L’appartamento veneziano al Ponte Tetta
Farsa in un atto di Carlo Volebele Vay
Personaggi:
Emanuele: studente un po’ secchione di Filosofia,
timido e impacciato quanto basta (soprattutto nei rapporti con le ragazze),
proveniente dalla provincia (Motta di Livenza) e afflitto da una madre bigotta,
oppressiva e invadente, oltre che, in seguito, dal suo compagno di stanza.
Roberto:
Compagno di stanza
un po’ fricchettone
di Emanuele. Uno
studente fancazzista e praticamente fuoricorso di Economia e donnaiolo
tanto disinvolto quanto piacione. Un rodomonte parolaio pronto solo a sfruttare
la disponibilità di Emanuele.
Patrizia detta Patty: la donna di Roberto ma anche
di Fabianino, una civettina piuttosto chiacchierata e disinvolta.
Claudia: la nuova inquilina timida e apparentemente dimessa di cui Emanuele s’innamorerà
La signora Agnese, vedova e madre di Emanuele,
ansiosa ed invadente
Il professor Gracco, ricchissimo primario chirurgo e
padre di Claudia
Fabianino: un amico timido e taciturno di Roberto,
cornificato di nascosto da Patrizia
La signora Giustinian: la proprietaria dell’appartamento
Scena
prima
La scena si svolge
nell’appartamento che Roberto, perennemente in bolletta, ha preso in affitto
sulla fondamenta del Ponte Tetta e che sta cercando di dividere con Emanuele.
Roberto sta lavando dei piatti con addosso uno di quei grembiulini volgarotti che
si vendono nelle bancarelle con la riproduzione del David e gli attributi
maschili ben in vista quando suona il campanello. Roberto guarda l’orologio poi si rivolge al
pubblico con aria complice:
Rob – Oh… ma che bravo! Deve essere arrivato il
pollastrone. Devo dire che sarà anche imbranato, ma però è puntuale, anzi, è
perfino in anticipo.
(va ad aprire la porta e accoglie con cordialità
esagerata Emanuele che entra con dei valigioni pesanti e l’aria circospetta.)
Rob – Eccoti
qua! Io sono Roberto e tu sei Emanuele,
giusto?
EMA – (ansante) dopo tre piani di scale con le
valigie devo pensarci… comunque credo di sì.
Rob – Benissimo, benvenuto a bordo, caro Emanuele.
Vuoi vedere la casa? Dai vieni…
EMA (si guarda attorno spaesato) – Beh… sì, aspetta
solo che posi i bagagli.
Rob – Guarda che scherzavo! C’è poco da vedere, la casa è tutta qui, ti mancano solo il cesso e l’armadietto delle scope. Se vuoi…
EMA – no… no,
grazie. Va benissimo così. (continua a guardarsi attorno)
Rob – Benone, vedrai
che ci starai benissimo perché è parva sed apta mihi. Dite così voi di Lettere,
vero? Comunque quello lì è il tuo letto, che è anche vicino al termosifone e
non dirmi che non sono gentile perché ti ho lasciato il posto migliore qui in
salotto, che hai anche la televisione. Il mio invece è nell’altra stanza. Ti ho
anche messo a disposizione due ante dell’armadio e in bagno ti ho dato il
bicchiere per lo spazzolino in vetro blu, che sarà scheggiato, ma è di Carlo
Moretti, mica balle... In quanto al prezzo, come ti ho detto, sono duecentomila
mensili a testa, più il condominio. Per le bollette faremo a metà, così come
per le spese alimentari e tutto il resto. Le pulizie in casa, invece, le farà
chi ha voglia, cioè tu… (risatina ambigua) Ovviamente scherzo! Se ti va bene, sai cucinare e ti lavi i piedi
prima di dormire, sei arruolato, altrimenti è stato bello conoscerti…
EMA – A parte che
studio Filosofia e il prezzo è un po’ caro, è ovvio che accetto anche perché è
già tanto che sia riuscito a trovare un appartamento per studenti qui a Venezia
e poi se sono arrivato fin quassù con quelle valigie di piombo, è chiaro che
intendo restare, perché non le riporterei giù per le scale per nessun motivo.
In quanto al lavaggio dei piedi e alla cucina, puoi stare tranquillo. Inoltre,
se ti può rassicurare ulteriormente su chi ti metti in casa non russo, alzo
l’asse, lavo la vasca da bagno dopo la doccia e ovviamente spero lo stesso di
te. Piuttosto, hai un telefono?
Rob– (glielo indica) devi chiamare la ragazza?
EMA – No, mia madre… si è raccomandata che
l’avvisassi appena ero arrivato.
Rob.– Oh! Ma che ragazzo premuroso! Faresti la gioia
di ogni mamma. Di dove mi hai detto che sei?
EMA – Di Motta di Livenza
Rob – Ah! Quindi sei uno sculassavacche trevigiano
di campagna… (ride e dà una pacca sulla spalla a Emanuele che lo guarda offeso).
Naturalmente scherzavo di nuovo! Comunque guarda che chiamando in teleselezione
devi essere breve, che sennò la bolletta schizza, mi raccomando…
Emanuele compone il numero (voce della mamma fuori
campo.)
EMA – Ciao
mamma, volevo dirti che sono arrivato…si…. ti sto chiamando dal salotto. Lo so
che stavi in pena. Com’è la casa? Boh, va bene. E’ quello che aspettavo (guarda
verso Roberto) …più o meno.(Roberto gli fa un gestaccio con il dito medio
alzato e lui sorride) Vuoi sapere per il bonifico? la padrona di casa si chiama
Giustinian e abita al piano nobile sopra di noi. Il palazzo è tutto suo e il
telefono è… aspetta un attimo (tira fuori un foglietto dalla tasca) 0415427930.
(pausa perché la madre gli sta parlando a lungo di
cose che non condivide)
EMA –
(sbuffando irritato) – No mamma,
dai…non ritorniamo ancora sulla cosa. La casa a Venezia era necessaria. Non è
che posso andare a lezione da Motta
tutti i giorni con la corriera che ci mette due ore e in ogni caso ti ho
garantito che studierò. Non ho altro da fare che quello e poi Venezia non offre
molto svago per un giovane. Non ci sono neanche le discoteche… Sì, stai sicura
che studio e che non ci sono pericoli.
Non frequenterò brutte compagnie e non farò le ore piccole. Contenta?
EMA – (fa
gesti verso Roberto come a dire “ma che palle!) sì mamma, lo ricordo quello che
mi ha raccomandato Don Fabio prima di partire, non temere…non farò nessuna vita
dissoluta e non cadrò in tentazione anche se l’università, come pensi tu, è
piena di ragazze seduttrici che aspettano solo me, va bene? (altra pausa)
EMA –
(dapprima sorpreso, poi imbarazzato) – Perché vuoi l’indirizzo? No… non
c’è bisogno che ti scomodi a venire. La casa è perfettamente in ordine e c’è
tutto, non mi sono dimenticato nulla. Ah! Vuoi conoscere la padrona di casa?
Beh…l’indirizzo è Castello 3563 e risparmiami la battuta su quanti castelli
avete a Venezia. E’ un sestiere
(si sente uno strillo nel telefono e Emanuele stacca
l’orecchio dalla cornetta)
EMA. –
(imbarazzato) mammaaaa…lo so che non sei stupida… stavo scherzando. Ah!
Vuoi sapere come si chiama la calle…non saprei… la calle….hai presente quella
che porta all’ospedale da Santa Maria Formosa? La fai tutta e appena arrivi
sulla fondamenta invece di fare il ponte davanti a te vai verso sinistra. Il
nostro è il portone verde scuro.
(pausa. Si percepisce una voce concitata al
telefono)
EMA. Mamma, non lo so se la nostra calle ha un nome.
E’ una fondamenta corta, più che una calle vera e propria…
Rob – (strappa il telefono di mano a Emanuele) Scusi
signora, ma glielo dico io, che altrimenti mi sale la bolletta. Calle tetta,
suo figlio da oggi abita in calle tetta, nella casa affacciata sull’omonimo
ponte…. si… proprio così, ha capito bene…le tette! Anzi, no…perché prima che lo
cerchi su qualche mappa, il ponte delle tette è a San Polo, ma qui in Calle
longa Santa Maria Formosa siamo al ponte tetta, quindi una sola. Lo so che di
solito vanno in coppia…ma sa, siamo studenti e dobbiamo accontentarci.
No signora, non c’è
alcun meretricio qui. Il nome deriva
dalle cortigiane che stavano alla finestra con la mercanzia esposta per
ringalluzzire i veneziani, ma qui in casa non ne abbiamo bisogno. Giusto? No..
vedo che non ha capito….in questo momento non c’è nessuno con le tette alla
finestra, stia tranquilla. Ah! Chi sono io? Sono Roberto il compagno di stanza
di suo figlio, piacere di conoscerla. Lei è simpaticissima….Siiii? bene… glielo
ripasso, anzi no…. mi scusi ma ho il telefono in duplex e mi stanno bussando
per avere la linea. Ci sentiamo un altro momento. Buonasera.
Rob (riaggancia guardando soddisfatto Emanuele,
accasciato sulla poltrona). Ecco fatto! Risolto il problema della mamma
impicciona…era così difficile dirle dove abitavi? Ma perché fai quella faccia?
EMA – Perché tu hai
scatenato senza saperlo le forze dell’inferno. Non sai di che è capace quella
donna. Ora non si metterà il cuore in pace sino a che non metterà il naso qui
dentro. E poi mi hai rovinato perché per convincerla a farmi stare a Venezia le
avevo detto che prendevo la casa assieme al figlio di un commercialista di San
Donà che lei conosce e che è uno sfigato nato vecchio e pronto per entrare in
seminario. Invece ora sa che le ho mentito.
Rob– perché?
Per tua fortuna sono anche io figlio di un commercialista, quindi dove sta ilproblema?
Mica le hai mentito…
EMA. Non te la cavi così… quella arriverà qui,
garantito…
Rob– Ma va! Non essere ansioso, vedrai che non
arriva e se anche dovesse farlo l’aspetteremo a piè fermo… (pausa) piuttosto,
per prepararci all’evenienza, perché appena ti sei sistemato le tue robe non
vai giù in calle a comperare qualcosa per cena, che per combinazione ho la
dispensa vuota, e magari qualche bottiglia di liquore? Così magari ci
rincuoriamo… Ah! Già che ci sei, se prendi le sigarette per te, prendimi anche
delle Marlboro che intanto io finisco di lavare i piatti…
EMA. Non fumo e non amo i liquori, comunque se
proprio servono…
Rob– Certo che servono… a proposito: non fumi e non
bevi, ma ce l’hai la ragazza, vero?
(Emanuele inizia a disfare le valigie)
EMA. No… cioè non ancora…ho avuto qualche storiella,
ma roba di poco conto.
Rob – livello bacetti? Toccatina di tette al cinema
e stop?
EMA (imbarazzato) – beh no, di più… cioè… si, più o
meno siamo lì….
Rob – Ho
capito, sei ancora vergine… hai già studiato Epicuro?
EMA. Certo… è Storia della filosofia greca, roba del
primo anno.
Rob – Non si direbbe, ma rimedieremo… Cartesio l’hai
studiato?
EMA. – Non
ancora…
Rob – Bene! Dammi qualche settimana di tempo e ti
condurrò al capitolo del “Coito ergo sum”
EMA – (Per contrattaccare guarda il grembiule di
Roberto indicandogli gli attributi ben in vista)
D’accordo! Sarò lieto di avere ripetizioni da tanta
fonte di sapere. In ogni caso, complimenti per il tuo grembiule… si vede che
fai economia. Come dite voi markettari? La pubblicità è l’anima del commercio,
vero?
(Rob – guarda soddisfatto il disegno del pene sul
grembiule)
Rob– Infatti,
noi che facciamo marketing, invece di perdere tempo a girare nudi dentro a una
botte e con la lanterna per cercare l’uomo, come il vostro Diogene, commerciamo
parecchio… con le donne, però…
(Rob fa una pausa, come colto da un pensiero
improvviso….)
Rob – Comunque volevo dirti una cosa importante…
ogni tanto, all’ora di pranzo, viene qui a trovarmi la Putty…
EMA – (sorpreso) La Putty?
Rob– Si, Patrizia, la mia ragazza….
EMA. Scusa, ma il diminutivo di Patrizia, non
dovrebbe essere Patty?
Rob (ammiccando complice) Fidati… fidati… comunque,
il fatto è che quando viene lei tu devi andare a spasso senza fare storie. E’
un po’ come il last In, first out che studiamo in economia. Lei “in” tu “out” insomma…
EMA. – Aspetta un attimo, amico. Fammi capire… ma se questa Patrizia viene
all’ora di pranzo oltre alla rottura di balle di stare “out” da casa vuol dire
che devo anche rimanere digiuno? Non puoi farla venire di pomeriggio?
Rob – No, perché lei
esce da Cà Foscari a mezzogiorno e resta qui con la scusa di andare in
biblioteca, ma poi a metà pomeriggio deve ritornare a Conegliano con il treno,
che se no i genitori la sgamano e s’incazzano.. Comunque, se proprio muori di
fame, puoi anche fermarti a mangiare con
noi, ma subito dopo dovrai andare a passeggio. Sarebbe un po’ imbarazzante
averti qui, non trovi?
EMA. – Non ne
dubito, ma quanto dovrei stare fuori?
Rob– (indica il pene sul grembiule) Tre o quattro
ore almeno…
EMA– (ridacchia rivolto al pubblico) Avrei detto
quattro o cinque minuti…
Rob – Comunque, se devi andare al cinema o consumare
qualcosa al bar, portami gli scontrini che ti rimborso a piè di lista. Ti
avviso solo che, siccome ci ho litigato con quello che era qui prima di te, non
ti pagherò le partite a flipper che non sono documentabili e anche perché non
so come giochi. In ogni caso prima di tornare a casa, devi guardare dal ponte
se c’è il segnale di via libera.
EMA –
Sarebbe?
Rob – il vaso di gerani sul balcone del bagno. Se
lo vedi puoi salire, altrimenti, se non c’è, vai ancora a spasso. Poi c’è
un’altra cosa che devo dirti… Patrizia non ha piacere che i miei amici sappiano
che andiamo a letto assieme, quindi tu non ne sai nulla e per te è ancora casta
e pura come Maria Goretti, chiaro?
EMA – Scusa,
ma non la chiami Putty?
Rob – Sì, ma vale solo per me. Con gli altri è molto
timida e pudica, quindi niente battute o allusioni sul nostro rapporto. Capito?
EMA.– Forte e chiaro…c’è altro che devo sapere?
Rob – Certo…
siccome comprendo il tuo disagio, nei giorni in cui verrà Patrizia, sei
esentato dal cucinare.
EMA – (platealmente) – ma vaffanculo, va…
La scena
si svolge qualche
settimana dopo. Emanuele,
vestito come una
casalinga, sta passando
l’aspirapolvere mentre Roberto esce dal bagno in accappatoio e spruzzandosi
profumo, poi si siede sul bordo del letto a tagliarsi le unghie dei piedi.
Emanuele guarda l’orologio poi si rivolge al pubblico con aria infastidita:
EMA. – eccolo lì, il signorino, avvolto nella sua
nuvola di borotalco!. Sono le undici, e come tutti i giorni lui si è alzato
alle dieci, è stato un’ora in bagno a farsi bello, mentre io studiavo, facevo
la spesa e le pulizie e tra poco mi chiederà pure la colazione. Garantito.
Rob – Ciao… per caso hai fatto del caffè?
EMA – (sbuffando) 041 52913723.
Rob – (sorpreso) ti ho chiesto del caffè, perché mi
rispondi con un numero di telefono?
EMA – E’ il numero del bar in calle. Telefona e il garzone te lo porta. Anzi, già che ci sei, ordina anche delle brioches per me.
Rob– Oh! Siamo nervosetti questa mattina… cos’è? Hai l’appello in settimana e ti sei accorto che ti mancano quattro capitoli e una dispensa?
EMA – No, lo
sono perché qui in casa faccio sempre tutto io e tu invece…
Rob – Hai la sindrome del cenerentolo? Guarda che non sei mica obbligato a fare le pulizie tutti i santi giorni. Una volta alla settimana va benissimo. E poi è colpa tua…
EMA – (si ferma ad osservarlo con aria minacciosa)
Pure? Perché sarebbe colpa mia?
Rob – Perché quando
ti fai vedere più bravo degli altri a fare una cosa è ovvio che poi gli altri
quella cosa la faranno fare sempre a te. Ragazzo ingenuo… dovrebbero insegnarvi
queste cose pratiche a filosofia, altro che smarronarvi con Platone e
Aristotele.
EMA– . (plateale) Ma vaffa…
Rob – Comunque, hai pensato cosa preparare per
pranzo, che oggi abbiamo ospiti Patrizia e un suo amico?
EMA. – No, ma
pensavo a una pastasciutta pomodoro e basilico o magari con il pesto.
Rob (allarga
le braccia per lo
sconforto)– Che palle, però!
Ma tu non
sai fare altro
che pastasciutte?
EMA. (con le mani sui fianchi e seccato) Ohi bello!
Ho fatto il classico io, mica vengo dalla scuola alberghiera. Comunque, è solo
grazie a me se qui non si va avanti a panini, quindi magna e tasi…
Rob– (Guarda
l’orologio) vabbè, dai… faccio un salto al mercato di Rialto e ti faccio vedere
cosa vuol dire cucinare, tanto quelli arrivano all’una e mezza e ho tutto il
tempo. Hai mica diecimila lire che ti crescono?
EMA – (gli
porge di controvoglia la banconota) Pezzente! Quando tirerai fuori due lire di
tasca tua? O a filosofia mi devono insegnare anche a non far vedere agli
scrocconi che si ha il portafoglio pieno?
Rob –
(ridacchia dalla soglia di casa)Ti sei già risposto da solo… vedo che
fai progressi. Ciao
(la scena si oscura per far vedere che è trascorso
del tempo. Emanuele è al tavolo che studia, quando Roberto rientra con un
voluminoso sacco della spesa).
EMA. – Beh?
Che hai comperato al mercato, grande mago dei fornelli? Non dirmi che hai
svaligiato un banchetto…
Rob– Taci,
trevigiano miscredente e ammira!. (estrae trionfante dalla borsa una gallina
ancora con le piume)
EMA – (inorridito) Ma cos’è? Sei diventato matto?
Rob– Strano,
tu che vivi in campagna la dovresti riconoscere. E’ una gallina padovana
ruspantissima, ottima per il brodo, ma anche per il forno. Siccome era ancora
da spiumare, il tizio del banchetto mi ha fatto un prezzo speciale..
EMA. –
Immagino, ti ha visto in faccia… comunque, non è che non conosco una
gallina, ma non sono affatto certo che tu la sappia cucinare. Come intendi
farla?
Rob – Con
questa! (tira fuori una bottiglia di vino e la mostra ad Emanuele) Barolo Gaja
1974, mica cazzi! Che è quasi un
peccato usarlo per cucinare… comunque il pollo al barolo è una mia specialità
acclamata in tutta Ca’ Foscari.
EMA – E quella da dove salta fuori? E’ una bottiglia
di prezzo. A chi l’hai fregata?…
Rob – Ti fai
sempre troppe domande. Alla fine diventi stressante…
EMA. – Non
sai ancora come sarà stressante avere la polizia per casa…
Rob – Non succederà, comunque ora lasciami lavorare che devo preparare il pennuto: guanti di gomma, grembiule e catino, please…
(si apparta dietro la quinta da cui fuoriescono dopo
un po’ delle piume e degli improperi)
EMA – (che sta studiando, solleva la testa in
direzione di Roberto) Tutto bene laggiù? Chi sta vincendo?
Rob– Va tutto
bene, il problema è che bisognerebbe attendere qualche ora che il rigor mortis dilati
i pori del pennuto, così le piume vengono via meglio e poi si sa che la gallina
padovana è più coriacea di quella livornese. Comunque tra poco la metto nella
teglia con il vino e gli aromi…come estremo oltraggio le metto anche la carota
nel culo, così impara a resistere
(la scena si fa buia e quando si riaccendono le
luci i due stanno seduti a tavola studiando)
EMA. (alza la testa dal libro annusando in giro) Lo
senti anche tu questo odore strano?
Rob. (annusa a sua volta) Tranquillo, è l’aroma tipico
del vino di gran corpo. Comunque ora lo spengo perché dovrebbe essere pronto e
tra poco sono qui gli ospiti. Anzi, prepariamo la tavola..
(eseguono e quindi suona il campanello: entrano
Patrizia e Fabianino, tenendosi per mano. Seguono presentazioni reciproche)
EMA – (rivolto a Patrizia): così tu saresti la
ragazza di Roberto?
Pat: (stupita):No veramente io sto con lui (indica
Fabianino)… ma chi te l’ha detta questa sciocchezza che stiamo assieme? Te l’ha
detta Roberto?
(Roberto sullo sfondo fa cenni disperati ad Emanuele
di dirle di no)
EMA – Ah! No… forse avevo capito male. Non è così? Beh…scusa, era solo una mia supposizione stupida…se siete solo amici va bene lo stesso. Mica ci toglie l’appetito. Giusto?
Rob, (presentandosi con il piatto di portata) “Giusto! Anzi mettiamoci a tavola che altrimenti questa meraviglia si raffredda. Così ci sfamiamo ed Emanuele ha pure la bocca piena e non spara cazzate.
Pat – (rivolta a Roberto)– Oh sì! Finalmente!… Ho una fame! il profumo sembra ottimo. L’hai cucinata tu questa meraviglia o il tuo amico?
Rob – Ovviamente io, che sono un cuoco provetto.
Emanuele è fermo allo stadio della pastasciutta al pomodoro.
(Mentre i due ospiti prendono posto a tavola Roberto tira a sé Emanuele e gli bisbiglia
“Coglione stavi per combinare un
disastro” Emanuele gli risponde
bisbigliando a sua
volta “scusa mi ero
dimenticato che non dovevo sapere…)
Emanuele taglia il pollo con il trinciapollo, mentre
Patrizia porge il suo piatto e Fabianino inizia a fare avidamente scarpetta con
il sugo.
EMA. –
(appena tolta la carota e aperta la carcassa si ferma perplesso)
ma...hai messo dentro anche il ripieno?.
Rob – No...
perché?
Pat – (Guarda sospettosa, poi strilla di orrore e si
alza di scatto) Oh mio dio! Non hai tolto le budella! Che schifooo… (Fabianino
sputa il boccone disgustato).
Rob –
(Imbarazzato): Non capisco come mai… l’ho fatto altre volte e non
c’erano.
EMA – Forse perché te le toglieva il macellaio e
invece qui dovevi toglierle tu? Coglione!
Pat – Comunque sia, andiamo via da questo schifo che
mi viene male solo a guardarlo. C’è una pizzeria qui vicino, almeno mangeremo
qualcosa di decente. E questa volta paga Roberto…
(escono tutti, mentre Roberto sussurra ad Emanuele
se ha per caso dei soldi in portafoglio da imprestargli e si oscura la scena)
(segue...)
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