vuoi insultare fai pure, non sono un'educanda.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. –<span style="mso-spacerun: yes;"> Sì, dopo lo faccio, ma </span>scusa... chi ti ha aperto allora?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ho
avuto fortuna che ho trovato sul pianerottolo una signora che stava entrando e
che mi </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">ha aperto la porta…</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">EMA – (spaventato perché capisce che era la madre)
Oh mio dio!… e che ti ha detto?</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla – Nulla, ha detto solo che visto che c’ero io
sarebbe tornata un’altra volta… anzi, no… mi ha </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">chiesto anche se ero lì per Roberto e le ho detto di
sì. Ma chi era e perché aveva le chiavi?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. –<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>(imbarazzatissimo) Ah… no…beh… era la signora delle pulizie, viene una
volta a </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">settimana.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla – (sospettosa) La vostra signora delle pulizie
ha la borsetta di Gucci e il foulard di Hermès? </span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Beh…sai… le diamo diecimila lire all’ora e
comunque saranno quelle copie tarocche che </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">si comprano dagli ambulanti.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla – A me sembravano originali, comunque sia… forse
sarebbe stato meglio che fosse entrata anche lei perché qui dentro ho trovato
un casino immondo. Sembrava fossero passati i ladri: una pila di piatti e
pentole sporche nel lavello, il cartone del latte lasciato fuori e andato a
male, la spazzatura ancora da portare via che puzzava e non ti dico il
lavandino del bagno cosa era… ho impiegato più di un’ ora a mettere a posto. Ma
chi ci abita qui? Una coppia di aborigeni?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – No. l’aborigeno è uno solo, perché qui di
solito la casa la tengo in ordine io, ma questa </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">settimana sono stato a casa dai miei e l’ho lasciato
da solo perché doveva preparare un esame.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla – (prende con aria ironica un libro spalancato
sul tavolo) sarebbe l’esame di “porca troia” ?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – (sconcertato) no… è storia della filosofia
economica. E’ un esame complementare facile </span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">che ha scoperto che poteva fare anche lui. Infatti,
quel libro è mio…</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla – Ah si? Beh…allora dovrai ricomprarlo. Questo è
tutto pieno di scritte in pennarello rosso </span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">con variazioni sul tema del porca puttana e del
porca troia. (glielo mostra)</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – (sconcertato) francamente non capisco…</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">(in quel momento suona il telefono, Emanuele
risponde e dall’altra parte del telefono c’è Roberto)</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px;">– </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Ah! Proprio te… ma che combini? …. Si certo che
Claudio è arrivato, ma è una Claudia… perché mi dici “chi se ne frega il problema è un
altro”? Ti sembra una cosa normale? Ma dove sei?perché sei così agitato? Oh cazzo!... Sei a casa tua a
Verona? Come sarebbe a dire che non torni più? Tuo padre non ti paga più
l’appartamento e ti prende a lavorare in studio con lui?… (sorpreso) ma che
succede?… Come incinta? Chi è incinta? La Patty? </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: left;">Sì,</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: left;"> </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: left;">va bene…
ora la devo chiamare Putty… ma incinta quanto? Ah! Completa… (pausa) allora
l’hai proprio impiombata! Bel colpo… eh!… ora l’ho capito che è un bel
casino… come sarebbe che è colpa di mia madre? Cioè dici che quando vi ha
sorpresi a letto, per lo spavento ti è partito il colpo e l’hai ingravidata? E
vabbè, però anche tu potevi usare il preservativo, no? Se ti fidi dell’Ogino
Knaus te le vai a cercare…</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: left;"> </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: left;">pronto?
….Prontoooo? (Roberto chiude la telefonata bruscamente)</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: left;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. –
(guarda verso Claudia) ha riattaccato…che si sia offeso per la faccenda
dell’ Ogino </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Knaus?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla–
(ridacchia) vedi tu… comunque, guarda che una o è tutta incinta o non lo
è. Non è che lo si è un pochino…</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. si, scusa… è che non me lo aspettavo…. Comunque
mi pare che tu abbia compreso la </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">situazione, quindi se vuoi andartene non c’è nessun
problema. Ti posso ridare anche la caparra…</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla– No,
senti… ho impiegato due mesi a cercare un appartamento per studenti qui a
Venezia e il tuo amico Roberto, quando ci siamo sentiti lunedì scorso per prendere accordi ha
voluto che gli bonificassi tre mensilità di quota d’affitto anticipate come caparra. Un po' da strozzino, lo so, ma alla fine ho accettato perché ero stanca di cercare. La casa una
volta pulita sembra graziosa e poi è comoda per tante cose. Comunque, per
rimanere qui, visto che la situazione si prospetta abbastanza promiscua finché
non troveremo qualche altro coinquilino, devo sapere alcune cose da te…</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. – Dimmi…</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"><span style="font-size: 12pt; text-align: left;">Cla– Ti lavi i piedi, alzi la tavoletta, tiri l'acqua dopo che sei andato in bagno e pulisci la
vasca da bagno, il lavello e i pavimenti? </span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"><span style="font-size: 12pt; text-align: left;">EMA – la risposta è sì su tutto… so
anche cucinare e mi rifaccio il letto</span></span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: left;">, faccio anche il bidet e mi rifaccio il letto.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla– (maliziosa) bene, ma non è finito… ti fai le
pippe in bagno?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – Ma per amor di Dio! Certo che no…</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla – Ottimo…quindi i Playboy che ho buttato erano
di quell’altro. Un’ ultima cosa fondamentale: devi giurare che non ci proverai
per alcun motivo con me. Visto che le circostanze ci costringono a farlo,
dovremo abitare assieme come un fratello e una sorella. Lo giuri su quello che
hai di più sacro al mondo, che possa esplodere all’istante se ci provi con me?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><o:p> </o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">EMA – Lo giuro su mia madre…</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla – Molto bene… e ora fila a cucinare che ho fame. Ma niente scatoletta di tonno... voglio avere garanzie anche sul lato della cucina.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">EMA – Non c'è molto in dispensa, ma va bene una pastasciuttina aglio, olio e peperoncino?</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px;">Cla–</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> Sì, abbonda pure con l'aglio, tanto non ci dobbiamo baciare e comunque è una garanzia reciproca in più...</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">(la scena torna al buio)<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><br /></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><b>Scena sesta</b><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><o:p> </o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Passano diverse settimane. Si sente aprire la porta
ed entra la madre di Emanuele. Si ferma a guardare sorpresa l’appartamento.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Madre di Emanuele –<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Ma guarda che bravi! Questa volta è tutto talmente lustro e in ordine
che sembra quasi ci sia passata una donna. (Passa il dito su un mobile) Non c’è
un filo di polvere. Incredibile! (guarda anche sul tavolo) Perbacco! Ci sono
anche i centrini… qui mi sa che è opera di quella ragazza di Roberto che avevo
incontrato sul pianerottolo. Dev’essere proprio a modino quella lì: carina,
tiene in ordine la casa, magari cucina anche bene... (sospira) Volesse il cielo
che anche mio figlio ne trovasse una così! </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: left;">Beh.. qui sembra tutto a posto. Vediamo se almeno in
camera da letto ho da fare qualcosa.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Appena entra nella camera da letto si sentono gli
strilli di terrore di Emanuele e di Claudia.</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">I tre escono dalla stanza tutti assieme. Emanuele in
mutande e Claudia avvolta nel lenzuolo</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – Mamma! Non è come sembra, ti posso spiegare…</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Madre di Emanuele – ma cosa vuoi spiegare? Si capiva
benissimo quel che stavate facendo… </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Cosa credi, che non lo sappia? Tutti nudi poi… Che
vergogna!</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ma tu
che cazzo ci fai qui?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Madre di Emanuele – tu piuttosto cosa ci facevi a
letto con quella sciacquetta lì? Io ti pago l’appartamento per studiare, non
per portarti le ragazze a casa! Mandala via che ora io e te ci dobbiamo
parlare.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – Mamma…a parte che non è una sciacquetta ma una
ragazza per bene e di ottima famiglia, lei è Claudia, la mia compagna di
stanza, non la posso far uscire. E’ anche casa sua</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Madre di Emanuele:<span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px;">– </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Come? Ma non abitavi con questo Roberto? E non doveva venire a stare con
voi un terzo ragazzo?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – Sì ma Roberto è dovuto tornare a casa e
Claudia ha preso il suo posto</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Madre di Emanuele – Mi avevi detto che il nuovo
inquilino si chiamava Claudio, non Claudia</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Avrai
capito male.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Madre di Emanuele (si rivolge minacciosa a Claudia)
Signorina, resti lì dov’è e si rivesta che poi ce n’è anche per lei, ora devo parlare
privatamente a mio figlio, dopo arrivo. (prende Emanuele per un braccio e lo
trascina lontano).</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Madre di Emanuele: </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px;">– </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Emanuele, guardami negli occhi.
Chi è questa ragazza? State assieme o è solo una storiella passeggera? Guarda
che se quella gatta morta lì ti distrae dalla laurea e con quello che ci costa
mantenerti questo appartamento, la mangio viva…</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ma
no!<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>E’ una cosa seria, credimi. Claudia
ed io ci siamo innamorati e non voglio perderla…</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Madre di Emanuele<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>(bisbigliando all’orecchio del figlio)<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Ma, dimmi bene una cosa… davvero la ragazza è di ottima famiglia?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Certo…
Claudia è la figlia del professor Gracco, il primario cardiologo che aveva
operato il papà, ricordi? E’ quello che possiede quel due alberi a vela da 20
metri in darsena a Lignano che lo guardi sempre sospirando…</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Madre di Emanuele – Ah! Quindi la Enchantress… è la
figlia di lui? Cioè…volevo dire: questa </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Claudia è sua figlia? Ma che combinazione… (pausa di
riflessione sul da farsi). </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Comunque, sei fortunato perché la tua mamma è una
donna di mondo ed molto più moderna di quanto la credi. Quindi se vi volete
bene seriamente e i suoi genitori sono d’accordo, puoi continuare a </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">rimanere qui con lei. Basta che studiate e non mi date
preoccupazioni… Ma a proposito del professor </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Gracco, lo sai che l’ho incrociato in campo Santa
Maria Formosa dieci minuti fa? </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – Chi? Suo padre? Oh cazzo… ma allora sta
venendo qui!</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">(si sente suonare il campanello)</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Padre di Claudia entra in casa: – E’ permesso? Scusate ma era
aperto e… (vede sua figlia avvolta nel lenzuolo e barcolla sorpreso) Claudia,
piccolina mia… ma che succede qui? Cosa fai lì tutta nuda e chi sono questi
signori?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>(serafica) –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ciao Papino! Lui è
Emanuele il mio compagno di stanza e la signora è sua madre.</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Padre di Claudia (con tono alterato): Come sarebbe
che quel tizio in mutande è il tuo compagno di stanza? Ma non mi avevi detto
che abitavi con una certa Emanuela?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla.–<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Avrai
capito male…</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Madre di Emanuele (sorridendo) : Caro professor
Gracco, ma che piacere rivederla! Sono la signora Graziottin. Lei tre anni fa
ha operato mio marito di by– pass coronarico, si ricorda?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Padre di Claudia – (le stringe la mano con un cenno
di baciamano) Ma certo,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>signora, mi
ricordo benissimo di suo marito, ma soprattutto di lei. Mi scuserà però se
prima ho bisogno di capire da mia figlia che sta succedendo. Le dispiace se le
parlo in privato? ( si apparta con la figlia per non farsi sentire)</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Madre di Emanuele –<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Ma certo professore, faccia pure… io l’ho appena fatto con il mio </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Emanuele.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Padre di Claudia :</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px;">–</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> Claudia, ma chi è questo ragazzo.
Voi mica dirmi che ci stai assieme?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla – Oh si, papà… è un ragazzo dolcissimo, lo amo
alla follia. Ti prego, non mi rovinare tutto…</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Padre di Claudia: Ma se non so neanche chi è…</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla – Vuoi sapere della sua famiglia, vero? Sono i
Graziottin, quelli che producono vino e hanno vigneti e campagne vicino a
Ceggia e a Torre di Mosto. Sono pieni di soldi. Hanno anche la barca ormeggiata
vicino alla nostra.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Padre di Claudia : (interessato) Ah! Che barca è? Quanti metri? Vela o motore? Perché se sono dei camionisti </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">del mare…</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla–<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>E’ a
vela papà…stai tranquillo.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>E’ la<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>“Co rivo, rivo…” sai quell’Alpa da regata di
nove metri?</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Padre di Claudia.</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px;">–</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> Ah! quella… è abbastanza carina
direi, anche se ho notato che per entrare in darsena arrivano con le vele giù
da almeno mezzo miglio e manovrano con il motore diesel ausiliario, che fa
tanto gente abituata al trattore. Però per essere di campagna ammetto che in mare
aperto la portano abbastanza bene. Quest’estate l’ho vista in regata con lo
spinnaker su e teneva il vento come si deve. Chi la porta? Suo padre?</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: left;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>No…
Emanuele. E’ bravissimo al timone, sai? Potremmo farlo uscire con noi qualche
volta, così finalmente hai chi ti dà una mano con le manovre.</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Padre di Claudia : beh…adesso non correre. Comunque,
sei fortunata perché tuo padre è un uomo di mondo ed molto più moderno di
quanto lo credi. Quindi se vi volete bene seriamente e i suoi genitori sono
d’accordo, puoi continuare a rimanere qui con lui. Basta che studiate e non mi
date preoccupazioni…Però vorrei conoscere meglio Emanuele e i suoi genitori </span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">(si rivolge alla mamma di Emanuele) Signora
Graziottin, visto che tra i nostri ragazzi a quanto </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">pare è scoppiata una bella simpatia e che il suo
Emanuele è un bravo velista, che ne dice se domenica ci troviamo tutti sulla
mia barca e andiamo a mangiare il pesce in Istria? Così ci conosciamo meglio.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Madre di Emanuele: . Oh! Sarebbe bellissimo. Grazie
professore, verremo di sicuro.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Padre di Claudia : Bene ci conto! Io ora devo
tornare verso Oderzo. Visto che sono sulla strada, cara signora, se lei ha
piacere di un passaggio fino a Motta, ci possiamo mettere d’accordo per
domenica prossima in macchina… quando vuole uscire sono pronto</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Madre di Emanuele: Perché no? La corriera è così
lunga. Beh… allora noi andiamo. Ragazzi, mi </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">raccomando, vi lasciamo soli, ma fate i bravi e
studiate, eh?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Emanuele e Claudia (all’unisono): sì, faremo i bravi
bambini…non temete. Ciao ciao.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Appena i genitori escono Emanuele si rivolge a
Claudia</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>A
proposito di bambini… sono un po’ preoccupato.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla – Perché amore? E’ andata benissimo con i nostri
genitori, non ti pare?</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA (titubante per l’imbarazzo)– Sì, ma non è per
quello… il fatto è che quando mia madre ci ha sorpresi ero quasi sul punto di
non ritorno e per lo spavento… beh, insomma….non vorrei aver combinato un
guaio.</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; text-align: left;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>(sorridendo amorevolmente)–<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Stai
tranquillo amore… so calcolare bene le mie cose e non sono nei giorni fertili,
altrimenti ti avrei chiesto di mettere il preservativo. Stai tranquillo che non
mi hai messa incinta.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">La scena si rabbuia e quando si riaccende<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>si vede Claudia con il vecchio grembiule di
Roberto che sta apparecchiando la tavola e si sente lo strillo di un neonato
che piange</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla – Emanuele, amoreee…. Vai a cambiare Matteo che
dev’essere pieno.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – Si, va bene, ma devo ancora finire di vestirmi
e tra poco gli ospiti sono qui</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">(entra in scena dopo qualche tempo mentre Claudia
finisce di apparecchiare la tavola per quattro)</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – Ecco fatto! Si era smerdato sino al collo… ma
è normale che a cinque mesi caghi così <o:p></o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px;">tanto?</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla – (con aria di compatimento) Povero amore quanto
hai sofferto! Comunque, lo sai che sono curiosa di conoscere finalmente questo
Roberto? Sono contenta che tu lo abbia fatto venire a cena per vedere il
bambino. In fondo un pochino è anche merito suo se ci siamo incontrati, no?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – Più o meno…io invece sono curioso di conoscere
questo suo nuovo grande amore che gli ha fatto mettere la testa a posto dopo
quella storia tragicomica con la Patrizia.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla – Già! Ma come è stato che poi ha scoperto che
era incinta di un altro? Non me l’hai mica detto…</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – Oh! Glielo ha confessato lei. Oltre che con
lui e Fabianino stava con uno studente di architettura, un tizio di Treviso anche piuttosto danaroso, che da quello che so poi se l’è pure sposata. Quando
è successo il fatto lei in realtà era quasi al terzo mese di gravidanza. Si
cominciava quasi a vedere la pancia. Magari a Roberto qualche sospetto gli
sarebbe venuto, no?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla – E il povero Fabianino?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – Più visto…sarà entrato in seminario.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla– E di questa nuova fiamma di Roberto non sai
proprio nulla?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – No, ma già me la vedo…sarà di sicuro la solita bellona
da materasso di quelle che piacciono a lui. </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Scommettiamo sulla donna da Carosello tutta tette,
culo e niente cervello?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Cla– La vedremo, poi ti dico che ne penso.
Piuttosto, a che ora gli hai detto di venire?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. - </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">sulle otto e mezza…(guarda l’orologio)
quindi</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; mso-spacerun: yes;"> </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">dovrebbero essere…(suona il
campanello ed Emanuele fa l’aria di quello piacevolmente stupito) Ah! Però! E’
proprio vero che è cambiato…è puntualissimo.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">(si sente bussare alla porta, e poi la voce di
Roberto) possiamo entrare? </span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – Avanti… è aperto.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Entrano Roberto e Fabianino abbracciati come
fidanzatini e con un pacchettino di paste in mano<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Rob:- Ragazzi... abbiamo portato le frittole….</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Emanuele e Claudia (sbalorditi), all’unisono “Oh
cazzo!…Noooo!.”</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">(si<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>spengono
le<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>luci mentre si<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>sente Roberto che<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>dice<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>“<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Te<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>l’avevo detto,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Fabianino, che </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">preferivano i galani…)</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><o:p> </o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><b>FINE</b><o:p></o:p></span></p>Carlo Volebele Vayhttp://www.blogger.com/profile/14678576870905270096noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5772457176063942058.post-47727944000925234392022-03-16T00:21:00.000-07:002022-03-16T00:21:36.845-07:00L'appartamento veneziano al Ponte Tetta (farsa teatrale in un atto per Carnevale - scene terza e quarta)<p> (segue...)</p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><b>Scena terza</b></p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><b><br /></b></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">La luce si riaccende sulla stanza ormai vuota perché i quattro ragazzi sono andati in pizzeria e dopo
un rumore di chiavi entrano due signore.</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">La signora Giustinian </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px;">–</span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"> Ecco qui l’appartamento di
suo figlio Emanuele… come vede,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>è
arredato di tutto punto e c’è tutto quel che serve….(fa una smorfia di
disappunto) anche se ora noto un certo disordine, ma d’altronde a quell’età
sono ragazzi esuberanti, si sa…</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">La mamma di Emanuele, la signora Agnese: </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px;">– </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Già! Vedo
che non hanno nemmeno sparecchiato… Comunque, sono venuta qui apposta da Motta
di Livenza per mettere un po’ d’ordine e pulire, così i ragazzi quando
ritornano da lezione troveranno la casa a posto. Che se non ci pensiamo noi
mamme… Grazie cara signora, lei è stata gentilissima…</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Giustinian –<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Ma si figuri… sono mamma anch’io e la capisco benissimo. Questi nostri
figli sono sempre un po’ bambini e bisogna tenerli sotto controllo proprio
quando iniziano a<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>sentirsi grandi. Ecco
qui ci sono le chiavi, così ne ha una copia anche lei per ogni evenienza e io sono
anche più tranquilla. Buonasera. (se ne esce)</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">La mamma di Emanuele. rimasta sola si rimbocca le
maniche e intona uno slogan da corteo studentesco: “ E’ ora.. E’ora… la mamma
che lavora.” . Si avvicina al tavolo e guarda la teglia con il pollo.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Mamma di Emanuele. – Oh! Ma guarda che bravi! Hanno
fatto il pollo ripieno… questo<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>però
dev’essere opera di quell’altro ragazzo, perché il mio Emanuele queste cose non
sa nemmeno da che parte iniziarle…<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Intinge il dito nel sugo e assaggia…</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Mamma di Emanuele. –… forse un po’ forte di sapore, ma è proprio
buono. Devo fargli i complimenti a questo Roberto e farmi dare la ricetta.
Strano che lo abbiano lasciato sul tavolo. Comunque, sarà meglio metterlo in
frigo, che magari per cena se lo riscaldano.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Le luci di scena si abbassano e la madre esce (dopo
un rumore di aspirapolvere ), poi quando si riaccendono ricompaiono Emanuele e
Roberto.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – (sbalordito) Oh mio dio! Il pollo era ancora
vivo…</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – Ma che cazzo dici? Se lo abbiamo cotto e
squartato…</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – Sarà, però se n’è andato via da solo e ha pure
sparecchiato la tavola.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – Hai ragione…E ha fatto anche dell’altro… sulla
fotografia incorniciata che ho messo sulla credenza ha lasciato un bigliettino
con su scritto: “carina, chi è?”</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – Oh Cazzo! La conosco: è la calligrafia di mia
madre! Ti ho detto che quella donna sarebbe riuscita ad entrare…è peggio degli
incursori di marina. Allarme rosso! Abbiamo un’invasione! Ispezioniamo tutti i
locali…</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Stai
calmo!<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>(si guarda in giro) Magari si è
limitata solo a… oh cazzo! Non si è affatto limitata…(corre di colpo in camera
sua e si sentono imprecazioni e tonfi poi rientra con l’aria furibonda) Lo sai
che ha fatto tua madre? Mi ha buttato tutti i Playboy originali americani in
spazzatura e mi ha messo sul comodino un foglietto con scritto “Studiare!
Niente donnine…”. Poi mi ha fatto sparire dall’armadietto del bagno tutte le
confezioni di preservativi e ha lasciato al loro posto la scritta “Sesto
comandamento: non fornicare” e nell’armadietto dei liquori al posto delle
bottiglie ho trovato questa: (mostra una classica bandiera pirata con le tibie
e i teschi incrociati),.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>–<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Scusa,<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>sono<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>senza<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>parole…<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>probabilmente pensava<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>che<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>fosse<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>tutta<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>roba<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>mia.<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Ti ricompero tutto…<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – Ma no… figurati… mi secca solo che sia entrata
a curiosare in casa. Le hai dato tu la chiave?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – Ovviamente no. L’avrà chiesta alla padrona di
casa, che sarà stata ben felice di dargliela. </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Visto che è sempre lì a controllarci non le sarà
sembrato vero che qualcuna lo facesse per lei</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob–<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Quindi
è inutile cambiare la serratura perché tanto la Giustinian le ridarebbe subito
la nuova chiave.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – Temo di sì. Comunque le parlerò e spero di
convincerla a smetterla. Piuttosto… ma chi è </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">la ragazza che hai messo nella cornice?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob– E che ne so? L’ho trovata su una rivista. La uso
per non insospettire Fabianino che così pensa che la mia donna sia un’ altra,
che non è la sua.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – Ah! Non mi avevi detto che la Patrizia stava
ancora con Fabianino. Avevo capito che ora stesse solo con te…ecco perché non
dovevo dire che tu e lei… ma da quant’è che quei due stanno assieme?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – circa un anno…ma è solo per via della famiglia
della Putty. Lui è figlio di un sottosegretario democristiano molto influente e i genitori di
lei, che hanno una piccola impresa edile sperano nel matrimonio della figlia
con un buon partito.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – Ma lui non se ne accorge che lei viene a letto
con te?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob– Figurati… a quello potrebbe passare vicino un
leone e nemmeno se ne accorgerebbe. </span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – Ma tu non sei geloso di avere la tua
donna in condominio?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – No perché ci sta assieme per modo di dire…
Patrizia gli ha detto che vuole fargli il dono di arrivare vergine al
matrimonio e lui che è un tipino religioso e remissivo, magari diventa cieco,
ma aspetta buono e tranquillo…e intanto io gliel'addestro per bene, sono praticamente il personal trainer della sua ragazza in quel campo e quando sarà il suo momento lui potrà solo ringraziarmi.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">EMA – Quindi come ricompensa avrà un gran bel regalo
di nozze (ridacchia)… hai ragione a </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">chiamarla Putty.</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>–<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>(severo)<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Sì,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>ma<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>ti<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>ricordo che<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>solo<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>io<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>posso<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>chiamarla così,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>tu<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>non<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>ti<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>permettere. Comunque, mettiti il cuore in
pace, che questa settimana Patrizia è venuta con Fabianino perché mi ha detto che stava
finendo le mestruazioni, ma venerdì viene di nuovo a pranzo qui da sola, quindi dopo il caffè tu
trovi una scusa e te ne vai. Chiaro?</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – (sull’attenti come un soldato) Sissignore!
Forte e chiaro.</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob - Bene e ricordati del segnale:<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>se vedi il vaso di gerani sulla finestra del
bagno, puoi salire, altrimenti te ne resti a spasso e vai a giocare a flipper al bar in campo, magari avendo fatto scorta di monete, visto come giochi .</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – (annuisce) – Sarà fatto…<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>–<span style="mso-spacerun: yes;"> Bravo! così ti voglio: uso obbedir tacendo e tacendo... andar fuori dai marroni.</span></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><span style="mso-spacerun: yes;"><br /></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Scena quarta</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></b></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">I tre ragazzi sono a tavola e stanno sorbendo il
caffè. Mentre Patrizia è distratta, Roberto fa segno con le mani ad<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Emanuele di togliere il disturbo. Emanuele si
gira a guardare verso la finestra con aria sconsolata. In quel momento si ode
un forte tuono e il suono della pioggia battente…</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px;"> </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px;">–</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px;"> </span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Beh… quasi, quasi, visto che abbiamo finito il pranzo, ora andrei a fare due passi…
ho bisogno di un po’ di aria fresca per </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">digerire.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Patrizia (sconcertata) – ma… Emanuele… ti bagnerai tutto, sta
diluviando.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. (si alza ) ma no….non preoccuparti, ho
l’impermeabile. E poi mi piace il clima di tempesta. Il vento in faccia mi
tonifica. E’ fortificante. Anzi, prendo anche la macchina fotografica, che se
ho fortuna scatto delle foto di Piazza san Marco con la grandine. Sarebbero
così insolite…</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ottima
idea, magari hai una botta di culo e c’è anche l’acqua alta…a dopo allora,
buona passeggiata e buon safari fotografico…</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Emanuele prende l’ombrello, la macchina ed esce di
casa. Roberto e Patrizia, si abbracciano e si dirigono verso il letto (che è
fuori scena, come fosse in un’altra stanza) Ricompare Roberto già in mutande e
canottiera che<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>dopo aver tolto il vaso
di gerani dal balcone del bagno lo posa sul pavimento</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">La scena si fa buia e si illumina nuovamente poco
dopo con la mamma di Emanuele che entra furtiva con l’ombrello gocciolante. La
Mamma di E. guarda i piatti ancora sul tavolo.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Mamma di E. </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px;"> </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px;">–</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px;"> </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Ecco! Lo sapevo! Tanto per cambiare hanno pranzato e
se ne sono andati a lezione senza sparecchiare. Meno male che ci sono le mamme
a pensarci (inizia ad impilare piatti e forchette, poi lo sguardo le cade sul
vaso di gerani sul pavimento. Posa di nuovo tutto sul tavolo e congiunge le
mani in preghiera)</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; mso-spacerun: yes;"> </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Madre santissima! Che
devo vedere…</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; mso-spacerun: yes;"> </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">ma guarda tu, quella povera
pianta quanto è secca e poi perché la tengono sul pavimento? Roba da
matti…comunque, gliela rimetto sul balcone del bagno che almeno prende un po’
di pioggia. (esegue, poi rientra in salotto rimboccandosi le maniche) Su! Dai!
Forza e coraggio… iniziamo a pulire questo covo di sfaticati… anzi iniziamo
dalla loro camera che sono sicura che non si sono nemmeno rifatti il letto….</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Entra decisa nella camera da letto e si sentono gli
strilli di terrore di Roberto e Patrizia, poi la madre di Emanuele fugge fuori
di casa imbarazzatissima “ Ragazzi scusate…non volevo… …è stato uno sbaglio…
scusatemi tantissimo” appena esce di casa compaiono sulla soglia della camera
Roberto e Patrizia (visibilmente scossa)</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Pat – Ma chi era quella pazza? Cosa voleva?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – Era la madre di Emanuele, ecco chi era.. e
voleva solo curiosare, la maledetta impicciona. </span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Pat– Oh mio dio! Quindi ora mio
padre lo saprà…<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px;"> </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px;">–</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px;"> </span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Ma no! Non sa nemmeno come ti chiami. Come
farebbe a dirlo a tuo padre? E poi la </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">figuraccia la farebbe lei che s’introduce nelle case
altrui come una ladra</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Pat–<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Sì,
forse, ma mio padre spaccherebbe lo stesso le ossa a me, se lo sapesse e la mamma di Emanuele potrebbe farselo dire dal figlio. E, comunque, io qui
non ci </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">vengo più…</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Rob (sorpreso) –</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; mso-spacerun: yes;">
</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Ma come non ci vieni più, amore? E’ il nostro nido delle coccole…lo vuoi
abbandonare?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Pat–</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; mso-spacerun: yes;">
</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">(piagnucolando) Non me ne importa niente! Non posso fare l’amore con il
terrore che sul più bello arrivi di nuovo quella matta. Mi sono vergognata come
una ladra che mi abbia vista a letto con te (si soffia il naso).</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Rob–</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt; mso-spacerun: yes;"> </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Ma no!
Era buio, cosa vuoi che abbia visto… e poi (con il tono da seduttore).. micina </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">mia…ma davvero non vuoi più fare l’amore con il tuo
Roby?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">P – (asciugandosi una lacrimuccia) Sì che lo voglio,
ma allora prendi una stanza da un’affittacamere o in una pensione. Mi sta bene
anche un letto sfasciato, con i pidocchi e che cigola, ma qui mai più.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob. –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Dai
micettina… su… vedrò di farmi ridare le chiavi o cambio la serratura, così il
problema il tuo Roby te lo risolve subito. Va meglio così? (lei annuisce)
Dai…vieni qui e dammi un bacetto come prima, che tanto per oggi quella non
torna più</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Patrizia lo abbraccia lo bacia e i due rientrano in
stanza . Proprio in quell’istante si apre la porta </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">ed entrano Emanuele e Fabianino</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – Robertoooo … sono qui con Fabianino, è venuto
a riprendere la sua dispensa…</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob (dalla stanza) – oh caz… ehm…. sì … va bene… ce
l’ho in camera da letto, mi sto vestendo… offrigli una birra che arrivo.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Non
abbiamo birra in casa…</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – Vabbè, offrigli del vino….</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – Lo hai finito…</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – Ma che caz... allora andate giù e vi raggiungo al bar in
calle…</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – Fabianino dice che non ha voglia di nulla.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob –<span style="mso-spacerun: yes;"> E ti pareva? Comunque n</span>on
importa, portalo lo stesso al bar che io ho voglia di uno spritz</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Va
bene. Ma fai presto che Fabianino deve tornare a Conegliano</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">(I due escono chiudendo la porta e subito dopo si
riaffacciano alla stanza Roberto e Patrizia)</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Pat<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>(agitatissima) – Ci mancava anche Fabianino adesso…Io qui non ci torno
più…neanche morta mi ci rivedi.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – Si vabbè, ne riparliamo dopo, micettina, ora
scappa che la via è libera. </span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Pat – Sono sicura che non li incontro per le scale?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – Ma sì certo, sono al bar, basta che fai il
ponte delle tette invece di passare per la calle…. Vai tranquilla…</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">(si sente aprire la serratura della porta. Patrizia
corre a nascondersi sotto il tavolo. Rientrano in casa </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Emanuele e Fabianino)</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Il bar
in calle era chiuso per turno</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob .(impreca sottovoce) </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px;"> </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px;">–</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px;"> </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Allora portalo in campo San
Giovanni e Paolo, ci sono tre locali lì, almeno uno stracazzo fottuto di bar su
tre sarà anche aperto, no?</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;"> </span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Fabianino: </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px;"> </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px;">–</span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 16px;"> </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">Scusa Roby se dico la mia… ma io vorrei
solo riavere la mia dispensa, non ho voglia di prendere qualcosa al bar. Perché
devo andare per forza al bar?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>(Lo
spinge verso l’uscita con l’aria severa) Non ti ci mettere anche tu, oggi, che
non è giornata! Emanuele ed io abbiamo voglia di uno spritz. E’ vero Emanuele
che anche tu ne hai voglia? Dai, usciamo che sono pronto….al ritorno ti do la
dispensa.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Passando a fianco di Emanuele gli bisbiglia
“Stronzo! Guarda i segnali la prossima volta”<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Emanuele allarga le braccia perplesso “ Ma se c’era
il vaso sul balcone…”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Appena tutti sono usciti, Patrizia esce da sotto il
tavolo e dopo aver fatto il gesto dell’ombrello all’appartamento come a dire
che non ci verrà mai più, se ne va anche lei.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">(segue...)</span></p>Carlo Volebele Vayhttp://www.blogger.com/profile/14678576870905270096noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5772457176063942058.post-86570433357465706792022-03-15T03:38:00.011-07:002022-03-15T07:54:47.567-07:00L'appartamento veneziano al Ponte Tetta (farsa teatrale in un atto per Carnevale - scene prima e seconda)<p> </p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><b>L’appartamento veneziano al Ponte Tetta</b><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Farsa in un atto di Carlo Volebele Vay<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><b>Personaggi:</b><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Emanuele: studente un po’ secchione di Filosofia,
timido e impacciato quanto basta (soprattutto nei rapporti con le ragazze),
proveniente dalla provincia (Motta di Livenza) e afflitto da una madre bigotta,
oppressiva e invadente, oltre che, in seguito, dal suo compagno di stanza.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Roberto:<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Compagno<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>di<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>stanza<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>un<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>po’<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>fricchettone<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>di<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Emanuele.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Uno<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>studente fancazzista e praticamente fuoricorso di Economia e donnaiolo
tanto disinvolto quanto piacione. Un rodomonte parolaio pronto solo a sfruttare
la disponibilità di Emanuele.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Patrizia detta Patty: la donna di Roberto ma anche
di Fabianino, una civettina piuttosto chiacchierata e disinvolta.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Claudia:<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>la<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>nuova<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>inquilina<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>timida<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>e<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>apparentemente<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>dimessa<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>di<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>cui<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Emanuele </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">s’innamorerà </span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">La signora Agnese, vedova e madre di Emanuele,
ansiosa ed invadente<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Il professor Gracco, ricchissimo primario chirurgo e
padre di Claudia<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Fabianino: un amico timido e taciturno di Roberto,
cornificato di nascosto da Patrizia<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">La signora Giustinian: la proprietaria
dell’appartamento</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Scena
prima<o:p></o:p></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">La scena si svolge
nell’appartamento che Roberto, perennemente in bolletta, ha preso in affitto
sulla fondamenta del Ponte Tetta e che sta cercando di dividere con Emanuele.
Roberto sta lavando dei piatti con addosso uno di quei grembiulini volgarotti che
si vendono nelle bancarelle con la riproduzione del David e gli attributi
maschili ben in vista quando suona il campanello.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Roberto guarda l’orologio poi si rivolge al
pubblico con aria complice:<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – Oh… ma che bravo! Deve essere arrivato il
pollastrone. Devo dire che sarà anche imbranato, ma però è puntuale, anzi, è
perfino in anticipo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">(va ad aprire la porta e accoglie con cordialità
esagerata Emanuele che entra con dei valigioni pesanti e l’aria circospetta.)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Eccoti
qua!<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Io sono Roberto e tu sei Emanuele,
giusto?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – (ansante) dopo tre piani di scale con le
valigie devo pensarci… comunque credo di sì.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – Benissimo, benvenuto a bordo, caro Emanuele.
Vuoi vedere la casa? Dai vieni…<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA (si guarda attorno spaesato) – Beh… sì, aspetta
solo che posi i bagagli.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – Guarda che scherzavo! C’è poco da vedere, la
casa è tutta qui, ti mancano solo il cesso e </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">l’armadietto delle scope. Se vuoi…</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>no… no,
grazie. Va benissimo così. (continua a guardarsi attorno)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – Benone, vedrai
che ci starai benissimo perché è parva sed apta mihi. Dite così voi di Lettere,
vero? Comunque quello lì è il tuo letto, che è anche vicino al termosifone e
non dirmi che non sono gentile perché ti ho lasciato il posto migliore qui in
salotto, che hai anche la televisione. Il mio invece è nell’altra stanza. Ti ho
anche messo a disposizione due ante dell’armadio e in bagno ti ho dato il
bicchiere per lo spazzolino in vetro blu, che sarà scheggiato, ma è di Carlo
Moretti, mica balle... In quanto al prezzo, come ti ho detto, sono duecentomila
mensili a testa, più il condominio. Per le bollette faremo a metà, così come
per le spese alimentari e tutto il resto. Le pulizie in casa, invece, le farà
chi ha voglia, cioè tu… (risatina ambigua) Ovviamente scherzo!<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Se ti va bene, sai cucinare e ti lavi i piedi
prima di dormire, sei arruolato, altrimenti è stato bello conoscerti…<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – A parte che
studio Filosofia e il prezzo è un po’ caro, è ovvio che accetto anche perché è
già tanto che sia riuscito a trovare un appartamento per studenti qui a Venezia
e poi se sono arrivato fin quassù con quelle valigie di piombo, è chiaro che
intendo restare, perché non le riporterei giù per le scale per nessun motivo.
In quanto al lavaggio dei piedi e alla cucina, puoi stare tranquillo. Inoltre,
se ti può rassicurare ulteriormente su chi ti metti in casa non russo, alzo
l’asse, lavo la vasca da bagno dopo la doccia e ovviamente spero lo stesso di
te. Piuttosto, hai un telefono?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob– (glielo indica) devi chiamare la ragazza?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – No, mia madre… si è raccomandata che
l’avvisassi appena ero arrivato.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob.– Oh! Ma che ragazzo premuroso! Faresti la gioia
di ogni mamma. Di dove mi hai detto che sei? <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – Di Motta di Livenza<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – Ah! Quindi sei uno sculassavacche trevigiano
di campagna… (ride e dà una pacca sulla spalla a Emanuele che lo guarda offeso).
Naturalmente scherzavo di nuovo! Comunque guarda che chiamando in teleselezione
devi essere breve, che sennò la bolletta schizza, mi raccomando…<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Emanuele compone il numero (voce della mamma fuori
campo.)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ciao
mamma, volevo dirti che sono arrivato…si…. ti sto chiamando dal salotto. Lo so
che stavi in pena. Com’è la casa? Boh, va bene. E’ quello che aspettavo (guarda
verso Roberto) …più o meno.(Roberto gli fa un gestaccio con il dito medio
alzato e lui sorride) Vuoi sapere per il bonifico? la padrona di casa si chiama
Giustinian e abita al piano nobile sopra di noi. Il palazzo è tutto suo e il
telefono è… aspetta un attimo (tira fuori un foglietto dalla tasca) 0415427930.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">(pausa perché la madre gli sta parlando a lungo di
cose che non condivide)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA –<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>(sbuffando irritato) –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>No mamma,
dai…non ritorniamo ancora sulla cosa. La casa a Venezia era necessaria. Non è
che posso andare a lezione da Motta<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>tutti i giorni con la corriera che ci mette due ore e in ogni caso ti ho
garantito che studierò. Non ho altro da fare che quello e poi Venezia non offre
molto svago per un giovane. Non ci sono neanche le discoteche… Sì, stai sicura
che studio<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>e che non ci sono pericoli.
Non frequenterò brutte compagnie e non farò le ore piccole. Contenta?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>(fa
gesti verso Roberto come a dire “ma che palle!) sì mamma, lo ricordo quello che
mi ha raccomandato Don Fabio prima di partire, non temere…non farò nessuna vita
dissoluta e non cadrò in tentazione anche se l’università, come pensi tu, è
piena di ragazze seduttrici che aspettano solo me, va bene? (altra pausa)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA –<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>(dapprima sorpreso, poi imbarazzato) – Perché vuoi l’indirizzo? No… non
c’è bisogno che ti scomodi a venire. La casa è perfettamente in ordine e c’è
tutto, non mi sono dimenticato nulla. Ah! Vuoi conoscere la padrona di casa?
Beh…l’indirizzo è Castello 3563 e risparmiami la battuta su quanti castelli
avete a Venezia. E’ un sestiere<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">(si sente uno strillo nel telefono e Emanuele stacca
l’orecchio dalla cornetta)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. –<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>(imbarazzato) mammaaaa…lo so che non sei stupida… stavo scherzando. Ah!
Vuoi sapere come si chiama la calle…non saprei… la calle….hai presente quella
che porta all’ospedale da Santa Maria Formosa? La fai tutta e appena arrivi
sulla fondamenta invece di fare il ponte davanti a te vai verso sinistra. Il
nostro è il portone verde scuro.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">(pausa. Si percepisce una voce concitata al
telefono)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. Mamma, non lo so se la nostra calle ha un nome.
E’ una fondamenta corta, più che una calle vera e propria…<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – (strappa il telefono di mano a Emanuele) Scusi
signora, ma glielo dico io, che altrimenti mi sale la bolletta. Calle tetta,
suo figlio da oggi abita in calle tetta, nella casa affacciata sull’omonimo
ponte…. si… proprio così, ha capito bene…le tette! Anzi, no…perché prima che lo
cerchi su qualche mappa, il ponte delle tette è a San Polo, ma qui in Calle
longa Santa Maria Formosa siamo al ponte tetta, quindi una sola. Lo so che di
solito vanno in coppia…ma sa, siamo studenti e dobbiamo accontentarci.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">No signora, non c’è
alcun meretricio qui.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Il nome deriva
dalle cortigiane che stavano alla finestra con la mercanzia esposta per
ringalluzzire i veneziani, ma qui in casa non ne abbiamo bisogno. Giusto? No..
vedo che non ha capito….in questo momento non c’è nessuno con le tette alla
finestra, stia tranquilla. Ah! Chi sono io? Sono Roberto il compagno di stanza
di suo figlio, piacere di conoscerla. Lei è simpaticissima….Siiii? bene… glielo
ripasso, anzi no…. mi scusi ma ho il telefono in duplex e mi stanno bussando
per avere la linea. Ci sentiamo un altro momento. Buonasera.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob (riaggancia guardando soddisfatto Emanuele,
accasciato sulla poltrona). Ecco fatto! Risolto il problema della mamma
impicciona…era così difficile dirle dove abitavi? Ma perché fai quella faccia?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – Perché tu hai
scatenato senza saperlo le forze dell’inferno. Non sai di che è capace quella
donna. Ora non si metterà il cuore in pace sino a che non metterà il naso qui
dentro. E poi mi hai rovinato perché per convincerla a farmi stare a Venezia le
avevo detto che prendevo la casa assieme al figlio di un commercialista di San
Donà che lei conosce e che è uno sfigato nato vecchio e pronto per entrare in
seminario. Invece ora sa che le ho mentito.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob–<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>perché?
Per tua fortuna sono anche io figlio di un commercialista, quindi dove sta ilproblema?
Mica le hai mentito…<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. Non te la cavi così… quella arriverà qui,
garantito…<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob–<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ma va! Non essere ansioso, vedrai che non
arriva e se anche dovesse farlo l’aspetteremo a piè fermo… (pausa) piuttosto,
per prepararci all’evenienza, perché appena ti sei sistemato le tue robe non
vai giù in calle a comperare qualcosa per cena, che per combinazione ho la
dispensa vuota, e magari qualche bottiglia di liquore? Così magari ci
rincuoriamo… Ah! Già che ci sei, se prendi le sigarette per te, prendimi anche
delle Marlboro che intanto io finisco di lavare i piatti…<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. Non fumo e non amo i liquori, comunque se
proprio servono…<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob– Certo che servono… a proposito: non fumi e non
bevi, ma ce l’hai la ragazza, vero?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">(Emanuele inizia a disfare le valigie)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. No… cioè non ancora…ho avuto qualche storiella,
ma roba di poco conto. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – livello bacetti? Toccatina di tette al cinema
e stop?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA (imbarazzato) – beh no, di più… cioè… si, più o
meno siamo lì….<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ho
capito, sei ancora vergine… hai già studiato Epicuro? <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. Certo… è Storia della filosofia greca, roba del
primo anno. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – Non si direbbe, ma rimedieremo… Cartesio l’hai
studiato? <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Non
ancora…<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – Bene! Dammi qualche settimana di tempo e ti
condurrò al capitolo del “Coito ergo sum”<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – (Per contrattaccare guarda il grembiule di
Roberto indicandogli gli attributi ben in vista)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">D’accordo! Sarò lieto di avere ripetizioni da tanta
fonte di sapere. In ogni caso, complimenti per il tuo grembiule… si vede che
fai economia. Come dite voi markettari? La pubblicità è l’anima del commercio,
vero?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">(Rob – guarda soddisfatto il disegno del pene sul
grembiule)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob–<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Infatti,
noi che facciamo marketing, invece di perdere tempo a girare nudi dentro a una
botte e con la lanterna per cercare l’uomo, come il vostro Diogene, commerciamo
parecchio… con le donne, però…<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">(Rob fa una pausa, come colto da un pensiero
improvviso….)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – Comunque volevo dirti una cosa importante…
ogni tanto, all’ora di pranzo, viene qui a trovarmi la Putty…<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – (sorpreso) La Putty?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob– Si, Patrizia, la mia ragazza….<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. Scusa, ma il diminutivo di Patrizia, non
dovrebbe essere Patty?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob (ammiccando complice) Fidati… fidati… comunque,
il fatto è che quando viene lei tu devi andare a spasso senza fare storie. E’
un po’ come il last In, first out che studiamo in economia.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Lei “in” tu “out” insomma…<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. – Aspetta un attimo, amico.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Fammi capire… ma se questa Patrizia viene
all’ora di pranzo oltre alla rottura di balle di stare “out” da casa vuol dire
che devo anche rimanere digiuno? Non puoi farla venire di pomeriggio?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – No, perché lei
esce da Cà Foscari a mezzogiorno e resta qui con la scusa di andare in
biblioteca, ma poi a metà pomeriggio deve ritornare a Conegliano con il treno,
che se no i genitori la sgamano e s’incazzano.. Comunque, se proprio muori di
fame,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>puoi anche fermarti a mangiare con
noi, ma subito dopo dovrai andare a passeggio. Sarebbe un po’ imbarazzante
averti qui, non trovi?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Non ne
dubito, ma quanto dovrei stare fuori?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob– (indica il pene sul grembiule) Tre o quattro
ore almeno…<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA– (ridacchia rivolto al pubblico) Avrei detto
quattro o cinque minuti…<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – Comunque, se devi andare al cinema o consumare
qualcosa al bar, portami gli scontrini che ti rimborso a piè di lista. Ti
avviso solo che, siccome ci ho litigato con quello che era qui prima di te, non
ti pagherò le partite a flipper che non sono documentabili e anche perché non
so come giochi. In ogni caso prima di tornare a casa, devi guardare dal ponte
se c’è il segnale di via libera.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA –<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Sarebbe?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>il vaso di gerani sul balcone del bagno. Se
lo vedi puoi salire, altrimenti, se non c’è, vai ancora a spasso. Poi c’è
un’altra cosa che devo dirti… Patrizia non ha piacere che i miei amici sappiano
che andiamo a letto assieme, quindi tu non ne sai nulla e per te è ancora casta
e pura come Maria Goretti, chiaro?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Scusa,
ma non la chiami Putty?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – Sì, ma vale solo per me. Con gli altri è molto
timida e pudica, quindi niente battute o allusioni sul nostro rapporto. Capito?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA.– Forte e chiaro…c’è altro che devo sapere?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob –<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Certo…
siccome comprendo il tuo disagio, nei giorni in cui verrà Patrizia, sei
esentato dal cucinare.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – (platealmente) – ma vaffanculo, va…<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><br /></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><o:p> </o:p></span><b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Scena
seconda</span></b></p>
<p class="MsoNormal"><br /></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">La scena
si svolge qualche
settimana dopo. Emanuele,
vestito come una
casalinga, sta passando
l’aspirapolvere mentre Roberto esce dal bagno in accappatoio e spruzzandosi
profumo, poi si siede sul bordo del letto a tagliarsi le unghie dei piedi.
Emanuele guarda l’orologio poi si rivolge al pubblico con aria infastidita:<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. – eccolo lì, il signorino, avvolto nella sua
nuvola di borotalco!. Sono le undici, e come tutti i giorni lui si è alzato
alle dieci, è stato un’ora in bagno a farsi bello, mentre io studiavo, facevo
la spesa e le pulizie e tra poco mi chiederà pure la colazione. Garantito.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – Ciao… per caso hai fatto del caffè?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – (sbuffando) 041 52913723.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – (sorpreso) ti ho chiesto del caffè, perché mi
rispondi con un numero di telefono?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – E’ il numero del bar in calle. Telefona e il
garzone te lo porta. Anzi, già che ci sei, ordina </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">anche delle brioches per me.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob– Oh!
Siamo nervosetti questa mattina… cos’è? Hai l’appello in settimana e ti sei
accorto </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">che ti mancano quattro capitoli e una dispensa?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – No, lo
sono perché qui in casa faccio sempre tutto io e tu invece…<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – Hai la sindrome del cenerentolo? Guarda che
non sei mica obbligato a fare le pulizie tutti i </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">santi giorni. Una volta alla settimana va benissimo.
E poi è colpa tua…</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – (si ferma ad osservarlo con aria minacciosa)
Pure? Perché sarebbe colpa mia?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – Perché quando
ti fai vedere più bravo degli altri a fare una cosa è ovvio che poi gli altri
quella cosa la faranno fare sempre a te. Ragazzo ingenuo… dovrebbero insegnarvi
queste cose pratiche a filosofia, altro che smarronarvi con Platone e
Aristotele.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA– . (plateale) Ma vaffa…<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – Comunque, hai pensato cosa preparare per
pranzo, che oggi abbiamo ospiti Patrizia e un suo amico?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. – No, ma
pensavo a una pastasciutta pomodoro e basilico o magari con il pesto.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob (allarga
le braccia per lo
sconforto)– Che palle, però!
Ma tu non
sai fare altro
che pastasciutte?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. (con le mani sui fianchi e seccato) Ohi bello!
Ho fatto il classico io, mica vengo dalla scuola alberghiera. Comunque, è solo
grazie a me se qui non si va avanti a panini, quindi magna e tasi…<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob– (Guarda
l’orologio) vabbè, dai… faccio un salto al mercato di Rialto e ti faccio vedere
cosa vuol dire cucinare, tanto quelli arrivano all’una e mezza e ho tutto il
tempo. Hai mica diecimila lire che ti crescono?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – (gli
porge di controvoglia la banconota) Pezzente! Quando tirerai fuori due lire di
tasca tua? O a filosofia mi devono insegnare anche a non far vedere agli
scrocconi che si ha il portafoglio pieno?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob –
(ridacchia dalla soglia di casa)Ti sei già risposto da solo… vedo che
fai progressi. Ciao<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">(la scena si oscura per far vedere che è trascorso
del tempo. Emanuele è al tavolo che studia, quando Roberto rientra con un
voluminoso sacco della spesa).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. – Beh?
Che hai comperato al mercato, grande mago dei fornelli? Non dirmi che hai
svaligiato un banchetto…<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob– Taci,
trevigiano miscredente e ammira!. (estrae trionfante dalla borsa una gallina
ancora con le piume)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – (inorridito) Ma cos’è? Sei diventato matto?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob– Strano,
tu che vivi in campagna la dovresti riconoscere. E’ una gallina padovana
ruspantissima, ottima per il brodo, ma anche per il forno. Siccome era ancora
da spiumare, il tizio del banchetto mi ha fatto un prezzo speciale..<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. –
Immagino, ti ha visto in faccia… comunque, non è che non conosco una
gallina, ma non sono affatto certo che tu la sappia cucinare. Come intendi
farla?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – Con
questa! (tira fuori una bottiglia di vino e la mostra ad Emanuele) Barolo Gaja
1974, mica cazzi! Che è quasi un
peccato usarlo per cucinare… comunque il pollo al barolo è una mia specialità
acclamata in tutta Ca’ Foscari.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – E quella da dove salta fuori? E’ una bottiglia
di prezzo. A chi l’hai fregata?…<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – Ti fai
sempre troppe domande. Alla fine diventi stressante…<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. – Non
sai ancora come sarà stressante avere la polizia per casa…<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – Non succederà, comunque ora lasciami lavorare
che devo preparare il pennuto: guanti di </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">gomma, grembiule e catino, please…</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">(si apparta dietro la quinta da cui fuoriescono dopo
un po’ delle piume e degli improperi)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – (che sta studiando, solleva la testa in
direzione di Roberto) Tutto bene laggiù? Chi sta vincendo?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob– Va tutto
bene, il problema è che bisognerebbe attendere qualche ora che il rigor mortis dilati
i pori del pennuto, così le piume vengono via meglio e poi si sa che la gallina
padovana è più coriacea di quella livornese. Comunque tra poco la metto nella
teglia con il vino e gli aromi…come estremo oltraggio le metto anche la carota
nel culo, così impara a resistere<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">(la scena si fa buia e quando si riaccendono le
luci i due stanno seduti a tavola studiando)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. (alza la testa dal libro annusando in giro) Lo
senti anche tu questo odore strano?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob. (annusa a sua volta) Tranquillo, è l’aroma tipico
del vino di gran corpo. Comunque ora lo spengo perché dovrebbe essere pronto e
tra poco sono qui gli ospiti. Anzi, prepariamo la tavola..<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">(eseguono e quindi suona il campanello: entrano
Patrizia e Fabianino, tenendosi per mano. Seguono presentazioni reciproche)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – (rivolto a Patrizia): così tu saresti la
ragazza di Roberto?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Pat: (stupita):No veramente io sto con lui (indica
Fabianino)… ma chi te l’ha detta questa sciocchezza che stiamo assieme? Te l’ha
detta Roberto?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">(Roberto sullo sfondo fa cenni disperati ad Emanuele
di dirle di no)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – Ah!
No… forse avevo
capito male. Non
è così? Beh…scusa,
era solo una
mia </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">supposizione stupida…se siete solo amici va bene lo
stesso. Mica ci toglie l’appetito. Giusto?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob, (presentandosi con il
piatto di portata) “Giusto! Anzi mettiamoci a tavola che altrimenti questa </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">meraviglia si raffredda. Così ci sfamiamo ed
Emanuele ha pure la bocca piena e non spara cazzate.</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Pat – (rivolta a Roberto)– Oh sì! Finalmente!… Ho
una fame! il profumo sembra ottimo. L’hai </span><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; font-size: 12pt;">cucinata tu questa meraviglia o il tuo amico?</span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – Ovviamente io, che sono un cuoco provetto.
Emanuele è fermo allo stadio della pastasciutta al pomodoro.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">(Mentre i due ospiti prendono posto a tavola Roberto tira a sé Emanuele e gli bisbiglia
“Coglione stavi per combinare un
disastro” Emanuele gli risponde
bisbigliando a sua
volta “scusa mi ero
dimenticato che non dovevo sapere…)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Emanuele taglia il pollo con il trinciapollo, mentre
Patrizia porge il suo piatto e Fabianino inizia a fare avidamente scarpetta con
il sugo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA. –
(appena tolta la carota e aperta la carcassa si ferma perplesso)
ma...hai messo dentro anche il ripieno?.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob – No...
perché?<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Pat – (Guarda sospettosa, poi strilla di orrore e si
alza di scatto) Oh mio dio! Non hai tolto le budella! Che schifooo… (Fabianino
sputa il boccone disgustato).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Rob –
(Imbarazzato): Non capisco come mai… l’ho fatto altre volte e non
c’erano.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">EMA – Forse perché te le toglieva il macellaio e
invece qui dovevi toglierle tu? Coglione!<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">Pat – Comunque sia, andiamo via da questo schifo che
mi viene male solo a guardarlo. C’è una pizzeria qui vicino, almeno mangeremo
qualcosa di decente. E questa volta paga Roberto…<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">(escono tutti, mentre Roberto sussurra ad Emanuele
se ha per caso dei soldi in portafoglio da imprestargli e si oscura la scena)<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;">(segue...)</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><br /></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhgVZ074axhZA_cnU736fk1VsSTMqX-IctPuw7QHmha0LWvtzvT_1iF8SMSqoZCLMjUtDq39EUermVtP3YiOkcCvykJa97EqXp3Qd0x_1RV3gSd5dyVVDRC5L4PgLYbN-bw1vvf1F1xdn-1dNilkxR5GcHEjMlkwAMP1BexhE1fAHqi51L_6-PgEw4pKg=s918" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="794" data-original-width="918" height="367" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhgVZ074axhZA_cnU736fk1VsSTMqX-IctPuw7QHmha0LWvtzvT_1iF8SMSqoZCLMjUtDq39EUermVtP3YiOkcCvykJa97EqXp3Qd0x_1RV3gSd5dyVVDRC5L4PgLYbN-bw1vvf1F1xdn-1dNilkxR5GcHEjMlkwAMP1BexhE1fAHqi51L_6-PgEw4pKg=w423-h367" width="423" /></a></span></div><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 12pt; line-height: 115%;"><br /></span><p></p>
<p class="MsoNormal"><o:p> </o:p></p>Carlo Volebele Vayhttp://www.blogger.com/profile/14678576870905270096noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5772457176063942058.post-52829879450181618552021-11-12T03:10:00.002-08:002021-11-12T03:23:04.067-08:00Quelli che vorrebbero fare una torta di mele e pere, ma poi ripiegano sulla pasta e fagioli.Il detto dovrebbe essere “meglio prevenire che reprimere” ma l’elfa, che è una
che non ha tempo da perdere, di solito reprime già mentre previene, quando non
reprime "a sensazione" a prescindere dalle mie intenzioni nemmeno manifestate.
Infatti, ieri, prima di andare di buon ora con il bretone al mercatino del
giovedì nella piazzetta dietro casa per comperare verdure e altro, essendomi
venuta all’improvviso una delle mie idee da cuoco creativo (mi zampillano come
un torrentello di montagna soprattutto quando non mi hanno dato tempo di fare
colazione) le ho chiesto mentre era già in uscita sulla porta di casa: “Abbiamo
in casa della cannella in polvere?” scatenando subito il suo sguardo sospettoso. <div>“Sì, c’è, ma a cosa ti serve?” </div><div>“Pensavo di fare un dolce con il pane vecchio per
iniziare a smaltirlo, visto che ti lamenti sempre che ne compero in eccedenza
come la moglie di Fantozzi invaghita del fornaio” </div><div>“Se è una pinza ti dico subito
di no perché non la sai fare…”</div><div>“Grazie per la fiducia…” </div><div>“Prego, non c’è di che…” </div><div>“Ma perché non la saprei fare?” </div><div>“L’hai mai fatta in precedenza?” </div><div>“No…” </div><div>“Ecco! ti
sei risposto da solo…” </div><div>“Ma perché non potrei provarci? Magari ho la fortuna dei
debuttanti…” </div><div>“Perché tanto per cominciare la cannella non serve, casomai ci
vogliono i semi di finocchio, quindi sei già partito male..." </div><div>“Vabbè! la farò
di nascosto un pomeriggio mentre sei al lavoro e se mi viene bene te la
riproporrò ogni giorno in tavola fino all’ultima fetta”. </div><div><br /></div><div>Lei ridacchia perfida
“E se ti viene male come sono certa?” </div><div>“C’è il cassonetto dell’umido fuori dal
cancello e nessuna ne saprà niente: quella pinza non sarà mai esistita.
Comunque, cara la mia Malcontenta, non volevo fare una pinza ma una torta
rustica di mele, pere e pane vecchio ammollato nel latte come la faceva mia
nonna…” </div><div>“No, mi spiace per tua nonna, ma ti dico subito di no, come sono certa
che te lo direbbe lei…” </div><div>“Ma perché non vuoi? Com'è che sei tanto prevenuta sulle
mie torte?” </div><div><br /></div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjaXjUS6Ldajp1fgM4pVGyT2A6e6I57v5Ct225mQaFIw0L8oG7HEWGR21zcMamIeoBGJCQGsFkqU0y3QVoMlQWLZo6mTRb_c5w6tpV9TMdjiKDRU4hJodoTHNNvK9zqwMnbG5w8jCg0iYD2/s2048/pinza.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1536" data-original-width="2048" height="355" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjaXjUS6Ldajp1fgM4pVGyT2A6e6I57v5Ct225mQaFIw0L8oG7HEWGR21zcMamIeoBGJCQGsFkqU0y3QVoMlQWLZo6mTRb_c5w6tpV9TMdjiKDRU4hJodoTHNNvK9zqwMnbG5w8jCg0iYD2/w474-h355/pinza.jpg" width="474" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La pinza di pane vecchio, fichi, uvetta e semi di finocchio di mia moglie.</td></tr></tbody></table><div><br /></div><div style="text-align: justify;">E qui ho verificato ancora una volta come l'elfa (mia moglie, chiamata così in famiglia perché tira con l'arco precisa come Legolas e ti può inchiodare ad un albero con una freccia al carbonio da cinquanta metri di distanza) abbia una memoria
micidiale per le mie inadempienze nella vita coniugale e non parlo di quando
scrivo delle morose di una volta, delle quali non le impippa nulla, anzi si
diverte pure a darti dell'imbranato e quasi sempre ti dice che aveva ragione
lei, quella poverina, e che aveva fatto bene a mollarti, ma mi riferisco ai miei
mancati doveri casalinghi. Per esempio, mi cita improvvisamente quel gennaio di
quattro anni fa quando “ho dovuto smontare io l’albero di natale perché tu ti
guardavi bene dal farlo” oppure che "la scorsa settimana ti avevo chiesto di
stendere la biancheria e te ne sei dimenticato lasciandola nella lavatrice tutto
il giorno". </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">E anche in cucina, pur potendo apprezzare il fatto di rientrare a
casa dal lavoro trovando la tavola apparecchiata e un pranzo fumante ad
attenderla invece del suo bigliettino: "Nel frigorifero c'è un etto di
prosciutto cotto e il pane è di ieri, ma se lo scaldi torna buono e quando vieni
a letto cerca di non svegliare il bambino" di quando rientravo a notte fonda e
affamato da Torino, oppure con l'invito ad andare a mangiare di fronte a casa al
Tinello, dove all'ora di pranzo un primo, un secondo e un contorno costano 12
euro, caffè e bevande a parte, quando sbaglio un singolo piatto in due anni (che
può succedere anche a Carlo Cracco, immagino...) loro se lo ricordano nei
dettagli e te lo rinfacciano, per non dire del suo tormentone "devi imparare a
tritare meglio le cipolle o rosolarle di più perché fanno criz - criz sotto i
denti" che tra poco o le riduco a poltiglia con il minipimer o mi indurrà per la
disperazione ad usare solo l'aglio per il soffritto. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Tutto questo mentre io, che
sono di indole molto più generosa (e anche assai signorile nel non far notare
queste piccolezze), mica glielo ricordo il mio costoso maglione della Les
Copains infeltrito e ridotto alle dimensioni perfette per vestire la Barbie, le
tante mutande e magliette uscite rosa dalla lavatrice e le ore passate a
ripulire con il cotton fioc la tastiera del mio portatile piena di briciole di
biscotti perché qualcuna se li sgranocchia sopra mentre fa i solitari con le
carte e poi ti avverte serafica che "ci sono alcuni tasti che funzionano male...". Ci
mancherebbe…noblesse oblige. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Invece lei, andando a pescare nell'archivio delle
mie epic failure in cucina un fascicolo del reparto: "torte e dolciumi" ha
subito risposto: “Perché quella torta l’hai già fatta due anni fa e non ti era
venuta bene… cucini ottimamente i sughi, le carni, a volte anche il pesce (se
hai la botta di culo con i tempi di cottura) e fai dei fritti asciutti e
croccanti, ma non sei bravo a fare i dolci, rassegnati e fattene una ragione. ” </div><div style="text-align: justify;">“Ma sei sicura che l’avessi già fatta? Io non lo ricordo...” </div><div style="text-align: justify;">“Certo… e ti
rinfresco subito la memoria: avevi messo nella pirofila dei crostoni di pane
interi alti due dita, quindi troppo grossi e per quanto li avessi inzuppati nel
latte e messi in forno erano ancora mezzi duri che bisognava tagliarli con il
coltello seghettato e alla fine abbiamo mangiato solo le mele… che erano appena
discrete, solo perché si erano un po' caramellate” </div><div style="text-align: justify;">“Vabbè, sarà come dici tu, ma
se oggi ci riprovo cubettando il pane in modo che con il latte diventi
morbidissimo, tipo dolce al cucchiaio?” </div><div style="text-align: justify;">“Prova, se proprio vuoi, ma lo fai a tuo
rischio e pericolo, perché tanto lo sento che non ti verrà bene”.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"> </div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj3MVGP4jRTMcjmfoYbyaMdlALdebdRamxCJlJk3e7WAxMG3f9umz4-PM-329j_5T5yB3oX4zcetXsGzT6xWRnEzsz0TOAfC0WPYgt2uLjPmLtjKEpfgI4CpAePyqXpz8Tu5xr0Pr0wjIak/s2048/torta+di+arance.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1536" data-original-width="2048" height="368" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj3MVGP4jRTMcjmfoYbyaMdlALdebdRamxCJlJk3e7WAxMG3f9umz4-PM-329j_5T5yB3oX4zcetXsGzT6xWRnEzsz0TOAfC0WPYgt2uLjPmLtjKEpfgI4CpAePyqXpz8Tu5xr0Pr0wjIak/w491-h368/torta+di+arance.jpg" width="491" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La mia portokalopita, torta greca di pasta fillo e arance, perché i dolci li so fare</td></tr></tbody></table><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">E a questo
punto, l’animo del ribelle sessantottino che ancora si aggira in me alla ricerca
dell’eskimo che chissà dove è finito, ha deciso di raccogliere il guanto di
sfida, dunque per il suo ritorno a cena le avrei preparato a sorpresa la torta
rustica di mele e pere di mia nonna (non conosco affatto la ricetta, ma, andando
a memoria, dovrebbe consistere in una pirofila imburrata e strati alternati come
una lasagna di pane sminuzzato bagnato di latte e poi strizzato alternato a
fette di mela e pera cosparse di zucchero di canna e profumo di cannella. Il
tutto in forno a 180° per 20 o 30 minuti con un po’ di grill finale per
caramellizzare lo zucchero in cima). Se fosse venuta buona, come sono certo,
qualche malfidente di mia conoscenza per penitenza avrebbe dovuto lavare i
piatti sabato e domenica, in caso contrario… avreste letto come è andata in
cronaca sul Gazzettino. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ah... aggiornamento del giorno dopo per non lasciarvi in
ansia sulla mia sorte:. Alla fine, con la scusa che non potevo fare
una torta di mele e pere se non avevo le pere e che, comunque, era meglio non
cercarsi rogne preparando dolci, giacché mi ero ricordato che saremmo stati a dieta tutti e due, ho
preferito rimanere sul sicuro e per cena me la sono cavata con una pasta e
fagioli (i pregiati borlotti di Lamon, che qui si fa sul serio), giudicata buona
dall'elfa, anche se: "devi imparare a tritare meglio le cipolle o rosolarle di
più perché fanno criz - criz sotto i denti". Maledette cipolle... </div>Carlo Volebele Vayhttp://www.blogger.com/profile/14678576870905270096noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5772457176063942058.post-64360093049585598722021-01-20T02:02:00.003-08:002021-01-20T14:03:02.969-08:00Degli incauti che si fidano dei consigli amorosi dei "Garzoncelli scherzosi"<p><br /></p><div style="text-align: justify;">Tutti noi abbiamo sicuramente qualche canzone del passato che a risentirla ci riporta dei ricordi intensi, legati magari ad un primo bacio, ad un amore lontano, un viaggio o un momento felice della nostra vita. Anch’io ho le mie, naturalmente, ma ieri, cercando su Spotify una vecchia canzone di Francoise Hardy che volevo riascoltare ma non ricordavo bene che titolo avesse, ho ritrovato questa che mi ha subito sprofondato in un terribile senso di colpa perché era stata lo strumento involontario di una vera mascalzonata commessa tantissimi anni prima ai danni di Emanuele, uno dei miei più cari amici di gioventù e mio compagno di banco fino dalla prima media, ma, soprattutto, con l'aggravante che l’incauto, timidissimo ed imbranato come pochi, mi aveva eletto a suo magister vitae ed essendo buono come un pezzo di pane aveva una capacità di sopportarmi infinita. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La cosa iniziò quando una mattina dell’ultimo anno di liceo, durante la consueta partitella cinque contro cinque dell’intervallo, Emanuele mi tirò da parte e visti i miei decantati successi con le ragazze mi chiese di fargli da consulente per una questione che gli stava a cuore. Rientrati in classe approfittai dell’ora di chimica per farmi spiegare meglio di che si trattasse. La consulenza richiesta era davvero globale, in quanto andava dal riposizionamento della sua immagine (invero sbiadita) alla ristrutturazione del suo abbigliamento e fino ad un aiuto concreto per conquistare una certa Elena della quale era segretamente innamorato da mesi. Sul momento mi venne da ridere, soprattutto per la faccenda di Elena, una bella rossa dell’altra sezione che era assai concupita da molti e che di certo non avrebbe degnato il mio scialbo amico di uno sguardo. In quanto alle altre richieste dell’incarico, se la prima era sul “quasi impossibile”, con il resto eravamo davvero sul difficile. Però, essendo uno che quando è amico lo è veramente, soprattutto nelle difficoltà, decisi di aiutarlo. Dopo molte riflessioni sul da farsi, visto che l’estetica era quella che era, decisi di intervenire in primis sul vestire, dove c’era davvero di che mettersi le mani nei capelli. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Infatti, i suoi genitori pur essendo assai benestanti erano molto tirati su tutto. Proprio a causa della parsimonia familiare, Emanuele era universalmente noto a scuola per vestire gli abiti dismessi del padre (tristissime grisaglie e flanelloni degli anni cinquanta). Questi erano da lui abbinati con i calzettoni a disegno scozzese della Standa lunghi sino al ginocchio e le bretelle della prima media. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Gli regalai qualche maglione di mio fratello (che tanto neppure se n’accorgeva) e mia madre gli sistemò una mia giacca sportiva di tweed, assai bella. Poi gli feci omaggio di tre cravatte inglesi di mio padre (ne avevo un vero giacimento) e, soprattutto, lo indussi a comperare in una botteguccia di Via Garibaldi che faceva prezzi stracciati a chi come me aveva la tessera del Circolo Marina, due paia di pantaloni lunghi e un paio di jeans. Il tutto, questo va detto, con i suoi risparmi. Poi, assieme a mia madre, che si divertiva come una matta, visto che in quegli anni gli amori nascevano alle feste, gli insegnammo a ballare e dovetti accorgermi a mie spese che, purtroppo, tirava pedate proprio come a calcio. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Quando il discepolo mi sembrò sufficientemente pronto, per fargli vedere dal vivo un esempio pratico di come operava un seduttore professionista, avvicinai questa Elena fuori di scuola e cominciai a rompere il ghiaccio. Lei sembrò molto lusingata della mia attenzione e prendendole i libri sottobraccio, l’accompagnai verso casa. Dopo qualche paio di ritorni da scuola con questa Elena, Emanuele non stava più nella pelle e mi telefonava ogni cinque minuti per sapere nell’ordine: se io le avevo parlato di lui, se lei mi aveva parlato di lui, se le sue amiche mi avevano parlato di lui e in generale che impressione ne avessi avuto. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Gli intimai di stare quieto che tutto procedeva bene ed era in ottime mani: stavo entrando velocemente nelle simpatie della ragazza e presto sarebbe arrivato il momento del contatto con lui. Ma purtroppo, qualche settimana dopo, Elena mi rivelò tutta felice che si era messa finalmente con un ragazzo del liceo scientifico per il quale aveva da tempo una cotta terribile e la cosa per Emanuele, che sbiancò in volto quando glielo riferii, terminò bruscamente li. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Passarono un paio di anni ed ormai Emanuele ed io ci trovavamo quasi tutte le mattine in stazione per prendere il locale per Padova e recarci in Università (anche se di lì a poco io avrei avuto il mio appartamentino, condiviso con un altro studente, di cui ho già parlato). Durante uno di questi viaggi, cercando posto nel treno sempre strapieno, finimmo nel vagone di testa dove in uno scompartimento c’era un gruppetto di matricole veneziane (noi eravamo già al secondo anno) che conoscevamo perché, tranne uno, erano tutti ex studenti del nostro liceo Foscarini. Tra questi c’era una certa Patrizia, una ragazzona statuaria e discretamente carina, ma con la vivacità di un pesce lesso perché se interpellata a domanda rispondeva, come quelli della Benemerita, ma non andava oltre. Così, incontrandoci con questo gruppetto quasi tutte le mattine (ormai sapevamo che li avremmo trovati sul vagone di testa che era sempre mezzo vuoto) iniziammo a fare assieme a piedi la strada dalla stazione verso il centro con Emanuele che all’altezza di Piazza Eremitani ci salutava per dirigersi verso la sua facoltà e noi che invece proseguivamo per il Bo’ e il Liviano, dove questa Patrizia frequentava il primo anno di Lettere. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Naturalmente, poco tempo dopo Emanuele mi rivelò di essersi preso una cotta terribile per questa ragazza e se potevo informarmi con discrezione sul suo stato sentimentale. Trovato un amico comune che giocava a calcio con me gli chiesi che tipa fosse costei perché interessava ad un mio amico e lui sbottò a ridere dicendo “Chiiii? La Patrizia? Oh mamma mia… dì al tuo amico di starle alla larga perché perde tempo. Noi l’abbiamo soprannominata: un frigorifero montato su ruote, quindi ti ho già detto tutto.” . Ovviamente non lo riferii ad Emanuele, anzi, gli dissi “Vai tranquillo: è libera…è tutta tua!” e lui ne fu molto felice. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Dal momento che la ragazza abitava dalle parti di campo San Maurizio combinai finalmente un cinema serale al Rossini e successiva pizza in campo San Fantin con lei, una sua amica bruttina ma compiacente e l’Emanuele, che nell’apprendere la notizia andò in pieno caos emotivo, tanto da farmi pensare che fosse svenuto al telefono. Andai a prenderlo sotto casa e assieme a lui arrivò anche una zaffata di quel suo terrificante profumo da bancarelle di cui ogni tanto si cospargeva (ecco cosa avevo dimenticato di dirgli!). Lo guardai attentamente. Aveva indosso la mia giacca di tweed e finalmente una camicia non fantasia sulla quale spiccava una bella cravatta a righine (si vedeva che aveva studiato, anche se il nodo poteva essere migliore) e fin lì era molto elegante, tanto che avrei voluto ricordargli che andavamo soltanto al cinema e non ad un matrimonio. Però sotto la giacca comparivano i jeans, che non sarebbero stati in sé sbagliati se lui, essendo piuttosto lunghi per la sua taglia, non ne avesse arrotolato l’orlo più volte alla pescatora. Gli chiesi subito se quella sera era prevista acqua alta, ma lui non sembrò cogliere la provocazione. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Dopo la serata con le due ragazze, passai qualche giorno a confermargli che, anche se al posto suo non avrei scelto un film storico che si chiamava “Silvia la vergine di Roma” non fosse altro perché il titolo non era beneaugurante, l’incontro e la cena con la sua amata erano andati benissimo e lui sicuramente, pur ordinando la pizza marinara con l’aglio per risparmiare e bevendoci sopra dell’acqua naturale, aveva fatto colpo ed era stato notato da Patrizia che, secondo me, mentre l’accompagnavamo a casa a fine serata gli lanciava sguardi inequivocabili. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">In effetti, poco dopo Emanuele ricevette (con mia grande sorpresa) l’invito alla festa a casa di Patrizia per festeggiare i suoi diciannove anni (secondo me l’invito arrivava per conto dell’amica bruttina che ci voleva provare, ma non glielo dissi per non agitarlo con la prospettiva di aver sbagliato bersaglio). Quando lui mi chiese se sarei venuto anch’io alla festa, gli dissi che avendo la ragazza fissa ero ormai uscito dal giro delle festine da liceali preferendo cose più concrete, ma che, comunque, ormai lo consideravo partito bene e che, dunque, iniziasse ad arrangiarsi da solo, che stava andando alla grande. Ma lui, da quel momento in poi, andò progressivamente nel panico e così, telefonandomi in continuazione a casa e perfino disturbandomi durante il sacro torneo di flipper nel baretto di Piazza delle Erbe iniziò a tempestarmi di domande sempre più indisponenti su come vestirsi, cosa fare e come comportarsi casomai lei l’avesse incoraggiato e soprattutto come capirlo. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Alla fine, il pomeriggio prima della festa arrivò l’ennesima sua telefonata agitata proprio mentre stavo pomiciando in salotto con la mia ragazza e solo per chiedermi che disco, a mio parere, avrebbe dovuto regalare a Patrizia per farle capire che lui provava dei sentimenti d’amore per lei. Così, francamente esausto di tutto quel martellamento di domande, pur di cavarmelo di torno e riprendere quel che stavamo facendo, invece di ringhiargli seccato “Senti Emanuele, ormai hai vent’anni, puoi anche arrangiarti da solo a scegliere un disco… anzi, vai al negozio di Brancaleon in calle della Bissa, e fatti consigliare da Gaetano, il commesso, che di musica e di nuovi dischi ne sa a pacchi, tanto è lì apposta e non ha mai un cazzo da fare…” gli dissi per scherzo: “Guarda, regalale: Je t’aime, moi non plus, di Jane Birkin e Serge Gainsbourg, che ci farai un figurone e se Patrizia non ti casca tra le braccia con quella canzone, vuol dire che è di ghiaccio”. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Però io, quando gli feci lo scherzo, mica lo potevo immaginare che quel citrullo di Emanuele quel disco gliel’ avrebbe regalato sul serio a scatola chiusa e senza nemmeno sentirlo, con tutti quei gemiti e sospiri inequivocabili da scopata di lusso. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Così, appena qualcuno lo mise sul giradischi durante la festa, arrivò di corsa e scandalizzata la mamma di Patrizia, che era una pia donna almeno quattro spanne sopra il livello normale di moralismo puritano e codino di quegli anni e, una volta accertato chi avesse portato quel disco scandaloso in casa sua, il povero Emanuele venne accompagnato alla porta con la minaccia di telefonare ai suoi genitori per rivelare loro quale scandaloso libertino avessero messo al mondo. Non so se poi venne chiamato il parroco a purificare con l’incenso quella casa profanata da tanta indecenza, ma probabilmente sì. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ecco, ho ricordato tutto questo con il capo cosparso di cenere e, caro Emanuele, anche se non so dove tu sia finito dopo la diaspora di fine università e se magari mi leggi, ti chiedo ancora scusa sinceramente per non averti consigliato Endrigo o Tenco, che certamente sarebbero andati meglio, però, anche tu, suvvia… non potevi chiedere a Gaetano, una volta in negozio da Brancaleon, di farti ascoltare il disco senza limitarti al titolo? Anche perché se il professore d’italiano del liceo, prendendo spunto dal Leopardi, mi definiva continuamente “garzoncello scherzoso” qualche sospetto sui miei consigli ti doveva pur venire, no?</div>Carlo Volebele Vayhttp://www.blogger.com/profile/14678576870905270096noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5772457176063942058.post-12614222187323322852020-12-21T01:05:00.002-08:002020-12-21T01:19:38.950-08:00Quelli che dopo aver visto il film: "Eutanasia di un amore" poi se lo girano pure loro <br /><div style="text-align: justify;">Qualche giorno dopo, ritrovata una certa tranquillità anche se qualcosa dentro di me mi faceva percepire una strana tensione che aleggiava nell’aria, appena finito di cenare lei iniziò improvvisamente a raccontarmi nel dettaglio i suoi tre mesi di esperienza inglese, come se dopo molto meditare avesse deciso di rompere gli indugi, forse spiazzata dal fatto che avevo deciso di non chiederle niente e, casomai ci fosse stata qualcosa che avrei dovuto sapere, di attendere che me ne parlasse lei. Però iniziò il racconto con una domanda rivolta a me che mi lasciò perplesso: <i>“Allora, non sei curioso di sapere di Columba?</i>” </div><div style="text-align: justify;">"<i>No, francamente non m’importa nulla di colombe, piccioni e pennuti vari britannici, anche se questo tizio compariva spesso nelle tue poche lettere, ma visto che a quanto pare ci tieni a parlarmi di lui, ti ascolto, anche se ti ricordo che excusatio non petita…</i>” </div><div style="text-align: justify;">“<i>Stai tranquillo, te ne parlo solo perché immaginavo che avresti fatto il geloso come stai facendo, ma ti garantisco che era un Columba di nome e di fatto. Un ragazzone timido, imbranato e contro ogni tentazione, che tra l’altro si lavava poco e vestiva trasandato. Era solo gentilissimo e un simpatico amico, anche se mi sono accorta subito che mi faceva la corte e mi stava sempre dietro. Ma non c’è stato nulla, puoi chiedere anche a Martina</i>” </div><div style="text-align: justify;">“<i>Bene, ma, comunque, pensavo che in questi anni avessi capito che non sono affatto geloso e, anzi, ti dirò che una scappatella vacanziera estiva, di quelle leggere e senza troppo coinvolgimento sentimentale, tipo una botta e via, che finiscono appena si sale in aereo per rientrare a casa, l'avevo messa tra le possibilità e dunque te la potevi anche concedere perché l'avrei accettata, proprio come tu l’hai concessa a me </i><i>senza fare drammi</i><i> due anni fa </i><i>quando suonavo sulle navi da crociera</i><i> </i>(non era vero, la scenata me l'aveva fatta eccome, quando un'anima bella del nostro complesso le aveva fatto sapere della ragazza canadese) <i>e, dunque, non chiederò niente a Martina, se non per sapere se davvero questo Columba suonava la chitarra meglio di me, che di quello sì che sono geloso…” </i></div><div style="text-align: justify;"><i>“Te lo posso già dire io… era più bravo. Fattene una ragione…” </i></div><div><div style="text-align: justify;"><span style="font-style: italic;"><br /></span></div><div><div style="text-align: justify;">Allargai le braccia rassegnato mentre lei ridacchiava. <i>“Proverò a farmela, anche se mi sarà difficile, ma piuttosto vorrei sapere perché non mi hai detto che avevate preso un appartamento in affitto per conto vostro e non stavate più nel college” </i></div><div style="text-align: justify;"><i><br /></i></div><div style="text-align: justify;">La mia compagna sbiancò in volto, perché evidentemente non pensava che ne fossi al corrente e si prese qualche secondo per organizzare una risposta <i>“A parte che non era un appartamento ma siamo andate semplicemente da una signora che affittava delle camere con uso cucina, non te l’ho raccontato perché Martina ed io non volevamo che i nostri genitori sapessero che avevamo abbandonato il college dopo il primo mese… ma tu com'è che lo sai?” </i></div><i><div style="text-align: justify;"><i>“Te lo dico dopo... ma per quale motivo lo avete fatto e avete abbandonato il corso?”</i></div></i></div><div><i> </i><div><div style="text-align: justify;">Donatella si prese di nuovo una pausa di qualche istante prima di rispondere. “<i>Perché la vita nel college era molto rigorosa e con orari da caserma, si mangiava male, le nostre stanze erano quelle dell’ostello degli studenti lasciate libere per la pausa estiva ed erano orrende e molto “vissute”, con un lavandino senza l’acqua calda e con il bagno nel corridoio e, soprattutto, il corso di lingua inglese, oltre ad essere di una noia mortale, era frequentato da decine di ragazzi spagnoli, greci e italiani, così che alla fine invece dell’inglese rischiavi di imparare il castigliano o di prendere l’accento romano. Quindi, come ti ho detto, Martina ed io l’abbiamo fatto giurandoci di mantenere il segreto per evitare che i nostri genitori ci richiamassero subito in patria perché volevamo goderci i tre mesi in Inghilterra per intero e fare l'esperienza di vivere da sole all'estero. Tutto qui...” </i></div><i><div style="text-align: justify;"><i>“Io, al tuo posto, avrei aggiunto che volevate anche evitare che papà e mamma s’incazzassero come bisce dal momento che avevano pagato il corso un mucchio di soldi perché imparaste l'inglese e non per farvi fare a sbafo una vacanza di tre mesi, ma è un dettaglio. Invece, vediamo se indovini come mai lo so…”</i></div><div style="text-align: justify;"><i>“Te lo ha detto Jacopo, vero?” </i></div>“Già… la tua amica Martina in quanto a mantenere i segreti è una vera tomba, dunque hai rischiato grosso a suggerirmi di chiederle di questo Columba...”</i></div><div><i>"Ma no, figurati...del resto l'unica tra noi che ha avuto una storiella di qualche giorno con un ragazzo inglese è stata lei..." </i></div><div><i>"Bene! Vedo che anche la tua riservatezza è esemplare. Jacopo lo sa?"</i></div><div><i>"Ovviamente no... e guai a te se glielo dici"</i></div><div><i>"Tranquilla, non serve che glielo racconti io, perché chiacchierina com'è la tua amica, tra qualche giorno Jacopo lo leggerà da solo sul Gazzettino, o in cronaca o tra gli eventi sportivi, dipende da quante ne ha fatte di scappatelle..."<br /></i><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">E che la sua amica fosse davvero ciarliera, soprattutto dopo qualche bicchiere di vino di troppo, ne ebbi la riprova poche sere dopo mentre eravamo a cena a casa di nostri amici comuni e quando una delle ragazze presenti, dopo esserci alzati da tavola per prendere posto in salotto, chiese a Donatella di raccontare del suo viaggio e lei s’intromise dicendole “<i>Dai Donatella, racconta tutto… ma proprio tutto tutto, eh? Altrimenti guarda che se non hai coraggio, lo faccio io…</i>” e mentre la destinataria dell’invito sembrava assai imbarazzata, Martina, malgrado l’occhiataccia di Jacopo perché si desse una calmata, si rivolse a me ridendo “<i>Ma tu sei proprio sicuro che te l’abbia raccontata giusta, Carlo? Ti vedo troppo tranquillo…</i>” e così alla fine l’imbarazzo diventò anche mio. Poi, in realtà, le cronache inglesi “<i>segrete</i>” da raccontare agli amici si rivelarono delle sciocchezze incredibili, tipo il muro di cinta del college scavalcato alle due di notte e con caduta rovinosa perché il portone era già chiuso e, sempre di notte, la vicenda dell’assorbente cambiato d’emergenza dentro una cabina del telefono con un poliziotto di passaggio che era venuto a controllare con la pila. Niente di cui preoccuparsi, insomma. Però, solo in quel momento. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiwNsDZHQ03Tb0oj3RsjfiH8Br9w7nk78ipBiA7E6o2OEtyqnqedQOgNny4UD1Mm7_UGX0Ht7YWiZy81vyEcLn-Rj91wmEANfv1I12wJHTqAX38nnD5UlTj5UKeVWlr2H-iB_nNWk-r1GkX/s2048/Ponte+della+zucca+Night+time.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1536" data-original-width="2048" height="401" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiwNsDZHQ03Tb0oj3RsjfiH8Br9w7nk78ipBiA7E6o2OEtyqnqedQOgNny4UD1Mm7_UGX0Ht7YWiZy81vyEcLn-Rj91wmEANfv1I12wJHTqAX38nnD5UlTj5UKeVWlr2H-iB_nNWk-r1GkX/w535-h401/Ponte+della+zucca+Night+time.jpg" width="535" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Venezia è molto romantica, non solo per gli amori, ma anche per i posti in cui lasciarsi</td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Infatti, mentre ritornavamo a casa, appena attraversato campo San Giacomo dell'Orio, che a quell’ora di notte era deserto, lei si fermò di colpo sorprendendomi con un: “<i>Ti spiace se questa notte vado a dormire dai miei?</i>” e quando io le risposi che per me andava bene, chiedendole però se durante la cena avessi detto qualcosa, senza accorgermene, che l’avesse offesa e di cui dovevo scusarmi, lei scoppiò a piangere improvvisamente nascondendosi il volto tra le mani.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Così, sapendo per esperienza che quel suo tipo di pianto significava: "<i>Allarme rosso e tutti al posto di combattimento per discorso importante in arrivo</i>" ci sedemmo sui gradini del ponte lì vicino e appena asciugate le lacrime venni a sapere che lei, durante i tre mesi di lontananza, tra una serata a tracannare birra al pub e una gita nella New Forest, aveva anche trovato modo di riflettere su di noi e così, al termine delle sue meditazioni, aveva deciso di tornare per qualche tempo a casa dei suoi genitori perché altrimenti né io né lei ci saremmo più laureati, visto che vivendo assieme c’erano sempre tante distrazioni e non si riusciva ad essere concentrati per studiare. Poi, esaurita la parte nobile ed edificante del discorso, affinché mi fosse chiaro che tutto era pensato per il nostro bene, iniziò la sua consueta recriminazione sul fatto che vivere assieme a Padova era un conto, ma farlo a Venezia era diverso perché si sentiva gli occhi di tutti addosso come se fosse una pubblica peccatrice e non parliamo poi di quel che dicevano di lei le amiche di sua madre. Quindi, alla fine, quanto accadeva era anche colpa mia che avevo dovuto abbandonare l’appartamento di Padova per trasferirmi a Ferrara dopo quella stupidata che avevo fatto (in realtà, l’avrei dovuto abbandonare in ogni caso perché il mio compagno di stanza qualche mese prima aveva messa incinta la sua ragazza e, dopo essersi sposato in tutta fretta, si era trasferito a Roma. Dunque, mia madre, che doveva gestire due figli e la nostra casa con la sua pensione di reversibilità, non era più in grado di pagarmi l’affitto intero, che era piuttosto alto) </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Infine, per non farci mancare niente, arrivò anche la considerazione risibile che per recarsi a Padova a seguire le lezioni da casa nostra era costretta a fare un viaggio lunghissimo e scomodo, dovendo cambiare ben due vaporetti per raggiungere Piazzale Roma, mentre stando dai suoi genitori le bastava fare il traghetto con la gondola a San Samuele, scendere a san Tomà e in dieci minuti a piedi era arrivata alla fermata della corriera della Siamic per Piazzale Boschetti. Siccome a quel punto mi era chiaro che il problema non era affatto la laurea da conseguire, ma il nostro rapporto nel suo complesso, le chiesi senza troppi preamboli se aveva senso proseguirlo ancora e quali fossero le sue intenzioni nei miei confronti. Così, avendo toccato come temevo il tasto giusto, iniziarono le consuete litanie del “<i>ho bisogno di prendere una pausa di riflessione perché devo ritrovare me stessa</i>… “ seguito dal classico “<i>nel nostro rapporto diamo tutto per scontato e ci siamo appiattiti nella routine</i>” e fino al “<i>non lo so più cosa voglio da te, da me e da tutto…</i>”. Probabilmente era in arrivo anche il "<i>restiamo buoni amici</i>" ma immagino le ci volesse ancora qualche considerazione vittimistica per giustificarlo. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">A quel punto, siccome in quel tempo si diceva che era meglio una fine terribile di un terrore senza fine, tagliai corto, le diedi un bacio sulla fronte per farla tacere e le dissi “<i>Guarda, allora, visto che non sai cosa fare, decido io per te… la finiamo qui e basta. Ti va?</i>” . </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">E nello stesso momento in cui lo dicevo, mi sentii incredibilmente sollevato per quella decisione che probabilmente dentro di me aspettavo da tempo e sono certo lo fosse anche lei, perché annuì con un mezzo sorriso dicendo “<i>Sì, certo, mi pare la cosa migliore…</i>”. </div><div style="text-align: justify;">Così, dopo qualche secondo di sconcerto reciproco per realizzare che ci eravamo davvero lasciati dopo quattro anni e questa volta sul serio, Donatella ed io ci abbracciammo, ci girammo le spalle e ciascuno se ne andò per la sua strada. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjDgjBShvPMmdjDWK9hXV604wPdkmY8w__qrjTmHvgf7quq0TK0YSESVb8y2HWH3b4vXw-AKIMkId62rz2cZNNsuddj6zbd1bhxVZZUNIg8-kxddMFc-3A6fIup5MMg8shcaoTQGyQRmeJv/s584/14640.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="584" data-original-width="400" height="582" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjDgjBShvPMmdjDWK9hXV604wPdkmY8w__qrjTmHvgf7quq0TK0YSESVb8y2HWH3b4vXw-AKIMkId62rz2cZNNsuddj6zbd1bhxVZZUNIg8-kxddMFc-3A6fIup5MMg8shcaoTQGyQRmeJv/w399-h582/14640.jpg" width="399" /></a></div><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Nei giorni seguenti, mentre io ero in facoltà a Ferrara, lei venne a casa mia a prendere alcune sue cose e i vestiti e alla fine mi lasciò le sue chiavi sul tavolo della cucina. Mi lasciò anche Cristobal, il nostro pesce rosso vinto alle giostre, ma immagino fosse complicato portarselo a casa nella sua boccia di vetro. Dopo alcuni mesi lei si laureò e io andai alla sua festa di laurea, mentre qualche tempo dopo lei, con una scusa che non ricordo, non venne alla mia perché la feci a Ferrara e probabilmente non aveva voglia di mettersi in treno. Poi, l’anno seguente lei iniziò a fare supplenze in giro per il Veneto ed io a lavorare dal momento che la Banca Commerciale Italiana mi aveva incautamente assunto. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Di lì a poco, tutti e due iniziammo nuovi amori e ci siamo persi di vista, anche se diversi anni fa, già cinquantenni, ci siamo incontrati casualmente a Venezia in Strada Nova e dopo esserci presi assieme uno spritz di rimpatriata raccontandoci divertiti quel che avevamo combinato negli anni seguenti, degli amori andati male (pochi lei, molti io), dei nostri matrimoni andati bene e dei nostri figli bellissimi, prima di salutarci e di riprendere la strada lei mi disse “<i>Mi ha fatto piacere incontrati di nuovo, ma… tu poi hai capito perché noi ci siamo lasciati?</i>” e le ho risposto; “<i>Certo! Perché casa mia ti era scomoda per andare a Padova…</i>” e siamo scoppiati tutti e due a ridere. Poi ci siamo salutati per tornare alle nostre vite e non ci siamo più rivisti, com’è giusto che sia<br /></div></div></div></div>Carlo Volebele Vayhttp://www.blogger.com/profile/14678576870905270096noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-5772457176063942058.post-22048217885766154142020-12-19T00:04:00.002-08:002020-12-19T01:22:46.300-08:00Dei ritorni a sorpresa e dell'incidente del cuscino<div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Donatella rientrò alla base la sera di quattro giorni dopo, senza alcun preavviso, come immaginavo sarebbe successo perché i suoi tempi di ritorno alla normalità dopo una litigata a brutto muso erano più o meno quelli. Rientravo da Ferrara dove ero andato a parlare con il relatore della mia tesi che, con rara cortesia baronale, dopo avermi dato appuntamento nel suo studio per le tre di pomeriggio mi aveva fatto ricevere dal suo assistente, che nemmeno sapeva il perché io fossi lì, verso le cinque e mezza e senza neppure chiedermi scusa. Alcuni mesi prima, infatti, mi ero iscritto a quella università perché ormai mi mancavano solo quei tre maledetti esami che non avevo potuto dare a Padova per la faccenda del mio “<i>sequestro maldestro</i>” e in azione solitaria del Preside di Facoltà, che, in un impeto di sdegno per tanta ingiustizia, avevo chiuso a chiave nel suo ufficio dicendogli rabbiosamente che non saremmo usciti di lì se non mi metteva la firma sul libretto per sostenere l'esame, cosa a cui avevo diritto visto che avevo frequentato tutte le lezioni pomeridiane del suo assistente, anche se a lui il mio nome non risultava sull'elenco dei partecipanti (chissà come l'avevano scritto). </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Sfortunatamente, essendo di natura molto distratto, non avevo notato che dietro alla sua scrivania c'era una seconda porta da cui lui, dopo aver suonato un campanello, fece entrare il bidello ordinandogli di accompagnare fuori immediatamente quello studente di cui si era già segnato il nome. Cosa questa che in seguito, evitate per un pelo la denuncia penale e altri provvedimenti disciplinari, mi aveva suggerito di lasciare la facoltà padovana considerato che uno degli esami mancanti era proprio il suo e probabilmente ancora oggi starei cercando di passarlo. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Purtroppo, lasciando Padova, era finito anche il benefit dell'appartamento dove i primi due anni in cui stavamo assieme, Donatella ed io avevamo gradualmente iniziato a convivere, dapprima in gran segreto, perché in quegli anni la cosa avrebbe dato grande scandalo e la sua famiglia era molto conosciuta a Venezia. Ufficialmente in quell'appartamento io abitavo con Roberto, il figlio di un ammiraglio collega di corso di mio padre e la cui madre era molto amica della mia. Ma lui stava in casa con me a fare finta di studiare o a fare gare di flipper al bar di fronte dal lunedì al giovedì, poi se ne tornava dai suoi a Livorno o se ne andava dalla sua ragazza e così Donatella che frequentava Lettere al Liviano poteva raggiungermi (i suoi genitori, due belle persone a cui ho voluto bene venendo ricambiato, lo sapevano e finché la cosa non fosse diventata di pubblico dominio costringendoli ad intervenire, ce lo permettevano). Per fortuna, la madre di Donatella aveva un'amica proprietaria di non so quanti appartamenti a Venezia che, garantendole che appena laureati sua figlia ed io ci saremmo sposati, dopo qualche mese, pur con qualche riluttanza, ci aveva affittato ad un prezzo di grande favore un minuscolo appartamentino in zona Arsenale dove ora continuavamo a stare insieme e che è quello nella foto qui sotto, molto "minimalista" nell'arredo per ovvie questioni di budget, anche se il tavolo con i cavalletti e l'impianto stereo li ho ancora in uso nel mio attuale studio, cinquant'anni dopo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhijQk7DA5rdvZNFWOzeS-RqBztOKBHvANR5IAJowCoNXq7yEUonFPtGiJWR3M9EL8Yto1UL9WVKT2tJwGiwLJCSMR7XDQKwA-G7SW65EE_ubcZp-p_KWDYJQDpk08TtCiKPZWi08g6nljr/s2048/sancandido19820005.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1373" data-original-width="2048" height="298" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhijQk7DA5rdvZNFWOzeS-RqBztOKBHvANR5IAJowCoNXq7yEUonFPtGiJWR3M9EL8Yto1UL9WVKT2tJwGiwLJCSMR7XDQKwA-G7SW65EE_ubcZp-p_KWDYJQDpk08TtCiKPZWi08g6nljr/w444-h298/sancandido19820005.jpg" width="444" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">L'appartamento di due stanze con cucina e vista sui tetti della Bragora</td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Comunque, quella sera aprii la porta di casa con le mani ingombre dalle borse della spesa e lei si era nascosta in agguato dietro l’angolo del corridoio, così dopo aver rischiato l’infarto per la paura me la trovai abbracciata a baciarmi. Mentre l’abbracciavo, mi accorsi quanto fosse diventata bella soda, anzi, per dirla tutta, piuttosto pienotta. Durante il nostro tumultuoso incontro in stazione a Milano non avevo avuto modo di notarlo per intuibili motivi. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Quando una gatta ti salta addosso per cavarti la pelle ad unghiate non è che stai a guardare di che colore abbia il mantello. Ora invece capivo che la scoperta del burro salato inglese da spalmare sul pane, della marmellata di arance e delle uova con il bacon aveva prodotto i suoi effetti. </div><div style="text-align: justify;">Ad occhio e croce, almeno un sette o otto chili di effetti. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Immaginai subito che le sue prossime parole, dopo i convenevoli, sarebbero state: “<i>Tu ed io dobbiamo metterci a dieta</i>” che non si capisce perché per le donne la dieta debba essere un rito di coppia in cui bisogna coinvolgere anche chi non ne ha la minima intenzione. Capisco bene che se io addento un sontuoso panino sgocciolante di (tanto) tonno, pomodoro, maionese, cipolla di Tropea e insalata, mentre tu hai di fronte a te una svizzera rinsecchita alla piastra e scondita, con un mucchietto di carote a julienne e i tuoi bei cinquanta grammi di pane integrale a farle compagnia, la cosa non ti aiuti. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Infatti, essendo di animo sensibile, il mio panino andrei a mangiarlo in cucina, così non vedresti neppure il bel bicchiere di vino bianco fresco con cui lo manderei giù. Però non capisco perché, a parte gli aspetti logistici nel cucinare cose differenti per alimentazioni diverse, io debba esserne coinvolto se non ne avverto l’esigenza. Questo perché le calorie di quel panino al tonno, poi io le brucerei con un paio di partite a calcio con gli amici, più efficaci che non andare per negozi di scarpe. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La risposta al quesito era: “<i>Per solidarietà</i>” che poi diversi anni dopo sarebbe stata la stessa motivazione di mia moglie per svegliarmi brutalmente nel cuore nella notte quando doveva allattare al seno nostro figlio, anche se il mio ruolo era ovviamente molto marginale. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Comunque, terminati gli abbracci e i baci con l'atteso: “<i>Hai visto che sono tornata, nonostante il tuo vergognoso comportamento a Milano? </i>” e il mio “<i>Ma tua madre, le ha poi ritrovate le parole?</i>” mi accompagnò tenendomi per mano verso la tavola del salotto, ben apparecchiata, con al centro la zuppiera del servizio buono. Così, alzando il coperchio ebbi modo di scoprire la seconda sorpresa di quella serata, cucinata amorevolmente per me con le sue manine sante. Immaginai subito l’ avesse fatta su suggerimento di sua madre che era tanto se sapeva cucinare un uovo sodo (e non a caso durante le nostre uscite in barca a vela, suo padre mi aveva nominato anche cuoco di bordo). La zuppiera conteneva una minestrina con la stracciatella ormai tiepida perché l’aveva versata mezzora prima. Però in tavola c’era il formaggio grana grattugiato da lei in persona (che non si pensi che non sapesse cucinare). </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhdFoiTcF4W4HouKKzLX1tpVBZmXZE510TNx0GZMHk6iy3ipXI_oq6HDeUOG8rCazmD7uY4DuN6UeCpp0XmzkBbZjWlqo0I3mvXTIl3dWS09sUboW27yLtBrtqSKHFm_H0aEazhmVQszhLy/s2048/io+1972.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1370" data-original-width="2048" height="354" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhdFoiTcF4W4HouKKzLX1tpVBZmXZE510TNx0GZMHk6iy3ipXI_oq6HDeUOG8rCazmD7uY4DuN6UeCpp0XmzkBbZjWlqo0I3mvXTIl3dWS09sUboW27yLtBrtqSKHFm_H0aEazhmVQszhLy/w529-h354/io+1972.jpg" width="529" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">All'epoca dei fatti.</td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ora, nelle mie borse della spesa c’erano le confezioni delle seppie in umido e del baccalà mantecato che avevo comperato alla rosticceria Gislon in Calle della Bissa, ma non ebbi il coraggio di confessarglielo e le abbandonai malinconicamente in cucina sperando in tempi migliori (magari un bello spuntino di mezzanotte in salotto mentre lei dorme ignara e davanti ad un’asta di tappeti in televisione o alla replica di Colpo Grosso). </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Mentre deglutivo la minestrina, che era decente anche se chiaramente fatta con il dado Star (però messo in acqua con sapienza al momento giusto) lei mi guardò sospettosa, poi mi chiese: “<i>Amore, a proposito... ho visto che, tanto per cambiare, non avevi rifatto il letto e ci ho pensato io, ma sono diventata matta a cercare il mio cuscino. Sai dove è finito?</i>” . </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Mi andò per traverso l'ultima cucchiaiata di brodo, perché mi ero scordato di rimetterlo a posto dall'armadio dove l'avevo scaraventato per rappresaglia tre mesi prima. Siccome con le mie donne sono sempre stato sincero, appena ebbi finito di tossire le rivelai il nascondiglio. Lei corse subito a vedere nell’armadio, strillò inorridita come mi aspettavo e quella notte mi toccò dormire senza cuscino (che ti fa bene alle cervicali), mentre lei poggiava la sua testolina sul mio e il suo era appeso fuori dalla finestra ad arieggiarsi da quel profumo di canfora. E questo piccolo incidente, fu, con il senno di poi, come la pallina di neve che inizia a rotolare lungo il pendio diventando poi una valanga (segue...).</div>Carlo Volebele Vayhttp://www.blogger.com/profile/14678576870905270096noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5772457176063942058.post-88607670494153585822020-12-12T00:54:00.008-08:002020-12-12T01:27:48.720-08:00Dell'arte di trasformare una tranquilla operazione di rientro in una catastrofe.<div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Trascorsero i giorni e le settimane di un paio di mesi interminabili. Non l'avevo più sentita, né per lettera, né per telefono e sapevo solo dai suoi che stava bene e mi salutava (ma che gentile!), però tutti i cerchietti con la spunta sul tabellone in camera da letto mi dicevano che stava avvicinandosi finalmente la data del rientro di Donatella, che, infatti, di lì a poco mi chiamò da Bournemouth.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><p style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;"></p><div style="text-align: justify;">Così, dopo una serie di giustificazioni tipo arrampicata sugli specchi riguardo la sua difficoltà di comunicare (mancava che mi raccontasse che aveva finito i soldi per i francobolli e avrei preferito che mi dicesse che non aveva avuto il tempo e nemmeno la voglia di farsi sentire) venni a sapere che aveva incontrato nel college una simpaticissima ragazza veneziana di nome Martina (le amicizie che faceva lei erano sempre "issime" in qualcosa), con la quale aveva fatto amicizia e che, visto che avrebbero preso lo stesso volo che arrivava a Linate alle nove di sera, mi avrebbe contattato un tale Jacopo, che era il ragazzo di questa tizia, perché ci mettessimo d’accordo e andassimo assieme a Milano a prenderle per scortarle a casa e, immagino, portare i bagagli. Casomai non lo avessi capito, era una precettazione. Dunque, che non mi passasse neppure per l’anticamera del cervello di non essere in aeroporto per il loro arrivo. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Quando questo ragazzo mi telefonò decidemmo di comune accordo di prendere un bell’Intercity che ci avrebbe portato a destinazione per le otto di sera, con tutto il tempo di prendere un panino al volo in stazione centrale e un taxi per andare a Linate, dove poi, tra atterraggio, sbarco, ritiro bagagli e dogana difficilmente le nostre donne sarebbero comparse davanti a noi prima delle dieci. Così, il giorno stabilito incontrai questo Jacopo davanti alla biglietteria della stazione. Non faticai a riconoscerlo. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Era proprio come me l’aveva descritto impietosamente Donatella avendolo visto in foto quando le avevo chiesto come avrei fatto a riconoscerlo: un tipo abbastanza scialbo, alto, con gli occhiali e un accenno di calvizie precoce, però a me sembrava una persona gradevole, educata e aveva un sorriso simpatico.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiCY6eHyquTHHhfllhzyRZ6SwEnx7auxxym8vpBWB3s8EdIeWPixgxiZe59oKP3Cj1Lojw5eU8up8Uk6KgVoNVHf5azT8fwhLOYl1sEC4ePyd7eVTqSz43gG7LZ_o0DaS-ef5tjjr9UnjDg/s2048/foto+Adrian+1+039.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1536" data-original-width="2048" height="348" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiCY6eHyquTHHhfllhzyRZ6SwEnx7auxxym8vpBWB3s8EdIeWPixgxiZe59oKP3Cj1Lojw5eU8up8Uk6KgVoNVHf5azT8fwhLOYl1sEC4ePyd7eVTqSz43gG7LZ_o0DaS-ef5tjjr9UnjDg/w486-h348/foto+Adrian+1+039.jpg" width="486" /></a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Appena preso posto nello scompartimento scoprimmo presto di avere un punto in comune su cui essere solidali: la tirannia delle nostre donne. Lui era seccatissimo, visto che lavorava in Comune, di aver dovuto prendere un giorno di permesso per andare a fare il portabagagli a Milano, città dove esistevano di certo centinaia di taxi in grado di accompagnare in sicurezza due fanciulle dall’aeroporto di Linate sino alla stazione centrale e d’imbarcarle sul treno per Venezia, dove noi potevamo amorevolmente attenderle anche a notte fonda, ma senza terremotare le nostre vite. Atterrare a Milano, contrariamente a come sembravano pensare quelle due, non era come farlo in Patagonia o nella giungla tropicale. C’erano ampi margini di sopravvivenza e il mio compagno di viaggio sosteneva che a parti invertite loro non avrebbero mosso le chiappe (testuale) per noi. La sua posizione rispecchiava fedelmente il mio pensiero e il giovanotto entrò subito nelle mie simpatie. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ci divertivamo molto a passare al setaccio dell'ironia anche tutti i racconti di college delle nostre donne. Jacopo mi aveva rivelato che ad un certo punto la sua Martina e Donatella (che stranamente non aveva avuto il coraggio di dirmelo) avevano pensato di uscire dalla scomodità spartana del college e di affittare un appartamentino tutto per loro. Di conseguenza, considerando i prezzi correnti degli affitti a Bournemouth, che è una cittadina balneare molto rinomata, avevano progettato di trovarsi un lavoro per mantenerselo. Che non si pensasse che erano mantenute dai loro padri </div><div style="text-align: justify;">Così erano andate in diverse agenzie di collocamento dove le avevano sempre buttate fuori brutalmente per un motivo talmente ovvio che solo a loro poteva non venire in mente. </div><div style="text-align: justify;">Infatti, le due principessine sul pisello, oltre a parlare male l'inglese, si presentavano a cercare lavoro tutte elegantine, con le loro belle borsette di Fendi, le camicette di Cacharel e il foulard di Hermes al collo in mezzo a donne delle pulizie, cameriere e lavascale. La mia immaginazione fervida mi rimandò subito la scena di Donatella, con il filo di perle al collo, seduta tutta compunta in sala d'attesa tra due grasse lavandaie piene di birra, tatuate e con i capelli tinti d’arancione e scoppiai a ridere fino alle lacrime e Jacopo con me, tanto che quando venne il controllore a vedere i biglietti ci disse qualcosa mentre ce li restituiva, ma non ci badammo affatto, che tanto doveva essere una cazzata. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Verso le sei di sera il treno, come previsto, effettuò una lunga sosta tecnica di quasi venti minuti alla stazione di Verona, per poi ripartire cigolando in perfetto orario. Noi continuavamo a discutere briosamente e a raccontarci tutte le cavolate delle nostre dame, ridendo come matti delle loro fisime. </div><div style="text-align: justify;">Questa Martina, poi, da come me la descriveva Jacopo, sembrava fatta con lo stesso stampino di Donatella, forse anche più delicatina e imbranata nelle cose elementari di tutti i giorni e la cosa mi metteva ulteriore ilarità. Una veneziana che ti chiamava disperata in ufficio perché si era persa tra le calli, era una novità assoluta e non vedevo l’ora di conoscerla. Così, di risata in risata, ad un certo punto guardai fuori dal finestrino scorgendo strane sagome scure tra le prime ombre della sera che calava e subito mi venne spontanea una domanda: “<i>Scusa Jacopo, che tu sappia, si vedono dei monti sulla linea per andare a Milano?</i>”. </div><div style="text-align: justify;">Lui ci pensò su un attimo e mi fece cenno di stare tranquillo “<i>Ma sì... certo. Dovremmo essere a Brescia tra poco e mi ricordo che qualche altura sullo sfondo si vede, Sono le Prealpi bresciane. Anzi, magari è la Val Trompia</i>”. </div><div style="text-align: justify;">“<i>Dici quella di Tognazzi che scalpellava un “troncio” enorme per realizzare un singolo stuzzicadente?</i>” </div><div style="text-align: justify;">“<i>No… quella lì era la Val Clavicola</i>” </div><div style="text-align: justify;">“<i>Vabbè, ma anche la val Trompia come nome sembra perfetta per montanari che scolpiscono i tronci, non trovi?</i>” </div><div style="text-align: justify;">Così ci rimettemmo a scherzare per un’altra ventina di minuti sul tema dei “<i>tronci</i>” e pure con battute goliardiche sui ragazzi bresciani che probabilmente andavano a "<i>trompiare</i>" nella Val Trompia, finché il treno fece sosta in una cittadina e un altoparlante incominciò a gracchiare: “<i>Stazione di Rovereto... Stazione di Rovereto</i>”. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTJCpXSGEDkUx0NkCXFYG45is09RYPwNPGMlc2GWtxOQjV8uK_DHpTAX6aaeQ17RkEWr9hW_Naaskdj0RRK4-og0zft2wnupx0E0MlEVGJFRmDwQumVBZTjxCYGX3JGWtCNWmJIIH3R7E-/s788/20171222_153541-1000x475.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="475" data-original-width="788" height="317" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTJCpXSGEDkUx0NkCXFYG45is09RYPwNPGMlc2GWtxOQjV8uK_DHpTAX6aaeQ17RkEWr9hW_Naaskdj0RRK4-og0zft2wnupx0E0MlEVGJFRmDwQumVBZTjxCYGX3JGWtCNWmJIIH3R7E-/w511-h317/20171222_153541-1000x475.jpg" width="511" /></a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Eravamo saliti sulla parte del convoglio che a Verona veniva staccata e agganciata al treno per Monaco di Baviera e probabilmente il capotreno ci aveva detto di cambiare scompartimento e non una cazzata da non prendere in considerazione. Dunque, invece che a Milano eravamo diretti al Brennero. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Scendemmo di corsa, trafelati e angosciati. Sentimento che aumentò a dismisura appena scoprimmo che il primo treno per tornare a Verona era tra un’ora e quaranta minuti e che una coincidenza per Milano c’era solo alle dieci e mezza con arrivo a destinazione a mezzanotte e venti, salvo ritardo. Gridammo all'unisono: “<i>Cazzoooo! Quelle due ci mangiano vivi…</i>” ricevendo le occhiate indignate di un gruppetto di signore che assieme a due suore aspettavano il locale per Trento sulla nostra stessa pensilina . </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Escludendo di espatriare in Germania per sfuggire alle nostre responsabilità e non avendo alternative, appena tornati a Verona prendemmo il treno per Milano e, una volta scesi nella Stazione Centrale semideserta, scorgemmo qualche binario più in là due derelitte sedute sulle valigie in attesa del treno per Venezia delle quattro di mattina, perché per aspettarci invano a Linate avevano perso quello delle undici. Mentre ci avvicinavamo di corsa, sentii distintamente questa Martina dire a Donatella: "<i>Eccoli i due coglioni!</i>" ma, considerando la situazione che si era creata, ci poteva stare.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Fu una scenata epica e irriferibile durante la quale Martina lasciò Jacopo su due piedi e Donatella, dopo una lunga filippica sul tema della mia idiozia conclamata, non mi rivolse più parola durante tutto il tempo del viaggio di ritorno e una volta a Venezia, se ne andò a stare dai suoi genitori, dicendomi che non sapeva se e quando sarebbe tornata. Soprattutto “<i>se</i>”. Provai a telefonarle a casa la mattina seguente per fare la pace, ma rispose sua madre per dire che Donatella non aveva alcuna intenzione di parlare con me. Subito dopo aggiunse gelida di suo: “<i>Comunque, sappi che anch'io non ho parole per quello che hai fatto a mia figlia</i>”. Poi riagganciò svelta senza che potessi replicare. E francamente, per onestà intellettuale, devo ammettere che non aveva tutti i torti.</div><p></p>Carlo Volebele Vayhttp://www.blogger.com/profile/14678576870905270096noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5772457176063942058.post-40962568845480802652020-12-08T06:36:00.009-08:002020-12-08T12:32:57.817-08:00Di noi che sognavamo di andare in India sulle orme dei Beatles e delle nostre ragazze che invece se ne andavano per davvero in Inghilterra <div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Chi ha bazzicato da ventenne gli anni settanta probabilmente ricorderà che frammisti al magma ribollente delle lotte politiche, dei cortei per il Vietnam e delle occupazioni, dei nuovi stili di vita, della questione femminile che avanzava, di Woodstock, del profumo del patchouli e delle prime canne, assieme ai pantaloni a zampa di elefante per lui e alle gonne da zingara lunghe e a fiori per lei c'erano due punti fermi: noi ragazzi volevamo andare in India e loro, le nostre ragazze, volevano andare in Inghilterra. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Sfortunatamente, in quel periodo i nostri sogni di viaggio in India sulle orme dei Beatles, del suono del sitar, del curry, del pollo tandoori e dei santoni alla Sai Baba rimasero solo esercizi teorici e velleitari. Erano bolle di sapone lievi e dai mille colori (come se fossero uscite da Lucy in the sky with diamonds) che scoppiavano di fronte alla prima difficoltà. Il guaio era invece che le nostre ragazze, quando volevano andare in Inghilterra, visto che il viaggio era molto più comodo consistendo in un’oretta di volo, beh... loro ci andavano davvero. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Noi sognavamo innocentemente, quindi, ma le nostre ragazze al solito erano molto più concrete. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La sera dopo la mancata partenza per il nostro viaggio, accuratamente pianificato dopo un mese di riunioni all'osteria da Codroma, con il tavolo ingombro di carte geografiche, bicchieri di vino e cicchetti, per l’improvviso voltafaccia dei compagni d’avventura automuniti che improvvisamente avevano preferito optare per un viaggio a Capo Nord, chiamai Donatella, la mia ragazza dell'epoca già nota a queste cronache, per sapere se aveva voglia di prendere un gelato (e magari darmi anche un po' di conforto spirituale e possibilmente anche non). Lei fu molto laconica e mi rispose che accettava di uscire, ma che la dovevo andare a prendere a casa (in quei giorni, visto che io avrei dovuto partire, stava dai suoi), richiesta che m’insospettì alquanto, visto che era inconsueta e quindi doveva celare qualche insidia. Infatti, appena aprì la porta di casa notai che aveva stampato sul viso quel sorrisetto teso di quando aveva qualcosa di importante da dirmi anche se il primo approccio fu la presa in giro che aspettavo. </div><div style="text-align: justify;">“<i>Buonasera, amore mio… ma da dove spunti? Secondo il piano di viaggio, non dovresti essere già a Bucarest a quest’ora? Che ci fai qui da me? In Romania hanno finito i gelati o avete già finito i soldi?</i>” </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Senza raccogliere la provocazione, le spiegai tutto l’accaduto, il tradimento degli amici che avevano optato per l'autostrada comoda fino a Capo Nord e gli ostelli confortevoli (e, temo, le case di tolleranza dei paesi nordici) preferendoli incredibilmente al brivido del passaggio per le mulattiere scoscese del Khyber Pass e all’avventura delle notti nei sacchi a pelo, stretti accanto al fuoco in qualche prateria del Punjab, tra tigri e cobra e, di conseguenza, la conseguente mia sdegnata rinuncia. Così, alla fine lei disse:<i> “Beh… mi dispiace per te che ci tenevi tanto al tuo viaggio in India... però, non mi guardare male, ma avrei preferito che invece di mandarli a quel paese fossi andato a Capo Nord con i tuoi amici, così almeno non ti annoiavi e non saresti rimasto da solo” </i></div><div style="text-align: justify;">La guardai sorpreso. “<i>Perché da solo? Ci sei tu, no?</i>” </div><div style="text-align: justify;">“<i>No… non ci sarò. Siccome tu mi avevi detto che saresti stato in viaggio per almeno un mese, ne ho approfittato per iscrivermi ad un corso d’inglese a Bournemouth che desideravo tanto fare e così parto lunedì.</i>” </div><div style="text-align: justify;">“<i>Ah… quindi starai in Inghilterra per un mese anche tu?</i>”. </div><div style="text-align: justify;">“<i>No, sono tre mesi.. il corso a cui mi sono iscritta è trimestrale</i>.”.</div><div style="text-align: justify;">Il colpo era durissimo e cercai una mossa della disperazione. </div><div style="text-align: justify;">"<i>Ovviamente, visto che non parto più, non puoi rinviare la partenza vero? Neanche se ti dico che potremmo andare in Istria per una settimana noi due da soli?</i>" </div><div style="text-align: justify;">"<i>Ovviamente no... anche perché si è mosso mio padre per questo e lo sai che quando si muove lui è come quando si muove la regina a scacchi e tu hai solo pezzi leggeri: non c'è partita. Ma non fare quella faccetta delusa, prendila dal lato giusto. In fondo ora, senza di me, potrai andare a vedere le partite del Venezia con i tuoi amici anche in trasferta...</i>"</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La guardai sorpreso per quella proposta che rivelava la sua grassa ignoranza sportiva. </div><div style="text-align: justify;">"<i>Ma quali partite? Il campionato è finito da un mese e riprende a fine agosto..</i>." </div><div style="text-align: justify;">"<i>Vabbè, e che sarà mai? Se non gioca il Venezia, non è che crolla il mondo. In fondo puoi andare in spiaggia, fare le ore piccole in campo a parlare di politica, girare la laguna in barca e puoi anche fare le partitelle di calcio con i tuoi amici, non sei contento?" </i></div><div style="text-align: justify;"><i>"Ovviamente no..." </i></div><div style="text-align: justify;"><i>"Altrimenti puoi sempre preparare un paio di esami per la sessione autunnale, che non ti farebbe male. Preferisci questo?</i>" </div><div style="text-align: justify;"><i>"Ovviamente no." </i></div><div style="text-align: justify;">Quella sera non presi più il gelato perché mi era passata la voglia e lei, che forse un po' si sentiva in colpa, aprì una bottiglia del prezioso Glenfiddich di suo padre per riempirmene un bel bicchiere e ridare un po' di colorito al mio viso improvvisamente esangue. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Riflettendo meglio nei giorni successivi considerai che, al di là del modo con cui mi veniva imposto, il fatto in sé non era del tutto negativo perché, malgrado fosse un sacrificio stare senza la mia compagna per tre mesi, poteva essere utile ad entrambe per ritrovare gli stimoli perduti, visto che da qualche tempo il nostro rapporto si stava trasformando in routine e la cosa non prometteva bene. </div><div style="text-align: justify;">Così, venti giorni dopo ero con i suoi genitori a salutarla in aeroporto. Prima che passasse il cancello del volo l’abbracciai e le dissi scherzando: “<i>Fai la brava...</i>”. </div><div style="text-align: justify;">Lei rispose <i>“Perché dovrei?”</i> poi sorrise maliziosa e mi fece il segno delle corna agitandomele davanti agli occhi. </div><div style="text-align: justify;">Mi misi a ridere, la baciai, poi le bisbigliai a mezza voce: “<i>Guarda che so benissimo che sei una zoccoletta, non c’è bisogno che me lo ricordi. Ma non farlo sapere agli inglesi</i>”. </div><div style="text-align: justify;">Lei rise a sua volta, forse perché sapeva che avevo ragione, poi mi girai e vidi sua madre bianca in volto. Aveva sentito e non aveva riso affatto. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">In seguito, non avendo proprio l’umore giusto, con una scusa rifiutai il passaggio di ritorno dei suoi genitori e rientrai a Piazzale Roma con l’autobus. Decisi di andare a piedi fino all’Arsenale per farmi sbollire i cattivi pensieri, anche se il cielo, per una strana sintonia con il mio umore, si era incupito di colpo e aveva cominciato a piovigginare. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Non avendo voglia di incontrare gente e volendo stare solo con le mie riflessioni, lasciai la confusione di Strada Nuova e me ne andai per le “<i>sconte</i>”, come i veri veneziani. Strada facendo per calli e ponti ripensavo alla profezia di mia madre su chi assaggia il dolce vino del tradimento che poi ne vorrà bere ancora e così l’angoscia che potesse succedere davvero durante il soggiorno inglese di Donatella mi fece sentire un improvviso senso di gelo nello stomaco. Provai a prendere un caffè, per vedere se mi passava, ma non fu una buona idea, perché quel senso di oppressione aumentava passo dopo passo, tanto che ad un certo punto mi venne una nausea fortissima. Sentii i sudori freddi, vidi tutto diventare blu ed ebbi appena il tempo di appoggiarmi alla balaustra della fondamenta per riprendere fiato e far passare quel malessere. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Dovevo essere talmente messo male che una signora anziana che aveva visto la scena mi avvicinò premurosa per sapere come stessi e poi, anche se tentavo di farle capire che non era il caso e che stavo meglio, volle a tutti i costi portarmi in un bar a prendere una camomilla per aggiustare lo stomaco. </div><div style="text-align: justify;">Alla fine, anche se era una perfetta sconosciuta, poiché un nobiluomo muore ma non tace, le raccontai tutto e lei mi rassicurò con una serie di luoghi comuni sull’amore che almeno mi rasserenarono. Le offrii volentieri una tazza di cioccolata. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Da quando avevo visto Donatella imbarcarsi al Marco Polo erano passate almeno tre ore e mezza. Così, come aprii la porta di casa vidi la lucina della segreteria telefonica che lampeggiava. Era lei che aveva già chiamato da Luton per dirmi che il volo era andato benissimo ed era arrivato in perfetto orario e a me fece impressione sapere che aveva fatto prima lei ad andare a Londra di me che dovevo tornare a casa. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La sera, dopo aver comperato dalla tabaccaia giù dal Ponte di San Martino, che teneva anche robe di cartoleria, un bel cartoncino bristol, un righello e dei pennarelli, creai un tabellone molto grazioso graficamente dove riportavo in allegri cerchietti colorati tutti i 92 giorni che mi separavano dal ritorno di Donatella. Poi lo appesi con lo scotch in camera da letto nello spazio tra le due finestre e smarcai soddisfatto il primo giorno. Me ne mancavano novantuno, è vero, ma intanto il primo era già alle spalle. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">I primi giorni, in ogni caso, si rivelarono molto meno duri di quanto temessi, anche se all’inizio m’intristiva apparecchiare la tavola solo per me e soprattutto sentire il suo cuscino freddo accanto al mio. Non avevo alcuna voglia di fare la spesa e neppure di cucinare e dunque aprivo la scatoletta di tonno o mi portavo a casa qualche tramezzino. Per fortuna, realizzai presto che se con la mia compagna lontana ci stavo male, però almeno non avevo più orari e regole. Potevo stare a discutere con gli amici fino a tardi e potevo anche invitarli a casa mia per il bicchierino della staffa senza chiedere il permesso a nessuno. Dunque, dopo due anni di proibizionismo, iniziai di nuovo a rifornire il carrello dei liquori. Ero libero di mangiare quel che volevo e quando lo volevo, come un panino con la mortadella alle undici di sera, da buttar giù con un bicchiere raso di Merlot. L’ideale per qualche vecchio film giallo in televisione. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Di seguito avevo riscoperto la bellezza di sgranocchiare grissini a letto leggendo un bel libro sino a notte fonda, senza nessuna che protestasse per le briciole o per la luce accesa. Inoltre, dopo aver gettato il suo cuscino in armadio tra le palline di canfora, come rappresaglia per il trattamento riservato alle mie pipe, avevo realizzato di poter finalmente dormire di traverso e scalciare via le lenzuola senza che qualcuna si lamentasse di aver freddo. Potevo anche fumare le miscele più pestifere senza aprire le finestre, suonare la chitarra acustica con l'armonica e cantare a squarciagola le canzoni di Neil Young senza nessuna che trovasse da ridire, a parte la signora Zambon del piano di sotto che batteva il tempo con la scopa sul soffitto. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Insomma, questa era la vita che rientrava alla base. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Siccome poi i vecchi compagni di scuola e gli amici servono sempre, dopo una convocazione telefonica per una spaghettata “<i>alla brutta</i>” a casa mia, si era messo subito in moto il meccanismo della solidarietà maschile e così mi avevano invitato a qualche partitella di calcio in amicizia (e nella scatola degli scarpini bullonati avevo finalmente ritrovato una delle pipe mancanti, la costosissima Charatan). </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh5WoJphjvGuCfYraEElg1mzbUyP4VhFX8yO77a-qxK8tz8TqkGiOmN78MH8c_yjYB1OqnrznkDQl6Ru9TnuMLFHPMGSuH1VfKeHbeOxevwKBcHy7GbMbrYaotlwgK3FIl7TrS6aMlQrLEJ/s1284/IMG_0539.JPG"><img border="0" data-original-height="1284" data-original-width="1095" height="452" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh5WoJphjvGuCfYraEElg1mzbUyP4VhFX8yO77a-qxK8tz8TqkGiOmN78MH8c_yjYB1OqnrznkDQl6Ru9TnuMLFHPMGSuH1VfKeHbeOxevwKBcHy7GbMbrYaotlwgK3FIl7TrS6aMlQrLEJ/w386-h452/IMG_0539.JPG" width="386" /></a></div><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Dopo una settimana finalmente arrivò la prima lettera di Donatella da Bournemouth. Due pagine fitte, con tanto di carta intestata dell’Università e francobollo della Regina Elisabetta sulla busta a righe rosse e blu dell’Air Mail. Constatato che, per fortuna, la lettera iniziava con un vistoso “<i>Amore mio adorato</i>” prima di iniziare a leggerla mi versai due dita di Laphroaig e mi sedetti comodo sul divano per assaporarla meglio. A parte tutta una serie di sue tipiche lamentazioni che m’interessavano poco sul cibo orrido, le stanze spartane, i bagni in comune e la poca acqua calda il testo conteneva descrizioni d’ambiente scontate e informazioni varie su docenti, studenti e i pub più in voga. Tutta roba archiviabile nel faldone: "<i>Interessa una beata cippa</i>". </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Un testo modesto e francamente deludente nello stile e nei contenuti, a riprova che la prossima laurea in lettere non le garantiva affatto di scrivere in modo interessante per il lettore. Per fortuna la lettera si chiudeva con un: “<i>Mi manchi! Mi manchi! Mi manchiiiii!!!</i>” sicuramente molto infantile, ma che mi mise di buonumore e pensai di essere un ragazzo fortunato. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La settimana seguente arrivò una cartolina da Stratford on Avon dove però i “<i>Mi manchi!</i>” erano diventati uno solo, così come i punti esclamativi. Immaginai che fosse per risparmiare sulla tariffa postale.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Un mese dopo giunse una nuova lettera che ne era priva del tutto e mi parlava per una striminzita paginetta e mezza di gite nella New Forest, di tali Gus e Columba, due amiconi simpaticissimi (per me dal nome idiota, ma pazienza) che suonavano la chitarra da dio (perché, io no?) davanti al fuoco dei falò. Mi dichiarava di aver compreso finalmente quanto fosse piccola e provinciale Venezia (ma va in mona...) e sottolineava quanto al contrario li fosse tutto bello, ordinato, preciso e pulito, con particolare e insistito riferimento alle cabine telefoniche laccate di rosso, che dovevano averla impressionata decisamente. Un compitino tirato via in stile: “<i>Racconta le tue vacanze</i>” e che sembrava fatto apposta per irritarmi, anche per via di quel “<i>baci</i>” messo in calce alla lettera che dava la stessa emozione di un rogito notarile. Ormai in preda alle malinconie avevo anche provato a telefonarle, ma il numero che mi aveva dato sua madre risultava essere quello di un fax. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Dopo varie ricerche, grazie all'operatore del servizio chiamate internazionali della SIP avevo trovato il numero giusto ma il centralinista del college, in onore della perfida Albione, mi aveva tenuto in linea per un quarto d'ora prima di dirmi che non sapeva chi fosse la persona che cercavo. Siccome non aveva capito una mazza del suo cognome, gli avevo fatto lo spelling ed era partito un nuovo quarto d'ora di ricerche interrotto solo da qualche “<i>Just a moment...</i>” e concluso alla fine mettendomi in linea con una tizia sconosciuta che sì, sapeva chi fosse Donatella, ma non era in stanza e non la si poteva rintracciare perché era andata nuovamente in gita nella New Forest con quel tizio di nome Columba e altri amici e dopo un rapido “<i>So sorry!</i>” mi riagganciò sbrigativamente sul muso. Mancava solo il: “<i>Ritenta, sarai più fortunato</i>”. Anzi, il “<i>Try again, you will be luckier</i>”. Ma come andò a finire e le vicende tragicomiche del suo ritorno, magari vi racconto tutto la prossima volta...</div>Carlo Volebele Vayhttp://www.blogger.com/profile/14678576870905270096noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-5772457176063942058.post-8537225746456351802020-10-11T08:53:00.006-07:002020-10-11T09:57:22.493-07:00Quelli che sono nati nel 1948 e le Topolino amaranto le hanno viste davvero<p><span style="text-align: justify;"><br /></span></p><div style="text-align: justify;">"Sulla Topolino amaranto si va che è un incanto nel’46 " cantava Paolo Conte in una sua bellissima canzone che ogni volta che la sento ha il potere di farmi naufragare nelle più vorticose malinconie. Perché io (ahimè!) sono nato nel 1948, nel letto di casa nostra (mia madre era andata a vedere al cinema Malibran un film con Totò e aveva riso tanto da rompere le acque) e grazie alla levatrice, una signora che abitava dall'altro lato della calle e che poi, per anni, ha continuato a farmi i complimenti per quanto ero diventato grande ogni volta che mi incontrava mentre andavo a scuola, mettendomi in imbarazzo. Dunque, le Topolino amaranto le ho viste di persona, assieme alle Lancia Aprilia, alle Fiat Giardinetta e a qualche Balilla residuale. Ma ho vissuto anche gli anni di De Gasperi, Gronchi, Scelba con le sue cariche di polizia, Fanfani, Nenni e Togliatti ma pure del bandito Giuliano. Con la vecchia Radiomarelli che troneggiava in cucina, con cui anni prima si ascoltava Radio Londra, ora sentivamo le notizie sulla guerra in Corea e qualche anno dopo, con il fiato sospeso, quelle sull'invasione dell'Ungheria e la crisi di Suez, con mio padre che un paio di volte era stato svegliato nel cuore della notte per uscire in mare con la Squadra navale perché c'era aria di guerra. Da bambino ho fatto a tempo a vedere film con Amedeo Nazzari, Alida Valli, Anna Magnani e Raf Vallone e ho sentito cantare Rabagliati, mentre Nunzio Filogamo presentava Sanremo con Nilla Pizzi, Achille Togliani e il Duo Fasano. Nello sport, grazie alla Settimana Incom che precedeva i film, ho potuto vedere in azione Coppi e Bartali, Primo Carnera "il gigante buono", i duelli automobilistici tra Fangio e Stirling Moss, mentre l'Inter aveva ancora in squadra Benito Lorenzi detto "Veleno" e il biondo svedese Naka Skoglund dal dribbling fantasioso, nel Milan giocava Schiaffino, nella Lazio c'era Selmosson detto "raggio di luna" e la Roma aveva l'uruguagio Ghiggia, che segnando il goal della vittoria nel finale aveva fatto piangere il Brasile intero ai mondiali, mentre la Juve schierava il danese Praest, Muccinelli e Boniperti. Dunque, di quegli anni dell’immediato dopoguerra che ho vissuto da bambino e di quel modo di vivere e anche dei suoi valori conservo ricordi ancora molto intensi e profondi. Che ora provo a raccontare, man mano che mi riaffiorano alla mente.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La nostra vita, all'inizio degli anni '50, era semplice e senza aspirazioni consumistiche. Eravamo tutti, insomma, dignitosamente poveri e impegnati a rimettere in piedi la nostra cara e sgangherata Italietta, uscita a pezzi dalla guerra. Infatti, pur in mezzo a tante vicissitudini, le fabbriche al nord, sgomberate le macerie, stavano lentamente riavviando la produzione e di lì a poco la povera gente del sud avrebbe lasciato le sue terre per affrontare (come i loro padri agli inizi del secolo) la dura vita dell’emigrante. E con loro tanti veneti e friulani che attraversavano la frontiera diretti al nord con le valigie di cartone in cerca di un futuro che qui non vedevano anche se oggi, che siamo benestanti, con la villetta stile Dallas, il Suv in garage e i dobermann che ringhiano al cancello per difendere la proprietà, facciamo finta di essercene dimenticati.</div><div style="text-align: justify;"><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgfNogIqMNSBsiIXA8zg_EgokC6c0K8tzSWiXdzWpWRpkmHD4q25mRIk-Xxp66u-qCHyxxBcu4IzQ3zXsYUZDOUrFxtkeEUEYG_n_pt2hNLQ3Nm1Z3r6X4AxZeBNNUJnabbASCzFfXMcWk6/s840/io+appena+nato1948+restaurata.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="646" data-original-width="840" height="356" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgfNogIqMNSBsiIXA8zg_EgokC6c0K8tzSWiXdzWpWRpkmHD4q25mRIk-Xxp66u-qCHyxxBcu4IzQ3zXsYUZDOUrFxtkeEUEYG_n_pt2hNLQ3Nm1Z3r6X4AxZeBNNUJnabbASCzFfXMcWk6/w463-h356/io+appena+nato1948+restaurata.jpg" width="463" /></a></div></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Le merci che non fossero generi di prima necessità avevano ripreso gradualmente a tornare nei negozi, ma la gente aveva ancora come necessario punto di riferimento lo stile di vita spartano degli anni di guerra e, d'altronde, non è che ci fosse molto da spendere nel superfluo. Anzi, in verità non c'era di che spendere tout court. Vi era, infatti, una larga fascia di popolazione che viveva in condizioni di reddito che oggi definiremmo d’estrema povertà ed anche la borghesia, che pure stava un tantino meglio, si arrangiava secondo livelli di vita che oggi considereremmo inaccettabili. Noi, grazie allo stipendio da ufficiale di marina (comunque statale, quindi magro per definizione...) di papà stavamo abbastanza benino, ma non tanto da permetterci quei due pasti completi al giorno cui oggi ci sottoponiamo con esiti fatali per la linea. La sera, come cena, la mamma ci presentava, infatti, un bel caffelatte (con la miscela Leone...) con tanto pane raffermo da inzuppare e - subito dopo - buonanotte, bacino e tutti a nanna. L'arancia, fonte invernale di vitamine, era solo alternativa perché con il caffelatte non ci stava e poi c'era da fare i conti con il proverbio della nonna secondo il quale "L'arancia è d'oro al mattino, d'argento al pomeriggio e di piombo alla sera". </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Tra l'altro, quando abitavamo a Taranto, al mercato si trovavano in abbondanza solo le "arance vanigliate", una varietà dolciastra e stucchevole che non mi piaceva affatto anche perché era piena di semi. Quindi vi rinunciavo volentieri. Ancora meno piacevole il ricordo delle spine dei fichi d’india che, assieme alle cozze fresche, venivano venduti sulle tante bancarelle adiacenti la passeggiata a mare nei pressi del ponte girevole. E rammento anche un pomeriggio di sgomento quando, avendo bevuto di nascosto dai miei un po’ di vino puro (che mi era tassativamente proibito) mi ricordai di colpo del curioso proverbio paterno: “latte e vino veleno sopraffino” e, soprattutto, del fatto che poco prima avevo mangiato della mozzarella, che, fino a prova contraria, era prodotta con il latte. Pertanto, essendo solo in casa e non potendo quindi contare su alcun tipo di soccorso, con socratico distacco mi rassegnai alla morte, ormai certa, per grave avvelenamento da latte e vino e mi stesi sopra il letto dei miei che - come si può ben immaginare - al loro ritorno mi ritrovarono immerso in un sonno beato, accompagnato da vigorose russate. Di lì a poco, ad ogni modo, il vino, doverosamente annacquato, mi fu concesso e mio papà m’introdusse anche alla bontà del V.A.L.Z, una bibita dissetante di sua invenzione (Vino, Acqua, Limone e Zucchero...). </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: justify;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh_ZdYWlDFbk5a0HRoVJRmfmfN_eEzT88Hc7_Uuwv08ggpOLmhbRlzs1E0tXGdYHHsaifnHgiSyEeOOR_0Ode18uMsKWmz6y_T2UGHyDJK9RqiXv1fhIF0vYteRSkLigsl4zzTKtmi6tUN1/s1426/COMUNIONE+MIA.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1014" data-original-width="1426" height="343" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh_ZdYWlDFbk5a0HRoVJRmfmfN_eEzT88Hc7_Uuwv08ggpOLmhbRlzs1E0tXGdYHHsaifnHgiSyEeOOR_0Ode18uMsKWmz6y_T2UGHyDJK9RqiXv1fhIF0vYteRSkLigsl4zzTKtmi6tUN1/w482-h343/COMUNIONE+MIA.jpg" width="482" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">la mia Cresima a Taranto (1956) con la signora sullo sfondo in evidente crisi mistica<br /></td></tr></tbody></table><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Tra i miei ricordi tarantini c’è ancora il cinema Lux, dove vendevano i gelati Lola con il doppio stecchino per separarlo in due parti e le litigate con mio fratello che sosteneva che spezzassi sempre il gelato a mio favore (e forse era vero...). Al cine Lux, vidi anche uno dei primi film americani di fantascienza (il pianeta proibito, mi pare si chiamasse) con un robot parlante e ne rimasi a lungo affascinato, tanto che a Natale me ne venne regalato un modellino che fu a lungo il mio giocattolo preferito. A Natale poi, a noi austeri bimbi degli anni '50, arrivava quasi sempre un unico regalo (spesso frutto di sapienti bricolage...) e, alla Befana, il calzino appeso lo si trovava riempito di qualche sparuta caramellina e di molte arance e mandarini. L'unico tesoro in mio possesso, una scatola con una trentina di cow-boy e indiani di gesso, si squagliò miseramente la volta che la dimenticai in terrazza sotto un acquazzone. Il rovescio di pianto che ne seguì fu di pari intensità di quello atmosferico.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Negli anni successivi, in quel di Venezia, il mio gioco favorito, quando non si giocava a "campanon" disegnando con il gesso sui masegni della riva i riquadri in cui saltellare a gambe unite o con un solo piede (ma a me non piaceva perchè le bambine erano molto più brave e vincevano sempre) o si pescavano le anguelle in Riva degli Schiavoni con il sughero e il pezzettino puzzolente di schia, era composto da un tacco da scarpe in gomma con il fondo tempestato di puntine da disegno per farlo scorrere con meno attrito. Con gli altri bambini si giocava a colpire le figurine dei calciatori - messe a turno in palio - lanciando da distante i tacchi e facendoli scivolare sui masegni come fossero dischetti da hockey su ghiaccio. Chi colpiva il mucchietto si teneva le figurine e poteva arricchire la sua collezione. In un luttuoso mattino del gennaio 1955 persi in un sol colpo le tre rarissime figurine di Skoglund, Montuori e Julinho e quel trauma me lo ricordo ancora oggi. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhhXajwAREozUTrcOEWPsLC-bw0UowFOoQKqRDNU32JyKD3NwLtXemUo4c2pICt9_HfePpuJEfZ9P_agUP_cCotf8SWOJ1F7cn_Ucjj9BXAUM87HK-ky6C_1l9Fhze6VSu-MTOO-Ef0tRVw/s638/1959-IL-MONELLO-N%25C2%25B02.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="638" data-original-width="448" height="508" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhhXajwAREozUTrcOEWPsLC-bw0UowFOoQKqRDNU32JyKD3NwLtXemUo4c2pICt9_HfePpuJEfZ9P_agUP_cCotf8SWOJ1F7cn_Ucjj9BXAUM87HK-ky6C_1l9Fhze6VSu-MTOO-Ef0tRVw/w357-h508/1959-IL-MONELLO-N%25C2%25B02.jpg" width="357" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="text-align: left;">Il robot del film "il pianeta proibito" che divenne il mio giocattolo preferito</span></td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: justify;">Nelle famiglie dell’epoca, comunque, non si buttava via niente. Mamme e nonne erano delle sapienti esperte d’ogni sorta di riciclaggio di materiali domestici. Bucce d’arancia, pane raffermo, mozziconi di sapone, giornali vecchi, fiammiferi usati... tutta roba che oggi finirebbe senza remissione in pattumiera e che allora era riportata a nuova vita con una fantasia illimitata. Non parliamo poi degli avanzi di cucina, dove si sfiorava il sadismo. Il pane vecchio che non finiva nel caffelatte o che non era tostato per la grattugia (e la relativa passata al setaccio...), era riproposto bollito con una cipolla e un filo d’olio e denominato pan bògio. La sua versione extra-lusso prevedeva anche l’incorporazione nella minestra fumante di un uovo crudo. Detto uovo crudo costituiva talvolta anche la mia colazione, tranne durante i soggiorni da mia nonna paterna a Rapallo quando, visto che ce lo producevamo con un piccolo frantoio in pietra giù in cantina, mi veniva proposto del pane abbrustolito inzuppato di olio e, a richiesta, leggermente strofinato con l'aglio. Di quell'uovo, ricordo ancora con apprensione gli sforzi sovrumani per succhiarne il contenuto attraverso i forellini che la nonna praticava in punta di forbice e l’improvviso sblòpp! con cui il tuorlo e l’albume viscido mi riempivano sgradevolmente la bocca. Nell'inevitabile polpettone del venerdì, momento di sintesi della settimana, finiva di tutto, tanto da essere conosciuto presso molte famiglie (e in seguito anche alla mensa FIAT) con il sinistro appellativo di Milite ignoto. La mia mamma produceva abilmente un finto sugo di carne che era composto da un soffritto di tutte le verdure e gli aromi che insaporiscono il ragù. Ma della carne, che si mangiava, si e no, una o due volte la settimana, neppure l’ombra. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Rimanendo sempre in tema d’economie domestiche, per i nati della mia generazione il concetto del vestitino nuovo era pressoché sconosciuto. I cappotti, i colli e i polsini delle camicie venivano puntualmente rivoltati per raddoppiarne la durata e i vestiti passavano di padre in figlio. Da un vecchio cappotto con la martingala di mio padre n’era fuoriuscito il cappottino con la martingalina che accompagnò la mia infanzia accoppiandosi nei giorni di gran freddo con i resti di un collo di lince appartenuto a mia madre e che, in seguito, terminò la sua ventennale ed onorata carriera sul cappotto di mio fratello Franco. La mia nonna materna era perennemente in azione con la sua Singer a pedale e con il gessetto bianco per segnare le stoffe sopra le carte modello quadrettate di Burda. Credo che a forza di cucire gonne e vestiti per la mia mamma e la zia, avesse pedalato almeno quanto Coppi e Bartali messi insieme. Anche per abbandonare un paio di scarpe occorreva che il calzolaio, all’ennesima richiesta di risolatura, confessasse l'impotenza della scienza calzaturiera a procedere oltre ed emanasse la luttuosa sentenza scuotendo consolato il capo (il calzolaio, in genere, non parlava mai perché aveva sempre la bocca piena di chiodini). Le signore che potevano permetterselo andavano dal parrucchiere giusto quelle tre/quattro volte l'anno per il taglio e per il resto provvedevano in proprio con messe in piega casalinghe, bigodini improvvisati e con strane alchimie per le tinture. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: justify;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi921W43m7HvAl7o7awecumcdV7X5cuEOWCiIm74LNAApy4q3VNQEGsGH8QAgREgY6pSDEOXmVNwT63qzmf6LLLzyofO6mp73fY9t9fYz8fIKlK3IQBRFa_cHrS_A_D06Z_AOH7-ahOnnJ8/s400/A+undici+anni+color+-+1959.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="400" data-original-width="278" height="582" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi921W43m7HvAl7o7awecumcdV7X5cuEOWCiIm74LNAApy4q3VNQEGsGH8QAgREgY6pSDEOXmVNwT63qzmf6LLLzyofO6mp73fY9t9fYz8fIKlK3IQBRFa_cHrS_A_D06Z_AOH7-ahOnnJ8/w404-h582/A+undici+anni+color+-+1959.jpg" width="404" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">il cappottino con la martingalina che poi finì a mio fratello<br /></td></tr></tbody></table></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Più tardi, verso l’inizio degli anni sessanta e sull'onda impetuosa delle prime spinte consumistiche, sarebbe apparso in molte case, tra cui la nostra, un diabolico arnese costituito da una calotta di plastica collegata con un tubo alla bocchetta del motore del mitico aspirapolvere Folletto (quello che viene ancora oggi venduto a porta a porta...). La cosa, invertito il flusso di aspirazione, doveva funzionare come il casco del parrucchiere. In realtà, oltre a dare la sensazione che un jet stesse decollando dal salotto di casa, l’arnese forniva degli splendidi esempi di come si potesse cuocere a puntino un cuoio capelluto e renderlo invitante con una glassata di polvere. Ai figli innocenti non veniva risparmiata dalle nonne l’umiliazione del taglio casereccio a scodella o della pettinatura all’Umberto (ultima tragica eredità di Casa Savoia...) con i capelli fissati all'indietro da spatolate di untuosa brillantina Linetti. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Tanto per continuare con qualche minimo esempio del vivere quotidiano, noi, che pure eravamo classificabili tra la media borghesia, all'epoca ci lavavamo con degli economici pani di quel sapone di Marsiglia che qualcuno continuava a fabbricarsi in casa come in tempo di guerra e che serviva indifferentemente per la faccia e per il bucato. Ma, per restare in tema di igiene personale, ricordo bene che l’uso del dentifricio era considerato da molte famiglie come un’americanata (subito dopo la guerra erano arrivati i Colgate, i Durban's e gli Squibb) e comunque superflua (e si sentiva...). Una sorte simile spettava all’uso della vasca da bagno che era molto parco e con l'acqua che veniva scaldata a parte per mancanza dello scaldabagno o per risparmio (le abluzioni di grandi e piccini avvenivano, se andava bene, con cadenza settimanale nel pomeriggio della domenica, con le nonne che sorvegliavano fuori della porta in grande apprensione). In molte case di civile abitazione (a noi capitò a Taranto, nelle case Incis dove alloggiavano molti dipendenti della Marina...) i servizi igienici, oltre ad essere il più delle volte collocati sul balcone o esternamente (incoraggiando così nelle notti gelide e piovose il poco igienico uso del pitale celato nel comodino) erano rudimentali e limitati al minimo indispensabile. Il bidè, il cui uso intensivo era limitato alle case di tolleranza, era considerato dalle famiglie normali poco più che un lavapiedi o, nel peggiore dei casi, una curiosa custodia per violino in maiolica. Esattamente come figli rassegnati mi dicono accada ancora oggi nella civilissima Inghilterra. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Non esistevano dunque gli shampoo delicati e/o medicamentosi alle erbe medicinali, i prebarba e i dopobarba, i dentifrici antiplacca, i coloratissimi colluttori, le lacche, le creme prebagno e dopobagno i deodoranti, i saponi al pH neutro (?!) e tutte quelle cose che troneggiano ingombranti sulle mensole dei nostri due bagni di casa e senza le quali oggi ci parrebbe di non poter vivere dignitosamente. Anzi, per dirla tutta, la gente doveva lavarsi decisamente poco, tanto che, sia nelle Forze Armate che nelle scuole si svolgevano, oltre a quelle contro la tubercolosi (dove, con un’offerta di 100 lire, ti davano i francobolli e un distintivo con un lungo spillone che era una vera arma impropria) delle periodiche campagne di sensibilizzazione anti pidocchi. Mio padre, fortunatamente, ci educò da subito (da buon militare qual era) all’uso spartano del sapone e dell’abbondante acqua gelata sul collo e dietro le orecchie (le mollezze borghesi dei lavacri con l'acqua tiepida ci erano sconosciute.). </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhK5QoX4PgHIceiUi5rjktS5bMgUB3Ma2xzNAMEMaPs5IaFYOhNGzc-7a2YSwqVHznwfRfHnZhM3otGIELBZBQt5X-YZLGOP9vv0rL7KJqXLJUxoiSytaHZPv8WpPpP-C0xZU-u4RXJO_B9/s269/download.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="269" data-original-width="187" height="559" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhK5QoX4PgHIceiUi5rjktS5bMgUB3Ma2xzNAMEMaPs5IaFYOhNGzc-7a2YSwqVHznwfRfHnZhM3otGIELBZBQt5X-YZLGOP9vv0rL7KJqXLJUxoiSytaHZPv8WpPpP-C0xZU-u4RXJO_B9/w388-h559/download.jpg" width="388" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">il dentifricio come strumento fondamentale dell'armonia di coppia.</td></tr></tbody></table><div style="text-align: justify;"><br /><br /></div><div style="text-align: justify;">Per restare in tema di abluzioni, ricordo che la rasatura della barba di papà e del nonno consisteva in una specie di cerimonia mistica, con lunghe lisciate di rasoio (quello a lama lunga, che richiedeva la mano ferma del chirurgo e la rassicurante presenza dell’allume di rocca sulla mensola del bagno) sulla striscia di cuoio grasso attaccata vicino al lavandino e la meticolosa preparazione del sapone nella ciotola con il pennello di tasso. Ci si impiegava oltre mezz'ora, giusto il tempo di far bollire la napoletana del caffè sulla stufa economica a legna. Le cucine a gas (con la bombola) erano, infatti, ancora privilegio di pochi. In casa nostra, come quasi dappertutto, troneggiava da tempo immemorabile la cucina economica a legna che, con il suo calore diffuso, consentiva agli alimenti cotture meno traumatiche di quelle impartite dagli attuali fornelli a gas e quindi di rilasciare quietamente gli umori più suggestivi. Grazie alla cucina economica a legna, invece, era possibile mangiare delle strepitose e digeribilissime paste e fagioli (rigorosamente di Lamon) così dense da tenere il cucchiaio ritto in piedi, come esige la più nobile tradizione veneta, oppure era possibile godere di intingoli tirati "alla cassopipa" (tra questi, il sughetto di cipolle, acciughe e uvetta passita per i bigoli in salsa che veniva lasciato a consumarsi per ore quasi al...tepore di candela) ma, soprattutto, raschiare sul fondo del paiolo le più croccanti croste di polenta che si potessero concepire. Il carbone e la legna per la stufa venivano accatastati nella grande terrazza coperta di casa nostra e venivano portati su per le scale, con gerle di vimini tenute in precario equilibrio sulla testa, da facchini anneriti e seminascosti da un sacco di iuta (ecco da dove mi veniva la paura dell’uomo nero!). Dopo un rifornimento di carbone si puliva per giorni la casa dal pulviscolo nero che si depositava su tutto. Poi c'era l'omino che passava periodicamente lungo le calli gridando "Donneee...è arrivato l' ombreller ... el gua" e aveva al suo fianco una bicicletta con una mola smerigliatrice per affilare pedalando i coltelli. Invece, in campo San Lio c'era un tale che vendeva le "pierette" e gli accendigas con voce tonante, i pescatori pellestrinotti stavano sui ponti con le ceste piene di pesce e granchi che scappavano dappertutto e in campo Santa Maria Formosa le contadine del Montello con delle enormi gerle di vimini vendevano le uova fresche e la domenica i fiori, mentre mia nonna che abitava al quarto piano quando suonava il postino e c'era la posta da ritirare per non fare le scale calava, come facevano quasi tutti, il cestino dalla finestra </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"> <table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhw1MIDJGw_SqM7aO12nvy_qc94gr0GvvUwgxRe6t5ZFn2Z0kxeQjXR8Jyp70uNhRoulq_6T3_C5NPkZZsVjPMyWYDlaJsRmD7NVhwL75aUhNB7ZTlVKI4I0aIlivls1_FJj4bX9HUdTavy/s2048/barcellona19800072+-+Copia.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1391" height="570" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhw1MIDJGw_SqM7aO12nvy_qc94gr0GvvUwgxRe6t5ZFn2Z0kxeQjXR8Jyp70uNhRoulq_6T3_C5NPkZZsVjPMyWYDlaJsRmD7NVhwL75aUhNB7ZTlVKI4I0aIlivls1_FJj4bX9HUdTavy/w386-h570/barcellona19800072+-+Copia.jpg" width="386" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Le contadine del Montello vendevano le uova fresche e la domenica i fiori</td></tr></tbody></table><br /></div><div style="text-align: justify;">Verso la fine degli anni '50 le cose cominciarono a migliorare, l’economia tirava, c'era una sostanziale stabilità politica (anche se il governo cambiava ogni sei mesi era in ogni modo invariabilmente democristiano!) e circolava già qualche soldino in più. Si cominciava così a conoscere la sottile ebbrezza dei consumi superflui. Il nostro primo televisore fece la sua comparsa nella casa di S. Lio all’incirca nel 1957 . Era anche lui un mastodontico Radiomarelli, lungo quasi come una Topolino. Fu messo a troneggiare nel nostro salotto sopra un vezzoso mobiletto, acquistato dal premiato mobilificio Dolcetta, in salizada San Lio, che faceva pendant per cattivo gusto con la credenza dai cerbiatti serigrafati sui vetri scorrevoli (altro pregevole manufatto Dolcetta) e i centrini di pizzo sui divani. Mentre il nostro primo frigorifero arrivò a Taranto, grazie all'ufficio della Marina che faceva gli acquisti anche per il personale, ed era un massiccio Kelvinator americano, che si apriva premendo un pedale e che quando chiudevi lo sportello tremava la casa.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Tra le altre immagini curiose che restarono impresse nei miei ricordi di bambino, c'è quella del nostro medico di famiglia che per praticare a mio nonno un salasso si era presentato a casa nostra con una boccetta di vetro da cui aveva estratto delle sanguisughe che gli aveva applicato sulla schiena. Ma, del resto, mi era stato raccontato che mia madre da ragazzina era guarita dalla scarlattina mangiando pezzetti di carne di rana cruda, che probabilmente fungevano da antibiotico, dunque non mi meraviglio di nulla, anche perché per curarmi da un orzaiolo, mia nonna mi fece guardare per qualche minuto dentro la bottiglia dell'olio (peraltro senza risultato alcuno). In molte case e anche nella nostra, sopra la credenza del salotto navigava anche, dentro una boccia di cristallo, di quelle per i pesci rossi, riempita di tè, il disgustosissimo e viscido fungo cinese. Era una specie di medusa che, come la triaca veneziana, dicevano servisse da panacea contro tutti i mali conosciuti. Soprattutto, ma non si doveva dirlo in giro, faceva dimagrire le signore, che, infatti, ingurgitavano appassionatamente litri di quel tè che a me faceva venire il voltastomaco. Qualche anno dopo arrivò in casa anche un altra cosa di gran moda: un registratore a nastro Geloso, grazie al quale scoprii, con mia grande delusione, di avere la voce come Paperino. Quindi, arrivò anche l’hula hoop, con la mamma e la zia che per snellirsi i fianchi si esibivano in contorsionismi da danzatrici del ventre, con il cerchio intorno alla vita. Ma su questo stendiamo un velo pietoso...e sopravvoliamo, così come sopravvolo sulle quantità industriali di DDT che mi devo essere inalato grazie all’uso disinvolto del flit da parte dei miei parenti. Bastava, infatti, che si avvertisse il ronzio di una solitaria e misera zanzarina nella mia camera da letto perché giungesse di corsa la zia, armata di stantuffo, a pompare energicamente nuvole dall’odore acre di benzina tutt' attorno. Qualche anno più tardi il DDT fu ritirato dal commercio in tutto il mondo, in quanto fortemente cancerogeno ed inquinante. Ne trovarono tracce perfino nel fegato dei pinguini al Polo Sud. Io, però, sono sopravvissuto. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: justify;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSZ-dl8DlGwUnNiddObT7OLn85ffy1tq9ZWto_i4CQiHmXG-AaWMroJmMADQksOWWqJLIIBslEXY2DU8OgK2lpnJCFGzoRDcykat6RLNkYQEDV6wyASYmTdRnPAaH68L_2oUxk2kkqOZ5P/s512/unnamed.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="510" data-original-width="512" height="414" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSZ-dl8DlGwUnNiddObT7OLn85ffy1tq9ZWto_i4CQiHmXG-AaWMroJmMADQksOWWqJLIIBslEXY2DU8OgK2lpnJCFGzoRDcykat6RLNkYQEDV6wyASYmTdRnPAaH68L_2oUxk2kkqOZ5P/w415-h414/unnamed.jpg" width="415" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Per Lascia o Raddoppia si fermava tutta l'Italia<br /></td></tr></tbody></table><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Tornando alla televisione, fu un vero boom, anche se allora non esisteva che un solo canale nazionale: prendere o lasciare! Nei cinema, quando c'era Lascia o raddoppia, si sospendeva a furor di popolo la proiezione e si portava un televisore sul proscenio per consentire al pubblico di vedere le imprese di una prosperosa tabaccaia di Pordenone, tale Bolognani, dell’elegantissimo Marianini e del prof. Degoli, quello che perse un montepremi allora favoloso confondendosi sugli strumenti usati da Mozart in una tal opera lirica, facendo nascere così il controverso caso del controfagotto che divise in due l’Italia (come per Coppi e Bartali...). Anche in casa nostra, quando appariva Mike con l’Edy Campagnoli, subentrava un coprifuoco di due ore, con la tavola che neppure veniva sparecchiata per non disturbare. Soprattutto la nonna assumeva nella sua poltrona uno stato di trance ipnotico a bocca aperta, dal quale era pericolosissimo svegliarla. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Lo stesso succedeva con il Musichiere di Mario Riva. Un giorno la nonna ritornò dal mercato di Rialto in stato di insolita eccitazione perché, ci raccontò, aveva stretto la mano di tale Spartaco D'Itri, un ruspante salumiere romano, campione in carica della trasmissione. Lo stesso era successo l’anno precedente a Taranto, quando aveva stretto la virile mano del cantante Gino Latilla. Mi sono sempre domandato, in seguito, cosa non sarebbe stata capace di fare se avesse incontrato Achille Togliani, il cantante bellone degli anni sessanta (ruolo che negli anni settanta toccò a Mal dei Primitives e, infine, a quel damerino con l’occhio da pesce lesso di Julio Iglesias). </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Da parte mia, e sempre a proposito di belloni e bellone, guardando quella stessa trasmissione mi presi una cotta tremenda per la valletta Lorella de Luca che sostituì quella, altrettanto tremenda, per l’attrice Eleonora Rossi Drago. Poi, crescendo, provai brevi (ma tremendi) trasporti per Lea Massari e Audrey Hepburn e, finalmente, approdai al mitico amore (platonico) di tutta una vita: Catherine Spaak. Un altra trasmissione che all’epoca mi piaceva moltissimo era Campanile Sera, con il povero Enzo Tortora, Silvio Noto che faceva il mimo e il gioco dell’oggetto misterioso, sul quale si cimentavano interi paesi, sindaco e parroco compresi, e che il più delle volte si rivelava essere un normalissimo rubinetto o un pelapatate, ma che, inquadrato sapientemente dalla telecamera, sembrava la testimonianza di una misteriosa tecnologia aliena. Naturalmente, in cima ai miei divertimenti si trovava lo spassosissimo Un, Due, Tre con Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello, che fu però interrotto bruscamente quando quei due ribaldi osarono fare il verso al Presidente della Repubblica che era precipitato dalla poltrona in diretta televisiva, durante la prima alla Scala di Milano. Nei palinsesti dell’epoca c’era anche una trasmissione a puntate che, stranamente, seguivo con molto interesse (ed il perché mi fu chiaro molti anni più tardi...). Si chiamava : “Viaggio lungo le rive del Po” ed era condotta dal grande scrittore Mario Soldati. Si trattava di un pigro vagabondare lungo la Val Padana alla scoperta di vini e cibi genuini. Da tale trasmissione ebbi i primi sentori della sublime esistenza del taleggio, della salama da sugo, del salame felino e del Barbaresco. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: justify;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjZOy7x8LaQgx2FJQv3DhCjfDwJLtypW94J4bNTp_scWQC74RRag3HTVjgO-XCbWFluzE6xgLem80MnalO6QdxuBuIiD-wybQ9wpFF7-0e2dQWUXtmjr02DNWac8R0M7tqQttoEAgKOUSSZ/s400/2449-20139513219_original.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="400" data-original-width="290" height="530" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjZOy7x8LaQgx2FJQv3DhCjfDwJLtypW94J4bNTp_scWQC74RRag3HTVjgO-XCbWFluzE6xgLem80MnalO6QdxuBuIiD-wybQ9wpFF7-0e2dQWUXtmjr02DNWac8R0M7tqQttoEAgKOUSSZ/w384-h530/2449-20139513219_original.jpg" width="384" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Quando c'era solo il Mottarello fiordilatte, ricoperto o al cioccolato<br /></td></tr></tbody></table><div style="text-align: justify;"> </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">In casa, fino all'avvento del frigorifero, avevamo anche un (quasi) lusso: la ghiacciaia. Questa era alimentata con grandi stecche di ghiaccio, dal costo di cinque lire, che erano prodotte dalla vetusta fàbrica del giàso, alla Giudecca. Le stecche venivano distribuite per la città con un apposito barcone il cui arrivo era annunciato con grandi grida dal canale. A queste, facevano subito eco le signore alle finestre, gridando per le ordinazioni. I facchini portavano in spalla le stecche su e giù per le ripide scale delle case, arpionandole con uncini di ferro tipo mattatoio. Per salire i quattro piani di casa nostra con tutto quel peso sulle spalle si accontentavano di: "un ombrèta de quèo bòn". Calcolando il numero di case visitate e di ombre conseguenti, dubito che a sera fossero in grado di reggersi in piedi. D’altronde l’offerta dell’ombra di vino, in una casa veneziana, era un fatto di normale ospitalità. Anche don Gino, il parroco di Santa Maria Formosa, quando veniva a benedire la casa con l'incenso e il chierichetto, di fronte all’offerta dell’ombra non si tirava indietro, tanto che, quando molti anni dopo, nel pieno del sessantotto, fu soprannominato il prete rosso qualcuno insinuò che fosse per via del Cabernet. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Le lavatrici e i detersivi "che più bianco non si può" erano di là da venire. In casa nostra sarebbero arrivate intorno alla metà degli anni sessanta. Nell’attesa, i panni si lavavano dentro la rugginosa vasca da bagno sfregandoli energicamente su un asse di legno con lo spazzolone e il sapone marsigliese (sempre lui!). Per sbiancare i lenzuoli che bollivano per ore nei pentoloni si versava la cenere nell’acqua bollente, rimestando in continuazione con il bastone. Il ferro da stiro era una sorta di carro armato di pesantissima ghisa e veniva perigliosamente alimentato riempiendolo di brace incandescente prelevata dalla stufa. Soppiantati poi dai ferri elettrici e a vapore ed essendo praticamente indistruttibili, finirono la loro carriera come fermaporta vivacemente colorati. Le mamme e le nonne, oltre a stirare impeccabilmente (con la riga dei pantaloni che faceva mia nonna ci potevi affettare il pane) e a ruotare e profumare la biancheria nei cassetti con i sacchettini di lavanda, controllavano assiduamente lo stato di tenuta di tutti i bottoni, rinforzandoli all’occorrenza. Così, fino al giorno in cui cominciai finalmente a vivere fuori di casa rimasi all'oscuro del fatto che i bottoni potessero anche staccarsi. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Dopo la conquista dell’indipendenza, e la scoperta della caducità di quegli utili accessori, mi adattai all’arte del cucire con l’entusiasmo dell’autodidatta. Ma, riuscendomi del tutto impossibile far passare un filo nella cruna di un ago senza attorcigliarlo irreversibilmente (ma come faranno le donne a farlo al primo colpo?) mi ridussi ben presto a pescare nel cestino da lavoro di mia madre esclusivamente aghi con il filo già inserito. Di conseguenza andavo in giro con i bottoni attaccati con fili dai colori più strani, cosa che faceva sghignazzare gli amici, ma inteneriva tanto le donne. Lo faccio ancora oggi, ma mia moglie non s'intenerisce. Forse ha sgamato il trucco... </div><div style="text-align: justify;"><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><br /></div></div>
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<div id="ftn1" style="mso-element: footnote;">
<p class="MsoFootnoteText" style="text-align: justify;"><a href="file:///C:/Users/Utente/Desktop/Sulla%20Topolino%20amaranto.docx#_ftnref1" name="_ftn1" style="mso-footnote-id: ftn1;" title=""></a><span style="font-family: "Times New Roman","serif";"><o:p> </o:p></span></p>
</div>
</div><div style="text-align: justify;"><br /></div>Carlo Volebele Vayhttp://www.blogger.com/profile/14678576870905270096noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5772457176063942058.post-46671468200563008872020-10-04T01:10:00.003-07:002020-10-04T01:38:57.447-07:00Diventa americano anche tu! Prontuario ragionato delle frasi più utilizzate su Real Time e Cielo<div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b>Lo adoro!</b></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Esclamazione tipicamente femminile che in America esprime approvazione istantanea e incondizionata per qualsiasi abito, paio di scarpe, accessorio purché pacchiano e costoso. Gli uomini americani sostituiscono il "Lo adoro!" con il classico "Wow!" pronunciato però come un "Waaaaaouuuu" con un numero di A e di U variabile in rapporto alla meraviglia e al gradimento suscitati. Mentre il "Wow!" maschile di solito cessa il suo effetto istantaneamente nel momento in cui lo si pronuncia o Charlize Theron nel film si rimette il reggiseno ed è comunque un'emissione singola, la caratteristica del "Lo adoro!" femminile è quella di replicarsi nel tempo, soprattutto se viene pronunciato in un atelier di moda, in un negozio di profumi e cosmetici o in una gioielleria e a volte provoca effetti collaterali anche gravi sulla Master Card. L'esclamazione "Lo adoro!" in presenza di un abito da sposa spesso precede lo scoppio di pianto (vedi) mentre, se avviene nel contesto di una gara di cucina, di solito indicherà l'apprezzamento unicamente per un singolo dettaglio del piatto da valutare, dal rametto di cerfoglio messo per guarnizione, alla goccia di salsa di lamponi del dessert caduta accidentalmente sul bordo del piatto con la tempura di gamberi. Rimane comunque un mistero come si possa esclamare "La adoro!" per la purea di pastinaca, che assieme alla quinoa e alle noci di macadamia imperversa nei vari Master Chef senza che nessuno ne capisca la necessità.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: center;"><a href="https://www.blogger.com/#"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi4FXeu_yEWuhfMcDa15_kd1KjEGhnFbOtdqt8sI6Jf6C8rCHdrozlIlDRekieIDs4J6UFtTheG3xEDBEfrLr2EwVZ0zKJMQgo6mRrhlK2VCtNlFKGalEynZRnrgqlj3kvNafpWykyMOnZ-/w520-h346/Abito_da_sposa_XXL_2000_jxjk1x.jpg" /></a></div><div style="text-align: center;">Ha appena pronunciato "Lo adoro!" ed ora sta osservando l'effetto "Big meringa"</div><div style="text-align: center;">prima del previsto scoppio di pianto che perfezionerà la vendita.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b><br /></b></div><div style="text-align: justify;"><b>Mi vien da piangere. </b></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Frase che di solito viene pronunciata quando, dopo essere riuscito a fare entrare a viva forza e con la promessa di ampie modifiche strutturali un'aspirante sposa da 120 chili in un abito nuziale di tre taglie più piccolo e da cinquemila dollari, dopo aver cercato invano di farle calzare quello da venticinquemila e in progressione decrescente di prezzo almeno un'altra mezza dozzina di capi, l'elegantissimo titolare del negozio, sempre sorridente ma esausto, può porre finalmente la fatidica domanda: “E’ l’abito giusto?”. A quel punto, dopo aver ammirato allo specchio l’effetto “big meringa” dell’abito strabordante di maniglie dell’amore e veli di chiffon, scoppieranno a piangere in rigorosa successione: la sposa, la mamma della sposa, la nonna della sposa (che in precedenza aveva cercato inutilmente di rifilarle il suo vestito degli anni '50) e le due damigelle rosicone che hanno stracciato i marroni a tutti disapprovando con metodo ogni vestito precedente anche quando la sposa sembrava convinta e aveva già esclamato "Lo adoro!" (vedi). Il pianto irrefrenabile, secondo la consuetudine americana, è il momento che suggella l’approvazione del contratto tra le parti e a quel punto inizierà anche quello del padre che dovrà staccare l’assegno. Il “Mi vien da piangere” è anche pronunciato da ogni concorrente di un Master Chef che presenti nell’invention test un “timballo di tortellini ripieni al cotechino con mousse di ceci, lenticchie e topinambur” di sua creazione, che, nella nostra edizione del programma, verrà subito definito da Barbieri un “mappazzone” e sarà seguito da un silenzio inquietante di Cannavacciuolo e dal piatto scagliato in pattumiera da Bastianich che veste i panni brutali di Gordon Ramsey in quello americano. In tali circostanze, normalmente il "Mi vien da piangere" è seguito a ruota dal "Sono deluso..." ma i più tenaci arrivano a rilanciare subito con il "Sono qui per vincere" (vedi) perché occorre infondere sempre al telespettatore ottimismo e positività. In un caso del genere, quando arriva l'inevitabile "Togliti il grembiule, sei fuori da Master Chef" si percepirà l'intensa soddisfazione, quasi erotica, dei giudici nel pronunciarlo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b>Sono al settimo cielo.</b></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La frase indica una località celeste che nel mondo anglosassone dev'essere affollatissima come la metropolitana di Tokyo nell'ora di punta. Infatti, nei vari programmi la salita al settimo cielo pare avvenga per qualsiasi cosa, dall'essersi aggiudicato un box a scatola chiusa (contenente solo stracci sporchi, videocassette VHS e paccottiglia) per soli settecento dollari, all'essere riuscito a squamare un salmone reale da 15 chili buttandone via solo un terzo. Ma anche dall'aver acquistato dai due fratelli in affari per soli seicentomila dollari la casa dei sogni sul limitare del bosco che andrà ristrutturata sempre che le termiti (vedi) non si portino avanti con il lavoro e una simpatica famigliola di grizzly non decida di conoscere i nuovi vicini, sino all'aver venduto al negozio dei pegni per 50 dollari il vecchio quadro di un certo Edward Hopper che il nonno teneva in casa, ovviamente dopo aver sentito il parere dell’esperto (vedi). Come la scala di Maslow anche la salita al settimo cielo può essere percorsa rovinosamente all'indietro e nelle gare di cucina di solito la frase in questione si colloca temporalmente a metà tra il “Sono qui per vincere” (vedi) e il “Sono deluso”.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b>Già! </b></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Esclamazione di cui viene fatto largo uso nei programmi ma di nessuna utilità pratica perché serve solo a confermare quanto appena detto dal concorrente precedente e agli autori per riempire qualche secondo di trasmissione e fare apparire in video una persona che altrimenti non avrebbe nulla da dire. Esempio classico il/la concorrente che afferma “La prova di oggi fa molta paura” e l’altro/a che inquadrato/a subito dopo dice con aria pensosa “Già!” senza aggiungere altro in modo che tu ti chieda quale possa essere il valore aggiunto della dichiarazione. L'uso puramente confermativo del "Già!" può presentare alcune insidie quando durante la gara uno dei concorrenti agita il pollice squartato che gronda sangue gridando "Mi sono tagliato!" e l'altro annuendo pensoso risponde "Già!" e per questo te lo pregusti riverso sul pavimento della cucina con un coltello da cucina piantato nello sterno.</div> <div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: center;"><a href="https://www.blogger.com/#"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgXILCagipGBxkb1r7mBu004fr5uUoFE9PCT6yeKeCEknk-pj-9NwJ2_qpe8_cCTpmkJB8p93ZUHotLnqxTpSrrQEw069e3AjM7OB1uWsDmZrZpj1xqb1fQl04KzO3ZbwBfdUoImsdSv7_B/w534-h401/pazzi_per_la_spesa_2012_scena_103a6b.jpg" /></a></div><div style="text-align: center;">Al centesimo jogurt alla banana verrà uccisa dai suoi bambini a colpi di cucchiaino</div><div style="text-align: center;">mentre il marito calvo le farà bere tutti quegli shampoo alla mela verde</div><div style="text-align: center;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b>Sono qui per vincere </b></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Convinta dichiarazione d’intenti che viene effettuata da ogni concorrente ammesso a partecipare ad un master chef o a una gara tra pasticceri e finanche tra chi possieda la malattia più imbarazzante e serve per rassicurare gli spettatori che nessun concorrente sia lì per pareggiare o perdere. Normalmente la pronuncia anche qualsiasi sposa che partecipi alla gara tra i quattro matrimoni, pur essendo consapevole che il suo si svolgerà in una chiesa rupestre persa tra le brughiere scozzesi e il ricevimento sarà nella vicina locanda con una sala da pranzo allegra come una mensa aziendale dove al suono delle cornamuse verrà servito da mesti camerieri in tartan del brodo tiepido di montone e dello haggis di interiora d’agnello. Qualche giorno fa la frase “Siamo qui per vincere!” l’ho sentita pronunciare trionfalmente in coppia da una moglie e un marito australiani che durante una gara di cucina tra cuochi amatoriali si apprestavano a servire ai giudici una polenta italiana cotta in forno e condita con aceto e limone. Non mi è stato difficile immaginare che le loro speranze di vittoria sarebbero rimaste tali… </div><div style="text-align: justify;"><b><br /></b></div><div style="text-align: justify;"><b>Farò (faccio) del mio meglio </b></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Enunciazione sia maschile che femminile che spesso viene equiparata a "Sono qui per vincere" in quanto apparentemente ne condivide il proposito ma che in realtà ne differisce per la presenza laica del dubbio. Nelle gare tra cuochi amatoriali, dichiararlo prima e durante la prova serve infatti per mettere la mani avanti e indossare le "iron underpants" quando si viene colti dal sospetto che forse il peperoncino Habanero nel ripieno dei calamari non ci sta molto bene e tanto meno in quella quantità. Affermare che si sta facendo del proprio meglio chiarisce comunque al telespettatore medio americano (che a questi principi è sensibile) oltre che ai giudici di gara che nessuno è lì per fare del proprio peggio o per lavorare in modo approssimativo, dunque l'Habanero non l'ho messo per caso, ma facendo del mio meglio, sappiatelo. La dichiarazione però pare non funzionare con la stessa efficacia nelle gare di cucina a coppie. Infatti quando la moglie aspetta impaziente le venti costine d'agnello da mettere al forno e il marito, a quindici minuti dalla fine, sta ancora togliendo il grassetto dalla prima, pronunciando infastidito all'ennesimo sollecito il "Sto facendo del mio meglio" verrà percosso più volte con la padella... </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjkLPrhTuNwKvi1KrQkRnE2-hinjcso8BHXpmbOgfflBuJBF_BiNSf_npLWf0A4V26qoP8bh23swXSwxtrEgIJjH0SF9qD7HpYZWI3Rtvb8xzZVUQNYGEPBDZYtusA1ltYT8y1Sns7loN7V/s634/Viewers-of-MasterChef-are-left-in-tears-by-the-stories-of-Khanh-Ong-and-Reynold-Poernomo.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="352" data-original-width="634" height="314" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjkLPrhTuNwKvi1KrQkRnE2-hinjcso8BHXpmbOgfflBuJBF_BiNSf_npLWf0A4V26qoP8bh23swXSwxtrEgIJjH0SF9qD7HpYZWI3Rtvb8xzZVUQNYGEPBDZYtusA1ltYT8y1Sns7loN7V/w494-h314/Viewers-of-MasterChef-are-left-in-tears-by-the-stories-of-Khanh-Ong-and-Reynold-Poernomo.jpg" width="494" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Quando i giudici di Master Chef Australia ti hanno appena suggerito <br />un uso alternativo di tutto quel peperoncino Habanero<br /></td></tr></tbody></table><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b>Sono angosciato/a</b></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Frase che viene spesso pronunciata dai concorrenti a Master Chef quando i giudici hanno assaggiato i calamari ripieni di peperoncino Habanero e sono ancora chiusi in camera di consiglio da tre ore. Di solito i presenti che l'ascoltano replicano con un "Già!" (vedi) che in tal caso prende il significato di un "Potevi mettercene di meno, coglione..." oppure con un "Va tutto bene" (vedi) che in quel contesto significa: "Anche se hai messo le mutande di ghisa, appena escono quelli l'Habanero te lo ficcano dentro con il bazooka". Il passaggio dal "Sono angosciato" al "Sono qui per vincere" (vedi) in tali circostanze non è possibile e al massimo si potrà esprimere un "Sono deluso" prima di correre dal proctologo. La frase è anche tipica di chi ha appena acquistato la casa di campagna da ristrutturare dai due fratelli e sente il trombettiere delle termiti che suona l'adunata e anche della sposa da 120 chili di stazza che ha comperato l'abito nuziale da 5.000 dollari e tre taglie in meno e ora deve tirare su la cerniera. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqfCAPoTrejgb0Ssq6dMCwl_mQEY0DbpwPITT4_7ra7t24oZJBuoh1Ide-zhxZkzrtO0kWnWB5diM_T-OSzd6a-S1LXcAQ05DG5DeL_Ix5SNHln89ZwiwlX0a2rpB9Nn_OH-Zj0mE2a6AH/s620/1%2529Gourmet+pork+tenderloin+with+a+side+of+cheesy+rice+and+wine+sauce%2527_MGbig.jpg"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqfCAPoTrejgb0Ssq6dMCwl_mQEY0DbpwPITT4_7ra7t24oZJBuoh1Ide-zhxZkzrtO0kWnWB5diM_T-OSzd6a-S1LXcAQ05DG5DeL_Ix5SNHln89ZwiwlX0a2rpB9Nn_OH-Zj0mE2a6AH/w456-h449/1%2529Gourmet+pork+tenderloin+with+a+side+of+cheesy+rice+and+wine+sauce%2527_MGbig.jpg" /></a></div><div style="text-align: center;">Quelli che a Masterchef Australia presentano un piatto di corn flakes</div><div style="text-align: center;">con panna e wurstel pensando: sono qui per vincere</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b>Va tutto bene (andrà tutto bene, nella nostra variante Covid)</b></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Frase che nella cultura pragmatista ed eternamente positiva degli americani ha un potente effetto sedativo e tranquillizzante e solitamente è presa in prestito dai film di guerra, quando il tenente la dice paternamente al suo soldato che, avendo messo il piede su una mina, ora si tiene le budella in mano, invitandolo ad essere ottimista, che tutto si risolverà per il meglio (di solito il poveretto spira un attimo dopo). In realtà, il significato corretto del "Va tutto bene" sarebbe: "Ci sei dentro fin al collo e se fossi in te nuoterei con la bocca chiusa". La frase, se utilizzata in certi contesti, nel mondo latino può assumere anche un forte contenuto ironico e provocatorio che invece nel mondo anglosassone non viene colto assolutamente. Per esempio dire "Tranquillo...va tutto bene..." quando il concorrente ha appena scoperto di aver dimenticato in forno le sue polpettine di astice e ora presenterà ai giudici una dozzina di biglie carbonizzate, di solito espone dalle nostre parti ad un immediato "Ma va a cagare, va..." mentre l'americano ti annuirà grato prima di pronunciare in rapida successione "Sono deluso " e "Sono qui per vincere" (vedi)</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: center;"><a href="https://www.blogger.com/#"><img border="0" height="297" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhzUxn_qg3BVb07hArXnRN7xIU4j0P17cSLeidi-9v44pW1To58lijVnculbGIhd78jpSuhtp_paPvMtvdEAudI7Qhz0hizQxKBB9affNJoLOlnlorl49ss3fwXdTBGDVurUi0ZLfCX0JTo/w551-h297/show_proposta.jpg" width="551" /></a></div><div style="text-align: center;">i fratelli furbacchioni che ti propongono la casa da ristrutturare </div><div style="text-align: center;">perché ha delle potenzialità (per loro)</div><div style="text-align: center;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b>Purtroppo ci sono le termiti… </b></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Tipico espediente dei due fratelli in affari per far sforare di almeno cinquemila dollari il budget del cliente gonzo il quale non ha ancora capito che, spaventandolo con cifre insostenibili dopo avergli chiesto che budget avesse o mostrandogli intenzionalmente dei ruderi per demotivarlo, alla fine lo hanno indotto a comperare una casa da ristrutturare "Perché ha delle potenzialità" (esclusivamente per il loro conto corrente) ma soprattutto perché così i restauri li farà uno dei due fratelli facendo, tra l’altro, demolire a picconate le pareti al loro cliente come se fosse un simpatico gioco in amicizia. Nel caso le termiti non fossero disponibili perché la casa dista miglia da qualsiasi bosco o giardino, ci saranno sempre l'impianto idraulico o i cavi elettrici marci o non a norma da sostituire. Sia le termiti che i cavi da cambiare sono sempre annunciati dal fratello carpentiere con la camicia a quadrettoni con l’aria falsamente mesta e prima che il cliente varchi la soglia di casa con la frase: “Ci sono brutte notizie…” seguita dalla cifra di quanto costerà rimediare che, probabilmente, è quanto serve a lui per andarsene in vacanza ad Acapulco. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b>Ti spiace se chiamo l’esperto? </b></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Frase che viene pronunciata dai titolari del negozio di pegni di “Affari di famiglia” dopo che l’astuto negoziatore di turno dalle idee chiarissime ha appena confidato fuori onda (che tanto quelli mica lo sanno) che per la sua lettera autografa di Abramo Lincoln intende chiedere almeno diecimila dollari, ma però potrebbe anche accontentarsi di cento. La convocazione dell’esperto (ne hanno sempre uno per qualsiasi cosa: dalla storia dei tappi di bottiglia, ai bottoni delle divise nordiste, dalle confezioni di supposte giapponesi della seconda guerra mondiale, sino alle figurine del baseball) in realtà serve, come nella migliore tradizione dei film di Totò a fare venire il compare che dopo aver sentenziato che per lui il reperto non vale nulla, consentirà al titolare del negozio di proporre un prezzo da strozzino motivato sempre da “Non posso darti di più perché anch’io ci devo fare un guadagno”. Alla fine, dopo una serrata trattativa a base di “Ti posso offrire al massimo trenta dollari” e di “Puoi arrivare almeno a quaranta?” le due parti si metteranno d’accordo per trentadue dollari, un pacchetto di sigarette e un ingresso al casinò di Las Vegas…</div><div><div><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody><tr><td></td></tr><tr><td class="tr-caption"></td></tr></tbody></table></div></div>Carlo Volebele Vayhttp://www.blogger.com/profile/14678576870905270096noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5772457176063942058.post-54894274950416761272020-09-26T05:30:00.014-07:002020-09-27T07:06:35.147-07:00Delle malinconie da estate finita, della spiaggia, della montagna di una volta e dei bauli via Mezzocorona.<p></p><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ecco! Ancora una volta l’estate è finita per davvero e ormai nella mia vita ne ho già archiviate settantuno (quasi tutte bellissime, intense e serene, a partire da quel luglio in cui è nato nostro figlio). Ci toccherà forse sopportare un po’ di giorni residui di sole e zanzare ma la polo è già ritornata nel cassetto assieme agli shorts e ormai la mattina ci si rimette la felpa, nell'attesa del maglioncino pesante. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Non ci crederete, ma, a pensarci, anche da pensionato provo ancora quella stessa sensazione di malinconia profonda che mi prendeva alla domenica sera dell’ultimo giorno di ferie, quando alla Domenica Sportiva finivano i servizi sulle partite del campionato appena iniziato e iniziavano quelli sull’ippica spalancandomi la finestra sul baratro del ritorno lavorativo a Torino. Anche perché alla frustrazione di ricominciare di nuovo la vita del pendolare a lunga percorrenza con le serate da single nel mio appartamentino di Barriera di Milano aspettando la telefonata di mia moglie per sentire almeno la sua voce, le ultime su nostro figlio e le vicende di casa, si aggiungeva il supplizio di dover trascorrere almeno le prime due settimane ad ascoltare, con l’aria doverosamente compiaciuta di chi in realtà vorrebbe tanto potersi sottrarre a quel rito aziendale, sempre gli stessi resoconti delle mirabolanti vacanze di colleghi e colleghe reduci dai vari villaggi vacanza con l'animatore simpaticissimo e le prime esperienze epiche con il windsurf “<i>Che sono riuscita a rimanere in piedi per quasi un minuto, tanto che l’istruttore mi ha fatto i complimenti</i> (un prezzolato, falso come Giuda),<i> ma poi era così difficile tirare su la vela piena d’acqua</i>”. Inevitabile anche il resoconto sul ricco buffet del villaggio, dove c’erano sempre degli astici grandi come aragoste, la fregola sarda onnipresente (anche nel cappuccino?) i culurgiones al pomodoro, le seadas con il miele a colazione e il formaggio di capra che mangiato lì ha tutto un altro sapore (beeee.. beeee...quanto è vero!) </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Non poteva poi mancare la narrazione dell'acquagym mattutino e pomeridiano al suono di Aserje: “<i>Che ho imparato anche a fare quel movimento con le mani tanto carino che fanno le Las Ketchup</i>” (segue dimostrazione immediata a cui era obbligatorio rispondere: “<i>Ma che brava! Lo fa proprio uguale…</i>” anche se, a tuo parere, una foca di Acqualandia l’avrebbe fatto con più grazia), di posti esotici improbabili scovati con il last minute (non ha mai sentito parlare di Sukhothai?) e finanche scottature da sole himalayano o da Sharm (lo El Sheikh tra la gente di mondo si dà per sottinteso). </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ma c’erano anche i racconti di tristissime vicende di bambini guasta-vacanze "<i>Pensi che il piccolo era appena guarito dal mal di gola preso al nido, che aveva avuto la febbre per tutta la settimana e quando avevamo pensato di esserne usciti fuori, poi il grande mi va a correre in bici al parco con quello scriteriato di suo padre, mi torna a casa sudato come una spugna bagnata e si prende la tonsillite proprio il giorno prima di partire" </i>(occorreva ascoltare con aria compunta e partecipe cercando di reprimere il ghigno satanico che ti aleggiava sulle labbra) da associare a racconti mitologici di grigliate pantagrueliche di pesce su spiaggia greca con l’Ouzo e la Retsina bevuti a garganella (nella variante croata con la Malvazjia) e perfino il tocco erotico (perché i sabaudi, ritenendola sconveniente e inopportuna in società, celano la sensualità sotto i tailleur con il filo di perle e le grisaglie da ufficio, ma poi un goccino gliene salta sempre fuori, come il Barolo chinato a fine pasto) del bagno nudi a mezzanotte sotto la luna, ma con la medusa vigliacca che ti becca proprio lì (qui correva il mio pensiero grato alla piccola vendicatrice). Non poteva mancare nei racconti anche il tocco thriller dell’incontro ravvicinato e spaventoso con lo squalo (che probabilmente era un tonno) facendo snorkeling a Pantelleria e le gite in barca con il mare mosso attorno a Panarea spacciate come il periplo di Cape Horn, ma però con i delfini che li salutavano (guarda 'sti pirla che rollano con la barca come su una Multipla!). Tralascio la mia collega che per cinque anni di fila mi ha raccontato, inesorabile come una cartella esattoriale, il modo in cui in Oman cuociono l'agnello dentro la sabbia fino ad indurmi a dirle: "<i>Guarda che ormai sarà cotto...</i>" (poi mi ha ignorato per i successivi cinque anni per il mio grave vilipendio all'Oman e alla sua cucina) e quell'altra che, penso per competenza territoriale trattandosi di ex possedimenti veneziani, mi ha stressato per mesi con il riccio che a Rovinj (Rovigno) l'aveva mandata al pronto soccorso con il piede trafitto dagli aculei e una brutta infezione, neanche l'avessi messo io... (però mi sarebbe piaciuto assai). </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinXmnqrA-Ziq_MQJz09l2-VRHbtPBhFpzlOkZvVq66YIHVQXhT6ungBNCZI1LKj6cQxwvoWZCmYZruoW43ky7gajHsztgusTFkVIMkIdLbNFZ4gpASlqoU1pkalu7bLUItieycxoeqOQ5x/s2048/notsch+riflesso+prato+effetto+autunno.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1365" data-original-width="2048" height="325" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinXmnqrA-Ziq_MQJz09l2-VRHbtPBhFpzlOkZvVq66YIHVQXhT6ungBNCZI1LKj6cQxwvoWZCmYZruoW43ky7gajHsztgusTFkVIMkIdLbNFZ4gpASlqoU1pkalu7bLUItieycxoeqOQ5x/w488-h325/notsch+riflesso+prato+effetto+autunno.jpg" width="488" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">N<span style="text-align: justify;">ötsch im</span> Gailtal, tramonto in un angolo agreste di paradiso<br /></td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Quando finalmente mi veniva chiesto “<i>E lei, dov’è stato di bello?</i>” ero costretto ad ammettere che per l’ennesima volta avevo trascorso le ferie a Nötsch im Gailtal, un minuscolo e sconosciuto paesino tra le colline e i laghi della Carinzia, immerso tra i frutteti e i campi di grano, appena dopo il confine, a solo due ore di auto da casa. Dunque, anche se mi affannavo a dire che era l’ideale per il bambino che si divertiva un mondo in mezzo alla natura incontaminata delle valli austriache venivo guardato con stupore unito al sospetto perché si capiva lontano un miglio che per trascorrere le ferie in un posto così poco originale e "trendy" dovevo nascondere qualcosa d'inconfessabile. Che poi, a ben guardare, c’era e lo ammetto, perché nel piccolo ristorantino da Andritsch dove la sera cenavamo sui tavolini nel prato, facevano il miglior filetto al pepe verde con le patate fritte mai assaggiato e Morena andava pazza per il Mohr im hend, un tipico dolce austriaco a forma di soufflè di cioccolato servito caldo, con il cuore di fondente che colava quando lo aprivi e la panna montata di guarnizione. Poi c’era la camerierina che ci serviva al tavolo, una dolce ragazzona di nome Siggy che studiava filosofia a Graz e che adorava nostro figlio Gianmarco, tanto che tutte le sere gli regalava (pagandola di tasca sua, credo) una barretta di Milky Way molto apprezzata, tanto che la sera prima di partire Morena ed io le abbiamo regalato un pendaglio per la collana, fatto a forma di cuoricino con i brillantini. Ma c'era anche la signora Brigitte, la vulcanica proprietaria dell’ Hotel Marko (e del vicino ristorante, ma anche del centro fitness, tanto ambito da mia moglie), che ci riempiva di cortesie e di colazioni pantagrueliche con ogni ben di Dio e organizzava per i pochi ospiti dell’albergo svaghi serali e a premio (un bicchiere di Obstler o un gelato) molto teutonici, tipo le gare di bocce con i birilli, piantare chiodi nel legno con un martello di gomma o la gara di mungitura con una mammella di mucca in gomma dove veniva versata dell’acqua a simulare il latte, con nostro figlio che si applicava con passione a massaggiare e tirare le mammelle per fare uscire più liquido possibile nel secchiello fino a fare sospirare un’anziana signora tedesca seduta ad ammirare affascinata tanto sfoggio precoce di tecnica: “<i>Oooh! diese kleine Casanova!</i>” , perché in queste cose noi veneziani, già da giovani, ci sappiamo far rispettare… </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgGpBXRMa5ofb5UVckko7wu2N6759fe1pBO5l6PE0XR6mRJuF6SOCSJ364E__R1x4DYiB8kUjoa36FH2Mv_9XFQLH1P1r86zFYiWwLNeIFEInHkkhs_spMbqceACG7_H40Vl-F69Y3VFdTw/s2048/kasnudeln.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1365" data-original-width="2048" height="321" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgGpBXRMa5ofb5UVckko7wu2N6759fe1pBO5l6PE0XR6mRJuF6SOCSJ364E__R1x4DYiB8kUjoa36FH2Mv_9XFQLH1P1r86zFYiWwLNeIFEInHkkhs_spMbqceACG7_H40Vl-F69Y3VFdTw/w482-h321/kasnudeln.jpg" width="482" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Che poi, anche la cucina carinziana avrebbe i suoi motivi di fascino...</td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Passando ai ricordi delle mie estati ruggenti (tralasciando per decoro le limonate dei diciotto anni all’interno dei capannini del Des Bains dopo aver ballato avvinghiati come Laocoonte con i serpenti, alla Pagodina sulla spiaggia e fino all'imbrunire al suono di “io che amo solo te”), le mie estati da adolescente erano suddivise in due fasi ben distinte. Il mese di giugno lo si passava ad annoiarsi in spiaggia al Lido perché il medico di famiglia, spiegando alla nonna che mi ospitava (mia madre seguiva mio padre da una base navale all'altra e io ero parcheggiato nella casa veneziana dei nonni per via della scuola) i motivi della mia scarsa concentrazione negli studi, aveva sentenziato che ero linfatico e che l’aria iodata sarebbe stata per me un vero toccasana. Dunque mi veniva impartito l'obbligo di esposizione al sole sul bagnasciuga per respirare l’aria marina a pieni polmoni e per le scottature la nonna mi ungeva la schiena con un misterioso olio di San Giovanni che le preparava il farmacista e che avrebbe dovuto lenire il dolore. Quando il medico, dopo aver curato quelle brutte scottature da sole, sentenziò che secondo lui ero anemico mi ritrovai ben presto in una tempesta di bistecche al sangue, mentre dopo la frattura esposta della gamba sinistra che mi ero procurato sciando all’Alpe di Siusi e scivolando come un pirla in una cunetta che non avevo visto dopo aver effettuato un Cristiania al termine di una discesa, fui condannato ad essere ingozzato di verza cruda a pranzo e a cena per il fatto che, secondo quel luminare della medicina, il maledetto vegetale era ricco di sostanze atte a favorire la calcificazione. Quell'uomo tanto prodigo di consigli e quella nonna così apprensiva per il mio pallore adolescenziale non mi risparmiarono neppure l’olio di fegato di merluzzo e il cucchiaio da minestra di ricostituente "Proton" da trangugiare prima di andare a scuola. Mi consolo pensando che se il nostro medico avesse sentenziato che ero stitico, sarei probabilmente affogato nei clisteri. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgXDo4wJEXhNT7WXzas4aIc6UJF10NA_-NSygngWr3pJ5ggzIYWYPu-dWLaUNpsfR6xOLoEIB1KOidWBT7OuCBfMrB000z0GMxlCmqOz3l89jNp2oX-HMH13g7-qrDKuRzQfV6VN0GwalBx/s400/baule.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="300" data-original-width="400" height="371" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgXDo4wJEXhNT7WXzas4aIc6UJF10NA_-NSygngWr3pJ5ggzIYWYPu-dWLaUNpsfR6xOLoEIB1KOidWBT7OuCBfMrB000z0GMxlCmqOz3l89jNp2oX-HMH13g7-qrDKuRzQfV6VN0GwalBx/w495-h371/baule.jpg" width="495" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il baule con tutti i nostri averi, che viaggiava per conto suo fino a Mezzocorona. <br /></td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Dal primo di luglio e fino all'inizio di settembre, abbandonate la spiaggia e il linfatismo da correggere scattava la seconda fase: quella delle vacanze montane a Moena, in Val di Fassa. Al tempo prendevamo in affitto ogni anno la casa di un certo Angelo Sommavilla, che mia madre contattava grazie al vicino albergo Rosengarten perché come la maggior parte dei valligiani di allora non aveva il telefono in casa. Questi era un rude montanaro che mio papà chiamava "Grande Capo Cavallo Basso" perché portava in testa un cappellaccio di feltro adorno di una lunga piuma di gallo cedrone e indossava perennemente dei vecchi calzonacci tirolesi con il cavallo all’altezza delle ginocchia. La casa, anche se piuttosto spartana negli arredi, era molto bella e piena di luce perché si trovava appartata sopra una piccola collinetta, da cui dominava gran parte del paese ed era circondata dai prati che costeggiavano la strada (allora) sterrata che portava verso la frazione di Sorte, la Malga Panna (oggi ristorante gourmet con una stella Michelin) e il Sass da Ciamp. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">I primi giorni nella casa di montagna erano vissuti nel disagio più totale nell’attesa ansiosa del fatidico arrivo del baule. A pensarci bene, i bauli sono stati una costante della mia gioventù. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Nei bauli, quelli grandi di una volta, di legno verde scuro, foderati di carta da parati con i gigli fiorentini e con le borchie dorate, ci stava una casa intera. Una volta, quando le famiglie partivano per la villeggiatura in montagna si effettuavano delle vere transumanze, con tutte le vicissitudini di un trasloco e il baule ne diventava il protagonista assoluto. Questi, infatti, viaggiava in treno per suo conto, prendendosela comoda e, di solito, nel giro di una settimana dalla spedizione arrivava ad Ora o in quel di Mezzocorona (via Trento) oppure a Calalzo (via Cadore). Occorreva indovinare. Bisognava poi trovare il volonteroso con il motofurgone (il prescelto era quasi sempre il fruttivendolo...) che ci accompagnasse al ritiro alla stazione delle autocorriere. Alla fine dell'impresa (perché tale era...) dall’enorme baule saltavano fuori, come da un inesauribile bazar, le agognate coperte, la borsa dell’acqua calda, la caffettiera, i piatti, le pentole… e la vita poteva riprendere la sua normalità. Tra le calamità estive (vipere, zanzare, colpi di sole...) emergevano dal baule, quasi sempre per mano della zia, anche i minacciosi compiti delle vacanze. Essi venivano regolarmente da me dimenticati inevasi in qualche cassetto il giorno della partenza. Tornando ai miei anni spensierati da ragazzino, Moena incarnava il concetto stesso delle vacanze. Che si aprivano ufficialmente con la cerimonia dell’acquisto delle pedule e della piccozza alla Famiglia Cooperativa (regolarmente si piantava la grana per avere anche la borraccia e il coltellino con lo scoiattolo sul manico, ma con scarsi risultati...). </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Papà e mamma erano dei grandi e appassionati camminatori e mia madre da ragazza aveva fatto anche roccia con impegno e aveva smesso solo perché una pietra staccatasi durante la salita per la via normale della parete del Sassòngher le aveva spezzato male una caviglia che non era più guarita del tutto e ogni tanto le si gonfiava costringendola a stare distesa a letto con il piede tenuto sollevato sopra un cuscino. </div><div style="text-align: justify;">In quegli anni, dapprima con i genitori e poi da solo o con amici, ho girato tutto il Catinaccio, il Sassolungo, il Sella e dintorni in lungo e in largo e, qualche tempo dopo, appena ho avuto l'età per farla, ho affrontato pure qualche ferrata facile, come il Santner e la nord dell'Antermoia (che un po' di fifa da vertigine in qualche punto molto esposto te la dava). Io, dopo le prime comperate alla famiglia Cooperativa, ho avuto per anni una bellissima piccozza da montagna (che poi ho perduto con gran dolore) di quelle vere, in acciaio, non come quelle da bambino che al primo colpo su un sasso si spezzava la punta e in ogni rifugio conquistato acquistavo la targhetta di metallo da applicarci sopra con i chiodini e il martello a testimonianza dell’impresa. La mia piccozza luccicava con almeno trenta targhette argentate e due smaltate a colori. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div> <table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhMqB8l7NHqogqt6J5foAL8PbqKk5i7ElS4M3LAAwzR3dk_fO9pKSTHP-zRnhaVo5Z4A22b4YYD9au0jsDiefEOOvk4x-an52lERIYMpACe9DNr8UNDyXN8DVcMEYDlfIpBIyJOKsgw09Af/s2048/diapo6gen20140002.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1380" data-original-width="2048" height="327" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhMqB8l7NHqogqt6J5foAL8PbqKk5i7ElS4M3LAAwzR3dk_fO9pKSTHP-zRnhaVo5Z4A22b4YYD9au0jsDiefEOOvk4x-an52lERIYMpACe9DNr8UNDyXN8DVcMEYDlfIpBIyJOKsgw09Af/w484-h327/diapo6gen20140002.jpg" width="484" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Vista dalla prima cengia della ferrata nord dell'Antermoia<br /></td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">E così, fin da bambino, ho imparato ad inebriarmi di vette azzurrine a perdita d’occhio e ad amare il silenzio delle alte quote, rotto solo dal vento che ogni tanto fischia attraverso qualche forcella o dallo scampanio delle mucche in fondovalle. E dal gorgogliare dei ruscelletti che sgorgano da sotto le macchie di neve scintillante. Con quell'acqua fredda come una lama, da bere a piccoli sorsi per placare la gola riarsa dallo sforzo della salita. La prima gita era tradizionalmente dedicata alla malga Roncac, con mio fratello Franco, la mamma e la nonna (che indossava le scarpe da città, con il mezzo tacco...) a scarpinare quaranta minuti in ripida salita per mangiare la panna con i lamponi. Il giorno dopo si stava tutti a letto, sotto i piumini, con le gambe indolenzite (e la nonna anche con le caviglie gonfie…). </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAr8dufgwojqgppXZEKuoSS2T287FtCcChA2v2PCh4Phl0_Cc8sHpVU_kJUs0AdQ7aoshAg0N-nnxLnRiXSKZJvdJzo_GrfL-qE2-2FzXIwef4e9CGpaEusd8_u-Xg6BgCYWTDueJ5Hv7D/s2048/mucca+su+prato+da+sotto.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1365" data-original-width="2048" height="328" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAr8dufgwojqgppXZEKuoSS2T287FtCcChA2v2PCh4Phl0_Cc8sHpVU_kJUs0AdQ7aoshAg0N-nnxLnRiXSKZJvdJzo_GrfL-qE2-2FzXIwef4e9CGpaEusd8_u-Xg6BgCYWTDueJ5Hv7D/w492-h328/mucca+su+prato+da+sotto.jpg" width="492" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Bruca bene, che poi ci regali il burro che profuma di erba e lo Spretz<br /></td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Nei giorni seguenti, finalmente, cominciavano ad arrivare alla spicciolata le famiglie degli altri villeggianti con relativi figli e l’agognata ragazzina milanese per la quale ti eri preso la cotta l’anno precedente, ma che anche quest’anno non ti filava, anche se poi all'ultimo giorno, dopo due mesi di sguardi enigmatici, scoprivi che la cotta per te l'aveva anche lei. Ad arrivi ultimati e ricostituite le fila delle amicizie, cominciava finalmente la stagione dei giochi a perdifiato. Poi, dopo tanti giorni di solleone, di gite per rifugi, di uscite per andare a funghi e infinite polverose partite di calcio, un giorno ti accorgevi che i temporali cominciavano a diventare più frequenti, l’aria diventava tersa e fresca (di sera occorreva il maglioncino...) e qualche cima s’infiocchettava di neve. Cominciavi a vedere passare tante macchine con il tetto ricolmo di valigie, gli alberghi si svuotavano degli amici e in quel clima di smobilitazione diventava sempre più difficile colmare gli organici delle squadre di calcio. Allora subentrava una malinconica attesa del rientro i cui sintomi erano dati dal riempirsi del baule e dalla progressiva sparizione al suo interno delle pedule, dello zaino, del bastone e della borsa d'acqua calda della nonna. Quando sparivano le scarpe da calcio, era proprio finita e di lì a poco si sarebbe tornati a scuola. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Vabbè, mi fermo qui perché mi è venuta la malinconia a pensare come si sono trasformate oggi quelle valli, quei paesi e le loro montagne per compiacere il turismo di massa. Metto in ordine nel baule dei miei ricordi più belli le immagini e le emozioni che mi scorrono in mente e lo spedisco via Mezzocorona…</div><p class="MsoNormal"><o:p> </o:p></p><br /><p></p>Carlo Volebele Vayhttp://www.blogger.com/profile/14678576870905270096noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5772457176063942058.post-4010092844374627362020-09-22T12:43:00.002-07:002020-09-23T07:46:39.459-07:00Come riuscire a trascorrere le settimane bianche anche in estate (parte 2 - com'è dura la montagna)<div class="separator"><div style="margin-left: 1em; margin-right: 1em; text-align: justify;"><br /></div></div><div style="text-align: justify;">Le mie incursioni notturne erano state respinte grazie a quel traditore collaborazionista di Whisky, con il pessimo risultato di farmi sgridare subito al mio ingresso in cucina per la colazione e di aumentare le misure di sorveglianza di mia madre, ma tuttavia, con una tenacia ammirevole decisi di riprovare per altra strada l’attacco alle virtù muliebri di Donatella. Così, appena quella dormigliona si ridestò e prese posto a tavola per il caffellatte e per divorare anche i miei crostini con il burro di malga e la marmellata di lamponi, approfittando del fatto che era ancora assonnata le proposi di andare a funghi e lei incautamente accettò. Ovviamente, la mia intenzione era quella evidentissima di recarci in mezzo ai prati per compiere sdraiati sull'erba fresca di rugiada quello che non eravamo riusciti a fare la notte prima in camera da letto. </div><div style="text-align: justify;">Mia madre, però, che sempre per via del trattato sull'arte della guerra di Sun Tzu, mi conosceva bene e sapeva prevedere le mie mosse, una volta udito cosa stessi proponendo arrivò subito dalla cucina con il fuoco di sbarramento.</div><div style="text-align: justify;">“<i>Scusa Carluccio..</i>.” mi chiamava sempre così quando voleva farmi capire tra le righe le cose che non gradiva, perché invece quando dicevo una cretinata mi chiamava Carletto. "<i>tu hai visto che ore sono, vero?</i>”</div><div style="text-align: justify;">“<i>Sì mamma... sono le dieci e venti, se non hai spostato avanti l’orologio del salotto per farmi sentire in colpa</i>” </div><div style="text-align: justify;">Lei non raccolse la provocazione. “<i>Considerando che quando sarete nei boschi, tra una cosa e l’altra, saranno già le undici e mezza, quanti funghi pensi di trovare ancora dopo che dalle sette di mattina i villeggianti e i locali hanno cominciato i rastrellamenti a tappeto di qualsiasi cosa che assomigli vagamente a un porcino?</i>”</div><div style="text-align: justify;">“<i>Qualche famigliola di finferli per un risotto la rimedio sempre</i>”</div><div style="text-align: justify;">“<i>Speriamo di si, perché quando sono andata a prendere il pane ho dato un'occhiata, ma il fruttivendolo in piazza non li aveva e se non li ha lui...</i>”</div><div style="text-align: justify;">Quella era una pessima notizia perché, astuto come una faina, intendevo proprio comperarne due etti al ritorno per farle credere che li avevamo trovati. O forse era un suo depistaggio intenzionale immaginando che lo avrei fatto. Comunque, avevo pronto il piano B: “<i>Casomai, se non ci fossero funghi andremo per mirtilli. Volevo far provare a Donatella, che non lo ha mai fatto, la soddisfazione di raccoglierli direttamente dal cespuglio e mangiarli freschi, magari troviamo anche delle fragoline...</i>”</div><div style="text-align: justify;">“<i>Certo Carletto... è un'ottima idea. Presi dalla pianta i mirtilli hanno un altro sapore ed è giusto che, se non lo conosce, lo provi. Quindi non restate a pranzo? Peccato davvero, perché in onore di Donatella stavo mettendo su lo spezzatino con le patate che ti piace tanto e ieri sera avevo preparato i canederli da fare in brodo... pazienza, vorrà dire che li mangeremo io e tuo fratello..</i>.”</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div> <table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgCPYqr_UBTAH77GG0QQITpjiRo-9siDtjC0ykxMUggtVJJm-P6HNQG9utc1U4YqHzF_lclS91AVhBLG8aEXMLaAUJxX-KXJFLiKMHWfWa0AVMPgeX11lwYRqLIkeXLWR-oVoTV1Lit1d_Y/s2048/49267402078_c7121ebe60_o.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1255" data-original-width="2048" height="313" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgCPYqr_UBTAH77GG0QQITpjiRo-9siDtjC0ykxMUggtVJJm-P6HNQG9utc1U4YqHzF_lclS91AVhBLG8aEXMLaAUJxX-KXJFLiKMHWfWa0AVMPgeX11lwYRqLIkeXLWR-oVoTV1Lit1d_Y/w511-h313/49267402078_c7121ebe60_o.jpg" width="511" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Nubi tempestose sulla Roda di Vael e sulle mie aspettative amorose<br /></td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Detta così era un colpo duro e anche Donatella, a cui avevo magnificato la cucina materna, mi guardò malissimo per quello che le avrei fatto perdere. Questo non poteva sfuggire a mia mamma, che con un ottimo riflesso giocò subito sull'incrinatura che si stava allargando nella nostra coppia. Infatti, appoggiò materna la mano sulla spalla della mia ragazza e con un sorriso soave le chiese: ”<i>Tesoro, tu non hai mai assaggiato i canederli, vero? </i>“ e appena lei ammise di no con l’espressione avvilita, continuò crudele “<i>Ah! Guarda...non sai cosa ti perdi... io li preparo con lo speck e l’erba cipollina e li servo in brodo, oppure se ti piacciono di più, li posso fare asciutti con il burro fuso, la salvia e la ricotta affumicata di malga grattugiata sopra. Il mio Carluccio ne va matto...</i> ” </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Tagliai corto prima che la facesse capitolare descrivendole lo spezzatino con l’ingrediente segreto delle bacche di ginepro e andai a preparare lo zainetto, poi appena Donatella ebbe finito con lentezza esasperante la colazione, uscimmo, ma mentre stavo per aprire il cancello mi sentii chiamare dalla finestra. “<i>Scusa Carluccio... perché hai messo il plaid di tuo fratello nel sacco da montagna?</i>”</div><div style="text-align: justify;">“<i>Perché ci facciamo preparare dei panini al bar Catinaccio e pensavamo di fare un picnic sull’erba..</i>.”</div><div style="text-align: justify;">“<i>E lo fai su un plaid? Che idea scema...vieni su dai, che ti do una tovaglietta.</i>..”</div><div style="text-align: justify;">Mentre già immaginavo quanto fosse poco romantico far l’amore stesi su una tovaglia, aggiunse perfida “<i>A proposito: mi dici da che parte vai a funghi? Te lo chiedo così, tanto per sapere dove mandare a cercarti, perché immagino che la tua amica non conosca ancora il tuo senso di orientamento</i>”</div><div style="text-align: justify;">“<i>Dai mamma, non fare l’apprensiva, conosco questa zona come le mie tasche..</i>.”</div><div style="text-align: justify;">“<i>Glielo hai raccontato a Donatella che l’anno scorso ti sei perso due volte?</i>”</div><div style="text-align: justify;">“<i>No perché non è successo qui ma in Val Gardena. Pensavo di andare nei boschi sopra la malga Roncac, che sono i più vicini</i>”</div><div style="text-align: justify;">“<i>Allora mi sa che Donatella, poverina, quest'anno i funghi li vede solo in cartolina. Lì ormai a quest'ora non trovi nulla, neppure i mirtilli. Tra l'altro, visto che vuoi andare nel bosco, ma perché non porti Whisky? Così fai fare una bella sgambata anche a lui..</i>.”</div><div style="text-align: justify;">“<i>Dai mamma, lascialo stare, per amor di Dio...che poi vuole sempre giocare con le pigne, va a sguazzare nei pantani e abbaia come un idiota a qualsiasi animale che incontra. Ti ricordi l'altro giorno che si è fatto rincorrere da due mucche?</i>” </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Questa l'avevo schivata, ma mia madre sapeva giocare sporco e infatti puntò dritta sulle paure ancestrali della mia ragazza. “<i>Beh... almeno portatevi i bastoni, che li è pieno di vipere, anzi, Donatella, mi raccomando, prima di allungare una mano nell'erba o tra i sassi per prendere un fungo o una fragola, batti bene il terreno attorno.</i>”</div><div style="text-align: justify;">“<i>Perchè? Ci sono le vipere?</i>” Donatella spalancò gli occhi per lo spavento.</div><div style="text-align: justify;">“<i>Ma no, figurati, non ci sono...io non ne ho mai vista una. E' mia madre che se le sogna di notte</i>”</div><div style="text-align: justify;">“<i>E’ perchè Carletto non le sa vedere, ma nella zona dove andate ci sono delle pietraie e ce ne sono diverse, anche belle grossette.</i>."</div><div style="text-align: justify;">"<i>Mica cerchiamo i funghi e i mirtilli tra le pietre...staremo sempre nel bosco e il problema è risolto</i>."</div><div style="text-align: justify;">"<i>Guarda che non stanno mica tutto il giorno a scaldarsi sui sassi, sai? Si muovono anche loro. Tuo fratello ne ha viste tre l’ultima volta e una era in mezzo all'erba...non è vero Franco?</i>”</div> <div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Mio fratello, evidentemente corrotto a suon di Topolini nuovi, apparve alla finestra a confermare e aggiungendo di suo altri particolari ansiogeni sulla dimensione dei serpentelli che nel suo racconto sembravano crotali aggressivi pronti a spuntare sibilando da tutte le parti e principalmente tra fragole e mirtilli. Alla fine mia madre, sorridendole in modo carino, tirò la bordata devastante che pose termine allo scontro.“<i>Donatella, tu che sei più ragionevole di quello sciagurato di mio figlio, che ne dici? Perchè non andiamo a funghi domani tutti assieme, alzandoci per tempo e ora metto su i canederli e lo spezzatino per quattro?</i>” </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjjrpICsX8qilOipBW2AfppVduR8AxcV9efeu_nBuQ1Ojehvq6oGSnE_akyF94QmFN52qTbBMkXmMup9lHCdiMLTKohjw4Gj8rJPqbpX9pzC0g6W1NpFFwYR_wZUFeWHBM258rFUq-7-PVt/s2048/kNODEL.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1593" data-original-width="2048" height="391" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjjrpICsX8qilOipBW2AfppVduR8AxcV9efeu_nBuQ1Ojehvq6oGSnE_akyF94QmFN52qTbBMkXmMup9lHCdiMLTKohjw4Gj8rJPqbpX9pzC0g6W1NpFFwYR_wZUFeWHBM258rFUq-7-PVt/w503-h391/kNODEL.jpg" width="503" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Contro i canederli delle mamme, non c'è partita...</td></tr></tbody></table><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Lei dopo avermi guardato come il mostro che stava portando l’agnellino ingenuo alla perdizione per i suoi loschi scopi risalì rapidamente le scale di casa offrendosi perfino di dare una mano in cucina. Ora io avevo sempre immaginato di poter essere tradito per un altro ragazzo, ma per un piatto di spezzatino, no, e questo mi mise di pessimo umore. Il giorno seguente, però iniziò a piovere e quindi invece della gita a funghi ci concedemmo solo una passeggiata infreddolita e infagottati nelle giacche a vento sino alla Malga Panna, appena sopra Sorte, per mangiare polenta e salsiccia e un fumante minestrone di verdure, con Whisky che a forza di inseguire vanamente le cornacchie nei prati era ormai inzuppato di acqua e fango come un babà lo è di liquore. Ovviamente venne a scrollarsi di fronte a Donatella che non la prese bene e ritornò sulla faccenda della mia idiozia perché non controllavo abbastanza il cane, come la volta in cui c'eravamo conosciuti in campo San Beneto quando il mio lupo, lasciato senza guinzaglio, aveva cercato di trombarsi Molly, la cockerina di sua nonna. Che, con il senno di poi, non era il modo migliore di iniziare una storia con una ragazza.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La sera capitolai e dopo aver rinunciato a giocare a scacchi contro una che trasportava malinconicamente legname da una parte all'altra della scacchiera lasciando i pezzi in presa, per disperazione andammo a vedere il film con Ciccio e Franco al cinema parrocchiale. Ovviamente, mia madre ci appioppò mio fratello tanto per spegnere qualsiasi ardore residuo, ma però essendo sempre astuto come una faina, con un pacchetto di gomme americane e un mottarello ricoperto, riuscii a convincerlo a prendere posto da un altra parte e così, rintanati nell'ultima fila riuscimmo a darci almeno qualche bacio, anche se la pellicola, talmente rovinata da sembrare che ci avessero pulito il pavimento, saltava in continuazione e quindi si accendevano spesso le luci in sala tra i fischi del pubblico.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Siccome in montagna quando inizia a piovere, poi ci prende gusto e lo fa per diversi giorni, Il tempo rimase costantemente incerto tra una schiarita e un nuvolone e avendo ancora due giorni a disposizione prima che Donatella tornasse a Venezia presi la cosa come un pessimo segnale perché c’era il rischio che l’intera settimana di vacanza con la mia ragazza passasse senza che avessimo fatto l’amore almeno una volta. Però mia madre ci mise lo zampino non so quanto volontariamente perché a cena, dopo aver visto dal balcone il cielo che era finalmente terso e stellato se ne uscì fuori con un “<i>Visto che domani sarà una bella giornata, perché non porti Donatella almeno al Rifugio Vajolet? Non vorrai mica che torni a casa dopo una settimana in montagna senza aver messo piede sul Catinaccio, no?</i>” La destinataria della proposta accettò subito con entusiasmo, mentre io che stavo mangiando di gusto la seconda cotoletta alla milanese dopo averla contesa a mio fratello, deglutito a fatica il boccone la guardai perplesso: “<i>Mamma, io la porterei anche, ma è venuta su con le scarpe da tennis della Superga, e poi non so se ha le gambe allenate per quattro ore di marcia. Che io sappia non è mai andata seriamente in montagna</i>”</div><div style="text-align: justify;">Mia madre scrollò le spalle per farmi capire come le mie resistenze fossero irrilevanti.</div><div style="text-align: justify;">“<i>Oh senti...non fare sempre il difficile su tutto. Un paio di scarponcini glieli do io, che abbiamo lo stesso numero e anche la giacca a vento. Per il resto sai bene che il sentiero non è difficile, è largo, quasi tutto pianeggiante e c’è solo lo strappetto finale che è molto ripido, ma sono quindici minuti di salita e li fa senz'altro. Se vuoi domani mattina alle otto vi porto a Vigo di Fassa così prendete la seggiovia per il Ciampedie</i>”. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhsGGVUSXmqEgFGBlqP3M5jWVZUa81KPDZ7CnbqVRsnEWvQpOcmIccdK8-HgsQYaikneF78ul25H9JHBSCSYPcjuQOaQ9F9FVTEK0DyCASHMlmeTLw6_xcZvGdW2Z1B362H7btsrCCws8Xo/s2048/5099939872_cf3303d849_o.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1362" data-original-width="2048" height="356" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhsGGVUSXmqEgFGBlqP3M5jWVZUa81KPDZ7CnbqVRsnEWvQpOcmIccdK8-HgsQYaikneF78ul25H9JHBSCSYPcjuQOaQ9F9FVTEK0DyCASHMlmeTLw6_xcZvGdW2Z1B362H7btsrCCws8Xo/w535-h356/5099939872_cf3303d849_o.jpg" width="535" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">la gola che dal Gardeccia ci avrebbe portato al Vajolet che si vede in cima a destra</td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Non riuscii ad oppormi a quelle due nuovamente coalizzate e così la mattina seguente, con un sole scintillante che scaldava le ossa, appena sbarcati dalla seggiovia lasciammo alle nostre spalle il Rifugio Ciampedie (dopo averne estratto a forza Donatella che si stava strafogando di strudel e cioccolata calda) e superato il Negritella prendemmo il sentiero 540 verso il Gardeccia che si snodava tra pini e cespugli di rododendro, con lo scenario mozzafiato del dirupi del Larsech e dei Mugoni a farci compagnia e l’aria fine dei duemila metri da respirare a pieni polmoni. Di solito percorrevo il tratto, quasi tutto in discesa, dal Ciampedie al Gardeccia in 45 minuti, ma non conoscevo ancora la totale incompatibilità di Donatella con la montagna. Dopo un ora e venti di camminata a ritmo di processione trascorsa a chiedere:"<i>Ma quanto manca al rifugio?</i>" e fermandoci ogni dieci minuti, prima perché aveva sete e voleva la borraccia, poi perché aveva caldo e doveva togliere la giacca a vento e cento metri dopo perché aveva freddo e voleva rimetterla, alla fine Donatella iniziò a borbottare che non si sentiva bene, provava un senso di peso all'addome e le veniva da vomitare. Così, ad un certo punto chiese ancora di fare sosta e si appartò dietro un cespuglio da cui riemerse dopo un’imprecazione irriferibile, visibilmente contrariata, tanto che le domandai che avesse.</div><div style="text-align: justify;">"<i>Che vuoi che abbia? Mi sono venute in anticipo. Le aspettavo per domenica o lunedì...</i>”</div><div style="text-align: justify;">“<i>Cosa? Le mestruazioni?</i>”</div><div style="text-align: justify;">“<i>Certo! Cosa credevi che aspettassi: la corriera? Ho un mal di pancia della malora...torniamo indietro</i>”</div><div style="text-align: justify;">“<i>Ah! Mi dispiace. Comunque non sei in grado di stringere i denti e proseguire ancora per venti minuti? Non manca molto al rifugio e sicuramente al Gardeccia hanno un analgesico da darti, ti prendi una bevanda calda, ti riposi un po' e magari dopo stai meglio e rientriamo a casa. Proprio non te la senti?</i>” </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La mia era solo una domanda gentile ma lei rispose con un’ aggressività che non le conoscevo. “<i>Noooo! Sto malissimo, starò ancora peggio e non ho neppure gli assorbenti. Lo capisci o no? Portami a casa subito...</i>” Le ultime parole le pronunciò quasi strillando, tanto da mettermi in crisi, perché avrei voluto aiutarla in qualsiasi modo, ma se lei stava male, io i miracoli non li potevo fare,</div><div style="text-align: justify;">“<i>Si...certo che lo faccio e ti riporto a casa, ma siamo poco oltre metà strada tra i due rifugi e non è che posso chiamare un taxi. Andare al Gardeccia che è più vicino mi sembrava razionale, ma se vuoi tornare a Moena dobbiamo risalire su al Ciampedie e quindi devi avere pazienza perché ci tocca camminare per almeno un oretta, se non di più. Quindi muoviamoci perché finché rimaniamo fermi qui, non risolviamo il tuo problema.</i> ” Lei bofonchiò qualcosa che iniziava per "<i>fanc...</i> " e finiva per “<i>..onzo</i>” e ci rimettemmo in marcia per tornare alla seggiovia.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div> <table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjhmBjXdcPL51ZoDZO-Z4ZLX8P-wFzVt73hev0sUQwgc2CRJr0bgFZl2NWRKNYk0-FK4K84tjrLaCLRuxsToBe_VU6Lc0x4RIWq-Qf5YMk6tmuK5EcAC8_Ie0fm5IqUf7GfvNeUpyba5Xuv/s2048/31586468962_1b67cdd948_o.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1532" data-original-width="2048" height="358" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjhmBjXdcPL51ZoDZO-Z4ZLX8P-wFzVt73hev0sUQwgc2CRJr0bgFZl2NWRKNYk0-FK4K84tjrLaCLRuxsToBe_VU6Lc0x4RIWq-Qf5YMk6tmuK5EcAC8_Ie0fm5IqUf7GfvNeUpyba5Xuv/w479-h358/31586468962_1b67cdd948_o.jpg" width="479" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Lo strudel dei rifugi con un bicchiere di Kapriol ritempra ogni stanchezza<br /></td></tr></tbody></table><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ovviamente, visto che sino a quel punto eravamo scesi, il sentiero ora andava ripercorso in salita e questo la mise ulteriormente in difficoltà, tanto che dopo venti minuti di lamentazioni e scarognamenti vari sulle montagne, su di me che ce l’avevo portata, i rifugi e perfino sul povero Re Laurino, venne colta da una crisi isterica di pianto anche perché ora ai dolori mestruali si erano aggiunti anche quelli ai piedi. Riuscii a calmarla a stento, poi la feci sedere e le tolsi gli scarponcini giusto per scoprire che, malgrado mia madre le avesse dato dei calzettoni di lana, lei aveva preferito indossare dei calzini di filo talmente sottili da lacerarsi. Così aveva fatto due belle vesciche a carne viva proprio sopra i calcagni, perché i suoi piedini delicati abituati alle ballerine o al mocassino di pelle morbida per la passeggiata lungo le Mercerie non immaginavano la durezza del cuoio delle pedule da roccia. A quel punto, visto che non era più in grado di camminare, scartata l'idea di darle il colpo di grazia con la piccozza (anche perché non l'avevo) e di abbandonarla sul sentiero, per disperazione, dopo aver passato a lei lo zaino che era abbastanza leggero per non indurla ad altre lamentazioni, me la issai a cavalcioni sulla schiena e, passo dopo passo, la portai su per la salita fin quasi a destinazione con lei avvinghiata al collo fino a strangolarmi e io che la reggevo per le gambe (meno male che almeno era magrolina), fermandomi e posandola a terra ogni cento metri per riprendere fiato, con il sudore che inzuppava la camicia e il cuore che mi saliva quasi in gola per lo sforzo. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Poi, per fortuna incontrammo un gruppo di signori gentilissimi di Piacenza che stavano scendendo, ma vista la situazione mi aiutarono tornando indietro e dandomi il cambio a portare la sedicente ferita (dissi loro che la mia compagna aveva una storta alla caviglia, perché ovviamente non potevo dire il vero problema). Alla fine, tornammo al Ciampedie dove tra cerottini, garze, tintura di iodio, una pastiglia di Saridon per i dolori mestruali e un assorbente avuti gentilmente in omaggio dalla signora che gestiva il rifugio, Donatella dopo un' oretta di sosta si rimise abbastanza in sesto per riprendere la seggiovia e tornare a casa. Una fetta di torta di nocciole alta un palmo con una tazza di tè bollente durante quell'ora di attesa affinché il Saridon iniziasse a fare effetto, aiutarono molto a tonificarla. Ovviamente, era stato rimesso in sesto il fisico, non l’umore, così già sulla corriera per Moena litigammo, perché lei sosteneva la tesi risibile che quanto accaduto era tutta colpa del mio egoismo e io che se solo avessi immaginato quanto era piantagrane e incapace di sopportare un minimo di sofferenza fisica, con il ca... volo che l’avrei portata. La sera e tutto il sabato seguente furono trascorsi nel broncio più totale e a nulla valse il tentativo in extremis di un vassoio di krapfen per risollevare l’umore tetro di Donatella. La domenica pomeriggio, quando risalì sulla corriera per Venezia mi sentii quasi sollevato, tanto che appena rientrato a casa mi misi volentieri a studiare Diritto privato, che a settembre avevo la sessione d’esame.</div>Carlo Volebele Vayhttp://www.blogger.com/profile/14678576870905270096noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5772457176063942058.post-19654995304523421552020-09-19T13:21:00.010-07:002020-09-20T11:46:11.733-07:00Come riuscire a trascorrere le settimane bianche anche in estate (parte 1 - le speranze vane)<p><br /></p><div style="text-align: justify;">Alla fine del 1966, dopo aver superato tra l'incredulità generale la maturità, m'iscrissi a Giurisprudenza e iniziai a frequentare le lezioni a Padova, con lunghi e perigliosi viaggi in treno da matricola sottoposta a vessazioni varie, tra le quali ricordo di aver dovuto fare, sotto la minaccia della "cacatio", ovvero del lancio di cachi maturi, arrampicato in mutande sul monumento di Cavour un dotto discorso sul tema dell'influenza del passaggio delle petroliere lungo le rotte artiche sul ciclo mestruale delle balene. Che poi il problema non fu tanto quello del discorso, che per inventare cretinate sono abbastanza portato, ma quello di scendere da solo dal basamento dove mi avevano issato, perché era alto oltre due metri da terra. Poco dopo mia madre assieme ad una sua amica, moglie di un collega di mio padre di base a Livorno, prese in affitto per i rispettivi figli un piccolo appartamento a poca distanza dalla facoltà per agevolarli negli studi (naturalmente noi figli intendevamo la cosa ottima anche per altre faccende ovvie a quell'età in cui i nostri ormoni giravano tumultuosi come i cavalli al Palio di Siena). Un mese dopo, concludendo un lungo corteggiamento che era iniziato ancora in spiaggia al Des Bains (visto che non osavo dichiararmi, per tagliar corto lei mi invitò ad una festa a casa sua che però non c'era, così come i suoi genitori che erano a Cortina) mi misi assieme ad una bella ragazza veneziana di nome Donatella, che studiava Lettere al Liviano e con lei, grazie anche al fatto di abitare a Padova lontano da occhi veneziani indiscreti e pettegoli, iniziai una storia d’amore piuttosto intensa che poi, tra alti e bassi, abbandoni e riprese durò per tutti gli anni dell’università.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Purtroppo, però, mia madre era riuscita ad ottenere una copia delle chiavi del nostro appartamento grazie al portiere del residence, una losca persona che, come Vittorio Emanuele II, non era insensibile al grido di dolore e ad offerte in denaro. Così mia madre, anche per conto di quella altrettanto sospettosa del mio compagno di stanza (le vicende seguenti che la resero nonna di un bel maschietto dimostrarono come non avesse poi tutti i torti) effettuava periodicamente delle incursioni a sorpresa per controllare come tenessimo in ordine la casa (in quel campo eravamo due "<i>selvaggetti</i>", secondo lei) e talvolta per portarci via le bottiglie di liquore dall’armadietto. In tal caso, siccome da brava artista con una bella vocazione al disegno aveva sempre un block notes in borsetta e qualche pennarello, al loro posto ci lasciava dei simpatici disegnini con la bandiera dei pirati, il teschio e le tibie incrociate. Naturalmente, oltre a sequestrarci alcolici e sigarette, ci buttava in pattumiera anche le copie di Playboy che Roberto portava su dal mercatino americano di Livorno (con bigliettino: “<i>E’ così che studiate?</i>”) e talvolta, immagino mettendosi le mani nei capelli di fronte a tanto disordine, trovava il tempo di rifarci i letti, lavarci la pila di piatti di qualche giorno prima (lasciamo stare quel che scriveva sui bigliettini che poi ci lasciava sull'acquaio. Diciamo che "<i>Siete davvero indecenti!</i>" era la cosa più carina) e talvolta ci preparava perfino qualche porzione di spaghetti che poi trovavamo pronti in tavola e coperti da un piatto perché non si raffreddassero quando tornavamo da lezione. Cosa che, al di là del fastidio per la violazione della nostra privacy, scoprivamo con gioia perché altrimenti ci sarebbe toccato andare a fare la coda in mensa. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Una mattina però, tornando dalla facoltà, vidi che mia mamma, dopo il raid di due giorni prima era passata di nuovo e, naturalmente, essendomi dimenticato di nasconderla non ritenendo ci fosse pericolo imminente, aveva notato la bella foto di Donatella che da qualche giorno tenevo incorniciata accanto al mio letto. Sopra c’era un bigliettino con un paio di cuoricini e un grazioso Cupido che diceva “<i>Molto carina! Complimenti…</i>” </div><div style="text-align: justify;">Ma, poiché è noto che in cauda venenum, subito sotto c’era il post scriptum che mi fece raggelare il sangue: “<i>Se per caso lei è quella che si è dimenticata il mascara sulla mensola del bagno di casa nostra quella sera che io ero fuori al torneo di bridge, se la inviti a cena da noi mi farà molto piacere ridarglielo di persona e poterla conoscere</i>” . </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Lo feci qualche sera dopo, sia pure con un imbarazzo mostruoso (anche da parte di lei), e, come immaginavo (e temevo), la cena fu simpaticissima. Mia madre, che conosceva l’arte dell’ospitalità e di mettere le persone a proprio agio, fu molto affettuosa con Donatella e le due iniziarono presto a fare amicizia e comunella a mio danno, tanto che in seguito, con una manovra a tenaglia perfettamente studiata, le due complici m'indussero a lasciare la chitarra e le crociere sulle navi, a riprendere gli studi e a dare esami, con Donatella che mi pose di fronte ad una di quelle alternative non trattabili del tipo “<i>o me e la laurea o la chitarra</i>” ed essendo una delle due possibilità in stretta relazione con il concetto economico di “<i>bene scarso rispetto alla domanda</i>” potete bene immaginare cosa abbia scelto e perché. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Tuttavia, nel tempo il rapporto di cordialità ed amicizia si era esteso anche ai genitori di lei, due carissime persone che si erano affezionate a me come mia madre alla loro figlia. Questo anche perché a suo padre, appassionato velista, non pareva vero di aver trovato finalmente un uomo di mare che lo aiutasse in barca nelle manovre e, soprattutto, un discreto cuoco, dal momento che moglie e figlia andavano già in difficoltà a preparare un brodo con il dado (a volte pensavo che, come un novello Esaù, mi concedesse la primogenitura in cambio di un piatto di lenticchie o, nel mio caso, di un risotto). Così l’estate seguente ottenni almeno di avere Donatella nostra ospite per una settimana nella casa che avevamo preso nuovamente in affitto a Moena, dopo gli anni trascorsi ad Ortisei. Noi saremmo andati su ai primi di luglio mentre Donatella, che non ricordo cosa dovesse fare ancora a Venezia, ci avrebbe raggiunto un lunedì, subito dopo la metà del mese. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgBtoXhKddjX2opMNU-fZjCWMxn3U5LRqr9zhCXcH59ANPzomi1EMXajXOGp26kswNDbA_9WZDkxHSFcElh4IP-wfSm_nUWN5gx9kJ-Ig2oMlik3CBmBosenVTS5LHSmHIJYlO5vmRvopyI/s682/moena.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="456" data-original-width="682" height="344" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgBtoXhKddjX2opMNU-fZjCWMxn3U5LRqr9zhCXcH59ANPzomi1EMXajXOGp26kswNDbA_9WZDkxHSFcElh4IP-wfSm_nUWN5gx9kJ-Ig2oMlik3CBmBosenVTS5LHSmHIJYlO5vmRvopyI/w514-h344/moena.jpg" width="514" /></a></div><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Il fatto è che a quell’epoca Moena non presentava svaghi di sorta a parte il dancing dell’hotel Faloria, che era inavvicinabile per le mie tasche e probabilmente anche per la fascia d’età di chi lo frequentava. Purtroppo, già la seconda sera dall'arrivo era svanita subito la carta del cinema parrocchiale San Vigilio, che poi era l’unico attivo sulla piazza. Avevo notato sulla locandina attaccata a fianco dell’ingresso che proiettavano l’Armata Brancaleone e anche se l’avevo già visto a Venezia pensai che era un buon modo per far passare almeno una serata. Ma quando mi presentai al botteghino mi accorsi che quello era il film della settimana prima. Infatti quella sera proiettavano per la prima volta “il bello, il brutto e il cretino” con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Mi rifiutai di vederlo e tornai mestamente a casa con la brutta notizia che il parroco, considerandolo un film per famiglie, lo avrebbe programmato per almeno due settimane.</div> <div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Dunque, senza cinema e senza televisione, escludendo dopo le prime cinque sconfitte consecutive di giocare ancora a scala quaranta con mia madre e mio fratello e tanto meno a Monopoli, tutte le sere scendevo in paese per fare le code interminabili davanti alle cabine della Sip e telefonare a Donatella spendendo un patrimonio in gettoni. Era l’unico momento bello, a meno che non rispondesse sua madre per dirmi che era al cinema o peggio, come successe una volta, che la figlia era in bagno e se volevo aspettarla. Dopo dieci minuti di attesa con i gettoni che continuavano a cadere inesorabili, decisi che doveva essere stitica e riagganciai. Al ritorno, facevo una rapida puntatina al bar per una spuma di mele sorseggiata guardando quelli che giocavano a biliardo. Poi con le ultime cento lire mi concedevo una partitina a flipper che tanto finiva subito perché i bumper ti scaraventavano immediatamente la palla appena lanciata nelle canalette laterali senza neppure poterla toccare e se provavi appena a scuoterlo o sollevarlo per fregarlo, il maledetto aveva il tilt ipersensibile. Non a caso, immagino, proprio sopra il flipper era appeso un cartello che ricordava le sanzioni contro chi bestemmiasse in luogo pubblico. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Poi, finalmente il lunedì agognato arrivò e con lui anche il sole ad illuminare i boschi fradici di acqua e le montagne picchiettate di neve, che considerai di buon auspicio. Mia madre mi ordinò di prendere una giacca a vento e anche se sul momento mi sembrava una bizzarria, quando vidi Donatella scendere dalla corriera rossa della Siamic con un abitino leggerissimo di cotone, capii che la sapeva lunga. Naturalmente, visto che non eravamo soli, il nostro saluto fu molto formale e durante la strada, io che portavo le valigie rimasi indietro rispetto a quelle due che parlottavano come vecchie amiche. All'altezza del ponte in ferro sull’Avisio riuscii finalmente a prenderle una mano. Lei me la strinse affettuosa e questo mi mise di buonumore. Dopo una cenetta molto simpatica e quattro passi serali in paese riuscii a stare da solo due minuti con lei e a concordare il piano di battaglia per la notte, che era molto semplice. Siccome avevamo le stanze con la parete in comune avrei atteso che mio fratello finisse di leggere Topolino e si addormentasse (gli avevo nascosto sopra l’armadio quelli vecchi casomai vedendoli volesse rileggerli) poi le avrei bussato leggermente due volte sul muro e se lei era pronta avrebbe risposto a sua volta con un colpetto. Così dopo aver aperto con cautela la mia porta (che non cigolava...avevo fatto le prove tutto il giorno e avevo anche unto i cardini con l’olio d’oliva extravergine) sarei scivolato furtivo nella sua stanza e nel suo letto, come un novello Casanova. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhCGEf2FXe_T3f78JSfhUPskOqbSPviUIMEg_gLYfq4YQSXYro3ZqVDkXfS3pA9J6aQ61VUsY9WxCDZh2Qy4lJIdqnEERcYTSvgHDiABtALSnwuZ7vLzewcOq2kjm6d2LWPtQK6l3hG22bB/s1732/whisky+lupo+1.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1732" data-original-width="1552" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhCGEf2FXe_T3f78JSfhUPskOqbSPviUIMEg_gLYfq4YQSXYro3ZqVDkXfS3pA9J6aQ61VUsY9WxCDZh2Qy4lJIdqnEERcYTSvgHDiABtALSnwuZ7vLzewcOq2kjm6d2LWPtQK6l3hG22bB/w359-h400/whisky+lupo+1.jpg" width="359" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il primo Whisky della serie, il mio adorabile lupacchione<br /></td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Purtroppo, Il generale cinese Sun Tzu nel suo trattato sull'Arte della guerra diceva che il presupposto per il successo è quello di conoscere il proprio nemico e io avevo sottovalutato mia madre, che invece mi conosceva perfettamente. Infatti, appena aperta la porta della stanza desideroso di cogliere l'agognato frutto dell'amore, mi giunse il latrato festoso di quel cretino di Whisky che invece che sul pianerottolo d’ingresso quella notte era stato messo sapientemente a dormire sulla sua vecchia trapunta in quel punto strategico del corridoio dove si aprivano le nostre camere. Non solo, ma era stato collocato in modo tale da fargli percuotere la porta di mia madre scodinzolando per la gioia di vedermi. Così immediatamente arrivò dalla sua stanza il “<i>Carletto su... da bravo, torna nel tuo letto e non farmi arrabbiare</i>.”</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Anche il secondo e il terzo assalto nel giro di mezzora finirono allo stesso modo (i lupi hanno il sonno leggero) malgrado cercassi di bisbigliare a quel traditore di stare buono, che non avevo voglia di giocare con lui. Alla fine, visto che mia madre dal livello giallo del "<i>Vai a dormire</i>" era passata a quello arancione del “<i>Guarda che vengo lì, ti chiudo dentro a chiave e ti riapro domani mattina</i>” dovetti desistere, anche perché ormai, dopo che gli ultimi colpetti sul muro non avevano avuto risposta, avevo appoggiato l’orecchio sulla parete e sentito il russare profondo di Donatella vinta dal sonno. E quando si dice che ogni lasciata è persa, beh.. quella era davvero persa. Ma un prode marinaio veneziano non si arrende mai di fronte alla cattiva sorte e quindi tra qualche giorno saprete come andò a finire</div>Carlo Volebele Vayhttp://www.blogger.com/profile/14678576870905270096noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5772457176063942058.post-76172071984782934662020-09-13T00:55:00.003-07:002020-09-13T01:14:52.948-07:00Degli anni felici di Taranto, di Luciano detto: "o' scippacore" e della definitiva caduta in disgrazia della signora Pepe.<p><br /></p><div style="text-align: justify;">Dopo avervi presentato nel racconto precedente la Signora Pepe, che per il momento, dopo la catastrofica collisione con un caco, lasceremo spezzata in due sugli scogli come la USS Grommet Reefer nel porto di Livorno, ora vi presento l'altra persona indimenticabile del nostro soggiorno tarantino, che però questa volta lo fu in positivo diventando involontariamente il fattore scatenante dell'affondamento definitivo della nostra invadente e impicciona vicina di pianerottolo. Infatti, tra i marinai in servizio di leva nella base di Taranto in quegli anni c'era anche la nostra ordinanza (allora ogni ufficiale ne poteva avere una) ovvero un giovanotto di Resìna (oggi denominata nuovamente Ercolano, alle falde del Vesuvio) furbo matricolato, un fisico atletico (faceva lotta greco-romana), biondo riccioluto e con l'aria da guappo dei bassifondi ma buono come il pane e di gran cuore. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjU1TSH3WqjvXmt_wdn9OnnhBbPledCx6LSWKCZd3H3R9n1X9_4M-pF7SS8GEujPdeyWgYHPCgdc9mz1B_jj5tUesY1fEVeCN0H1wsxWgQ8qdmtnZr8lzuPAyBelAoI1NfjgooYK7tBiwtP/s1083/Scansione2312+%25284%2529.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="669" data-original-width="1083" height="310" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjU1TSH3WqjvXmt_wdn9OnnhBbPledCx6LSWKCZd3H3R9n1X9_4M-pF7SS8GEujPdeyWgYHPCgdc9mz1B_jj5tUesY1fEVeCN0H1wsxWgQ8qdmtnZr8lzuPAyBelAoI1NfjgooYK7tBiwtP/w500-h310/Scansione2312+%25284%2529.jpg" width="500" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La signora Pepe in affondamento dopo l'urto sui cachi<br /></td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Si chiamava Luciano e i suoi compiti a casa nostra erano limitati a qualche piccola commissione tipo comperare il pane oppure accompagnare e prendere noi a scuola, perché per regolamento era proibito fargli svolgere le pulizie di casa e, del resto, un pomeriggio che mia madre gli aveva chiesto se per favore poteva lavarle i piatti, che lei doveva uscire d’urgenza, lui lo fece in modalità: "<i>jatevenne serena, signò che ce penza o' marinariello vostro</i>" ma sbeccò un piatto e ruppe un paio di bicchieri del servizio e dunque, divieti a parte, non era consigliabile. Luciano aveva una pazienza infinita e un grande affetto per i figli del suo comandante, anche se per farci stare buoni minacciava sovente di farci il “polso”, una stretta (dolorosa assai...) dei minuscoli ossicini della nostra mano che c’induceva subito a più miti consigli. Luciano, poi, che sapeva leggere e scrivere a fatica, riusciva perfino a farci svolgere i compiti (e non escludo che la cosa servisse anche a lui...). Con mia madre, invece, erano guerre divertenti al momento del rendiconto della spesa poiché Luciano, svelto come tutti quelli cresciuti per la strada, trovava sempre un modo fantasioso di giustificare la cresta evidentissima che aveva praticato, tanto che ad un certo punto ebbi il sospetto che mia madre si divertisse a vedere cosa non fosse capace di inventarsi. Una mattina la mamma pesò ostentatamente quelli che, secondo lui, dovevano essere due chili di arance e che invece risultavano (a stento) essere sui settecento grammi. Pensava così che il reo, colto finalmente in flagranza di reato, confessasse di aver incamerato una parte dei soldi. Invece, con un riflesso fulmineo quel simpatico mascalzone di Luciano assunse un’espressione sgomenta ed esclamò <i>“Gesummarìa! Signora, che scuorno c'aggia avuto... un napoletano fregato da un tarantino ...</i>”. Epiche furono poi anche le lotte con le matite per segnare i livelli sulle etichette delle bottiglie di liquore. Ci arrendemmo solo quando l'infame per nascondere i suoi prelievi cominciò ad annacquare il whisky. A quel punto nascondemmo con cura quella buona di malto e mettemmo nell'armadietto dei liquori una bottiglia di whisky andante da quattro soldi. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Luciano, come si nota dalla sua foto, era davvero un bel ragazzo molto intraprendente e intratteneva rapporti amorosi con un giro impressionante di cameriere, parrucchiere e commesse di qualsiasi età, purché d’aspetto volgarotto. Mia madre per questa sua indefessa caccia alle gonnelle e la sua aria da guappo dei Quartieri Spagnoli l'aveva soprannominato "o' scippacore" e lui, non cogliendo l'ironia e il gioco di parole, se ne compiaceva molto. Il guaio era che a tutte le sue prede, con scarsa fantasia, lui fissava l’appuntamento proprio sotto il nostro portone dove pertanto nel tempo successero scenate memorabili perché il nostro, assai distratto oltre che perennemente in ritardo (portava un costoso pataccone dorato al polso, ma quando gli faceva comodo quell'orologio era sempre fermo) spesso confondeva gli orari e quindi prima o poi una delle due fanciulle in attesa sul nostro marciapiede chiedeva all'altra "<i>Scusa, ma tu chi stai aspettando?</i>" e poi vai di strillo e borsettate. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ad ogni modo, il luogo eletto per gli appuntamenti del nostro "scippacore" cambiò repentinamente la sera in cui mia madre rientrando a casa ebbe un duro battibecco con una popolana scarmigliata che l’aveva aspettata davanti al portone per intimarle (con adeguato corredo di strilli, insulti e minacce) di stare alla larga dal suo amato Luciano con il quale l’aveva vista passeggiare insieme al mercato. Ci volle del bello e del buono e l'intervento di alcuni passanti per chiarire l’equivoco con la signora Pepe che aveva osservato estasiata tutta la scena dal balcone. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhQMBxzUn7MbYHwN5DIBB8hTR9ZdvZk_SIYo0qN85VPJeObrsRCu6k1nAu71d2Y8IfjKru5PZma2L0E36j6QdltkvCg_n5hGYAz1B_H5RahJTGSb4t5SxaMMLZWbcB_wslN8oySLbw2qcC-/s815/Luciano+Fiengo.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="815" data-original-width="528" height="625" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhQMBxzUn7MbYHwN5DIBB8hTR9ZdvZk_SIYo0qN85VPJeObrsRCu6k1nAu71d2Y8IfjKru5PZma2L0E36j6QdltkvCg_n5hGYAz1B_H5RahJTGSb4t5SxaMMLZWbcB_wslN8oySLbw2qcC-/w405-h625/Luciano+Fiengo.jpg" width="405" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">L'adorabile Luciano, o' scippacore<br /></td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Mia madre era letteralmente furibonda e il giorno dopo, appena se lo ritrovò di fronte, somministrò al reo una terrificante lavata di capo. Luciano si presentò al lavoro, la mattina successiva, a capo chino e portando con sé un gran mazzo di fiori di campo e una lettera di scuse tanto sgrammaticata quanto commovente che gli valse il perdono. Per fortuna del giovanotto in quella settimana mio padre era in mare con la squadra navale per delle esercitazioni, altrimenti non so cosa gli sarebbe successo.</div><div style="text-align: justify;"> </div><div style="text-align: justify;">Comunque, il nostro marinaio durante le sue libere uscite, oltre a tentare di sedurre ogni essere di sesso femminile tra i diciotto e i sessant'anni che gli si parasse davanti, doveva anche sguazzare in ambienti non proprio raccomandabili e sicuramente tra le sue amicizie tarantine ci doveva essere gente con dei dossier alti così negli archivi della Polizia. Infatti, ogni tanto, quando il suo comandante non c'era, altrimenti non avrebbe osato, si presentava a casa con stecche di sigarette o liquori di contrabbando (Gin soprattutto, ma anche brandy Metaxa e liquori spagnoli sconosciuti), presi chissà dove e che mia madre, per quieto vivere gli comperava, anche perché i prezzi erano davvero stracciati. Questo non ci piaceva, ma, d'altronde, il contrabbando era l’attività ordinaria di ogni porto del Mediterraneo e quindi mia madre, essendo donna pragmatica e di riflessi svelti, chiudeva un occhio. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ad ogni modo di questi suoi strani giri di amicizie ce ne accorgemmo definitivamente una mattina quando a mia madre, che si era fermata davanti alla bottega del macellaio Ubaldo (il Ribaldo), giusto il tempo di comperare due fettine, rubarono la bicicletta, una vecchia Bianchi rugginosa, con tutta la spesa nel cestino. Tornata a casa fuori di sé, mia madre raccontò del furto a Luciano che, dopo aver seguito con molta partecipazione la triste storia e aver commentato che Taranto era davvero una città di mariuoli, suggerì di non fare denuncia perché ci avrebbe pensato lui. Uscì di casa a fare delle telefonate riservate “alle persone giuste” e rientrò dopo qualche ora tutto sorridente, dicendo a mia madre con aria d’intesa di non preoccuparsi dato che si era trattato di un errore e che ora era tutto a posto. Altro non aggiunse e noi ci domandammo cosa intendesse dire con quel “tutto a posto”. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div> <table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><img border="0" data-original-height="777" data-original-width="1131" height="344" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi7hOhaILh4OdUFW_zCL6hnQ1i_JaTUdxgC8mJysKarmPyqq-oBTOnr_7JEPM_vDcWH8y_bJnF563fvLcvMGl9h8hdgm9wzwJrpMEClhcrjvdF6-g6MsnslMzak2cjyxyaDcpWjE1kJAd0q/w500-h344/pap%25C3%25A0+e+mamma+a+cena+per+i+suoi+26+anni+%25281%2529.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;" width="500" /></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Papà e mamma all'epoca, a cena al Circolo Marina<br /></td></tr></tbody></table><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">A metà pomeriggio sentimmo suonare con forza il campanello di casa. Mia madre, non avendo ottenuto risposta, scese da basso a vedere di cosa si trattasse e trovò la sua bici appoggiata al portone, tutta lucidata (sembrava nuova) e con tanto di spesa fresca nel cestino. Mio padre fu tenuto all'oscuro di tutta la faccenda (legalitario com'era ne avrebbe fatto una tragedia) e noi, ovviamente, ci accontentammo di quella grazia ricevuta senza approfondire ulteriormente. Luciano, da parte sua, lucrò qualche soldino, una bottiglia di whisky e tre giorni di licenza premio. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Un paio di giorni dopo mia madre incontrò per le scale il marito della signora Pepe, detto “o’ ragioniere” che, dopo averla ossequiata con tutta l’untuosa deferenza di cui era capace (faceva il baciamano alle signore, ma non accennandolo semplicemente, bensì infliggendo loro umidi baci, vere e proprie slappate, sul dorso della mano), le chiese se fosse contenta di aver ritrovato la bicicletta. Siccome nessuno sapeva del furto oltre a Luciano, mia madre restò allibita. Ma le sorprese non erano ancora finite poiché “o’ ragioniere” le chiese subito dopo di accettare le scuse del giovanotto che aveva fatto “il lavoretto” senza sapere che quella bici apparteneva ad una “persona di rispetto” per troppa inesperienza (sa come sono i giovani…). Le chiese però una piccola mancia per il ragazzo che, in fin dei conti, le aveva lucidato la bici e rifatto la spesa pagando di tasca propria. Mia madre, pur di porre termine a quel colloquio così imbarazzante, frugò nella borsa e gli mise in mano una manciata di banconote senza nemmeno contarle. Messo velocemente in tasca il gruzzoletto “o’ragioniere” ringraziò e rientrò in casa sua (dal portone aperto si sprigionò denso un profumo di penne al ragù napoletano verace). Quando Luciano tornò dalla licenza premio si prese una nuova terribile lavata di capo per averci esposto ad una figura così compromettente, ma finalmente la Pepe e il suo preoccupante marito vennero rimossi per sempre dalle nostre frequentazioni. Luciano, malgrado questi incidenti di percorso, si affezionò moltissimo a noi (e noi a lui) e anche quando lasciò il servizio militare rientrando a Napoli, continuò a farsi vivo ogni tanto con qualche telefonata. Poi, tra una vicissitudine e l’altra, lo perdemmo di vista. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div> <table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgq03-sDuIREUPgDuBQr6tkUHFHwiv9cVW7vUy2rezYH88ns5Sf-4sf063SnTzPiHdURXOPMXwtQMNGVYzTtPLGk6qGh8JQM6rU8tcvKlWPGNld-Zgi25cEP_aiEZ3Na9mJg8AsLVn86x5K/s1794/Aviere+e+Duca.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1254" data-original-width="1794" height="350" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgq03-sDuIREUPgDuBQr6tkUHFHwiv9cVW7vUy2rezYH88ns5Sf-4sf063SnTzPiHdURXOPMXwtQMNGVYzTtPLGk6qGh8JQM6rU8tcvKlWPGNld-Zgi25cEP_aiEZ3Na9mJg8AsLVn86x5K/w500-h350/Aviere+e+Duca.jpg" width="500" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">L'Aviere in ormeggio a Venezia, per la nostra gioia <br /></td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ricomparve misteriosamente una sera di oltre vent'anni dopo, a Venezia. All'ora di cena sentimmo suonare il citofono e siccome nessuno rispondeva ci affacciammo per vedere chi fosse al portone e dal campo una voce maschile, con un forte accento napoletano, ci chiese se abitava lì il suo comandante, facendo il nome di mio padre. Dio solo sa come, ma era riuscito a trovarci (magari grazie a qualche telefonata con “o’ ragioniere”). Luciano arrivò in casa carico di stecche di sigarette americane e regalini per tutti (per me uno Zippo con effigiata una procace donnina nuda, che fu subito sequestrato da mia madre con la scusa che non fumavo...). Lo abbracciammo con tanto affetto e poi, una volta accomodati in salotto, gli raccontammo di mio padre che purtroppo non c’era più e lui ci raccontò tutte le sue peripezie familiari, del fallimento della sua lavanderia, dei suoi quattro figli (un quinto gli era morto giovanissimo dopo una caduta dal motorino) e di come vivesse, per sbarcare il lunario, facendo il macchinista a bordo di scassatissime navi da carico attraverso i mari più esotici. Il classico cargo battente bandiera liberiana, insomma. Ma quale fosse la sua mansione a bordo, purtroppo, non aveva bisogno di dircelo, perché avevamo capito subito che con il frastuono delle macchine era diventato sordo come una campana. Poi non lo abbiamo rivisto più. Ma non è detto che dopo altri vent'anni, come in un racconto di Conrad, Luciano non ricompaia di nuovo. Io sono qui che lo aspetto...magari riesce a trovarmi anche a Mestre.</div>Carlo Volebele Vayhttp://www.blogger.com/profile/14678576870905270096noreply@blogger.com0