venerdì 12 novembre 2021

Quelli che vorrebbero fare una torta di mele e pere, ma poi ripiegano sulla pasta e fagioli.

Il detto dovrebbe essere “meglio prevenire che reprimere” ma l’elfa, che è una che non ha tempo da perdere, di solito reprime già mentre previene, quando non reprime "a sensazione" a prescindere dalle mie intenzioni nemmeno manifestate. Infatti, ieri, prima di andare di buon ora con il bretone al mercatino del giovedì nella piazzetta dietro casa per comperare verdure e altro, essendomi venuta all’improvviso una delle mie idee da cuoco creativo (mi zampillano come un torrentello di montagna soprattutto quando non mi hanno dato tempo di fare colazione) le ho chiesto mentre era già in uscita sulla porta di casa: “Abbiamo in casa della cannella in polvere?” scatenando subito il suo sguardo sospettoso. 
“Sì, c’è, ma a cosa ti serve?” 
“Pensavo di fare un dolce con il pane vecchio per iniziare a smaltirlo, visto che ti lamenti sempre che ne compero in eccedenza come la moglie di Fantozzi invaghita del fornaio” 
“Se è una pinza ti dico subito di no perché non la sai fare…”
“Grazie per la fiducia…” 
“Prego, non c’è di che…” 
“Ma perché non la saprei fare?” 
“L’hai mai fatta in precedenza?” 
“No…” 
“Ecco! ti sei risposto da solo…” 
“Ma perché non potrei provarci? Magari ho la fortuna dei debuttanti…” 
“Perché tanto per cominciare la cannella non serve, casomai ci vogliono i semi di finocchio, quindi sei già partito male..." 
“Vabbè! la farò di nascosto un pomeriggio mentre sei al lavoro e se mi viene bene te la riproporrò ogni giorno in tavola fino all’ultima fetta”. 

Lei ridacchia perfida “E se ti viene male come sono certa?” 
“C’è il cassonetto dell’umido fuori dal cancello e nessuna ne saprà niente: quella pinza non sarà mai esistita. Comunque, cara la mia Malcontenta, non volevo fare una pinza ma una torta rustica di mele, pere e pane vecchio ammollato nel latte come la faceva mia nonna…” 
“No, mi spiace per tua nonna, ma ti dico subito di no, come sono certa che te lo direbbe lei…” 
“Ma perché non vuoi? Com'è che sei tanto prevenuta sulle mie torte?” 


La pinza di pane vecchio, fichi, uvetta e semi di finocchio di mia moglie.

E qui ho verificato ancora una volta come l'elfa (mia moglie, chiamata così in famiglia perché tira con l'arco precisa come Legolas e ti può inchiodare ad un albero con una freccia al carbonio da cinquanta metri di distanza) abbia una memoria micidiale per le mie inadempienze nella vita coniugale e non parlo di quando scrivo delle morose di una volta, delle quali non le impippa nulla, anzi si diverte pure a darti dell'imbranato e quasi sempre ti dice che aveva ragione lei, quella poverina, e che aveva fatto bene a mollarti, ma mi riferisco ai miei mancati doveri casalinghi. Per esempio, mi cita improvvisamente quel gennaio di quattro anni fa quando “ho dovuto smontare io l’albero di natale perché tu ti guardavi bene dal farlo” oppure che "la scorsa settimana ti avevo chiesto di stendere la biancheria e te ne sei dimenticato lasciandola nella lavatrice tutto il giorno". 

E anche in cucina, pur potendo apprezzare il fatto di rientrare a casa dal lavoro trovando la tavola apparecchiata e un pranzo fumante ad attenderla invece del suo bigliettino: "Nel frigorifero c'è un etto di prosciutto cotto e il pane è di ieri, ma se lo scaldi torna buono e quando vieni a letto cerca di non svegliare il bambino" di quando rientravo a notte fonda e affamato da Torino, oppure con l'invito ad andare a mangiare di fronte a casa al Tinello, dove all'ora di pranzo un primo, un secondo e un contorno costano 12 euro, caffè e bevande a parte, quando sbaglio un singolo piatto in due anni (che può succedere anche a Carlo Cracco, immagino...) loro se lo ricordano nei dettagli e te lo rinfacciano, per non dire del suo tormentone "devi imparare a tritare meglio le cipolle o rosolarle di più perché fanno criz - criz sotto i denti" che tra poco o le riduco a poltiglia con il minipimer o mi indurrà per la disperazione ad usare solo l'aglio per il soffritto. 

Tutto questo mentre io, che sono di indole molto più generosa (e anche assai signorile nel non far notare queste piccolezze), mica glielo ricordo il mio costoso maglione della Les Copains infeltrito e ridotto alle dimensioni perfette per vestire la Barbie, le tante mutande e magliette uscite rosa dalla lavatrice e le ore passate a ripulire con il cotton fioc la tastiera del mio portatile piena di briciole di biscotti perché qualcuna se li sgranocchia sopra mentre fa i solitari con le carte e poi ti avverte serafica che "ci sono alcuni tasti che funzionano male...". Ci mancherebbe…noblesse oblige. 

Invece lei, andando a pescare nell'archivio delle mie epic failure in cucina un fascicolo del reparto: "torte e dolciumi" ha subito risposto: “Perché quella torta l’hai già fatta due anni fa e non ti era venuta bene… cucini ottimamente i sughi, le carni, a volte anche il pesce (se hai la botta di culo con i tempi di cottura) e fai dei fritti asciutti e croccanti, ma non sei bravo a fare i dolci, rassegnati e fattene una ragione. ” 
“Ma sei sicura che l’avessi già fatta? Io non lo ricordo...” 
“Certo… e ti rinfresco subito la memoria: avevi messo nella pirofila dei crostoni di pane interi alti due dita, quindi troppo grossi e per quanto li avessi inzuppati nel latte e messi in forno erano ancora mezzi duri che bisognava tagliarli con il coltello seghettato e alla fine abbiamo mangiato solo le mele… che erano appena discrete, solo perché si erano un po' caramellate” 
“Vabbè, sarà come dici tu, ma se oggi ci riprovo cubettando il pane in modo che con il latte diventi morbidissimo, tipo dolce al cucchiaio?” 
“Prova, se proprio vuoi, ma lo fai a tuo rischio e pericolo, perché tanto lo sento che non ti verrà bene”.

 
La mia portokalopita, torta greca di pasta fillo e arance, perché i dolci li so fare

E a questo punto, l’animo del ribelle sessantottino che ancora si aggira in me alla ricerca dell’eskimo che chissà dove è finito, ha deciso di raccogliere il guanto di sfida, dunque per il suo ritorno a cena le avrei preparato a sorpresa la torta rustica di mele e pere di mia nonna (non conosco affatto la ricetta, ma, andando a memoria, dovrebbe consistere in una pirofila imburrata e strati alternati come una lasagna di pane sminuzzato bagnato di latte e poi strizzato alternato a fette di mela e pera cosparse di zucchero di canna e profumo di cannella. Il tutto in forno a 180° per 20 o 30 minuti con un po’ di grill finale per caramellizzare lo zucchero in cima). Se fosse venuta buona, come sono certo, qualche malfidente di mia conoscenza per penitenza avrebbe dovuto lavare i piatti sabato e domenica, in caso contrario… avreste letto come è andata in cronaca sul Gazzettino. 

Ah... aggiornamento del giorno dopo per non lasciarvi in ansia sulla mia sorte:. Alla fine, con la scusa che non potevo fare una torta di mele e pere se non avevo le pere e che, comunque, era meglio non cercarsi rogne preparando dolci, giacché mi ero ricordato che saremmo stati a dieta tutti e due, ho preferito rimanere sul sicuro e per cena me la sono cavata con una pasta e fagioli (i pregiati borlotti di Lamon, che qui si fa sul serio), giudicata buona dall'elfa, anche se: "devi imparare a tritare meglio le cipolle o rosolarle di più perché fanno criz - criz sotto i denti". Maledette cipolle... 

2 commenti:

  1. Caro Carlo mi dispiace molto che l’elfa ti maltratti così pesantemente... a chi si lamentava della grandezza della cipolla tritata qui a casa mia ho risolto non tritandola più, ovverosia ora se la tritano da soli, i due rampolli agés che ancora mi ritrovo tra le..ahem..,tra i piedi!

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  2. ottima idea quella della cipolla tritata direttamente dal consumatore finale, te la rubo :)

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