giovedì 16 giugno 2022

Quando ti emozioni alla vista di un fiasco impagliato e ti riparte il film del tuo '68


Tu chiamale se vuoi emozioni… ma quando in una piccola enoteca di campagna vedi ancora un fiasco di vino impagliato… beh, te lo comperi al volo. Perché ti riparte subito tutto il film (in bianco e nero molto contrastato, in stile Jean-luc Godard, che ci tengo) dei tuoi anni da studente di Giurisprudenza, delle occupazioni delle facoltà, delle notti passate a disegnare tadze bao o a stampare giornaletti con il ciclostile e a dormire nei corridoi davanti alle aule dentro ai sacchi a pelo, con un freddo becco, perché il rettore aveva chiuso il riscaldamento e una bottiglia di grappa che girava tra noi per una sorsata a canna tanto per scaldarci un poco.

Ma nel film compare anche la Celere con gli scudi in plastica, gli elmetti, i lacrimogeni e quei fottuti manganelli che facevano un male boia (chiedere ad un mio incisivo rimasto sul marciapiede davanti al Pedrocchi) e noi con gli eskimo e gli altoparlanti per gli slogan, che cantavamo “Valle Giulia” (non siam scappati più!) per farci coraggio, ma poi quando quelli caricavano scappavamo eccome e finivamo in commissariato (con schedatura e denuncia a piede libero) ma anche gli amorazzi con qualche ragazza occasionale incontrata nei cortei (forse anche quello era per farci reciprocamente coraggio) che poi il giorno dopo realizzavi che nemmeno sapevi come si chiamasse e soprattutto quelle interminabili riunioni del Movimento Studentesco, in qualche osteria sperduta e lontana dalla curiosità della Questura, quindi in periferia o sui colli e fino a tarda notte, quando l’oste ci cacciava via senza troppa eleganza, dove si litigava furiosamente, c’era la nebbia come in laguna per le tante sigarette che si fumavano, si mangiava pane e soppressa "de casada" e si beveva un vinaccio forte, rosso e proletario “da murèri” (da muratori), ma, soprattutto, alla fine non si decideva mai un cazzo (un po’ come tanti anni dopo nelle nostre riunioni in FIAT).

E mi ricordo pure quella mattina d’inverno in cui, arrivato prima degli altri per la riunione in quella osteria che mi avevano indicato dalle parti della Facoltà di Medicina, per iniziare a riscaldarmi avevo chiesto all’oste, un omone grande e grosso, con un fisico da rugbysta e una folta barba rossiccia, di portarmi un litro di rosso e lui guardandomi con aria minacciosa mi aveva replicato “Qui non si serve vin rosso… gavemo solo vin nero!” e notando a quel punto qualche gagliardetto littorio appeso alle pareti avevo intuito che forse non era quello il locale per la nostra riunione e dunque, o avevo sbagliato indirizzo o mi avevano fatto uno scherzo.

Così, trovandomi nei giorni scorsi nuovamente dalle parti dei Colli Euganei e alla vista di quel fiasco impagliato, mi è venuto spontaneo raccontare le emozioni scatenate da quel mio film antico con una nuova versione dell’Infinito: (Giacomo perdonami: quando torno a Recanati prometto che ti porto una bottiglia di Rosso Euganeo per farmi perdonare…)

Sempre cara mi fu quest'osteria sui Colli (ndr: dalle parti di Arquà),
con i tavolacci, le sue panche e la tovaglia in carta segnata dai bicchieri, che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude (da Battaglia Terme fino a Monselice).

Ma sedendo e mirando oggi, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quiete (a parte qualche famigliola padovana con bambini in modalità: Erode è vivo e lotta insieme a noi!) io nel pensier mi fingo, ove per poco il cor non si spaura (avrò preso le pillole per la pressione?).

E come il vento odo stormir tra queste piante, io quel vociare fumoso da Movimento studentesco (ndr: fumo inteso nel senso più ampio del termine) a questa voce vo comparando: e mi sovvien l'eterno , e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei (ndr: l’alfa amorosa dei tempi dell’università e l’omega, pur sempre amorosa della mia vita, ma che tra poco mi dirà che dobbiamo tornare a casa perché bisogna stendere la biancheria).

Così tra questa immensità s'annega il pensier mio e il naufragar m'è dolce in questo vino.





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