domenica 11 dicembre 2011

Dello spirito del Natale (e dei regali anticipati)

Andando a  spasso con il cane per le strade che confinano con la campagna dietro casa nostra (mooolto dietro, di alcuni chilometri, perché ai giovani bretoni piace trotterellare per ore, meglio se tra il gelo e le nebbie) in questi giorni sto scoprendo fenomeni di costume curiosi, tipo quello dei babbi natale scalatori che ormai hanno preso il posto dei nani da giardino, nel senso che non c’è villetta o condominio che non ne abbia almeno uno appeso fuori da una finestra o balcone e che spesso più che uno scalatore ricorda i banditi che penzolano impiccati nei film western .  Ieri mattina, costeggiando una fila di villette a schiera, ne ho contati sette, tutti impegnati a salire sui balconi con le loro scalette di corda tanto che mi sembrava una prova di Giochi senza frontiere, con il Babbo Natale tedesco in vantaggio come al solito (immagino avesse giocato il Jolly). Immagino che oggi cerchino d’entrare di soppiatto dalle finestre e non dal camino perché hanno paura di trovarvi sotto un panettone soffice come nelle pubblicità.

Il ponte di Rialto in versione natalizia

 Però poi ho pensato con simpatia che dietro alle finestre appannate di quelle case c’era lo stesso mondo che mi è apparso in questi giorni curiosando in giro per i blog delle amiche e amici,  dove ho letto dei post pieni di poesia su come viene ancora vissuto il Natale in tante famiglie. Un mondo fatto di piccoli riti affettuosi, di bambini con il naso all’insù per vedere il papà che mette il puntale giallo oro in cima all’albero traballando sulla sedia e di lucine cinesi ad intermittenza che non ne vogliono sapere di accendersi, di presepi con l’asinello scheggiato che ci mettiamo San Giuseppe davanti, così non si vede e di pastorelli che portano la pecora sulle spalle e si rifiutano di stare in piedi sulla paglia, mentre il papà e la mamma combattono a colpi di scotch con la carta stagnola del ruscello e il cielo stellato che continua a collassare sulla capanna. Che meraviglia e quanti ricordi mi hanno suscitato!

Il campiello che porta in calle Racchetta da Strada Nova

Perché io sono uno di quei bambini sfortunati degli anni ’50 ai quali arrivava quasi sempre un unico regalo (spesso frutto di sapienti bricolage...) mentre alla Befana, il calzino appeso lo si trovava riempito di qualche sparuta caramellina e di molte arance e mandarini. Tra i regali che ricordo ancora oggi c’era un teatrino in miniatura con tanto di sipario di stoffa rossa, quinte e marionette di gesso, quelle classiche con Arlecchino e Pulcinella, con le quali mio padre e mia madre m’improvvisavano mirabolanti e spassosissime scenette. Durante un Natale passato a Taranto, invece, ricordo di aver finalmente trovato sotto l’albero l’agognato Fort Apache, un vero fortino con le mura a palizzata, la torretta d’osservazione e tanto di bandiera della cavalleria americana, ma anche con in dotazione un vero tesoro: una scatola con una trentina di cow boy e indiani di gesso, che però si squagliò miseramente la volta che la dimenticai in terrazza sotto un acquazzone.

Sotoporteghi e gatti veneziani

Quei miei Natali ormai lontani volevano dire però anche i cappelletti fumanti in brodo di gallina ruspante cucinati dalla nonna (quella materna, che veniva dal Monferrato, perché l’altra non sapeva fare nemmeno un toast) che si era alzata all’alba per tirare la sfoglia tra nuvole di farina e la suddetta gallina lessa che veniva servita subito dopo con la salsina verde (quella di prezzemolo, pane, aglio, uovo sodo e acciughe) o con la mostarda di Cremona, con le ciliegine candite distribuite equamente tra me e mio fratello. Tutto divorato in fretta e con i giornalini sotto al sedere (perché a tavola oltre a non interrompere i discorsi dei grandi era proibito leggere) nell’attesa del panettone che in casa nostra era rigorosamente Motta (all’epoca c’era solo l’alternativa Alemagna, che era un po’ come dover scegliere tra Coppi e Bartali). Al pomeriggio finalmente si andava, tutti intabarrati nei cappotti e nelle sciarpe, al cinema Massimo per vedere, tra nugoli di altri bambini, il cartone natalizio della Disney, rassegnati a subire perfino l’immancabile documentario sui castori.

Ponte della Maddalena al tramonto

A proposito dei miei Natali a Taranto, che ho citato prima, ricordo che sul nostro pianerottolo di Corso Umberto si affacciava anche l’appartamento di una piccola e cicciottella casalinga napoletana, moglie di un impiegato comunale, tale signora Pepe, che era una di quelle persone che sembra vivano unicamente per impicciarsi dei fatti altrui e si fanno un punto d’onore ad aggiornarti su quel che succede nelle altre famiglie del condominio, con particolare riferimento alle tresche amorose. Naturalmente a noi di tutte queste vicende private non poteva importare di meno, ma per la Pepe questo sembrava essere un dettaglio di poco conto e si faceva un punto d’onore nel tenerci informati. Questa donna era di un’invadenza spaventosa e in perenne agguato sulle scale (per me sorvegliava i nostri movimenti dallo spioncino della porta). Era quasi impossibile uscire o rientrare senza vederla comparire ad offrirci preziosi suggerimenti non richiesti o a cercare di entrare in casa nostra con qualche scusa per curiosare. Se riuscivamo a sottrarci con qualche sotterfugio all’agguato per le scale, allora la Pepe agguantava mia madre non appena si recava a stendere la biancheria sul balconcino della cucina che era adiacente al suo.

Un frutariòl in Calle dei Botteri

La signora Pepe, oltre al desiderio – mai esaudito­ per assoluto divieto paterno – di essere invitata a cena e d’intrattenere rapporti con la famiglia di uno di quegli altezzosi ufficiali di marina che in città erano considerati una casta a parte, aveva come apparente scopo della sua esistenza quello di rivaleggiare con il nostro tenore di vita (che poi non era tutto questo granché). Perciò, se noi si comperava una qualunque cosa, lei come minimo ne comperava due, oppure una vistosamente più grossa. L’unico vantaggio per noi piccoli arrivava alla vigilia di Natale, quando la Pepe c’invitava ad ammirare il suo albero (il doppio del nostro) e ci rimpinzava degli addobbi di cioccolata e marzapane (due volte più numerosi dei nostri). Il lato negativo della cosa, invece, era che la Pepe, per confermarci che eravamo proprio di fronte ad una pia donna, ci invitava a recitare le preghierine a mani giunte e solo dopo sganciava il cioccolato. E proprio alla vigilia di un Natale, la Pepe se ne uscì con un lapsus clamoroso, invitandoci premurosa, con la sua vocina cantilenante, ad essere tanto buoni e a dire le preghierine: “Che così facciamo tanto contento il Gesuino Bambù!”. Questo fatto del “Gesuino Bambù”, subito riferito, scatenò per giorni l’ilarità di mio padre e divenne un vero tormentone che si è tramandato negli anni, tanto che ci ha riso sopra anche mio figlio.


Riflessi e tramonto sul rio di San Felice

Il quale figlio, invece, è stato più fortunato perché, tra genitori, zie, nonni e ci metto pure il “Natale Bimbi” della FIAT, trovava sotto l’albero un vero container di giocattoli (e non aveva nemmeno, come nel mio caso, un fratellino con cui litigarseli). La cosa che ricordo con maggior tenerezza era però la finta cena che un Babbo Natale scroccone si concedeva nella nostra cucina per lo stupore affascinato di nostro figlio, con tanto di piatto lasciato sulla tovaglia con bucce d’arancia e briciole di pane tutt’attorno (anche un bel bicchierozzo di vino, perché Babbo Natale è uno che sa vivere…). Il tutto era illuminato solo dalla luce fioca di una candela sul tavolo, che accendevo assieme alle luci dell’albero scendendo silenzioso le scale poco prima che Gianmarco si svegliasse.

Ollie e Gianmarco, i miei due giramondo adorati
Comunque, a proposito di regali, io ne ho già avuti due anticipati e bellissimi. Il primo l’ho avuto quando, preceduto dal trillo inatteso di un telefonino di buon mattino ho visto mio figlio schizzare come un invasato fuori dalla stanza, mezzo in pigiama e mezzo vestito, gridando “Papaaà! C’è Ollie in stazione qui a Mestre e non è uno scherzo…(omissis) ” . Così ho appreso che era venuto a trovarci a sorpresa Oliver “Ollie” Paterson, ovvero il mio ventenne figliolo australiano dello scambio con Gianmarco, che, appena tornato in Italia per un corso di chitarra jazz a Prato (lui suona da dio…) è passato a trovarci e a farsi cucinare una monumentale carbonara con tanta pancetta. Il pomeriggio siamo andati tutti assieme a zonzo per Venezia a cercare regali per i suoi amici di Melbourne e ho fatto un mucchio di foto, tra le quali quelle che adornano il post (altre le sto postando su Flickr).

Il quadretto ricomparso dal  nulla 

Il secondo regalo, però è stato davvero incredibile, perché veniva ancora più da lontano. Questa mattina mia moglie, guardando dentro uno dei vecchi mobili tarlati di mia zia che abbiamo messo in un magazzino per vedere se era il caso di restaurarlo, ha trovato all’interno di un cassettone, avvolto da fogli di giornale, un piccolo quadro ad olio di mia madre. Una delle tante lagune che amava dipingere. Questa, molto tenue e delicata come tutta la sua pittura,  raffigura Burano come una  sottile striscia sospesa tra le acque e le nebbie ed è stata dipinta nel ’67 (la foto non rende appieno la vibrazione del colore, che la nebbia sembra di respirarla). Credevo che quel dipinto fosse andato distrutto con tutti gli altri durante l'incendio di casa nostra, ed invece…

Se non è un bel regalo di Natale questo…   

17 commenti:

  1. è meraviglioso. e inaspettato.
    credo che tu abbia provato una grandissima emozione.
    leggendo questo post è come se mi fossi calata veramente in veste di spettatrice di un film e davanti ho avuto tante immagini dei tuoi ricordi che hai descritto. bello ;P

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  2. ... è un post kilometrico e mi ci vorrà del tempo per rileggerlo tutto...per ora mi godo la meraviglia che è venezia d'inverno delle tue foto, e il meraviglioso regalo dell'acquerello ... un regalo impareggiabile!

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  3. Che bellissime sorprese Carlo. Sono queste le vere magie del Natale. Hai rivisto inaspettatamente una persona amata, e hai ritrovato un oggetto così prezioso e caro.
    Anche io avevo quel teatrino!
    E anche noi si mangiava solo Motta, Alemagna guai (da veri milanesi doc).
    Complimenti come sempre per il tuo affascinante racconto.

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  4. Che si sappia, stamane alle 5 commentavo questo post ma si son mangiati il commento dicendo che non ero autorizzata, ora ci riprovo, poi picchio google :))
    Certo che questo natale si preannuncia molto bello, ritrovare l'acquarello della tua mamma, la visita a sorpresa di Ollie .. beh come preambolo pare notevole no?

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  5. Mi sono gustata il tuo racconto e le tue foto mentre alla radio trasmettono la Passione secondo Giovanni di Bach : che voglio di più?
    Del quadro ti ho commentato su facebook, è un dono straordinario!
    Quel teatrino l'ho invidiato a tante amichette, Fort Apache di mio marito mi sa che ce l'ho ancora in alto nell'armadio di mio figlio! Bacioni a tutti! redcats

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  6. questo post rischia di farmi riconciliare con il natale!
    ps. sto ancora ridendo con il babbo natale che sembra un impiccato: è vero, è proprio così.
    pps. la salsa verde la faccio senza aglio.

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  7. acc ! avrei adorato avere un fort apache da piccola !!! non sai quanto l'ho desiderato.. ma nonostante i miei facessero a mia sorellina tutti i regali da maschio (poichè a mio padre era rimasta la delusione di una seconda femmina si rivaleva così...) cavalli a dondolo, automobiline radiocomandate, pistole, costruzioni lego di prima generazione (e questo ampliò illimitatamente i nostri orizzonti di bambine destinate solo a bambolette e tazzine e piattini), il fort apache non ce lo regalarono MAI !

    ma ci sarebbe la possibilità di costruirsene uno... con tutta la palizzata in vero legno, ci sono i negozi Città del sole che vendono delle scatole di montaggio meravigliose...non ci hai mai pensato ??

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  8. @trilly: ti dirò che tra i bellissimi post sull'atmosfera del Natale che ho letto e che mi hanno ispirato questo racconto c'è anche il tuo. Quindi, sono io che ringrazio te.
    Ciao

    @nellabrezza: grazie, mi fa piacere che le mie foto ti siano piaciute. Anche se ti assicuro che Venezia d'inverno è talmente suggestiva da rendere la vita facile a qualsiasi fotografo.
    Ciao

    @Maude: Vero...mio padre era milanese come te (nato e vissuto a lungo in un palazzo all'inizio di Via Verdi, che sono riuscito a riconoscere dalle inferriate dei balconi, ancora le stesse di una foto di lui da piccolo)e anche per mio papà come panettone c'era solo il Motta, anche se mi raccontava che nei suoi natali milanesi mio nonno andava apposta al forno delle Tre Marie a comperare quei panettoni "bassi" che a suo dire erano ineguagliabili.
    Ciao.

    @POPC (pat): Mi viene sempre da chiamarti con il tuo glorioso nickname splinderiano. Si, sono proprio cattivoni questi di Goooooogle, che non hanno nemmeno le emoticons :( . Si meritano uno dei tuoi corsivi a scottadito. Perché il blog lo tieni sempre attivo, vero?
    Anche questo sarebbe un bel regalo di Natale. (Poi, tra qualche giorno ci facciamo gli auguri telefonici, con tutta la dogal famègia, bretone compreso).
    Ciao

    @redcats: Bach come colonna sonora della lettura dei miei racconti è raffinatissimo. M'inchino di fronte alla tua sapienza. Ma che aspetti a tirare giù il fortino dall'armadio? Magari a Rasputin o a tuo marito interessa moltissimo.
    Ciao

    @Isi: pensa che oggi ho visto sgomento il padre di tutti i babbi natale. Da un balcone di una villetta ne pende uno grande come una station wagon (non scherzo, se riesco domani lo fotografo). Dev'essere come il grande marshmallow rosa in cui si trasforma Zuul nella scena finale di Ghostbusters. Inquietante, ne ho provato timore e il cane gli ha abbaiato a lungo.
    Ah..sicuramente hai ragione e l'aglio nella salsa verde è superfluo, ma devi sapere che quando hai una nonna del Monferrato, l'aglio diventa onnipresente. Basti pensare che faceva la bagna cauda "integrale" , cioè non quella ingentilita dalla panna di latte dei torinesi, ma quella di campagna solo con le sarde e/o le acciughe sciolte a fuoco lento nell'olio ligure, i pezzetti di gambo di cardo e almeno quattro spicchi d'aglio per ogni commensale.
    Ciao

    @ele: sai che mi hai dato una buona idea? Quasi quasi me ne costruisco uno. L'unico timore, di questi tempi è che poi mi facciano pagare l'Ici anche sul fortino, magari come seconda casa.
    Ciao

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  9. mannò...basta che in un angolo ci metti un santino e due candele, e sarà di culto, e come tale non pagherai nulla !!

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  10. naturalmente sarà appeso per il collo, il babbonatalestationwagon ;)

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  11. @ele. anche questa è un'ottima idea. Potrei
    mettere due pupazzetti di guardie svizzere all'ingresso del forte e la bandiera bianca e gialla vaticana al posto di quella del 7° reggimento della cavalleria nordista, così siamo più tranquilli sull'esenzione dall'ICI.
    Ciao

    @Isi: Credo lo abbiano assicurato al balcone per la cintura, ma il babbonatalestationwagon è gonfiato ad aria come un enorme canotto e quindi sto cercando in garage il vecchio fucile Diana ad aria compressa con i piombini. Se non lo trovo userò l'arco da gara di mia moglie, anche se le sue frecce al carbonio costano una cifra.
    Ciao

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  12. ...e una piccola, celabilissima mazzafionda no?...

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  13. @ele. Ci avevo pensato, ma fionde e cerbottane non credo abbiano la capacità perforante di un piombino ad aria compressa o di una freccia, se non a breve distanza. Di mio, per andare sul sicuro con un babbo natale di quelle dimensioni,sarei sul bazooka, ma è difficile procurarselo e poi è un tantino rumoroso.
    ciao

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  14. che bei ricordi... e che bel modo di narrare...

    ti influenza il MALVASIA... slurp !

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  15. @stefanover: grazie Stefano...del resto Venezia avendo grosso modo un'osteria ogni 100 abitanti è l'unica città al mondo che può chiamare una calle con il nome di un vino.

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  16. Ho provato una grande emozione nel vedere quel dipinto di tua mamma ricomparso fra fogli di giornale, è talmente bello e ricco d'atmosfera!
    Diciamo che tutto il resto mi è scivolato in secondo piano ed ora mi sto scaldando il cuore con
    le sensazioni che tua mamma deve aver provato dipingendolo e con le tue nel ritrovare attraverso un dipinto una parte di lei. Non potevi ricevere dono migliore, sembra che te l'abbia mandato lei, io credo in queste cose.
    Mi fermo, perchè un altro po' e ti faccio piangere! Scherzo! Ciao

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  17. @alessandra: la tua sensibilità ancora una volta ti porta a dire delle cose molto belle e profonde che condivido. Io, come sai, non sono credente, però ho avvertito a mia volta la sensazione che la cosa non sia stata casuale. Almeno mi piace pensarlo...
    ciao

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