giovedì 29 agosto 2019

Delle madri apprensive e del loro occhio di Sauron sugli amori giovanili dei figli


Appena finita la maturità, ballando alla Pagodina sulla spiaggia del Des Bains e dopo che, sorprendendomi poichè la conoscevo appena, mi aveva buttato le braccia al collo per un primo scambio di baci al suono di Unchained melody, avevo preso una cotta potente per una ragazza genovese di nome Maddalena, che era ospite per le vacanze nella capanna di nostri amici al Lido. 
Dal momento che subito dopo avevamo avuto modo di scoprire molte cose nuove e interessanti e io ho sempre avuto l’animo del ricercatore innovativo, la storia fu inizialmente molto intensa. Anche troppo, tanto che, disponendo di un vero talento in materia, mi cacciai subito nei guai, che se non mi trovavano loro li cercavo io. Questi iniziarono una mattina di sole, mentre la stavo riaccompagnando a casa di chi la ospitava verso l’ora di pranzo e all’altezza dell’edicola di Campo Santo Stefano. 

Per non so quale strana associazione d’idee sbocciata mentre guardavamo la locandina del Gazzettino che annunciava lo sciopero dei vaporetti ci venne voglia di abbracciarci e di baciarci con grande passione. Anche se mi sembrava di baciare il cappuccino che lei aveva preso dieci minuti prima, tuttavia rimasi con gli occhi socchiusi ad assaporare il piacere di quel bacio e in attesa di averne ancora, quando Maddalena mi batté la mano sulla spalla per richiamare la mia attenzione. 
“C’è una signora seduta al bar che ci sta facendo ciao con la mano. Credo che ce l’abbia con te... ”. 
Mi voltai giusto il tempo per vedere mia madre seduta da Paolin con la Clelia, l’Annamaria e altre due sue amiche, ma non feci in tempo a preoccuparmene perché preceduto da un guaito e un latrato di gioia fui investito da un ciclone peloso che dopo avermi fatto barcollare per l’impatto iniziò a farmi le feste in modo imbarazzante, mettendomi addirittura le zampe sulle spalle e lappandomi la faccia. Poi fu la volta di Maddalena forse perché la riteneva persona gradita al capobranco e voleva entrare nelle sue grazie. 
Acchiappai il nostro enorme pastore tedesco di allora per la collottola e lo riportai da mia madre che però appena fui a tiro mi lanciò il guinzaglio e disse di portarlo a fare ancora quattro passi, perché voleva restare a prendere il sole al caffè con le sue amiche e quindi si sarebbe mangiato più tardi. 


il bacio (1969)


Appena ripresa la passeggiata Maddalena, curiosa come ogni donna, volle sapere se quella signora fosse mia madre. 
“Ovvio che era lei... a chi credi potesse venire in mente di lanciarmi contro un siluro canino da cinquanta metri di distanza per rovinarmi un bacio? Quando è seduta al caffè tiene sempre fermo il guinzaglio con la gamba della sedia per impedire che Whisky parta di scatto ad azzuffarsi con altri cani di passaggio, dunque lo ha liberato di proposito per farlo correre da me a farmi smettere”. 
Lei ridacchiò di gusto. “ Simpatica la tua mamma. Dici che lo ha fatto apposta? ” 
“Sì, è nel suo stile. E’ una killer professionista. Colpisce quando meno te l’aspetti e hai le difese abbassate, ma comunque non ti preoccupare, per fortuna è una persona di larghe vedute, sicuramente non è arrabbiata... ”. 

Affermare certe cose vuol dire chiamarsela e, infatti, appena salite le scale di casa la trovai sul pianerottolo ad aspettarmi e l’aria non prometteva nulla di buono, tanto che mi trovai subito sotto interrogatorio. “ Eccolo qui il mio Casanova! Posso sapere da quando hai questa ragazza? ”. 
Le risposi che stavamo assieme da due settimane e mi squadrò subito da capo a piedi come se mi vedesse sotto una luce nuova. “I casi sono due: o stai diventando troppo bravo oppure sto invecchiando, perché questa volta non mi ero proprio accorta di nulla. Dimmi chi è questa ragazza, che immagino sarà una delle solite mezze calzette che ogni tanto ti sbaciucchi... ”. 

Per mia madre le ragazze che potevo frequentare si dividevano in due categorie: quelle conosciute e autorizzate da lei, che andavano bene ma erano santerelline inguardabili e “le mezze calzette” che trovavo per conto mio e a cui lei attribuiva ogni nefandezza tra cui quella grave di distrarmi dallo studio e più in generale una moralità discutibile. 
“No, mamma. Scusa, ma non è affatto quello che dici tu. E’ una ragazza di ottima famiglia e...”. 
“Ne dubito. Una che dà spettacolo in mezzo alla gente e che non viene neppure a presentarsi non mi pare sia un granché come educazione ”. 
“Diciamo che l’iniziativa di baciarla è stata mia e che neppure io ho salutato le tue amiche perché non ne ho avuto il modo... ”. 
“Infatti, ho notato che stai diventando un bifolco e ti ricordo che tuo padre ed io non ti abbiamo educato così. Comunque, dimmi come l’hai conosciuta, come si chiama, di chi è figlia... “. 
“Si mamma, conosco la procedura d’identificazione. Dunque, il soggetto in questione si chiama Maddalena, è cittadina italiana, è nata a Genova, ha appena compiuto diciannove anni e fa il primo anno di biologia... ”. Pensavo di farle colpo e suscitare la sua ammirazione con la faccenda della biologia, ma invece m’interruppe subito con l’aria allarmata. 
“Stai dicendo che questa tizia che ti spupazzi è anche molto più grande di te? Complimenti per la cretinata! “. 
“Beh, dai mamma... in fondo fino a dieci giorni fa lei aveva ancora diciotto anni e io tra tre mesi ne compio diciotto a mia volta, non c'è tutta questa differenza”.
“Mettila come vuoi ma ha sempre più anni di te, le ragazze a questa età sono già delle donne e voi invece siete ancora dei bamboccioni e te ne accorgerai perché quando vorrà ti girerà come un calzino, comunque, vai avanti... ”. 


Studiando, o forse no (1969)


Mi sedetti al suo fianco e le elencai minuziosamente tutto quello che sapevo di lei e della sua famiglia, sorellina e nonni compresi. Alla fine, si accese una sigaretta e rimase assorta a riflettere, poi, dopo alcune tirate con il fumo che saliva azzurrino verso il soffitto, mi fissò dritto negli occhi, come quando sospettava di me ed esigeva tutta la verità. 
“Questa storia di cui non sapevo nulla, non so perché ma mi lascia inquieta: la devo classificare come un amoretto estivo o in un altro modo più serio? ”. 
“Ora non so dirtelo. Però Maddalena mi piace molto, io piaccio a lei e non è un amoretto balneare. Ne sono certo. ”. 
Invece, lo era perché di lì ad un paio di settimane la ragazza tornò a Genova per continuare le vacanze con i suoi genitori e la cosa, senza nemmeno troppe lacrimucce, ebbe termine.
L'appartamento da studente : la cucina

Verso settembre iniziai a mia volta a frequentare i corsi di giurisprudenza a Padova e poco dopo mia madre assieme ad una sua amica, moglie di un collega di mio padre, allora di base a Livorno, presero per i rispettivi figli un piccolo appartamento per agevolarli negli studi. Un mese dopo mi misi assieme ad una bella ragazza veneziana, di nome Donatella, che studiava al Liviano e con lei iniziai una storia d’amore piuttosto intensa che poi durò per tutti gli anni dell’università. Purtroppo, però, mia madre aveva le chiavi del nostro appartamento dove, anche per conto della madre del mio compagno di stanza, effettuava periodicamente delle incursioni a sorpresa per portarci via le bottiglie di liquore dall’armadietto e siccome aveva sempre un block notes in borsetta e qualche pennarello, al loro posto ci lasciava dei simpatici disegnini con la bandiera dei pirati, il teschio e le tibie incrociate. Naturalmente ci buttava in pattumiera le copie di Playboy che Roberto portava su dal mercatino americano di Livorno (con bigliettino: “E’ così che studiate?”) e talvolta, immagino mettendosi le mani nei capelli di fronte a tanto disordine, trovava il tempo di rifarci i letti, lavarci i piatti (lasciamo stare quel che scriveva sui bigliettini che poi ci lasciava sull’acquaio. Diciamo che "Zozzoni!" era la cosa più carina) e talvolta ci preparava perfino qualche porzione di spaghetti che poi trovavamo pronti in tavola e coperti da un piatto perché non si raffreddassero quando tornavamo da lezione. 


l'appartamento da studente: il salotto

Una mattina però, tornando dalla facoltà, vidi che mia madre era passata e, naturalmente, essendomi dimenticato di nasconderla, aveva notato la bella foto di Donatella che da qualche giorno tenevo incorniciata accanto al mio letto. Sopra c’era un bigliettino con un paio di cuoricini e un grazioso Cupido che diceva “Molto carina! Complimenti…” 
Ma sotto c’era il post scriptum che mi fece raggelare il sangue: “Se per caso lei è quella che si è dimenticata il mascara sulla mensola del bagno di casa nostra quella sera che io ero fuori al torneo di bridge, se la inviti a cena da noi mi farà molto piacere ridarglielo di persona e poterla conoscere” .

Lo feci qualche sera dopo, sia pure con un imbarazzo mostruoso (anche da parte di lei), e, come immaginavo, la cena fu simpaticissima. Mia madre, che conosceva l’arte dell’ospitalità e di mettere le persone a proprio agio, fu molto affettuosa con Donatella e le due iniziarono presto a fare amicizia e comunella a mio danno, tanto che in seguito, con una manovra a tenaglia perfettamente studiata m'indussero a lasciare la chitarra e le crociere sulle navi e a riprendere gli studi e a dare esami, ma questa è un’altra storia.

5 commenti:

  1. Ciao Carlo, capisco...
    Ci incontrammo per la nostra avventura musicale nell'Adriatico nel 1969 e ricordo benissimo il tuo forfait causato (si bisbigliava fra i maligni del nostro complesso)dall'aut-aut imposto dalla tua ragazza e dagli studi. All'epoca ero un po' più giovane di te e frequentavo il liceo e riuscii quindi a ripetere l'esperienza mosicale anche duratnte
    l'estate successiva. Poi arrivò l'univarsità e -guarda caso- il pressing della morosa. Appesi, o quasi, la chitarra al chiodo. Un abbraccio

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    1. Caro Unknown di nome Vincenzo, i maligni del nostro complesso avevano visto giusto, perché la causa principale del mio abbandono dell'attività fu proprio muliebre. Una di quelle alternative non trattabili del tipo: o me (e la laurea) o la chitarra. E siccome una delle due possibilità di scelta che mi venivano date era quello che in economia si chiama "bene scarso rispetto alla domanda" puoi immaginare cosa abbia scelto e perché. Ricambio l'abbraccio...

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  2. bellissimo racconto...che profuma di gioventù...di rossetto...di fibbie di metallo che reggono le calze di nylon e che fanno contrasto con il calore della pelle (interna) delle cosce...mi complimento per l'intensa vita amorosa..favorita anche dall'essere un fuorisede. il controllo che mio padre (solo lui..mia madre non entrava mai nella mia vita privata)faceva era la sola , costante raccomandazione quando uscivo con la mia fidanzata di allora (ci frequentammo dai 18 ai 20 anni...fu la storia più lunga. che ebbi in quegli anni)"procura di non avere conseguenze...usa il preservativo..!)..senza sapere che in quegli anni - almeno per quell che è stata la mia modesta esperienza - esisteva il "petting"...ma raramente era concessa la penetrazione....

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    1. Intanto, grazie per l'apprezzamento. Certo, senza addentrarmi nei dettagli "tecnici" la nostra generazione per tutta una serie di motivi socio-culturali non ha avuto vita facile come oggi nel campo degli amori giovanili. Io ho avuto il primo rapporto sessuale completo a diciassette anni e anche se oggi la cosa fa sorridere, allora mi sentivo molto fortunato perché nella mia classe dell'ultimo anno di liceo a non essere più vergini eravamo solo in tre su trenta. I rapporti amorosi tra ragazzi e ragazze erano sottoposti ad un forte controllo sociale e delle famiglie. Per essere stato visto da una professoressa dell'altra sezione mentre mi baciavo appassionatamente con una compagna di classe, le nostre famiglie sono state convocate dal preside per chiarimenti sulla condotta dei rispettivi figli. Poi il sessantotto, anche se non subito ma nel giro di qualche anno, ha cambiato tutto, ed io, avendo il privilegio di un piccolo appartamentino a Padova, di fatto vivevo per quasi tutta la settimana con la mia ragazza di allora grazie alla complicità di un'amica comune che teoricamente la ospitava. Però ripeto, ero molto fortunato in questo. In quanto ai preservativi, tanto per ricordare come si vivesse allora, non tutte le farmacie te li vendevano (in una il farmacista mi disse sdegnato che non tenevano di quella roba da casino) e il mio compagno di stanza, che faceva il pendolare con Livorno dove c'era un fornitissimo mercatino americano, faceva la spola portando su ogni volta qualche centinaio di preservativi americani "Gold" confezionati in lunghe cartuccere dorate e spessi come un pneumatico Dunlop, di quelli che venivano dati in dotazione ai marinai della U.S.Navy in libera uscita. Così facevamo qualche soldino rivendendo l'eccedenza ai compagni di università.

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  3. Ah..Ah..Ah...quando dici "spessi come una Dunlop!" ora ci sono i super-sensitive...da non usare - DICONO - per rapporti anali....l'esperienza più stressante che mi capitò con la mia fidanzatina di Roma fu quando improvvisamente entrò in casa la madre...noi si faceva petting sul divano...comunque ero in orgasmo...la gentile signora, che ebbe l'accortezza di sbattere violentemente la porta d'ingresso,...lo stress fu comunque forte...

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