martedì 30 gennaio 2018

Di quando le ragazze ti sferruzzavano i maglioni


Un tempo, quando ti mettevi assieme con una ragazza in modo stabile, che non fosse la limonata "è stato bello conoscerci" delle feste del liceo, dovevi sottoporti a due prove d'amore. La prima era il salame di cioccolato che lei produceva in quantità industriale con i biscotti Oro Saiwa delle sue colazioni avanzati e infiappiti (dal vago sapore di muffa) e il cioccolato fondente anonimo comperato a cubettoni da grattugiare (che almeno avesse preso il Toblerone, che c'era anche la nocciola). Di conseguenza, dovendole anche fare i complimenti più menzogneri per tanta bontà ed essendo l'unico dolce che quell'anima appassionata sapesse fare, te lo riproduceva in continuazione per compiacerti, garantendoti così una rigogliosa fioritura di brufoli e altri piccoli fastidi. L'altra prova, ancora più dura da affrontare, era collegata all'ora di economia domestica che all'epoca veniva impartita a scuola alle nostre compagne ma anche al training alle virtù domestiche di una tipologia di madri oggi per fortuna residuale. 

Perché a quell'epoca, alle nostre ragazze (oltre a faccende "basic" di casa che ormai facciamo meglio noi maschietti grazie ai tutorial su You Tube) veniva insegnato a sferruzzare con i ferri da maglia e le matasse di lana. Quindi, oltre al dovere di stare seduto a mani tese di fronte a lei a reggerle la matassa di lana mentre avvolgeva il gomitolo, poi iniziava alacre il tic... tic... tic... dello sferruzzamento e in capo a qualche settimana, dopo alcune convocazioni pomeridiane a casa sua per "provare le maniche" o altro ma del tutto castamente, perchè di solito assisteva compiaciuta la madre, alla fine ti veniva dato il maglione che di solito aveva l'orlo smollaccione che ti usciva da sotto la giacca oppure copriva a stento l'ombelico e comunque, dato che le avevi provate a qualche giorno di distanza l'una dall'altra, avevi le maniche di diversa lunghezza, che una la dovevi rimboccare più volte per non sembrare un mutilato di guerra e l'altra, se era la sinistra, ti consentiva almeno di guardare l'ora senza sollevarla.


Con il maglione di lei e l'aria compiaciuta di circostanza

Ricordo ancora il maglione che mi aveva sferruzzato la mia ragazza degli anni dell'università. Era blu scuro, con il collo alto e stretto da rovesciare (più volte) e che, oltre a strangolarmi, mi dava anche un insopprimibile prurito con la lana a contatto del collo. Per decorare il tutto c'era un inspiegabile bordino rosso sul fondo, forse perché aveva finito la lana blu. Il golf mi arrivava quasi alle ginocchia e, come ulteriore prova di abilità, la mia amata si era pure cimentata a fare delle righe a rilievo come si usava allora, ma diciamo che la maglia non le era venuta tanto bene, perché le righe erano di dimensioni differenti e in certi punti, come sui gomiti, si dileguavano e si vedeva sotto la camicia. L'ho dovuto indossare per quattro anni e l'unica cosa che mi ha dato sollievo quando ci siamo lasciati è che finalmente l'ho potuto mettere per sempre in armadio senza vedere musi lunghi. L'evoluzione della specie ha fatto sì che le ragazze 2.0 di oggi, quando vogliono compiacerti con un dolce, siano passate ai crumble e alle cheesecake, ma soprattutto, ignorino completamente l'arte di sferruzzare maglioni. Figlio mio, credimi, il vostro è un gran bel vivere...

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