Il professor Ponsard fece ritorno verso le nove di sera e annunciò subito la sua intenzione di andare direttamente in camera con il suo bicchiere di latte senza cenare. Se possibile, appariva ancora più incupito, tanto che non salutò nessuno e nemmeno Milla che pure gli era andata incontro sulla porta sorridendo. Lungo il tragitto tra il bar e la sua camera, Ponsard trovò il tempo di convocare Pauline e Grouchy che erano ancora a tavola e si fece raccontare lì su due piedi come fosse andata la lezione, dando le disposizioni per le giornate seguenti. A quel punto Grouchy trovò finalmente il coraggio di dirgli, casomai lo avesse dimenticato, che tre giorni dopo, cioè giovedì, sarebbe stato il venticinque aprile e dal momento che quel giorno in Italia era festa, non si sarebbe potuta tenere alcuna lezione.
Così il professore, che ovviamente non lo ricordava, diede di nuovo in escandescenze e dopo aver investito i due con una raffica d’insulti, neanche quella festività fosse colpa loro, biasimando aspramente gli italiani di ogni ordine e grado assieme alle loro feste, salì al piano di sopra, sbattendo la porta della sua stanza con tale violenza da indurre Giulio a chiedere a Milla, in quanto italiano e figlio di partigiano, il permesso di andarlo a prendere per il coppino e di sbatterlo fuori dall’albergo a calci nel sedere. Con mia grande delusione, il permesso fu negato.
Pauline, che aveva affrontato la scenata e diverse insolenze senza batter ciglio, fu la prima a riprendere un contegno e dopo essersi rivolta a noi, che eravamo accorsi alle prime grida, per chiederci di comprendere il nervosismo del professore, si rifugiò in giardino con la scusa di voler fumare, subito raggiunta da Mauriot. Grouchy, invece, era rimasto appoggiato al banco del bar come impietrito e pallido in volto. Gli insulti di Ponsard così plateali e gratuiti dovevano averlo ferito profondamente. Per un attimo pensai che quell’uomo stesse per avere una crisi di pianto e lo dovette pensare anche Milla, che dopo avermi inviato un cenno d’intesa, lo prese amorevolmente sottobraccio e promettendogli un po’ di dolcezza per risollevare le sorti della serata, lo accompagnò verso la cucina dove mia suocera con due porzioni di crostata di pere e altrettanti calici di ramandolo fresco lo rimise in sesto.
Verso mezzanotte, con la quiete del buio che regnava finalmente sovrana sull’albergo e i suoi ospiti, Milla mi raggiunse in cucina mentre, con un po’di musica di sottofondo, finivo di pulire le posate per il giorno dopo. Dopo essersi seduta al tavolo rimase in silenzio a tracciare ghirigori con l’unghia sulla tovaglia, mentre la guardavo con la coda dell’occhio. L’aria della mia signora era preoccupata e sapevo che quel suo silenzio sarebbe durato poco. Infatti, dopo un sospiro mi rivolse la parola: <<Secondo te, qui si sfascia tutto? Dimmi di no perché altrimenti mi butto a fiume>>.
<<Attenta, che in questo modo mi spingi a dire di sì>>.
Milla tirò su la frangetta con uno sbuffo, in segno di fastidio. <<Dai! Non fare lo scemo e rispondimi seriamente>>.
<<Mi vuoi serio? Allora la risposta è no!>>.
<<Come mai?>>.
<<Penso di no perché non credo proprio che quella di stasera sia la prima litigata. Probabilmente convivono da tempo con le loro tensioni di gruppo. Ponsard, Grouchy e la Geminiani sono tre primedonne che si litigano per il posto del nome sulla locandina del concerto con l’aggravante che una di loro fa anche l’impresario. Per non parlare poi dell’intreccio sentimentale che complica ulteriormente i loro rapporti. Io non li ho mai visti scherzare o ridere tra di loro da quando sono qui e questo la dice lunga su quanto si stiano reciprocamente indigesti. In ogni modo, se mandassero tutto a monte adesso con la gente che ha già prenotato e pagato sarebbe una rovina anche per loro. Te l’ho già detto, no? >>
Milla annuì perché evidentemente era quello che voleva sentirsi dire.
Subito dopo cambiò argomento. <<Cosa ne pensi di quel che è successo? >>
Spensi la radiolina che ormai trasmetteva solo il bollettino dei naviganti, cosa che stando noi in collina non era di alcuna utilità. <<Ne penso tutto il male possibile. E’ evidente che Ponsard è in piena crisi di nervi e c’è solo da sperare che regga ancora per questa settimana e la prossima. Anche perché lavorare con questa tensione è un bello stress per tutti, loro e noi>>
Milla annuì. <<Si, guarda…non vedo l’ora che se ne vadano con tutte le loro lavagne speciali con il fondo di sughero, i loro spillini colorati, le forbici, le colle, i pennarelli da pacco e tutta la loro spocchia! >>
<<E anche con le loro fotocopie… >>
Quella puntualizzazione strappò un sorriso alla mia consorte. <<Certo! Anche con le loro fotocopie!>>
<<Io non so come ci si possa rivolgere a dei collaboratori in quel modo e di fronte a tutti. E’ una violenza morale incredibile, perché chi lo fa approfitta del fatto che la controparte non può rispondere a tono ed è costretta a subire. E’ una vigliaccata! Io, quando ero in azienda, avevo un superiore che mi affrontava allo stesso modo, con toni inaccettabili. Così... >>.
<<Sì, lo so … di fronte all’ennesima aggressione verbale una volta gli hai detto che, non saresti cascato nel trabocchetto di mettergli le mani addosso in ufficio con il conseguente licenziamento automatico, così lo hai invitato a risolvere la cosa tra uomini fuori per strada. E lui c’è venuto? >>
<<No, non c’è venuto, però… >>
<<Però ti è andata bene, che magari le prendevi pure. >>
Questa volta fui io a sorridere. <<Stronza! Comunque, hai visto Pauline come ha retto imperturbabile la situazione? Deve avere una forza d’animo straordinaria>>.
<<Tu hai proprio la fissa per quella donna! Ma quando mai? Aveva gli occhi rossi, non te ne sei accorto? E’ stata brava a reggere con i nervi e a non scoppiare a piangere subito, questo sì. Tanto poi lo avrà fatto in giardino tra le braccia del suo ganzo. Io però, al suo posto, una ginocchiata nelle palle a quello zotico di marito gliel'avrei data. Anzi, sai che ti dico? Che a quel Ponsard le corna stanno proprio bene!>>. E, con quest’ultima considerazione che ci trovò concordi, spegnemmo la luce e ce ne andammo a dormire.
Il giovedì seguente, come ampiamente previsto per la possibilità di far un ponte di ben quattro giorni, gli ospiti cominciarono a dileguarsi di buon mattino lasciandoci molti dubbi sul fatto che si ripresentassero l’indomani e il sabato mattina per l’ultima lezione. Il clima era quello classico del rompete le righe e il fatto che i corsi fossero pagati dalle società di appartenenza induceva a pensare che molti considerassero più che sufficiente aver fatto atto di presenza per i tre giorni precedenti.
Giulio ci raggiunse sulla porta mentre eravamo intenti ad osservare malinconicamente la Ford Escort di tale signor Manfredini che imboccava il cancello diretta verso la lontana Ancona.<<Quello torna, secondo voi? >>
Lo guardai sorpreso da una domanda tanto ovvia.
<<Certo che no! Ha cinque ore di macchina per andare a Ancona e altrettante per tornare. In pratica dovrebbe tornare a casa, sedersi mezz’ora in salotto, poi risalire in macchina e ritornare qua. Non credo sia masochista >>
<<Per me se domani ce ne sono quattro in aula sono tanti. Culastriscie, ci stai a scommettere diecimila lire che non sono più di quattro? >>
Essendo di natura uomo propenso al rischio accettai la scommessa mentre Milla ci guardava storto. Poi ci applaudì ironicamente <<Bravi! Fate gli spiritosi, dai! Scommettete pure. Però, tanto perché lo sappiate, dieci persone che non dormono qui da noi per due notti, sono quasi due milioni d’incasso mancati. Vedremo se riderete tanto al momento di calcolare gli stipendi >>.
Detto questo, la mia signora ci voltò bruscamente le spalle e fece per ritornarsene in salone, così la trattenni per un braccio per verificare se fosse arrabbiata o no.
<<Ce l’hai con noi, vero?>>
<<No, affatto! So bene che stavate scherzando e che siete preoccupati come me, altrimenti sareste degli incoscienti e voi non lo siete, giusto? >>
Capii al volo che quello era il classico caso di arrabbiatura “criptica”di Milla che negava di esserlo fino a far emergere le tue ansie di chiarimento, in modo da poter colpire a fondo una volta venuto allo scoperto il vero motivo del contendere. Così decisi di tenermene alla larga.
<Se il problema non siamo noi, cosa c’è?>>
<<C’è che ora mi tocca prendere Ponsard, Grouchy e cinque di quei bischeri che sono rimasti in albergo nonostante la festa e portarli a Vittorio Veneto, dapprima a gironzolare tra le bancarelle del mercatino dell’antiquariato, poi a mangiare il pasticcio di radicchio al Postiglione e, dulcis in fundo, a visitare il Museo del Cenedese, che ormai conosco meglio del custode. Anche questa volta ritornerò verso l’ora di cena con le gambe gonfie e sopraffatta dalla noia>>
<<Ovviamente, non ne hai alcuna voglia>>
<<No, perché oggi volevo finalmente dedicare la giornata ai nostri figli, alla casa e a te e invece mi ritrovo sempre in pista per questa gente di cui non m’importa nulla e che non ti è neanche grata>>
Presi atto di essere appena al terzo posto nella classifica delle dediche, ma questo non modificò la mia solidarietà verso Milla.<<Ti comprendo. Appena sarà finito tutto chiudiamo la villa per quindici giorni e ce ne andiamo in vacanza in qualche albergo sulla costa francese, così il cliente viziato lo faremo noi e non ce ne sarà per nessuno. Restituiremo ai francesi colpo su colpo. Saremo spietati! >>
<< Non se ne parla neppure, dopo che se ne saranno andati non voglio più vedere francesi per almeno due anni. Anzi, se incrociassi la Marianna per strada, la metterei sotto senza esitare… >>.
<<Me ne rendo conto! Ma piuttosto, cos'è questa grande novità di Ponsard che partecipa ad un’escursione?>>.
<<E’ stato lui a chiedermelo. Inizialmente voleva sapere se c’era qualche negozio aperto, poi quando ha saputo che in piazza c’era il mercatino ha deciso di darci un’occhiata perché dice che sapendo cercare vi si trovano sempre dei libri interessanti >>.
<<Nei mercatini francesi forse. Qui da noi ci troverà solo la bigiotteria della nonna, mobilia del ventennio, vecchie croste ad olio, stampe, cartoline degli anni ’30, bronzetti inizio secolo e qualche pitale in maiolica>>
<< Contento lui. Comunque ora devo andare. >>
Milla, richiamata da un colpetto di tosse alle nostre spalle, si girò a guardare verso il salone dove i sette gitanti, puntuali come i debiti, si erano schierati attendendo la loro guida. Ponsard se ne stava appartato in un angolo per conto suo con un buffo berretto floscio in testa, l’impermeabile sottobraccio e la guida Michelin in mano e mi ricordò immediatamente, statura a parte, l’impagabile Monsieur Hulot di Tati. Grouchy, invece se ne stava dalla parte opposta chiacchierando con Jean-Luc e dandogli le spalle. Ne ricavai l’impressione che i due, dopo la scenata di qualche sera prima, ormai si evitassero ostentatamente.
Ad un cenno della mia consorte la compagnia si mosse e salì disciplinatamente sulle automobili, poi imboccarono in fila indiana il cancello e si persero tra gli alberi.
Subito dopo aver servito i quattro clienti rimasti in albergo a dispetto dei santi e un pranzo informale in cucina, con due spaghetti pomodoro e salvia preparati al volo dalla Nadia, mi affacciai sul giardino attratto dall’inconfondibile suono di un pallone che rimbalzava sulla ghiaia. Nello spiazzo antistante all’albergo, c’era il giovane Cristophe che stava palleggiando con mio figlio Gianmarco. Notai subito l’abissale differenza tecnica tra i due. Mentre il giovane transalpino trattava la palla come se avesse avuto un badile al posto dei piedi, ricavandone traiettorie incerte, il mio erede l’accarezzava con sapienti tocchi liftati e faceva in modo che la palla andasse dove voleva lui e non viceversa. Tanto che, essendo mio figlio un mancino, per un istante accarezzai l’idea di aver messo al mondo un nuovo Mariolino Corso, il “Piede sinistro di Dio” venerato da ogni interista.
Li raggiunsi immediatamente per dare a Cristophe un ulteriore saggio sulla superiorità della scuola calcistica italiana, ma dopo qualche colpo di tacco e altre arguzie, mio figlio venne richiamato in casa dalla nonna per via di qualche cartone animato e così , dopo un tentativo subito abortito di partitella uno contro uno, i due superstiti accaldati decisero di porre termine al contendere. Dopo aver raccolto il pallone presi Cristophe sottobraccio con fare amichevole e visto che il ragazzo parlava benino l’italiano ne approfittai per fargli qualche domanda
<< Allora, tutto bene? Passata l’ammaccatura?>>.
<< Quale ammaccatura? >>.
<< Quella morale, mi riferisco allo scontro con Giulio>>.
Il ragazzo, colto sul vivo, divenne rosso come un pomodoro. << Ah, mon dieu... allora lo sa anche lei?>>.
<< Difficile non saperlo, visto che ha tremato l’albergo >>.
<<Beh, io vorrei tanto scusarmi con il signor Giulio, perché è stato tutto un equivoco. Ero nudo nel letto perché … >>
Essendo giunti davanti al bar lo interruppi e feci cenno a Cristophe di accomodarsi sul divano intanto che preparavo due calici di prosecco, dal momento che il ragazzo gradiva, poi mi sedetti vicino a lui. <<Lo so, lo so. Non c’è bisogno di scusarsi. Giulio, ormai, non ci pensa più. Ha fatto il militare negli alpini, figurati se si è turbato con tutti i culi di mulo che deve aver visto. Però, in realtà, lo sai quale è stato il problema? Trovandoti così lui ha capito al volo che volevi provarci con la cameriera e, purtroppo per te, la Nadia a cui ambivi, è sua moglie >>.
Il ragazzo impallidì. <<Sa femme? Merde! Quelle honte! Je suis vraiment un imbécil! Io non lo sapevo, lo giuro >>.
Gli rifilai una pacca cordiale sulla spalla per rinfrancarlo.
<<Infatti, giovane pollo. E’ ovvio che non lo sapessi. Però, se uno vuol fare il Casanova con le donne degli altri dovrebbe avere l’accortezza di informarsi prima su chi ne sia il marito, no? Lo sai, vero, che hai rischiato quantomeno le ossa del naso? >>
<<Sì, lo so, l’ho visto quando il signor Giulio mi ha sollevato di peso. Mi teneva su con una mano sola. Comunque posso considerare l’incidente chiuso? Non vorrei che lo sapesse il professore>>.
<<L’incidente è assolutamente dimenticato. Stai tranquillo. Certo è che Ponsard vi tiene tutti sulla corda… >>.
<<Bien sûr! Questo periodo è stato un vero inferno. Ormai, dopo la scomparsa di Chevalier si litiga ogni giorno, sono tutti contro tutti e con l’aria che tira basta un nulla per ritrovarsi fatti fuori>>
<< Nel senso di licenziati, ovviamente>>.
<<Ça, c’est sûr!>>.
Cristophe sorrise divertito e visto che eravamo sulla strada giusta e che il ragazzo pareva piuttosto incline alle confidenze, decisi di approfondire l’argomento con una domanda più diretta.
<< Grouchy non è molto nelle grazie di Ponsard, vero?>>.
<< Proprio no! Ha visto la scenata dell’altra sera? Ormai i due si odiano. E guai se il professore ti vede intrattenere rapporti extra lavorativi con lui, ti segna subito tra i nemici e sei finito. Lo tratta come un appestato, gli ha fatto il vuoto attorno...>>.
<< Ma come mai? Eppure i due è da tanto che lavorano assieme…>>.
Cristophe si guardò attorno guardingo, come chi sta per fare una rivelazione scottante e per incoraggiarlo gli riempii nuovamente il calice.
<<Grouchy è bravissimo. E’ la vera anima della società ed è lui che è richiesto dalle aziende. Senza di lui chiuderemmo bottega. Questa è la verità. Ponsard come analista e in aula non vale nemmeno la metà di lui ed era così anche con il povero Chevalier. Ma questi aveva un rapporto di amicizia stretto con il professore, almeno fino a che non hanno litigato, mentre Grouchy è arrivato dall’università, mica dalla gavetta come loro. E poi, a complicare i rapporti, c’è la faccenda di Pauline >>.
<<Sarebbe a dire?>>
Cristophe ebbe un attimo d’incertezza, come chi si rende improvvisamente conto di aver proferito una parola di troppo, ma poi, visto che ormai le cose erano state dette, si avvicinò per bisbigliarmi il seguito all'orecchio, come se qualcun’altro potesse ascoltarlo. <<Non lo dica in giro, mi raccomando, altrimenti sono rovinato. Comunque, Pauline durante l’università era la ragazza di Grouchy e sembrava che i due dovessero sposarsi. Poi, mentre lui faceva il servizio militare in Indocina, lei ha conosciuto Chevalier e, attraverso lui, Ponsard e un altro loro amico, un certo Tarentin di cui lei si è innamorata. Così ha lasciato Grouchy ed è venuta a vivere qui in Italia. Ponsard li ha raggiunti poco dopo, perché collaborava con questo Tarentin non so a far che cosa.
Poi, dopo qualche anno deve essere successo qualche pasticcio, perché lei e Ponsard sono tornati improvvisamente qui in Francia e sono entrati in società con Chevalier.
Grouchy è arrivato su invito di Chevalier, che lo stimava molto, qualche anno dopo, quando la Chevalier & Ponsard aveva già avuto un discreto sviluppo e vi ha ritrovato Pauline, solo che lei dopo qualche tempo, non appena c’è stata la rottura tra i due soci fondatori, tra lo stupore di tutti, si è messa con Ponsard>>.
<< Per amore o per ambizione?>>.
<< Pauline aspira alla gloria. L’amore lo escluderei>>.
Pensai che Cristophe, forse grazie all’azione disinibente del prosecco, era davvero loquace e ben informato e avrebbe fatto la felicità di una rivista scandalistica per casalinghe. Anzi, più che pensarlo, glielo dissi proprio. <<Scusa, ma tu come fai a sapere tutti questi particolari riservati sulle vicende amorose dei tuoi superiori? Non sei un po’ troppo giovane?>>.
Il giovanotto sorrise, per nulla imbarazzato da quel rilievo.
<<La Ponsard & Chevalier, come tutte le realtà ricche d’intellettuali, oltre che un centro del sapere è anche un covo di lavandaie. Da noi il gossip aziendale è una vera arte. Quindi, alla fine, queste dicerie passano sulla bocca di tutti. Anche degli ultimi arrivati come me. Poi, più Ponsard fa il pugno di ferro e sbraita, più la gente spettegola sul suo conto. Soprattutto in questi ultimi mesi, visto che c’era poco lavoro e la gente stava con le mani in mano a chiacchierare del più e del meno, queste malignità su di lui e Pauline sono diventate lo sport nazionale>>.
<<Questo è vero! Dove si lavora sodo non c’è tempo per le dietrologie. Quando i cervelli sono allo stato brado, invece, apriti cielo! Anche nella mia azienda, la settimana prima delle ferie estive, quando dirigenti e impiegati erano in pieno ozio, passando da un ufficio all’altro si poteva finalmente venire a conoscenza degli altarini sporchi di tutto l’anno. Quanto era bello poter andare in ferie sapendo finalmente quale segretaria era l’amante del tale dirigente o per quali favori elargiti quel certo funzionario aveva fatto carriera! Comunque, tornando a noi, il rancore tra Ponsard e Grouchy è per motivi di gelosia, giusto?>>.
<<No, c’è dell’altro! Dopo l’uscita di scena di Chevalier, Ponsard, rimasto amministratore unico della società, doveva nominare il suo vice, che poi avrebbe dovuto continuarne l’attività, visto che il professore tra due anni andrà in pensione. Ma mentre tutti davamo per scontato che questi fosse Grouchy, lui ha scelto sorprendentemente Julièn Gennot. >>
<< Che sarebbe?>>
<< Lei non lo conosce. E’ uno dei nostri docenti giovani. Bravino, certo, ma Grouchy lo surclassa. E’ uno molto disciplinato, che non fa casino e dice sempre di sì. A Ponsard a quanto pare bastava così>>.
Allargai le braccia sconfortato per fargli capire che condividevo le sue considerazioni per averle vissute. << Cosa vuole che le dica? Gli uomini di potere hanno di queste debolezze. Il mio vecchio direttore, uomo abile e di grande bravura, al momento di andarsene in pensione, brigando con una parte della proprietà che pendeva dalle sue labbra è riuscito a fare in modo che fosse designata una nullità a prendere il suo posto. Questo solo perché da narciso qual’era voleva essere rimpianto. Non poteva accettare che a succedergli fosse uno magari più bravo di lui. Ed è andata proprio come voleva, perché quello nuovo alla fine ci ha portati alla rovina e lui è stato rimpianto>>.
Proprio nel momento in cui terminavo quel nuovo e interessante spaccato di vita aziendale mi giunse alle orecchie il rumore di un’automobile che parcheggiava in giardino e dopo pochi attimi Milla apparve sulla soglia. Dietro di lei Ponsard, con un gran mazzo di rose rosse tra le braccia. Guardai istintivamente l’ora.<<Sono appena le tre, come mai sei qui? Non dovevate tornare per cena?>>
Milla prese posto tra me e Cristophe mentre il professore, dopo un rapido cenno di saluto, saliva al piano di sopra in cerca della consorte. <<Taci che mi è andata di lusso. Il Museo del Cenedese oggi è chiuso. Mi sono risparmiata due ore di lapidi romane e ritratti vescovili.>>
<< Come mai Ponsard ha svaligiato un negozio di fiori?>>.
<< Oggi era particolarmente munifico. Deve essere l’aria primaverile.
Prima si è trovato un libro degli anni ‘50 di non so chi e lo ha pagato una fortuna, poi quando ha saputo che oggi è il giorno in cui ogni veneziano regala alla sua amata un bocciolo di rosa, ne ha prese ventiquattro per farsi scusare da Pauline, roba che il fiorista non stava più nella pelle>>.
<< Immagino, d'altronde: peccato grosso, regalo grosso. Non si sfugge>>.
Non feci a tempo a finire la frase perché subito la mia voce fu coperta dal suono di un violento alterco al piano di sopra con strilla e grida tra le quali emergeva la voce di Ponsard che strillava a ripetizione: <<Putain!>>. Corremmo tutti su per le scale e appena arrivati sul pianerottolo si presentò ai nostri occhi la scena di Mauriot con il naso sanguinante e mezzo nudo che cercava di trattenere Ponsard dal prendere a calci la povera Pauline, distesa a terra in accappatoio in mezzo alle rose sparse per ogni dove. Acchiappai al volo il professore e lo spinsi contro il muro per renderlo inoffensivo, mentre Milla soccorreva Pauline e Cristophe si prendeva cura di Mauriot che continuava a tenersi il naso grondante sangue e a mugolare insulti contro Ponsard.
Giulio giunse a ruota a darmi una mano perché il professore si dimenava come un’anguilla rivelando una forza insospettabile e ce ne volle del bello e del buono per tenerlo fermo. In tale frangente, mio cognato, approfittando del trambusto, ne approfittò per dare una robusta strizzata ai genitali del professore, che, difatti, dopo un gemito soffocato, si calmò di colpo, piegandosi a squadra per il dolore. Guardai impensierito l’autore di tanta brutalità. << Ma sei matto? Che gli hai fatto?>>.
Ma l’interessato mi rispose soddisfatto.
<<Niente! Il galletto di Francia è diventato un cappone. Tutto qui!>>.
Dovetti convenire, vista l’immediata sedazione del professore, che il metodo di Giulio, ancorché disdicevole nei confronti di un cliente, era rudimentale, ma efficacissimo.
Milla era furibonda come e più di Ponsard e gli si parò dinnanzi a brutto muso. <<Professore, è solo per rispetto dei corsisti e di chi lavora qui con lei che non la caccio fuori su due piedi, ma l’avverto che non sono disposta a tollerare nel mio albergo altre scene del genere. Le vostre faccende private qui non interessano e ve le regolerete come vorrete una volta a casa. Finché rimanete in questo albergo siete tenuti alla stessa correttezza che noi usiamo nei vostri confronti. In ogni caso, se non ci sono subito delle scuse, sabato finite il corso e domenica prendete le vostre cose e ve ne andate. Se quelli di lunedì prossimo hanno già pagato il corso non è un problema nostro>>.
Ponsard, forse perché ancora dolorante, accettò in silenzio quella reprimenda, poi gorgogliò qualcosa che solo con molta buona volontà poteva essere interpretato come una scusa e, infine, dopo essersi divincolato ed averci mandato a quel paese si ritirò in camera sua. Pauline era livida di paura e scossa dai singhiozzi.
Milla l’aiutò a rialzarsi e lei le si avvinghiò piangendo a dirotto, così la mia compagna la prese con se e la portò via ai nostri sguardi perché si potesse sfogare a suo piacere in qualche luogo più appartato. Noi, invece, accompagnammo Mauriot al pronto soccorso di Valdobbiadene per una medicazione.
Dopo qualche ora, poco prima di cena, Milla fu chiamata dal professor Ponsard per delle scuse formali e questo fu sufficiente per fermare la procedura di espulsione, poi mi raggiunse in cucina, mentre ero affaccendato a mondare carciofi. Così mi affiancò al lavello per dare una mano.
<<Ci mancava il delitto d’onore, ma ci siamo andati vicini, non trovi?>>.
<<Sì, ma anche tu, però…>>
<<Però cosa?>>
<<Ti costava tanto fare una telefonata? Lo sanno anche i sassi che se si rientra prima del previsto da un viaggio o dal lavoro non è il caso di fare sorprese alla propria moglie perché le sorprese si possono anche ricevere>>.
Milla ridacchiò, poi mi schizzò con l’acqua gelida del rubinetto <<Stronzo! Adesso, magari, sarà colpa mia>>.
<< No, non lo è… però telefonami sempre quando torni prima, è un consiglio>>.
<<Questo vale anche per te, scemo!>>.
La mia signora mi buttò le braccia al collo e mi stampò un bel bacio sulla fronte, ma il momento di idillio fu subito interrotto. << Stia attenta a suo marito, signora Camilla, che oggi ha l’aria birichina>>.
Maria era apparsa alle nostre spalle con l’aria divertita. <<Ma che è successo mentre ero via? Nadia mi ha detto che il professore e sua moglie se le sono date di santa ragione>>.
<<E’ successo esattamente quello che ti hanno detto. Il professore ha trovato sua moglie a letto con un altro e si sono presi a botte tutti e tre >>.
La mia interlocutrice ebbe un moto di stupore <<Mamma mia! Cosa mi sono persa! E adesso come si combinano?>>.
<<Nulla di speciale, la signora Geminiani l’ho trasferita nella 27 che ora è vuota, tanto quello di Ancona non torna di certo e almeno ora è al piano di sopra e dall’altra parte del corridoio. In quanto ai due uomini restano ciascuno nelle proprie stanze a rimuginare. Poi faranno quello che vogliono, basta non lo facciano qui>>.
La nostra collaboratrice avvampava di curiosità. <<Ma lui, l’amante, chi era?>>.
<<Te lo dico solo perché tra poco lo sapranno anche i sassi: era il signor Mauriot. >>
Maria si finse sorpresa portando teatralmente le mani al viso, ma per me lo aveva già capito benissimo da tempo. << Oh! Ma che cosa mi dice>>
<<Certo che io avrò l’aria birichina, ma tu sei una bella pettegolina…>>.
Milla aggiunse subito del suo <<… e anche sfaticatina! Chiama Nadia e filate subito in sala a sistemare i tavoli che tra venti minuti si va a cena! Su, che la vita continua!>>
Una simpatica pacchetta sul sedere indusse la ragazza ad obbedire all’istante.
A cena, come previsto, erano più i tavoli vuoti di quelli occupati. Dei tre protagonisti della zuffa, Mauriot era l’unico che per il momento aveva avuto il coraggio di presentarsi a tavola e ora cenava da solo con gli occhi bassi e due batuffoli di cotone che gli uscivano dalle narici facendolo assomigliare ad un tricheco.
Era quasi arrivato al dolce quando, tra lo stupore generale, sulla porta della sala comparve Ponsard nuovamente rosso in volto e con l’aria che non prometteva nulla di buono. Mentre io trattenevo Maria che stava per servire le pesche con l’amaretto feci un cenno a Giulio, che era dalla parte opposta della sala, perché fosse pronto ad intervenire. In tutto questo, il professore si piantò davanti al tavolo del giovanotto e lo apostrofò con arroganza. <<Con che coraggio sei ancora qui? Farabutto che non sei altro! Non ti vergogni?>>
Mauriot fece finta di non aver sentito e non alzò neppure la testa, così Ponsard gli sollevò il mento con una manata e gli ringhiò dritto sul muso. <<Pezzo d’imbecille, se domani mattina non sei sparito dalla mia vista giuro che ti sparo in mezzo agli occhi, hai capito? Prendo la mia pistola e ti ammazzo come un cane!>>.
A quel punto mi frapposi tra i due prima che giungessero alle vie di fatto, mentre Giulio prendeva Ponsard per le spalle e sollevandolo come una pagliuzza lo spostava indietro di almeno un metro.
Mauriot, che tremava di rabbia repressa, si alzò di scatto e fissò con odio il suo rivale, poi tuonò quel che gli ribolliva in corpo <<Certo che me ne vado, vecchio coglione! Ma me ne vado perché voglio io, non perché vuoi tu, e spero che te la facciano davvero la pelle perché sei un bastardo. In quanto alla tua puttana, tientela pure … non me ne frega più nulla! >> . Dopo aver scaraventato il tovagliolo sul tavolo, rovesciando i bicchieri, girò sui tacchi e se ne tornò al piano di sopra a preparare le sue valige, inseguito da altri insulti del professore e con i pochi commensali che assistevano allibiti.
Milla arrivò subito dopo e mi prese in disparte, proprio mentre anche Ponsard faceva ritorno nella sua stanza seguito da Giulio come un’ombra minacciosa. <<Cosa è successo, che ho sentito di nuovo Ponsard alzare la voce? >>
<<Tranquilla! Non è accaduto nulla di speciale. Lui e Mauriot si sono detti arrivederci >>.
<<Si sono messi di nuovo le mani addosso? Dimmelo, che li butto fuori per strada tutti e due >>.
<<No di certo! Dopo la strizzata di palle che gli ha dato Giulio questo pomeriggio credo che Ponsard se ne sia guardato bene dal rischiarne un'altra. Si è solo limitato a dirgli che gli avrebbe sparato in mezzo agli occhi, mentre l’altro ha dato del coglione a lui e della puttana a Pauline. Un dialogo cordiale tra vecchi amici, insomma... >>.
Milla ridacchiò per quel dettaglio che non conosceva. <<Davvero Giulio gli ha strizzato le palle? >>.
<<Gliele ha strette in una morsa d’acciaio. Come se l’avesse azzannato un pitbull. Lo sai com’è tuo fratello, no? >>.
<<E lui cosa ha detto? >>.
<<Ahiii! Cosa d’altro vuoi che abbia detto? >>.
Milla si concesse una nuova risata soddisfatta, poi si fece seria di colpo. <<Che dici? Cartellino rosso e lo caccio? >>.
<<No! E per quale motivo? Domani Mauriot toglierà l’incomodo e perché torni a regnare la quiete basterà tenere Ponsard separato da Pauline, ma credo che ci penseranno da soli ad ignorarsi. E comunque, visto tutte le seccature che ci hanno dato, almeno gratifichiamoci con l’incasso di un’ultima settimana di lezione>>.
Mia moglie mi guardò compiaciuta <<Oh! Finalmente stai entrando nello spirito giusto. Meglio tardi che mai! Comunque tu e Giulio siete stati bravi questa sera e avrete le vostre ricompense... >>.
<<Sarebbero? >>
<<Giulio avrà finalmente accesso alla grappa di Teroldego… >>.
<<E io ?>>.
Milla mi rifilò una veloce strizzatina di palle che non aveva nulla da invidiare a quelle del fratello, poi sorridendo maliziosa mi sussurrò. <<Chi vivrà vedrà… >>
Poi se ne tornò sui suoi passi lasciandomi dolorante a fantasticare sulle possibili delizie erotiche che mi attendevano, sempre che la parte fosse rimasta integra.
Pauline scese solo dopo cena per un caffè. Della rissa pomeridiana restava solo un piccolo segno rosso, sullo zigomo, proprio sotto l’occhio, che evidentemente il trucco non era riuscito a cancellare del tutto. Per il resto la signora sembrava abbastanza serena, o almeno era molto brava a farlo credere. Grouchy l’avvicinò per un breve scambio di battute, poi, forse, accortasi che gli sguardi di tutti erano calamitati su di lei, la donna tornò in camera sua.
Intorno alle dieci di sera, preceduta dall’effluvio delle sue essenze floreali, apparve all’ingresso dell’albergo la dottoressa Trevisan, avvolta nel suo boa di volpe uscito da un film anni ‘40. Il vestito blu elettrico della cena di gala aveva lasciato il posto ad uno stampatone a fiori ugualmente pacchiano, mentre, al solito, la nostra amica sfoggiava un vero patrimonio in gioielli, frutto tangibile delle sostanze che assieme alla farmacia le aveva lasciato il dott. Osvaldo, suo mai abbastanza compianto marito che, secondo me, al momento del trapasso doveva aver sorriso all’idea di liberarsi per sempre di quella donna.
Milla le andò incontro per salutarla, mentre io mi limitai ad un cortese cenno di saluto con la mano a debita distanza, poi, dopo aver accompagnato l’ospite nel salottino che utilizzavamo per le partite a carte del dopocena e dopo che era sopraggiunto Grouchy ad ossequiarla con un perfetto baciamano, ritornò da me. La guardai sospettoso.
<<Che è venuta a fare qui la Trevisan? Non mi dire che ha sentito aria di maretta coniugale ed è venuta su dal paese a curiosare. Oppure si è invaghita di Grouchy?>>
<<No, nulla di tutto questo! Effettivamente mi sono dimenticata di dirtelo, però ora non metterti a ridere>>.
<<Ce ne sarebbe bisogno, vista la serata. Di che si tratta?>>
<<Ieri mattina Grouchy è andato in farmacia e, visto che non c’erano clienti, ha chiacchierato a lungo con la Trevisan>>.
<< Figuriamoci se la megera si perdeva l’occasione>>.
Milla mi fece cenno di parlare piano che potevano sentirci e continuò bisbigliandomi all’orecchio.
<<Appunto! Comunque, parlando del più e del meno è venuto fuori che entrambe sono appassionati di scienze occulte e pare che la Trevisan si sia spacciata per medium>>
<< Certo che quella donna, pur di intrufolarsi in qualche ambiente, non conosce vergogna>>.
La considerazione mi procurò un benevolo schiaffetto sulla mano. << Ma dai! Poverina, in fondo è sempre sola! Comunque, mi hanno chiesto se potevano fare una seduta spiritica in salotto e io ho detto loro di sì… >>.
<<Ci mancava solo questa! Ma fammi capire: una di quelle robe con il tavolino a tre zampe che traballa e lo spirito che bussa di sotto?>>.
<<No, sembra che facciano soltanto qualcosa con il bicchierino>>.
<< Non avevo dubbi che con la Trevisan e Grouchy ci fosse di mezzo qualche bicchierino! Ma sono solo loro due?>>
<< No! Sono in cinque. Ed è questo il bello. Indovina chi sono gli altri tre?>>.
<< Mi arrendo subito: dimmelo tu… >>.
Milla ridacchiò prima di rivelarmi i nomi. Si vedeva che stava degustando l’effetto sorpresa. Mi preparai al peggio. <<Uno è un corsista, il signor Mazzoleni, quello di Brescia, e gli altri due sono… Giulio e Nadia!>>.
Mi accasciai sulla poltrona folgorato da quella rivelazione. << Ma scherzi?>>
<< Niente affatto! Quando lo ha saputo, la prima a cedere vinta dalla curiosità è stata la Nadia, che tanto non ci capirà nulla, e mio fratello si è adeguato>>.
Allargai le braccia affranto. <<Signori, giù il cappello! Stiamo assistendo al declino di un uomo! Quando l’ho conosciuto tuo fratello era un ateo materialista con venature anarco-marxiste-leniniste ed ora sta scivolando nell’esoterico-dannunziano, neanche fosse Eleonora Duse… >>.
<<Così pare, ma, ovviamente, solo per amore di Nadia>>
<< Certo è che dai tempi di Lisistrata voi donne, con quella cosa lì tra le gambe, governate il mondo con buona pace di noi uomini. C’è poco da fare!>>.
In quel momento, preceduto da Nadia e dall’occhiataccia di Milla per la mia uscita maschilista, ci sfilò davanti Giulio diretto verso il salottino.
L’uomo era stranamente in giacca e cravatta, cosa questa che gli conferiva la solita aria dell’impiccato e sembrava assai imbarazzato. Così, al momento dell’ingresso nella stanza, lo incitai alla voce e con un cenno della mano. <<Alla grande! Giulio, vai alla grande!>>
Lui però, dopo il previsto <<Culastrisce, va in mona!>> rispose con un gestaccio irriferibile, quindi sparì alla nostra vista.
Poco prima di mezzanotte la seduta ebbe termine e mentre tutti raggiungevano le loro stanze, la Trevisan, al momento di congedarsi ebbe un lungo parlottare con Milla che alla fine l’accompagnò a casa in macchina. Visto che il silenzio di Giulio sulla seduta era ermetico e che Nadia, pallida di paura, aveva voluto far subito rientro a casa, attesi pazientemente il rientro della mia compagna per conoscere qualche indiscrezione. Anzi, sopraffatto dalla curiosità andai perfino ad attenderla sulla porta appena mi giunse il rumore della nostra macchina che ritornava.
Milla rientrò con l’espressione di quando era disturbata da qualcosa e mi domandai se avesse qualcosa da rivelarmi, o qualche nuova seccatura da rifilarmi, oppure qualcosa da rimproverarmi. Come al solito mi sbagliai perché la mia signora voleva tutte e tre le cose assieme. Infatti, come fu a portata di voce mi chiamò subito in causa. <<Per prima cosa vai a svuotare i portacenere e apri le finestre che, tra le sigarette della Trevisan e il sigaro di Grouchy, se lì dentro era presente uno spirito ora è bello che morto di nuovo. Poi ti farei notare che quando ho accompagnato gli ospiti nella saletta mi sono accorta che sul tavolo c’erano briciole e ancora quattro bicchieri sporchi e le tazzine del caffè. Chi ha usato la stanza prima di cena? >>
<<Quattro dei corsisti. Hanno giocato a carte. Li ha serviti Maria >>.
<<Che poi si è dimenticata di fare ordine! Ti ho detto mille volte che devi stare dietro a Maria e dirle sempre le cose da fare. Perché se pensi che se ne accorga da sola, siamo fritti. Comunque, sono molto seccata con quella megera della Trevisan e prima che rimetta piede qui ci vorranno dei mesi… >>.
<<Perché, che ti ha detto?>>
<<Non è per quello che ha detto a me, è per quello che ha detto agli altri durante la seduta!
Ha cominciato a raccontare che in questa villa ci sono stati diversi morti ammazzati, che di conseguenza il posto è pieno di influssi negativi e di presenze inquiete. Quindi, praticamente, ha lasciato intendere che stare qui equivale a tirarsi addosso ogni genere di sfighe. Poi, non contenta di tutte queste geremiadi, ha fatto una messa in scena con il tavolino a tre zampe sostenendo di aver evocato il povero conte Seiffert che, forse felice di essere in libera uscita, le ha ribadito la faccenda delle anime smarrite che vagherebbero per l’albergo aggiungendoci di suo qualche tocco macabro. Infine, tanto per gradire, l’illustre fantasma, forse euforico per essere stato evocato, ha rivelato alla medium che eventi cruenti coinvolgeranno ancora gli abitanti della villa.
Per fartela breve: Nadia si è messa a piangere e ora vuole cambiare casa, Giulio è da un’ora che si tocca le palle e Mazzoleni, che è superstizioso, sta pensando di fare le valigie in anticipo. Capisci? Tu sei gentile con lei, le offri la piena disponibilità dell’albergo e lei che fa? Viene qua, fuma e sbevazza gratis e ti sputtana la struttura con le sue cretinate da fattucchiera della mutua>>.
Le feci un cenno d’assenso per assicurarle che comprendevo il problema.<<L’unico che sembra si sia divertito, oltre alla nostra farmacista, sembra il buon Grouchy!>>.
<<Già! Bel cretino anche lui. Se mi chiede un favore un’altra volta lo faccio correre! Lo sai che vuol dire se si sparge la voce che l’albergo porta sfiga a chi ci alloggia? Che non battiamo più un chiodo neanche se mettiamo cornetti di corallo e trecce d’aglio nelle camere! Chi mi paga il danno?>>
<<Non farla tragica! Dei cinque presenti, l’unico che può parlare è questo tizio di Brescia, ma domani, comunque, se ne torna a casa perché ha finito il corso, e chi lo vede più? >>
Milla s’immerse nei suoi pensieri, poi di colpo mi guardò sollevata. <<Si! Hai ragione tu! In fondo, chi se ne frega delle fesserie di quella carampana? Comunque, non ti avevo detto di andare ad aprire le finestre del salottino e di svuotare i portacenere? Che aspetti?>>.
La guardai sconsolato, poi, senza replicare, obbedii. Spalancando le finestre del salottino per arieggiare guardai giù in giardino e vidi un’ombra ferma nel buio, accanto al cancello. Così, forse perché suggestionato da quelle storie di anime perse andai a verificare chi fosse. Appena a distanza mi accorsi che era Maria. La chiamai per non spaventarla e lei si girò verso di me. Cercai di essere affabile, anche se avevo appena ricevuto una sgridata per colpa sua. <<E’stanca, vero? La stiamo facendo correre dappertutto>>.
La ragazza mi sorrise e ancora una volta non potei fare a meno di notare quanto fosse graziosa nel farlo. <<Un po’sì, ma in fondo ci sono abituata>>.
<<Beh! Comunque, ancora una settimana e poi è finita>>.
<<Si, lo so! Ma però mi dispiace. Sto bene con voi. Siete tutte persone simpatiche>>.
<<Grazie! Ma negli altri alberghi dove ha lavorato non si trovava bene?>>.
Maria si accese una sigaretta e me ne offrii una. La fiamma dell’accendino le fece brillare gli occhi e creò una strana complicità tra noi. <<In un grande albergo di una città turistica come Perugia si fa un lavoro diverso, più impersonale. Il direttore di sala ti prende in considerazione solo se fai qualche cosa di sbagliato. Altrimenti sei solo una dei tanti camerieri stagionali che arrivano e se ne vanno con i turisti. Una fotografia su un libretto di lavoro. Niente di più. Qui da voi, invece, faccio parte di una piccola famiglia dove tutti danno il loro contributo. Ci si stanca di più, ma c’è più soddisfazione e il lavoro non pesa più di tanto >>.
<<Questo vale anche per Giulio? >>
Maria sorrise di nuovo perché sapeva benissimo a cosa volevo alludere. <<Ma sì, poverino. In fondo è una gran brava persona. Non è facile andarci d’accordo subito perché è un po’ ruvido nei rapporti, ma appena prende confidenza ti fa capire che è buono come il pane. Probabilmente è solo un timido che trova un po’ di coraggio facendo il burbero. Alla fine stiamo facendo perfino amicizia come l’ho già fatta con Nadia e sua suocera che mi hanno aiutata tanto e con le quali si è creato un rapporto molto bello>>.
Ringraziai la ragazza per quelle parole che avrebbero fatto la felicità di Milla e, dopo averle ricambiate cambiai argomento per non scadere ulteriormente nel padronale-paternalistico.
<<A Perugia che cosa studia all’università? >>
<<Psicologia. Sono fuori corso, ma non mi manca molto. Sto lavorando alla tesi e forse in autunno riesco a discuterla. >>
<<Anche il suo fidanzato è uno studente? >>
<<Sì, frequenta la mia stessa facoltà, ma è di qualche anno più giovane di me e gli manca ancora parecchio >.
<<Capisco. Comunque, visto che è prossima alla laurea ci faccia sapere quando sarà, che magari veniamo giù a Perugia a festeggiarla... >>.
La ragazza mi guardò esitante. Si capiva che l’idea non le doveva piacere affatto. Comunque, abbozzò un sorriso di circostanza e mi confermò che ne sarebbe stata contenta, ma con un tono che lasciava intendere che lo sarebbe stata molto di più se non fossimo venuti. Dunque, considerandolo esaurito, cambiai nuovamente argomento.
<<Lei è di Taranto, vero? >>.
<<Si, sono nata lì>>.
<<Bella città, anche se un po’ troppo calda d’estate! Ci sono stato durante la ferma in Marina. Quando ero imbarcato sull’Aviere ho passato dei pomeriggi eterni a boccheggiare sulle panchine di Villa Peripato in cerca di un po’ di fresco. Conosce il posto, no?>>.
<<Sì. È un po’ fuori città, vero?>>.
La sua risposta, così esitante, mi lasciò sconcertato.
<<No… veramente è in centro, vicino al Circolo Marina e guarda sul Mar Piccolo! Mi scusi, ma come fa una tarantina verace a non conoscerla?>>.
La ragazza mi guardò imbarazzata, poi, dopo una pausa, si giustificò.<<E’ che sono venuta via da Taranto che ero piccola. Poi non ci sono più tornata>>
<<Ah ecco! I suoi ora stanno in Belgio, vero?>>
Maria buttò la sigaretta per terra e la spense con il piede, poi, dopo una lunga esitazione, mi rispose con un filo di voce, come se quelle parole le facessero male.
<<No, non ho più nessuno. Avevo un fratello, oltre ai miei genitori, ma sono tutti morti da tempo. Ora vivo da sola. E’ dura, ma mi ci devo rassegnare>>.
Mi morsi la lingua per la mia stupida curiosità e cercai di scusarmi.<<Mi perdoni se sono stato così indiscreto! Non immaginavo la sua situazione>>.
Buttai a mia volta la sigaretta. Ero a disagio e non mi andava più. <<Ma no! Non c’è niente di cui si debba dispiacere! Lei non ne ha colpa. Non poteva sapere. Comunque, sono morti in un incidente. Io mi sono salvata perché ero a casa di un’amica a studiare per un esame. Se quella domenica fossi andata con loro probabilmente sarei morta anch'io e invece ora sono qui a raccontarlo. Il destino è così!>>.
In quel momento un colpo di clacson attirò la nostra attenzione. Sul vialetto era comparsa la sagoma della macchina che tutte le sere veniva a prelevare la ragazza. Così, dopo avermi salutato, Maria sparì nel buio della notte togliendomi dall’imbarazzo. Dopo aver raccolto da terra le nostre cicche di sigaretta rientrai nell’albergo infreddolito e carico di pensieri, per finire i compiti assegnati.
Verso le due di notte, dopo aver sistemato tutto e lasciato Giulio a far la guardia in portineria, con tutte le luci ben accese ed un coltellaccio da cucina al suo fianco, anche se di dubbia utilità contro gli spettri, Milla ed io ci avviammo verso casa. Poco fuori dal cancello scorgemmo che da uno dei cassonetti che era mal chiuso fuoriusciva una delle rose di Ponsard e la cosa ci diede una certa malinconia anche se se di breve durata, giacché nel nostro talamo nuziale Milla si rivelò di parola e mi concesse un dolcissimo Amarcord dei nostri anni migliori.
grazie Carlo, pur avendo letto prima il cap. 10, per mia disattenzione, mi sento completamente coinvolto negli eventi, bravo
RispondiEliminaGrazie, sono contento che la storia ti stia appassionando ...
RispondiEliminaOggi ne ho recuperati due: la storia si infittisce di mistero...Sedute spiritiche, eventi tragici all'orizzonte!! :-)
RispondiEliminaVedrai, vedrai...come cantava Luigi Tenco :)
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