martedì 14 febbraio 2012

Dell'antica arte veneziana dei commedianti

Prologo: o del teorema dell'autosfiga. 

Essendo di solito un laico razionale non sono molto superstizioso e, da buon veneziano, limito le mie scaramanzie o al toccare l’addome pingue e portafortuna del bassorilievo di soldato che si trova su una delle colonne delle Procuratie Nuove, oppure al non pestare la pietra rossastra di calle Zorzi, a Castello, dove, secondo la tradizione, si fermò definitivamente la grande pestilenza del 1575 che nel giro di due anni mandò al creatore più di mezza città. Detta pietra, che è posta proprio nel centro del sottoportico tra i due tabernacoli votivi dedicati alla Madonna che ne adornano le pareti, viene da secoli schivata con manovre anche spericolate da ogni studente perché pare che se calpestata garantisca la bocciatura o un’interrogazione nefasta. Tutto qui. Eppure domenica mattina, il giorno dello spettacolo, la mia razionalità laica è stata messa a dura prova al momento di aprire la finestra, alle sei e quaranta del mattino. Le prime luci del giorno, infatti, mi rimandavano le immagini di una fitta nevicata in corso e delle strade già completamente ricoperte da almeno una decina di centimetri di manto immacolato. Subito dopo il “ma vaffa…” ho pensato: “Ecco! Lo sapevo… qualcuno me l’ha chiamata!” e mi sono subito immerso nella ricerca del menagramo perché cose del genere non possono rimanere impunite. Morena stava ancora dormendo con l’aria innocente (la perde durante il giorno) e, comunque, non mi ricordavo che avesse fatto o detto nulla di particolare nelle giornate precedenti. Anche le mie amiche di blog erano state tutte bravissime e nessuna si era fatta scappare il temutissimo augurio porta sfiga. Dunque, non potevano essere state loro. 

Lo sberleffo maligno delle elfe ai mariti preoccupati per  la neve

Scendo in cucina a preparare il caffè per l’elfa che è stata risvegliata dalle mie imprecazioni e mi cade l’occhio sulla pagina del Gazzettino di sabato che titolava: “Venezia fortunata! Il Blizzard porta il gelo a Carnevale, ma niente neve”. Ora, a parte che da mille anni quel vento gelido per noi veneziani si chiama il Borìn (la piccola bora che arriva dal golfo di Trieste ancora abbastanza forte da far cadere tegole e camini) e non si vede perché ora debba anglicizzarsi, mi era finalmente chiaro chi fosse il colpevole della nevicata che avrebbe sicuramente decimata la presenza del pubblico. Il tempo di lamentarmene con Morena che nel frattempo era scesa in cucina e lei ridacchia dicendo: “Sei sempre il solito! Non avevi scritto un post la scorsa settimana che parlava del fascino romantico della neve? Eccoti servito“ . Così, ho scoperto che mi ero autosfigato da solo. 

 Cronache dal backstage

Avendo scomodato moltissimi santi però qualcosa ottengo perché verso mezzogiorno spunta un bellissimo sole che inizia a sciogliere la neve, tanto che alle due e mezza, quando vado al Teatro Lippiello le strade sono già perfettamente sgombre. La compagnia è già tutta presente (i grandi artisti come me, arrivano sempre con un pelino di ritardo perché fa chic), compreso Fabio, l’attore che ha uno dei ruoli principali e che sabato sera aveva la febbre e un possente raffreddore, tanto che lo avevamo fatto recitare a mezza voce per evitare che si presentasse afono. Infatti, Fabio è una specie di parafarmacia ambulante e ha nascosto dietro le quinte una borsa contenente ogni sorta di medicinale, dal Benagol alla Tachipirina e perfino l'aereosol per il Fluimucil. In caso di necessità, mentre le luci saranno puntate su Camilla dall'altro lato del palcoscenico, lui si avvicinerà e gli somministreremo una veloce spruzzata di spray al cortisone. Intanto, le due graziosissime Ilarie, che all’inizio si erano rifiutate di ballare come le ragazze cin cin di Colpo Grosso, si erano studiate le coreografie su You Tube a nostra insaputa (che ormai è molto di moda, tanto che sembra che anche Schettino comandasse la Concordia a sua insaputa) ed al mio arrivo stavano provando il balletto ed erano semplicemente divine, come se lo avessero fatto da sempre. 

L'elfa si aggira tra le consolle dei tecnici audio prima dello spettacolo

Appena gli attrezzisti e lo scenografo finiscono di sistemare le luci, la mia poltrona di scena (una normale sedia girevole da ufficio trasformata in una elegante poltroncina da casa patrizia) e di smistare le tante cose che dovevano rimanere sul palcoscenico e quelle che andavano dietro le quinte, dopo gli esercizi in gruppo per riscaldare le voci (la “ooooo” di pancia mi è venuta benissimo) Simone ci ordina di iniziare la prima delle due "filate" che precederanno lo spettacolo e che per la prima volta saranno effettuate con le luci di scena, quindi al buio per tutti quelli che non sono sul palcoscenico (però abbiamo delle piccolissime pile a led per leggere i copioni e non perdere il filo di quel che dobbiamo fare).

Fabio e le truccatrici al lavoro

La commedia è piuttosto complessa da mettere in scena, perché, oltre al gioco dei rimandi tra gli attori che impersonano Carlo e Donatella adulti e i due che li impersonano da giovani, ci sono tante entrate e uscite da coordinare con precisione svizzera, le varie posizioni sul palcoscenico da rispettare per non uscire dalle luci e anche diversi ambienti da cambiare. Inoltre, dietro la mia quinta (uno spazio minuscolo a fianco del palcoscenico con una linea rossa sul pavimento da non oltrepassare per non essere visti dal pubblico) siamo nascosti e pigiati in cinque senza contare che alcuni attori dovranno cambiarsi il costume in mezzo a noi e comunque, anche se ci sono tre sedie dovremo rimanere in piedi per tutto lo spettacolo. Dietro l'altra, ce ne sono altrettanti, più molti oggetti di scena che dovranno comparire al momento giusto. Simone, il regista, avvisa che taglierà le mani e altre parti del corpo non precisate a chi si deconcentrerà e, infatti, il gruppo delle comparse vestite da calciatori che devono solo irrompere sulla scena quando Carlo, dopo la separazione da Donatella riscopre i pregi della vita da single, canna il tempo dell'uscita e arriva sul palcoscenico alla spicciolata, tra l’altro dimenticandosi di non pestare troppo sul pavimento in legno per non sembrare la carica dei bisonti. Dopo la cazziata ai reprobi si riprende e questa volta va bene, così uno dei calciatori che deve cambiarsi per vestirsi da posteggiatore in costume da gondoliere si fionda dal palco nella nostra quinta dove ha gli abiti per la nuova scena. In tal modo scopriamo quanto sia duro far rivestire al buio e in tre minuti un giovanotto atletico e pure con una chitarra in mano in mezzo a sei persone pigiate. Soprattutto il farlo in silenzio e senza smoccolare per le gomitate e le pestate di piede.


Con il gatto Belzebù e il sigaro cubano (mio originale) nei panni del  terribile padre
 di Donatella a cui Carlo dovrà chiedere la mano della figlia. 
Così truccato mi faccio impressione.


Tutto va di nuovo per il meglio quando nel bel mezzo della scena del ristorante si apre la porta della sala ed entrano tre signore impellicciate, convinte che lo spettacolo iniziasse alle quattro. Vengono cortesemente rifocillate (un bicchiere di tè non si nega a nessuno) e invitate a ritornare. Poi tutti le maledicono perché Simone, che è un perfezionista, ci fa ricominciare tutto da capo. Così come ripetiamo otto volte la scena del bacio tra i due giovani Carlo e Donatella perché l’inclinazione delle teste al momento cruciale non è naturale e poi Teresa lascia intravedere a volte il trucco di baciarsi il pollice messo apposta sulle labbra di Sebastiano. Alla fine, verso le sette e mezza arrivano finalmente le truccatrici e si indossano i costumi di scena. Io pure, anche se cerco di svicolare, vengo truccato da una signora bravissima con una specie di fondo tinta e altro per evitare di sfavillare con le luci di scena. Mi sembra di essere Berlusconi. Sotto i miei occhi invece, la povera Camilla (che interpreta con una bravura e una padronanza scenica davvero sorprendenti la parte di Donatella adulta) viene invecchiata a tal punto che pur essendo una carinissima diciannovenne ne dimostra almeno venti di più: Anche Fabio verrà invecchiato a dovere come è giusto che tocchi ad un Carlo adulto, però devo dire che i capelli pepe e sale e stirati gli conferivano un’aria da intellettuale non malvagia. 

Fabio e Camilla, anche loro ingrigiti a dovere
Alle otto e venti, con l’eccitazione di tutti alle stelle e dopo che uno dei calciatori ha rovesciato nelle quinte delle bottiglie di birra che servivano per una scena, vengo convocato d’urgenza sul palco per  il rito tradizionale di scaramanzia della Vanguardia Nonsensista. Così mi ritrovo in circolo con tutti gli attori che si tenevano per mano in un certo modo e sono costretto a gridare con loro e con voce possente: “merda…merda….merda”  pure con il salto finale. Una sorta di haka degli All Blacks, ma più ruspante e, comunque, sono lieto che l’elfa non mi abbia visto farlo perché è arrivata due minuti dopo.

Tutti sul palco prima di aprire le porte per il rituale della Vanguardia Nonsensista

Dopo un'ultima rapidissima checklist di Elena (la precisissima aiuto regista) per verificare che tutti gli oggetti e le persone fossero nei posti giusti, finalmente il dato è tratto. Si aprono le porte della sala e noi ci stipiamo tutti tra le quinte nel massimo silenzio. Arnaldo alla consolle fa partire di sottofondo “un amore” di Ricky Gianco, che oltre ad essere una canzone bellissima dura sei minuti e quindi aiuta ad accogliere il pubblico e a fargli prendere posto. Siccome il brusìo cresce in continuazione e io sono curioso di mio, contravvenendo all’ordine di non sbirciare sposto un pochino la tenda della quinta e resto senza parole: la sala (140 posti) è completamente piena. Si spengono le luci e dopo una pacca beneaugurante Fabio sale gli scalini e inizia deciso il suo monologo d’apertura. Sento di colpo il calore del faro che lo illumina dalla colonna delle lampade e che è proprio sopra la nostra testa e la cosa mi fa sentire lucido e determinato, come spesso mi capita quando so di essere in gioco e che non c'è più spazio per le ansie. Intanto, Sebastiano, appena tornato single, entra in scena con l’aria tristissima, la scatoletta di tonno in mano e la musica di Ecce Homo (la sigla di Mr. Bean). Il pubblico inizia a ridere e a divertirsi, segno che stanno al gioco. Ottimo...


Teresa e Sebastiano /(Carlo e Donatella giovani).
Notare il kilt scozzese di lei originale anni'70  e la cravattina sottile di lui, come si usava allora
(bravissimi i costumisti)


La Ilaria piccola (si fa per dire, che lei ha diciotto anni e l’altra 22) che è vicina a me e di cui percepisco il nervosismo, mi bisbiglia di essere in ansia per il balletto e, visto che mi sento il nonno della compagnia, cerco le parole giuste per tranquillizzarla. Poi quando tocca a lei e parte la sigletta di Colpo Grosso schizza fuori decisa come i fanti dalle trincee del Carso assieme all’altra Ilaria e, come mi ha detto Morena, balleranno stupendamente. Come volevasi dimostrare. Infatti, poco dopo appena il gondoliere chitarrista che al ristorante disturba continuamente la dichiarazione d’amore di Carlo a Donatella, scende tra il pubblico cantando una canzonaccia popolare, tutti partecipano al coro battendo il tempo con le mani e c’è il primo applauso a scena aperta (altri ne seguiranno appena entra in scena quell’istrione di Pierpaolo con la sua performance del cameriere veneziano pagato a percentuale). Il quale Pierpaolo, forse perché Fabio parte in anticipo con la sua battuta, si dimenticherà di portare fuori un piatto (peccato venialissimo, tanto nessuno del pubblico lo sapeva) e tornerà tra le quinte disperato e rabbioso con sé stesso, tanto che l'Ilaria grande, che è anche la sua compagna nella vita, avrà il suo bel daffare a consolarlo.


Sebastiano e Teresa (Carlo e Donatella giovani) al ristorante in balia
del cameriere Pierpaolo pagato a percentuale


Insomma, tutto fila alla grande fino a che Sebastiano inizia a spogliarsi furiosamente in scena scagliando via i vestiti  a casaccio mentre Donatella si sta preparando per la loro prima volta. Rimarrà in canottiera e mutande e scapperà a nascondersi tra il pubblico appena sentirà la voce del padre (io) che ritorna inaspettato a casa. Il guaio è stato che, pur prestando più attenzione che durante le prove, dove aveva rovesciato una quinta con il lancio di uno scarponcino e abbattuto con l’altro, come fossero i birilli del bowling, tutto quel che c’era su un tavolino di scena,  questa volta al momento di rientrare nella quinta e con due soli minuti a disposizione per rivestirsi, mentre si infila spasmodicamente la camicia prorompe in un angosciato, quanto espresso diligentemente sottovoce: “cazzooo! Dove sono finiti i pantaloni? Cercatemi i pantaloni, non posso tornare in scena nudo! “ . Inizia così una frenetica caccia al tesoro sul pavimento con la piletta fino a che individuiamo una massa scura in fondo al palco, vicino alla porta del camerino, che però non potremmo raggiungere perché ci vedrebbe il pubblico. A quel punto, parte una serie di cenni disperati verso il regista che con molta prontezza di riflessi dall’altra quinta ci fa cenno di anticipare subito l’uscita delle due Ilarie che hanno il compito di cambiare le scene facendo finta di essere le camerierine che riordinano la casa. Così, con una pedata ben assestata le braghe vengono buttate giù dal palco e rientrano in possesso del legittimo proprietario (ma non la cintura, finita chissà dove). 


Seba mi chiede la mano di Donatella e io per dispetto gliela concedo,
ma come il megadirettore galattico di Fantozzi non gli stringo la mano.


Poi è stato il mio turno, e siccome sono un vecchio istrione, all'ultimo istante mi sono divertito a colorire il mio personaggio con qualche battuta fuori dal copione e giocando con il gatto che faceva tanto capo della Spectre solo per vedere la faccia di Sebastiano diventare bianca sotto il cerone. Poi, dopo una risata diabolica (non prevista) gli ho finalmente detto che, se proprio la voleva, "Quella dolcissima, meravigliosa... ma vorrei dire anche (pausa) grandissima rompicoglioni di mia figlia Donatella, era tutta sua!" e mi sono rivisto tanti anni fa quando la cerimonia rituale di richiedere la mano della mia compagna a suo padre era toccata a me, ma per davvero. Retrospettivamente mi sarebbe piaciuto che suo padre mi avesse parlato con tanta franchezza...

Con Fabio, Ilaria 1, Pierpaolo il gatto Belzebù, Ilaria 2 e Camilla
per ricevere l'applauso del pubblico
Da quel momento in poi e fino all'ultima scena tutto è andato liscio e, insomma, abbiamo avuto tre minuti filati di applausi e altrettante chiamate che detti così sembrano pochi, ma vi assicuro che in scena fanno molto effetto. Ah! Dimenticavo di raccontare che quei giovani bastardi della Vanguardia mi hanno fatto un bellissimo scherzo perché si sono messi d'accordo tra loro e siccome sapevano che al momento dei ringraziamenti reciproci avrei detto al pubblico che era stato bellissimo lavorare con questi ragazzi che "si erano rivelati dei grandi professionisti" sono scoppiati tutti in una risata clamorosa con inchino, lasciandomi in piedi in mezzo alla scena a fare la figura del pero (però è scattato un altro applauso del pubblico). 


Ecco, questo é tutto e vi assicuro che ora che dopo l'attesa è tutto alle spalle ho una grande malinconia addosso. Mi sa proprio che ad ottobre faremo una replica...

16 commenti:

  1. ma belzebù? è vero?
    sono contenta che sia stato un successo...(e che vi siate divertiti) poi una turnè in lombardia credi sia troppo complicato?

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    1. Ciao Trilly, hai visto che bravi i ragazzi? Il gatto belzebù (il nome l'ho inventato direttamente in scena)è un bellissimo peluche dell'Ilaria Piccola. Lo scenografo ne aveva creato uno altrettanto bello, con tanto di fiocchetto rosso e campanellino, ma come ho visto quel peluche me ne sono subito invaghito. Tournee in Lombardia? Se i ragazzi se la sentono tra un esame e l'altro, perchè no? magari a Casorate Primo, così viene a vederci anche mio figlio...

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    2. si dai, mi sa che non è tanto lontano da dove abito io ;)

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  2. Mi hai rassicurata...avevo un dubbio su Belzebù! :-)
    Ah...il vento si chiama Buran...che mi pare abbia maggiore assonanza con il nome veneziano! (quando faccio la maestrina non mi sono simpatica, ma avevo voglia di sfoggiare la mia cultura!)
    Buona giornata
    Mìgola

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    1. @Migola: e'verissimo quel che dici: il Buran è proprio il vento gelido degli Urali che tormenta la Siberia e le steppe russe e anche se non soffia in direzione del golfo di Trieste ha dato probabilmente origine per qualche contaminazione linguistica al termine Bora e al "Buriana" (per dire i primi che mi vengono in mente). Per un veneziano di laguna l'assonanza con il nome Burano lo rende di certo più familiare del termine Blizzard che più che un vento mi ricorda la casa di videogiochi che produce World of Warcraft.
      Ciao

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  3. Uh che lungo Carlo!
    Ripasso in giornata promesso! Me lo voglio leggere con calma.

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    1. @Maude Chardin: tranquilla... lo so che è lunghetto da leggere, ma per raccontare un'ora e venti di spettacolo più tutte le prove sono al minimo sindacale.
      Aspetto con ansia la tua recensione.
      Ciao (Ah! Come sta il tuo Brontolo? Salutamelo e fagli i miei auguri)

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    2. hai ragione, hai fatto benissimo a dilungarti, è molto divertente.

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  4. Bravissimo Carlo, Bravissimi tuttiiii!!! Ne sono davvero contenta, complimenti di Cuore a tutti voi! Non avevo dubbi, però, lo sapevo che sarebbe stato un Grande Successo!
    Divertente anche il tuo racconto della giornata e svolgimento della prima della commedia, è stato come riviverla insieme a Te.
    A proposito di neve, qui ha ripreso a nevicare, ma forse non attaccherà sulle strade. Comunque sta facendo freddissimo, c' è proprio gelo...
    Ciao Caro Amico, un Grande Abbraccio e ancora Complimenti di Cuore a tutti Voi!
    Maria Elena

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    1. @mecan: mamma mia quanti abbracci... mi ci vorrà qualche settimana per ricambiarteli tutti. Chiederò aiuto anche a Morena...
      Appena è pronto ti spedisco il DVD dello spettacolo, così almeno nelle lunghe serate fredde e nevose di Macomer, tu la mamma e il papà vi riscaldate con un po' di allegria.
      Ciao, ti abbraccio a mia volta e fatti sentire su Skype se ne hai voglia che ti racconto meglio.

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  5. Bellissimo Carlo, finalmente me lo sono potuta leggere senza essere continuamente interrotta. Deeve essere stata un'esperienza stupenda e capisco bene che già ti manchi.
    Mi ha fatto proprio ridere l'idea di fabio che si porta dietro tuto l'armamentario per l'aerosol :-D
    L'avete fatto poi il balletto di Colpo Grosso eh? sgrunt (scherzoo)
    Complimenti per il trucco, in effetti tra te e il Berlusca ormai non c'è differenza (e rischerzooo :-D)
    Tantissimi complimenti a tutti voi!

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    1. @Maude Chardin: grazie per i complimenti che trasmetterò ai ragazzi perché i bravissimi sono stati loro. Il balletto iniziale di Colpo Grosso delle due graziosissime Ilarie ha acchiappato moltissimo il pubblico maschile over 30 e lo ha ben disposto per il resto dello spettacolo. Dunque lo rifaremo anche nelle repliche autunnali. In quanto al trucco e alle similitudini con l'homo piacens di Arcore, se non avessi detto che scherzavi avrei dato mandato all'avvocato di sporgere querela... ti è andata bene :) (scherzo...)
      Ciao

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  6. Grazie del dettagliatissimo e divertentissimo rsoconto! Sei bellissimo! Ma il gatto è vero?
    Complimenti e ad majora! redcats

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  7. @Redcats: Grazie a te MG. Vi manderò il DVD così tu e Corrado potrete ammirare la mia performance teatrale. Roba che Albertazzi rosica da matto. In quanto al gatto, immaginavo che Rasputin si sarebbe interessato. Purtroppo dovrai dirgli che è un peluche.
    Ciao

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  8. bella, dettagliata ed interessante descrizione della serata che ho letto tutto d'un fiato. bravo carlo, bravissimo e tanti tantissimi complimenti!
    Spero di riuscire a venire alla replica, ho letto il libro, prima a puntate sul blog e vederlo a teatro con la tua partecipazione deve essere straordinario.

    bellissima la foto dell'elfa, ci voleva proprio!

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    1. @alessandra. Grazie Ale, lo sai mi hai fatto venire un'idea? Perchè non ci organizzi una rappresentazione della commedia a Marostica? Sarebbe divertentissimo, non trovi?
      P.s: la elfa è fatta così. Non cambia più...
      Ciao

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