lunedì 10 agosto 2020

Di quelli che in pizzeria provano a sedurti con la filosofia (che fa pure rima)


Ieri sera, non avendo alcuna voglia di cucinare causa caldo e poca roba in dispensa, avevo pensato di andare a cena con nostro figlio in qualche posto sfizioso, visto che mercoledì riparte già per la Germania e in questi giorni, tra i mille impegni del giovanotto che quando arriva a Mestre oltre ai genitori e alle conference call di lavoro con i suoi collaboratori (è tutto sua madre: deve rompergli le balle anche se è in ferie) si dedica pure a tutte le rimpatriate del caso con i suoi amici/amiche più cari, non c'era stata ancora l'opportunità di farla.

Purtroppo, non avevamo fatto i conti con l'elfa che, dopo aver scartato le opzioni "pizza" (l'abbiamo mangiata due giorni fa) e una serie di veti incrociati su ristoranti vari, tra Mirano e Mestre e tra l'indiano e il Tex-Mex, passando per l'ipotesi "delivery" di kebab o sushi, alla fine, spazientita per tutto quel tergiversare, ci ha detto con uno dei suoi sguardi che non ammettono repliche: "Decido io: sofficini per tutti!". E così è stato.

Per consolarmi della cena mancata a famiglia riunita (ci riproveremo stasera) vi racconto quella tra me e Morena dello scorso agosto seduti in pizzeria ad ascoltare divertiti dei curiosi dialoghi filosofici probabilmente a scopo seduttivo tra i vicini di tavola e che oggi, per qualche strana combinazione, mi ha ricordato Facebook.




Non avendo voglia di cucinare, mia moglie ed io c'eravamo concessi una cenetta rilassata in una graziosa pizzeria dalle parti di Asseggiano, dove non andavamo da tanto tempo.
Un bel giardinetto circondato da siepi, il consueto odore degli zampironi e cinque o sei tavoli, abbastanza vicini. Mentre aspettiamo le nostre pizze cerchiamo di dialogare su dove si potrebbe andare in vacanza, ma le nostre voci sono sovrastate da quelle della tavolata vicina di una decina di persone, tra le quali una signora con un curioso vocione tenorile che ci teneva ad informare i suoi commensali e i vicini di tavolo di come la sua pedicure si fosse lamentata delle dita dei suoi piedi che erano molto grosse e quindi immagino cercasse solidarietà piuttosto che delle fragorose risate e un “Marisa…varda che la te xè andada ben che la se gà fermà ae dita dei pie” molto poco charmant.
Poi, mentre ci portano finalmente le pizze e la vicenda dei piedi della signora perde subito d’interesse, la coppia adulta seduta al tavolo accanto, talmente vicino da essere quasi al mio fianco, finisce di mangiare gli antipastini della casa e inizia una conversazione che mi è difficile non ascoltare e che dopo le prime battute mi sorprende, tanto da chiedere sottovoce all’elfa “Scusa, ma lo senti anche tu quello che dice questo tipo qui o sono io che ho le allucinazioni?”
Lei lo guarda distrattamente mentre si prepara un boccone: “Chi? Il tipo con la barbetta e gli occhiali?”
“Sì , lui…”
“Boh… non so, saranno i soliti discorsi da pizzeria…”
“Macchè! Prima le stava ponendo delle questioni ontologiche sul nostro essere e la percezione del mondo e ora si sta avventurando in un parallelismo sul culto dei morti nella cultura induista e in quella inca precolombiana…”
Morena ascolta incuriosita a sua volta, poi annuisce “Lo sai che hai ragione? Le sta facendo un monologo filosofico, anzi un pippone mortifero…”
“Appunto… che con la pizza gorgonzola e noci è la morte sua…”
Risata sommessa, coperta con il tovagliolo per non farci notare.
“Sì però ora è passato a Leibniz e con lui la rucola non c’entra nulla…”
“Giusto… le monadi sono senza finestre, dunque non c’è spazio per l’insalata…”
Nuova risata perfida, questa volta più esplicita. Poi, bisbigliando sottovoce per non farmi sentire dai vicini, chiedo all’elfa: “Morena, io non posso girarmi, ma tu che dal tuo posto la vedi… lei come reagisce?"
“Ha lo sguardo assente e fa ghirigori con l’unghia sulla tovaglia. Ogni tanto annuisce, ma credo sia per cortesia”
“Poverina, la capisco… pensi che lui sia un professore di filosofia che non l’hanno avvisato che la scuola è finita e continua a combattere come i giapponesi nelle isole del Pacifico?”
“No, non credo… poco fa, di una cosa che le stava raccontando, diceva che l’aveva letta su Focus”
“Quindi, tra poco le tirerà fuori i Templari?”
“Sì, è probabile, sperando che si fermi lì…”
“Ma secondo te, quei due sono marito e moglie?”
“No, non credo… a meno che lui non stia tentando di compiere un uxoricidio per noia.”
“Quindi, vuoi dire che lui l’ha invitata a cena e ora ci sta provando?”
“Sì, per me è così… è la strategia del ragno: la sta avvolgendo in una ragnatela di chiacchiere per farle colpo e affascinarla con la sua cultura”
“Sul farle colpo non ho dubbi, per il resto avrei delle riserve…”
“Non fare il fenomeno. Guarda che lo hai fatto anche tu con me quando ci siamo conosciuti”
“Io? Ma figurati...”
“Sì, proprio tu… ma tanto lo facevi solo perché t’intimidivo ed eri in preda all’ansia di non piacermi, però io ormai ti avevo capito benissimo e comunque lo sai che sono immune alle tue arti dialettiche.”
“Già, il problema mi è noto da trentaquattro anni… comunque, ora dammi un tuo parere spassionato da donna: secondo te, lui che probabilità ha, da uno a dieci, di arrivare ad un happy ending con lei questa sera?”
“Meno cinque, come la temperatura di Bolzano a gennaio” (segue risata spudorata di entrambi)
Per la serie : non sarà elegante, ma ogni tanto spettegolare come due portinaie assieme a tua moglie, ti migliora la vita (e anche la pizza).

1 commento:

  1. Sono assolutamente d'accordo, a patto che l'ironia si accompagni a una totale autoironia. Prendersi gioco di se stessi e degli altri mettendo tutti (noi compresi) sullo stesso piano è sacro. Dà senso alla vita ed è segno di equilibrio. Aiuta anche a sopravvivere e a continuare ad essere gentilmente accondiscendenti con i difetti propri ed altrui. Insomma, è un comportamento che alleggerisce la vita e che rientra a pieno diritto nei rimedi naturali di tipo psicoterapeutico.

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