“Sì, c’è, ma a cosa ti serve?”
“Pensavo di fare un dolce con il pane vecchio per
iniziare a smaltirlo, visto che ti lamenti sempre che ne compero in eccedenza
come la moglie di Fantozzi invaghita del fornaio”
“Se è una pinza ti dico subito
di no perché non la sai fare…”
“Grazie per la fiducia…”
“Prego, non c’è di che…”
“Ma perché non la saprei fare?”
“L’hai mai fatta in precedenza?”
“No…”
“Ecco! ti
sei risposto da solo…”
“Ma perché non potrei provarci? Magari ho la fortuna dei
debuttanti…”
“Perché tanto per cominciare la cannella non serve, casomai ci
vogliono i semi di finocchio, quindi sei già partito male..."
“Vabbè! la farò
di nascosto un pomeriggio mentre sei al lavoro e se mi viene bene te la
riproporrò ogni giorno in tavola fino all’ultima fetta”.
Lei ridacchia perfida
“E se ti viene male come sono certa?”
“C’è il cassonetto dell’umido fuori dal
cancello e nessuna ne saprà niente: quella pinza non sarà mai esistita.
Comunque, cara la mia Malcontenta, non volevo fare una pinza ma una torta
rustica di mele, pere e pane vecchio ammollato nel latte come la faceva mia
nonna…”
“No, mi spiace per tua nonna, ma ti dico subito di no, come sono certa
che te lo direbbe lei…”
“Ma perché non vuoi? Com'è che sei tanto prevenuta sulle
mie torte?”
La pinza di pane vecchio, fichi, uvetta e semi di finocchio di mia moglie. |
E qui ho verificato ancora una volta come l'elfa (mia moglie, chiamata così in famiglia perché tira con l'arco precisa come Legolas e ti può inchiodare ad un albero con una freccia al carbonio da cinquanta metri di distanza) abbia una memoria
micidiale per le mie inadempienze nella vita coniugale e non parlo di quando
scrivo delle morose di una volta, delle quali non le impippa nulla, anzi si
diverte pure a darti dell'imbranato e quasi sempre ti dice che aveva ragione
lei, quella poverina, e che aveva fatto bene a mollarti, ma mi riferisco ai miei
mancati doveri casalinghi. Per esempio, mi cita improvvisamente quel gennaio di
quattro anni fa quando “ho dovuto smontare io l’albero di natale perché tu ti
guardavi bene dal farlo” oppure che "la scorsa settimana ti avevo chiesto di
stendere la biancheria e te ne sei dimenticato lasciandola nella lavatrice tutto
il giorno".
E anche in cucina, pur potendo apprezzare il fatto di rientrare a
casa dal lavoro trovando la tavola apparecchiata e un pranzo fumante ad
attenderla invece del suo bigliettino: "Nel frigorifero c'è un etto di
prosciutto cotto e il pane è di ieri, ma se lo scaldi torna buono e quando vieni
a letto cerca di non svegliare il bambino" di quando rientravo a notte fonda e
affamato da Torino, oppure con l'invito ad andare a mangiare di fronte a casa al
Tinello, dove all'ora di pranzo un primo, un secondo e un contorno costano 12
euro, caffè e bevande a parte, quando sbaglio un singolo piatto in due anni (che
può succedere anche a Carlo Cracco, immagino...) loro se lo ricordano nei
dettagli e te lo rinfacciano, per non dire del suo tormentone "devi imparare a
tritare meglio le cipolle o rosolarle di più perché fanno criz - criz sotto i
denti" che tra poco o le riduco a poltiglia con il minipimer o mi indurrà per la
disperazione ad usare solo l'aglio per il soffritto.
Tutto questo mentre io, che
sono di indole molto più generosa (e anche assai signorile nel non far notare
queste piccolezze), mica glielo ricordo il mio costoso maglione della Les
Copains infeltrito e ridotto alle dimensioni perfette per vestire la Barbie, le
tante mutande e magliette uscite rosa dalla lavatrice e le ore passate a
ripulire con il cotton fioc la tastiera del mio portatile piena di briciole di
biscotti perché qualcuna se li sgranocchia sopra mentre fa i solitari con le
carte e poi ti avverte serafica che "ci sono alcuni tasti che funzionano male...". Ci
mancherebbe…noblesse oblige.
Invece lei, andando a pescare nell'archivio delle
mie epic failure in cucina un fascicolo del reparto: "torte e dolciumi" ha
subito risposto: “Perché quella torta l’hai già fatta due anni fa e non ti era
venuta bene… cucini ottimamente i sughi, le carni, a volte anche il pesce (se
hai la botta di culo con i tempi di cottura) e fai dei fritti asciutti e
croccanti, ma non sei bravo a fare i dolci, rassegnati e fattene una ragione. ”
“Ma sei sicura che l’avessi già fatta? Io non lo ricordo...”
“Certo… e ti
rinfresco subito la memoria: avevi messo nella pirofila dei crostoni di pane
interi alti due dita, quindi troppo grossi e per quanto li avessi inzuppati nel
latte e messi in forno erano ancora mezzi duri che bisognava tagliarli con il
coltello seghettato e alla fine abbiamo mangiato solo le mele… che erano appena
discrete, solo perché si erano un po' caramellate”
“Vabbè, sarà come dici tu, ma
se oggi ci riprovo cubettando il pane in modo che con il latte diventi
morbidissimo, tipo dolce al cucchiaio?”
“Prova, se proprio vuoi, ma lo fai a tuo
rischio e pericolo, perché tanto lo sento che non ti verrà bene”.
La mia portokalopita, torta greca di pasta fillo e arance, perché i dolci li so fare |
E a questo
punto, l’animo del ribelle sessantottino che ancora si aggira in me alla ricerca
dell’eskimo che chissà dove è finito, ha deciso di raccogliere il guanto di
sfida, dunque per il suo ritorno a cena le avrei preparato a sorpresa la torta
rustica di mele e pere di mia nonna (non conosco affatto la ricetta, ma, andando
a memoria, dovrebbe consistere in una pirofila imburrata e strati alternati come
una lasagna di pane sminuzzato bagnato di latte e poi strizzato alternato a
fette di mela e pera cosparse di zucchero di canna e profumo di cannella. Il
tutto in forno a 180° per 20 o 30 minuti con un po’ di grill finale per
caramellizzare lo zucchero in cima). Se fosse venuta buona, come sono certo,
qualche malfidente di mia conoscenza per penitenza avrebbe dovuto lavare i
piatti sabato e domenica, in caso contrario… avreste letto come è andata in
cronaca sul Gazzettino.
Ah... aggiornamento del giorno dopo per non lasciarvi in
ansia sulla mia sorte:. Alla fine, con la scusa che non potevo fare
una torta di mele e pere se non avevo le pere e che, comunque, era meglio non
cercarsi rogne preparando dolci, giacché mi ero ricordato che saremmo stati a dieta tutti e due, ho
preferito rimanere sul sicuro e per cena me la sono cavata con una pasta e
fagioli (i pregiati borlotti di Lamon, che qui si fa sul serio), giudicata buona
dall'elfa, anche se: "devi imparare a tritare meglio le cipolle o rosolarle di
più perché fanno criz - criz sotto i denti". Maledette cipolle...
Caro Carlo mi dispiace molto che l’elfa ti maltratti così pesantemente... a chi si lamentava della grandezza della cipolla tritata qui a casa mia ho risolto non tritandola più, ovverosia ora se la tritano da soli, i due rampolli agés che ancora mi ritrovo tra le..ahem..,tra i piedi!
RispondiEliminaottima idea quella della cipolla tritata direttamente dal consumatore finale, te la rubo :)
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