sabato 24 giugno 2017

Del primo giorno di spiaggia, del Wi-fi balneare e delle vicine francesi d'ombrellone.


Sono da poco passate le sei del mattino. La luce del sole inonda già la nostra camera da letto filtrando tra i rami dei platani sulla strada. Il caldo e il rumore del traffico seguiranno a ruota. Essendo ormai sveglio da diversi minuti anche per l’ennesima ginocchiata da “cartellino rosso diretto" dell'elfa che quando si gira nel sonno colpisce all'inguine con precisione chirurgica, decido di andare nel mio studiolo ad accendere il computer nell'attesa che la mia compagna apra gli occhi. Così, aprendo Facebook vi scopro un messaggio non letto di mio figlio, che immaginavo tranquillo a Dusseldorf e invece dopo avermi rivelato che l’altro ieri era stato in Olanda, e il giorno dopo in Belgio ci teneva a farmi sapere di essere in partenza per Lubiana  e che qualche giorno dopo lui e lei avrebbero preso un mezzo per raggiungere Novigrad e farsi una settimana di mare in Croazia. Il tutto per la serie del non ti dispiace se Ana ed io veniamo a Venezia a fine agosto anziché adesso, vero, papà? Ma ovviamente io, che da ventenne andavo e tornavo in giornata da Venezia a Busto Arsizio per amore di una ragazza conosciuta in vacanza e già mi sentivo un eroe romantico, per un minimo di coerenza non me ne posso dispiacere. Talis pater, talis filius. 

Vedo, ad ogni modo, che il giovane "farfallone amoroso" è ancora collegato su internet e così chattiamo per qualche minuto finché sento una mano che si posa leggera sulla mia spalla e la voce dell’elfa ridestata. "Lasciami il posto che voglio parlare con mio figlio. Tu intanto vai a portare fuori il cane che appena rientri andiamo a Jesolo a prendere il primo sole dell’anno. Sbrigati che non voglio fare le code…"

Gèsolo on my way, anzi, Cortellazzo...

La notizia mi coglie del tutto alla sprovvista. "Andiamo a Gèsolo? Ah! Non me l’aspettavo!
"Sì, visto che non abbiamo impegni e le spese le abbiamo fatte ieri sera, oggi si va proprio a Jesolo che tu denigri tanto chiamandolo Gèsolo per indispettirmi, anche se in realtà, visto che non te ne sei accorto, da un paio di anni andiamo a Cortellazzo."
"Ah già... dimenticavo che siamo passati da Gèsolo a Corteàsso. Avessi detto Saint-Tropez...."
"Perché? Adesso non ti va più? Non sei quello che me la sta smenando da settimane perché ha bisogno assolutamente di un bagno di mare per drenare il naso dall'allergia da polline? Ora che te lo propongo ti tiri indietro?
"Beh…no… va bene, a patto che ci stiamo poco: due bagnetti, un po’ di sole e via. Lo sai che in spiaggia mi annoio mortalmente ad osservare per ore te che ti abbronzi mentre io mi ustiono.
“Però se andassimo al Lido tra le capanne del tuo amato Des Bains, che a sentire te è l'unico luogo al mondo degno di chiamarsi spiaggia, andrebbe tutto bene, vero? Comunque, se è solo per la noia che ti infliggerei, sappi che quest’anno se vuoi puoi portarti il tablet perché ho letto che ora c’è il wi-fi anche sulla nostra spiaggia. Dunque, potrai cazzeggiare a tuo piacere sul web come fai a casa, contento?".

Faccio finta di non cogliere l'accusa di cyber-dipendenza domestica lanciata dall'elfa e incuriosito dalla nuova possibilità provo immediatamente ad immaginarmi intento a scrivere questo post sulla sdraio con il tablet in precario equilibrio tra l’addome sudaticcio (un po’ fuori forma, lo ammetto) e le ginocchia. Purtroppo, mi affiora subito alla mente il ricordo del giovane “American idiot” che ciondolando come uno zombie con in mano un bicchierone di Coca-cola tra le poltroncine del Frecciarossa Roma-Venezia mi aveva allagato e distrutto un portatile aziendale da 1.500 euro pensando di cavarsela disinvoltamente con un: "Ooops! So sorry...." (il suo corpo crivellato con la penna a biro giace ancora da qualche parte tra Arezzo e Cortona...). Inoltre, essendomi occupato anche di FMEA (Failure Mode Effects and Analysis) effettuo un brain storming personale per immaginare da dove potrebbe arrivare il pericolo e classificarlo in base ad un coefficiente di probabilità di impatto con il mio tablet e di gravità potenziale del danno in modo da poterlo prevenire. Gli eventi possibili che mi vengono in mente sono nell'ordine: 

1) Moglie che si spruzza spray abbronzante al cocco nelle vicinanze dello schermo rendendolo appiccicoso (gravità del danno teorico e sua probabilità di avverarsi valutabile con punti 6.5) 

2) Bambino molesto e iperattivo del vicino di ombrellone che fa una battaglia a secchiellate di sabbia con la sorellina (6,2) 

3) Cenere di sigaretta di moglie che viene a curiosare fumando (7,5)

4) Acqua salmastra che gocciola sul tablet dal costume di moglie che viene di nuovo a curiosare fumando ma ancora fradicia subito dopo il bagno (7,5) 

5) Moglie che per vedere un filmato di tango su You Tube effettua il touch screen con le dita insabbiate tipo carta vetrata rigandoti lo schermo (8,7) 

6) Signorina tatuata e tamarra dal forte accento trevigiano che tra poco sbatterà al vento il telo da bagno pieno di sabbia (punti 5,8)

7) Bambino e sorellina molesti e iperattivi del vicino che dopo essersi ridotti come i guerrieri di terracotta di Xi’an corrono in mare a ripulirsi e ritornano fradici scrollandosi l’acqua di dosso come due cagnolini (6,0) 

8) Adolescenti che si rincorrono tra gli ombrelloni con i fucili ad acqua giocando a Steven Seagal e Van Damme contro Schwarzenegger e allagando te e la presa USB del tablet (6.5) 

9) Fulmineo e non autorizzato passaggio di proprietà del tablet mentre tu e l'elfa state facendo il bagno (8.5)

10) Wi-fi della spiaggia niente affatto free, ma a pagamento, debole e carissimo (9.5)

Alla fine, considerato l'alto coefficiente di rischio complessivo, decido di lasciare il tablet a casa malgrado il “Non lo vuoi portare? Cavoli tuoi, ma poi non mi dire ogni due minuti che ti annoi” e si parte. Arriviamo in spiaggia verso le dieci dopo la solita coda a Caposile per l'incrocio con la Treviso Mare e c’è già un carnaio di gente bianchiccia richiamata come noi dalla giornata di caldo afoso.
Comunque, preso il lettino e l’ombrellone ci buttiamo finalmente nelle acque dell’Adriatico tiepide e opache come un brodo primordiale per la prima nuotata della stagione da cui ritorno coperto di alghe ma orgoglioso per aver fatto quasi trenta metri filati a stile libero (ho provato anche a nuotare a farfalla, ma dopo cinque bracciate avevo già un fiatone imbarazzante e ho pure bevuto cercando peraltro di darmi un contegno di fronte all'elfa ridacchiante dicendo che facevo dei gargarismi di acqua salata benefici per la gola). A seguire: io sdraio, lei lettino e successivo slaccio del reggiseno e unzione meticolosa della schiena della consorte con le creme solari. Quindi, lettura di Repubblica, con le pagine già incartapecorite, insabbiate e ora pure unte di crema solare, sino all'ora del pranzo. Evento atteso con crescente impazienza e che verrà consumato a un chilometro di distanza, al baretto della spiaggia, dopo essersi scottati i piedi camminando tra la passatoia in cemento e la sabbia rovente e attendendo pazientemente in coda un quarto d'ora solo per ordinare.


Iniziamo il noioso compito d'abbronzarsi stando all'ombra.

Caldo afoso del dopo pranzo in spiaggia. Il panino alla piastra con formaggio sintetico, rucola e prosciutto made in Taiwan, ingurgitato in fretta seduto sotto il sole al tavolino del chiosco bar circondato da una mandria di tedeschi e trevigiani sudati e in attesa del nostro posto, ha iniziato un lungo viaggio spazio-temporale nel mio stomaco alla ricerca dei succhi gastrici, mentre la birra tracannata nel tentativo di deglutirlo, ora zampilla allegra dal mio corpo in tanti rivoletti di sudore. Il mio sonno sulla sdraio, spezzato periodicamente dalle gomitate leggere di mia moglie (stai russando, ti guardano tutti…) viene definitivamente interrotto dal rumore di un ombrellone vicino che si apre e dalle imprecazioni in dialetto del bagnino che nel farlo si è pizzicato le dita informando gli astanti che la madre dell'ombrellone esercitava un mestiere molto antico.


Il momento delle granite, una delle poche soddisfazioni della spiaggia.


Metto a fuoco la scena. Alle sue spalle è in attesa una bella signora, tutta fasciata in un fluttuante pareo azzurro cielo che lascia intravedere un pudico costume intero blu notte. I capelli sono fermati da un nastrino in seta e ai piedi porta delle infradito in pelle naturale, sicuramente di marca. Tutto molto semplice, ma di raffinata eleganza. Mentre ho la sensazione di averla già vista e mi sforzo di capire dove, mi soccorre inattesa la mia compagna che la stava osservando a sua volta con lo sguardo compiaciuto della vipera che ha visto comparire l’ignaro topolino. "Prima che tu me lo chieda, è la signora che al baretto era seduta al tavolino accanto a noi…". 
Guardo l’elfa stupito ed ammirato. "Ma lo sai che hai ragione? Brava… è proprio la signora francese."
Essendo uomo assai incauto ed ingenuo malgrado i 32 anni di vita con l’elfa che dovrebbero avermi insegnato ad essere un tantino più attento a scorgere cosa ci sia sotto le foglie dove poso i piedi, mi arriva subito uno sguardo indagatore. "E tu come fai a sapere che è francese? A forza di vedere Sherlock su Netflix hai sviluppato le capacità dell'investigatore che osserva i dettagli e deduce?", 
"Beh... a parte che scrivendo libri gialli non ne ho bisogno, diciamo che l'ho intuito perché oltre alla salad mixte ha ordinato al cameriere con la tipica cadenza francese quel “capiucinò” che mi ha ricordato mia zia Ines, quella di Marsiglia che mi chiamava sempre “Carlò” e non sono mai riuscito a farle arretrare di un millimetro quell'accento ". 
L'elfa ridacchia con il tono di quando vuol essere perfida. "A me la tua amica ricordava più Peter Sellers nella parte dell’ispettore Clouseau, comunque è lo stesso…"



Anche quest'anno stessa spiaggia, stesso mare, stesse code in auto,
stesso ma dove ca... parcheggio? stesso caldo, stessa noia sotto l'ombrellone...
Non è che si potrebbe andare in montagna per una volta?


Guardo intanto con interesse le cose che escono dalla borsa etnica in rafia della nostra vicina e che ripone con cura sulla brandina. Creme, oli solari quanto basta, poi “Le Monde” e proprio quando mi aspetto il solito Ken Follett o Wilbur Smith in versione francese mi salta fuori “Una donna spezzata” della Simone De Beauvoir. Dunque, la signora, oltre che molto charmant, è anche una donna di buone letture.
Appena concluso tutto questo e mentre la signora francese si aggiusta per l'ennesima volta il costume, l’elfa, che aveva seguito a sua volta tutta la faccenda attentamente, riprende il discorso "Comunque, tutta questa tua premessa era solo per dirmi che ti ha colpito e l’hai notata?". 
"Beh, sì… ammetterai che ha un bellissimo viso e poi mi sembra molto raffinata. E' l’archetipo della signora colta e di gran classe, un po’ come lo era Ingrid Bergman in “Indiscreto”. Te la ricordi? E’ il film con Cary Grant che fa il diplomatico e lei è una famosa attrice di prosa…". 

La sua domanda però non era affatto innocente ed apparteneva a quella serie di quesiti del tipo: “Mi trovi ingrassata?” o “Come mi sta questo vestito?” che nella logica femminile significano: “E’ da tanto che non litighiamo... ti va di strillare un po'?” e ai quali si deve evitare di rispondere, ma come al solito e sempre per via della faccenda che non controllo cosa ci sia sotto le foglie che calpesto ci casco dentro fino al collo. Infatti, preso dal piacere della citazione, dimentico imprudentemente quale tragedia avesse scatenato Paride porgendo quella benedetta mela alla donna sbagliata, e, soprattutto, che elementari regole di prudenza suggeriscono di non parlar mai bene di una nuova presenza femminile ad una donna che già conosci, tanto più se è tua moglie.

Basterebbe, a tal proposito, aver presente come una donna in spiaggia osservi diversamente da noi l’arrivo di una nuova vicina d’ombrellone, soprattutto se sola e potenzialmente competitiva. Noi aspettiamo di vederla finalmente in costume per ammirarne le forme. Il nostro fine è almeno inizialmente solo di tipo estetico e comunque innocente fino (eventualmente) al momento successivo in cui cominciamo a valutarla in termini di scopabilità (passati i cinquanta, diventa puro esercizio teorico). La nostra lei, al contrario, attende perfidamente di vedere la rivale in costume per controllarne di persona il numero delle smagliature, la consistenza delle masse cellulitiche e l’eventuale gluteo o seno cadente per farti poi notare il tutto puntigliosamente. Il suo fine, in questo caso, è esclusivamente l’annientamento dell’avversaria, hic et nunc e non si fanno prigionieri.


Ci mancava pure il Templare come vicino d'ombrellone

Infatti, lo sguardo di mia moglie cambia subito colore e diventa intenso come quello della mia gatta Mitzi quando studiava attentamente le mie mosse per graffiarmi con comodo. 
"A parte che il tuo archetipo di donna fascinosa ha già superato i quaranta da un bel pezzo, non vedi che si tiene su disperatamente con il trucco? Se guardi bene noterai che è il trionfo del mascara e il viso è irrigidito nel rigor mortis dagli strati di fondo tinta. C’è più argilla addosso a lei di quanta ce ne sia in un liceo artistico. Se invece parliamo di portamento dovresti vedere anche tu che è rigida come una scopa e, in quanto a classe, ti basti sapere che prima, quando mangiavamo al bar, ha portato alla bocca con le dita i pezzetti di tonno dell'insalata. Ha solo delle discrete tette, ma probabilmente ha il reggiseno con i ferretti. Se solo lo sgancia, crolla l’impalcatura. Il sedere, invece, lo tiene ancora su probabilmente a forza di diete e di palestra, ma su quei fianchi matronali che si ritrova ha due stupende maniglie dell’amore, non trovi? Ti concedo solo che ha delle belle mani da pianista… vuoi ancora dell’altro?". 

Allargo le braccia rassegnato. La bordata di un’intera fiancata di cannoni della galeazza veneta aveva sbriciolato l’innocente vascello francese. "Colpita e affondata! Ritiro tutto. Ammetto di essere orbo e di aver scambiato una vecchia cariatide per una donna incantevole ". 
L'elfa sorride soddisfatta dandomi una pacchetta cordiale sulle ginocchia. 
"Bravo! Così va meglio…anzi, bravò!
Detto ciò, si distende di nuovo sulla brandina ad abbrustolirsi al sole, Provo a mia volta a riprendere il sonno, ma non ci riesco più. Sicuramente è colpa del caldo e del panino…

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