domenica 13 maggio 2012

Dell'antica arte veneziana di litigare con le ragazze riconquistate e lasciar loro la barca


Quel “Ma noi… perché ci siamo lasciati?” buttato lì da Donatella come se fosse stata colta da una riflessione improvvisa sulle nostre vicende passate e si domandasse se non fosse giunto il momento di tornare indietro invece di farmi felice mi fece quello strano effetto di quando desideri tanto che accada un qualcosa ma poi appena succede rimani deluso perché pensi che in fondo non lo volevi in quel modo o non era quello che avevi immaginato. Avevo fantasticato molto nei mesi precedenti su come sarebbe stato il momento in cui ci saremmo rimessi assieme (perché doveva giungere, che diamine!) e nelle mie fantasie c’era una sorta di lieto fine cinematografico con i due che all'improvviso, magari per un incontro fortuito, si riscoprono innamorati come e più del primo giorno e si gettano l’uno tra le braccia dell’altra. Ora invece lei, che sicuramente aveva preparato ogni passo con cura fin dal momento della telefonata serale perché le ragazze conducono sempre loro il gioco dell'amore anche se sono abilissime a farti credere che lo stai conducendo tu, mi lasciava tra le dita il cerino acceso di doverle rispondere in qualche modo scoprendo le mie intenzioni.


Tramonto sul Rio di Cannaregio 

La parte razionale che alberga in me, essendo da sempre in netta minoranza rispetto alla parte emotiva, dovette faticare parecchio per dissuadermi dallo sporgermi d’impulso verso di lei e baciarla sic et simpliciter motivando il tutto con il fatto che la cosa sarebbe stata tecnicamente difficile avendo il tavolino, i piatti e le bottiglie a far barriera tra noi.  Avrei potuto alzarmi da tavola e raggiungerla, ma avrei dovuto anche far spostare alcune persone che sedevano sulla nostra stessa panca, tra le quali un omone sudato con la faccia immersa nell'anguria e non mi pareva il caso, per tacere del fatto che avendo mangiato entrambi le masanette (i granchi di laguna) condite con l’aglio e il prezzemolo, l’eventuale bacio avrebbe perso molto del suo romanticismo. E poi, a ben vedere, la frase di Donatella era ambigua. Che ne sapevo se voleva davvero dire: “che ne dici se ci rimettiamo assieme?” oppure nascondeva qualcuno dei suoi inganni?

Così, dopo aver elaborato migliaia di ipotesi in una frazione di secondo, la parte razionale, ringalluzzita dall'aver avuto ascolto una volta tanto, mi suggerì: “Carlo, è sicuramente una trappola... prendi tempo… non scoprirti, rilanciale la palla e vedi se si scopre lei” . Questo fu il motivo per cui le risposi con un: “Boh… il perché ci siamo lasciati francamente non lo so. Hai fatto tutto tu…” che mi sembrava molto efficace per indurla a fornire la sua versione dei fatti. Ma proprio come mi succede talvolta giocando a scacchi, quando dopo una lunga meditazione faccio finalmente la mossa astutissima che getterà nel panico il mio avversario e poi mi accorgo di aver lasciato la regina in presa, me ne pentii immediatamente. Donatella dall'espressione di piacevole attesa degli eventi virò subito sull'aria infastidita, anzi molto infastidita. 
Eh già! Per te è sempre colpa degli altri, vero? Tu non sai mai perché accadono le cose e, comunque, te ne chiami fuori elegantemente come tuo solito“.


I vecchi bàcari veneziani, dispensatori di deliziosi cicchetti e buoni vini.
Questa è "La vedova" dentro una calletta nascosta in Strada Nova

Ora io non sono un tipo fumantino, anzi.  Solitamente, quando mi trovo sotto attacco provo a replicare fino ai limiti del sopportabile con garbo ed ironia, essendo un fedele osservante della legge di Murphy che recita: “Mai mettersi a discutere con un cretino. Chi ascolta potrebbe non cogliere la differenza”, ma in quel caso, vuoi per la delusione di essere passato in un amen dal possibile bacio alla litigata certa, vuoi perché il modo con cui lei mi aveva lasciato bruciava ancora a mesi di distanza, andai subito dritto al nocciolo della questione incurante delle conseguenze, in una sorta di: à la guerre comme à la guerre.

“Beh… forse sarà il vino, ma ti vedo un po’ smemorata sulla faccenda perché come non ricordi o fai finta di non ricordare non è stata una mia iniziativa. Sei tu che quella sera di ritorno dal cinema ti sei fermata di colpo come folgorata dagli Dei in mezzo a Campo Sant’Angelo e mi hai detto senza alcun preambolo che le cose tra noi non funzionavano più e che era meglio che ci lasciassimo. Quando ho ripreso fiato e te ne ho chiesto la ragione mi hai fatto tutto un sermone sull'impegno diverso che avrei dovuto mettere nel nostro rapporto e perfino negli studi. Ora, se mi chiedi un maggiore impegno verso di te, se ne può benissimo discutere, ci mancherebbe, anche se faccio fatica a capire in cosa dovrei impegnarmi di più. A tal proposito ti ricordo che lo scorso anno per pura gelosia - anche se lo neghi - degli incontri femminili che avrei potuto avere a bordo mi hai fatto vendere la  Fender Stratocaster appena comperata e per amor tuo ho rinunciato a suonare ancora sulle navi da crociera, che non mi sembra poco come segno di serietà nei tuoi confronti perché oltre a vedere il mondo gratis, mi pagavano pure bene e mi ci divertivo un sacco. Per il resto, devo ancora capire cosa c’entrassero i miei esami di giurisprudenza con il nostro rapporto. Ho ventuno anni, mi mancano sei esami e la tesi e non sono ancora fuori corso, quindi non mi pare di essere poi messo così male.  Ci arrivo alla laurea, stai tranquilla...”.


Questo è il Codroma, storico ritrovo di studenti, artisti e perditempo vari
 dalle parti dell'Angelo Raffaele. 

Come davo per certo, Donatella mi lanciò uno sguardo inceneritore, poi replicò piccata.
“Guarda che il fatto che ora ti manchino “solo” sei esami è tutto merito mio, che se rimanevi a fare il menestrello a bordo come minimo oggi te ne sarebbero mancati una dozzina e avresti ancora la media del 19 abbondante, come ti vantavi con quei nullafacenti dei tuoi amici, che Dio vi fa e poi vi accoppia. Ma quel che ti rimprovero, anche se ti fa comodo fare sempre orecchie da mercante, è che non noto in te alcuna voglia di fare le cose seriamente, di costruire il tuo futuro. Sembra che tu ti diverta a restare nel tuo limbo di “né carne, né pesce” dove nessuno ti disturba chiedendoti responsabilità che non hai voglia di assumerti. Ci stai troppo comodo, vero? Eppure io, scomodando la mia famiglia, ti avevo anche procurato un’opportunità importante, ma tu l’hai lasciata cadere…”


Il ponte che va in campo della Celestia, dietro all'Arsenale
Per un istante, avendo capito dove stava andando a parare, pregai tutti i santi che conoscevo che non ritirasse fuori la storia del praticantato nello studio da avvocato di suo nonno, ma Donatella fu più rapida delle mie preghiere costringendomi a rispiegarle tutto per l’ennesima volta.
“Visto che anche ora, come quella sera, mi rimproveri di non avere ancora deciso cosa voglio fare da grande e di non far nulla per crearmi un futuro professionale, ti ribadisco per l'ennesima volta che so perfettamente di aver sbagliato a dar retta a mia madre, che per mille motivi suoi ha insistito perché facessi Giurisprudenza anziché entrare in Accademia Navale come mio padre, che era quello che sognavo. Di conseguenza, non provo alcun interesse per la materia forense, la studio controvoglia e anche se ormai sarebbe stupido mandare tutto a monte e quindi farò comunque l’ultimo sforzo per laurearmi, ti ripeto che non ho la minima intenzione di fare l’avvocato nella mia vita futura. Questo è il motivo per cui non avevo e non ho alcuna voglia di rinchiudermi nello studio di tuo nonno a fare praticantato di diritto amministrativo tra faldoni, codici e gazzette ufficiali. Quindi, ringrazia il nonno della sua generosa offerta, so benissimo di star rinunciando stupidamente ad un mucchio di soldi futuri, ma non la cosa non m’interessa assolutamente. 
Infine, quel che intendo fare della mia vita è affare esclusivamente mio e sono stufo sia dei consigli affettuosi che delle sottili pressioni psicologiche e ancor più dei ricattini sentimentali. In sintesi e tanto perché tu te ne faccia una ragione: d’ora in poi qualsiasi donna mi vorrà, mi dovrà accettare come sono in base al principio che io non cercherò mai di cambiare lei e di conseguenza ho diritto di pretendere che lei non cerchi di cambiare me ”.



Quando sono a corto di argomenti, ti dicono che sei il solito immaturo, 
come se non lo sapessi già di tuo...

Donatella posò con malagrazia la forchetta sul tavolo poi allontanò da sé il piatto quasi disgustata.
 “Appunto! Speravo che in questi mesi avessi riflettuto sul perché ti avevo lasciato e fossi cambiato, ma vedo che sei rimasto ancora il solito immaturo che non vuole crescere e non sa assumersi le sue responsabilità. Devo dire che tua madre ha proprio ragione…”.
Ora, a parte il fatto che, volendo essere maliziosi fino in fondo, uno dei possibili motivi per cui c‘eravamo lasciati l’avevo ben chiaro e aveva anche il nome e cognome del figlio di un dentista veneziano: uno stronzetto pieno di soldi e pure fascio che girava per il Lido con una 850 sport rosso fuoco e le ronzava attorno da tempo, tuttavia la citazione di mia madre, non certo casuale, mi diede la prova provata che quando le due si erano sentite al telefono avevano fatto ancora una volta comunella ai miei danni sulla faccenda dello studio e del mio avvenire e la cosa mi fece andare immediatamente su di giri. Così reagii d’impulso e le rinfacciai tutta una serie di cose tra le quali mi sfuggì anche il figlio del dentista tanto che Donatella si alzò di scatto e mi mollò un ceffone di quelli che ti lasciano le cinque dita sulla guancia e fanno voltare la gente nel raggio di venti metri, poi, dopo aver fatto spostare un mucchio di gente dalla sua panca scappò via in direzione del pontile dove era ormeggiata la Carla II.


Corte privata dietro Ruga Giuffa

L’uomo che mangiava l’anguria e si era goduto tutta la scenetta sorrise ironico. “Ciò! Te le ga cantàe ben la to morosa, vecio mio… varda se ti gà ancora tutti i denti in boca, che par mi qualchedun xe finìo zo par tèra….”
Controllai con la lingua se tutto fosse a posto giusto per scrupolo.
“Ma sì… i denti li ho ancora tutti e se mi fa passare, la raggiungo…”
“Ecco bravo… còrrighe drio che la xe andada a piànzer in barca”
Alla fine si spostò ma non prima di avermi avvisato che “… così dopo ti ghe la dà vinta, che xe proprio quel che le donne le vol quando che le se mete a piànzer…”. 
Dovette anche aggiungere la considerazione che: "In amor tuti i fioi zòveni i xe proprio dei gran mona" ma non ci badai e la raggiunsi. 
In effetti, Donatella si era seduta in barca e piangeva in silenzio rivolta verso la laguna per non farsi vedere (se non da me). 
Ora, dal momento che una donna che si faccia spuntare una lacrimuccia mi riempirà talmente di sensi di colpa che avrà subito il pieno e totale controllo su di me avendola vinta su qualsiasi questione anche se aveva torto marcio, salii a bordo e mi sedetti al suo fianco per chiederle scusa del mio comportamento e di quello che le avevo detto, guadagnandomi in prima battuta uno “Stronzo!” con il volto rigato di lacrime che non prometteva bene.
Così come non prometteva affatto bene la voce del cameriere apparso sul pontile alle mie spalle “Ciò! Bèo… sta miga a far il furbo… chi xe che paga il conto qui?
Gli mostrai il portafoglio perché vedesse che i soldi li avevo.
 “Ma si… lo pago io. Stia tranquillo….non sto mica scappando. Non vede la situazione? E poi la barca è ancora legata, dove vuole che vada?
A parte che quando no ti si bon a far i nodi le barche le se sliga con niente, che quei nodi che ti gà fatto no i va ben gnanca par ligàrse le scarpe, vien dentro alla cassa che te fasso il conto, così dopo ti pol far queo che ti vol…


Corte privata dietro Campo Santa Giustina

Lo seguii dentro il locale e dopo avergli messo in mano una discreta sommetta, siccome sosteneva di non avere moneta per darmi il resto prese un bottiglione da due litri che sembrava pieno di erbe e posati sul banco due bicchierini di plastica li riempì quasi fino all'orlo  “Dai! Che ve offro a tuti e dò il digestivo della casa, per farvi fare pace…
Grazie, ma non credo sia sufficiente per far pace con quella lì…
Varda che el xe miracoloso. Lo femo in casa co’ le nostre erbe aromatiche. Ghe xe dentro anca la salvia, el rosmarin, la liquirissia, le scorse de narànsa e i carciofi… portalo alla tua morosa, ti vedarà che dopo la ghe torna subito il sorriso”. Siccome insisteva a smenarmela con le virtù del loro digestivo e io volevo tornare alla svelta da Donatella presi in mano i due bicchierini e uscii dal locale proprio mentre mi giungeva il rumore  del motore della Carla II che si avviava di gran carriera.

Arrivai trafelato sul pontile giusto il tempo di vedere Donatella e la mia barca ferme in mezzo alla laguna a cinquanta metri da riva. Aveva messo il motore a gorgogliare in folle e mi guardava con aria di sfida. Le gridai di tornare indietro, ma mi fece cenno di no, poi avvicinò la Carla II al pontile per venire a portata di voce.
Tella, per favore, non facciamo stupidaggini… ho capito che ti sei offesa e che ho esagerato, ma ti ho chiesto scusa, no?
No… mi hai detto un mucchio di stronzate e finché non mi passa l’arrabbiatura e ti scusi seriamente e non di maniera come hai fatto prima, la barca la tengo io, così impari…
Su, dai, non facciamo bambinate… riportala qua che non la sai neanche guidare!


Una bella corte privata che un tempo era il chiostro dei frati di San Piero di Castello

Per tutta risposta lei diede di nuovo gas facendo impennare la Carla II e descrivendo un cerchio perfetto.
La so portare anche meglio di te. Cosa credi?  Ci sono nata sulle barche io….
Va bene, lo vedo, sei brava… me la riporti ora?"
"Non ci penso nemmeno..."
"Dai.. su non scherziamo..."
"Io sono serissima..."
"D'accordo, hai vinto! Mi scuserò seriamente come dici tu, ma a come faccio a farlo a se te ne stai lì in mezzo al canale?"
"Troppo comodo farlo adesso, bello mio... ti ho detto che mi deve passare, per oggi la tua barca te la scordi"
"Vabbè, se hai deciso così prendila pure, ma come faccio a tornare a casa? Non è che posso nuotare o andare a piedi
Non piangerti addosso... hai il vaporetto a Punta Vela tra mezzora, hai tutto il tempo di prenderti il caffè oltre al digestivo che hai già in mano, è una passeggiata di dieci minuti…
Si, ma dove me la porti? Al mio cantiere non ti conoscono e non la puoi lasciare incustodita in canale”
“Tranquillo, la lascio al Diporto velico di Sant’Elena dove ha la barca mio padre.  Siamo soci, una palina te la trovano senz’altro e lì è sorvegliata dai custodi anche di notte
Fece una pausa poi aggiunse… “A proposito di mio papà… domenica facciamo la traversata in barca per Pirano e Umago e mi aveva detto di chiederti, visto che gli serve un uomo d’equipaggio, se vuoi unirti a noi. Io te lo sconsiglio e se fossi in te ora rinuncerei con una scusa, però mi ero impegnata a dirtelo e l'ho fatto...
Ah! Ringrazia tuo papà e digli che invece ci vengo con molto piacere perché se giochiamo a farci i dispetti sono bravo anch'io  ma, però, non è che ne possiamo parlare in barca?
Ti ho detto di no, comunque va bene per la gita, in fondo se vuoi venire sono cavoli tuoi. Riferirò al papà… ciao.”.
Detto questo diede di nuovo manetta e con un’altra virata che sollevò un mucchio di candida schiuma la Carla II prese rapidamente il largo in direzione di Murano. La seguii con lo sguardo finché diventò quasi un puntino. Poi di colpo sentii alle mie spalle la voce divertita dell’uomo dell’anguria.
 “Ciò! Vecio… ma ti te ga fato ciavàr la barca da una donna? Vergògnite…
Eh! Succede… che vuol farci? L’unica ormai è berci sopra…”
Gli porsi il bicchierino con l’amaro per Donatella e trangugiammo assieme virilmente i nostri liquori in un sol sorso, poi, dopo un rapido cenno di saluto mi avviai al vicino pontile ad aspettare con calma il battello della linea 13 per le Fondamente Nuove, che per fortuna mi erano rimasti giusti i soldi per il biglietto.

(continua…)

3 commenti:

  1. Ti ringrazio! Poi con calma leggerò il post! Maria Grazia

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  2. Questa barca non ti porta fortuna! redcats

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    1. Infatti una delle prime superstizioni delle marinerie di tutto il mondo è che le donne a bordo non portino buono, soprattutto in plancia di comando (vedi Schettino). Certo è che se uno si prende la barca anche come strumento di seduzione deve calcolare il rischio connesso.
      ciao

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