Chi se ne importa se non è ancora arrivato il 21 marzo? Ormai è nell’aria. La sento e la vedo ovunque, nel vento teso di questa mattina che sollevava la polvere e le foglie secche e increspava l’acqua dei fossi luccicanti sotto il sole, ma anche lungo gli sterrati che percorro con il bretone e nei tanti minuscoli fiorellini celesti che punteggiano i prati attorno alla boscaglia del forte Gazzera, che da antro cupo come nei mesi scorsi ora sta riprendendo dei bei toni di verde. Nel mio giardino, invece, ha iniziato qualche giorno fa la solita famigliola di crocchi ad aprirsi la strada tra le foglie secche lungo il vialetto del cancello, subito seguita dagli steli dei narcisi e ora stanno fiorendo anche le primule, mentre l’albicocco è già pieno di germogli e speriamo che questo sia l’anno del riscatto visto che, dopo tante marmellate fatte in casa, la scorsa estate ci ha prodotto ben cinque frutti, uno dei quali ammaccato dalla grandine.
I primi crocchi spuntano... |
Invece, la vite che circonda la casa dopo la potatura di fine febbraio ha iniziato a “piangere” copiosamente la sua linfa zuccherina e questo temo farà comparire presto le formiche, per la solita guerra senza speranza dei cow boy asserragliati dietro la schiuma di Baygon messa in cerchio come una carovana per respingere l’attacco dei pellirosse, che mentre tu li aspetti armato di spray al pianterreno, entreranno silenziosi dalla terrazza del piano di sopra. In ogni caso, per la gioia del cane, ci sono già tante lucertole e qualcuna è entrata come al solito a perlustrare la cucina. L’orbettino, invece, è stato cortesemente invitato con sapienti colpetti di scopa a ritornare in letargo nel suo nascondiglio sotto le ortensie. Tutto questo mentre merli, tortore e i tanti passeracei che hanno eletto a loro domicilio la magnolia davanti alle finestre della nostra camera da letto mi costringono a spalancare gli occhi di buon mattino (che l’elfa non la svegliano neppure i temporali, figuriamoci un cinguettio) con i loro richiami d’amore, unendosi ai latrati di Kira, la Labrador dei nostri vicini che è in calore e sin dall’alba ci tiene a farlo sapere a tutti i cani del vicinato e ai loro padroni. Insomma, come avete certamente capito, sto parlando dell’imminente primavera, che, uscendo dal lirismo poetico (!?) di queste righe, già avverto anche dal fatto che mi tocca andar per campi con il collirio antistaminico e i fazzoletti a portata di mano. Perché, dopo un’estate, un autunno e un inverno vissuti da proprietario di un sedicente cane da caccia tra il solleone, i temporali, il fango, le nebbie e la neve, ora finalmente scoprirò per la prima volta che accade ad uno che soffre di rinite allergica da polline quando viene costretto a lunghe scarpinate primaverili in mezzo alla campagna in fiore. Qui sotto posto un breve filmato di celebrazione della primavera che ho appena realizzato con alcune delle mie foto e tanto per provare un nuovo programma di editing. Spero che vi piaccia.
Comunque, ora che, stregato da un’elfa, mi sono ritirato come un novello Cincinnato nel mio eremo agreste, non posso che ricordare con malinconia quanto fossero uniche le primavere veneziane. Perché per un giovane veneziano, a cominciare da Vivaldi che l’ha pure celebrata in musica, la nostra primavera rappresentava un vero rito magico. All’apparire del primo sole tiepido di marzo la laguna cambiava colore, l’acqua dei canali tornava di un bel verde chiaro dopo il grigiore nebbioso dell’inverno, i caffè sulla Riva degli Schiavoni e in Campo Santo Stefano rimettevano fuori i tavolini e tornavano a riempirsi di signore che sferruzzavano a maglia e spettegolavano mentre tenevano d’occhio i figli che giocavano a “tacco” con le figurine. Per inciso, io al gioco del tacco, che era una sorta di bowling dove al posto della boccia c’era un tacco di scarpa da uomo e al posto dei birilli un mazzo di figurine dei calciatori, ero bravissimo e avevo un tacco professionale borchiato con le puntine da disegno dorate per farlo scivolare meglio sui masegni del selciato. Grazie a lui e alla mia abilità balistica mi sono completato gratis due intere annate dell’album calciatori Panini. Invece ero una vera schiappa al gioco delle biglie, che riuscivo a perdere in quantità industriale, ma questo è un altro discorso.
Ai primi di marzo anche il bar da Nico sulle Zattere ricominciava a servire il gelato al gianduiotto e la panna in ghiaccio racchiusa tra le cialde di wafer alle belle studentesse del Marco Polo che facevano “manca” a scuola assieme ai liceali del Foscarini (ehm… honni soit qui mal y pense) prima di andarsi a baciare in Punta della Salute promettendosi eterno amore almeno sino all'estate. I gabbiani iniziavano a rincorrersi con grida feroci lungo il canale della Giudecca scintillante al sole per contendersi qualche buon boccone nella scia delle navi che andavano ad ormeggiare in Marittima e alla sera le gondole illuminate con le lanternine riprendevano a percorrere il Canal Grande piene di giapponesi entusiasti per il tenoretto alla Claudio Villa che cantava "O sole mio" e il fisarmonicista impazzito che svisava sulle note di "Funicolì funiculà". Poi su tutto calava il silenzio delle notti veneziane, rotto qui e là dai miagolii dei combattimenti tra i gatti randagi. Nei bacari il Torbolino esangue lasciava il posto al nerissimo Clinto che profumava di fragola, si serviva nelle ciotoline di terracotta (di nascosto perché era vietato, anche se lo bevevano pure i vigili) e macchiava indelebilmente di rosso scuro camicie e cravatte.
...che in primavera da noi ci si bacia tra la gente (1971) |
Tra gli altri riti primaverili veneziani, oltre alle prime corse al Lido con le biciclette sino agli Alberoni o a San Nicolò dove c'era la spiaggia libera e si poteva finalmente fare la prova di coraggio del tuffo in mare davanti alle ragazze (poi occorreva stringere i denti per non far vedere loro quanto si stesse morendo di freddo) c'era anche la prova di abilità della pesca notturna delle seppie dalla riva dell'Arsenale, con la fiocina e la lampada per attirarle (per avvicinarsi, si avvicinavano ma non ne ho mai presa una, però ho perso almeno due fiocine). Ma, soprattutto, dai primi di marzo accadeva che dalle medie sino al liceo le madri mettevano finalmente in naftalina i cappotti e nei campielli i loro figli ricominciavano la sagra delle partite di calcio del doposcuola. Perché Venezia, non avendo il pericolo delle macchine e presentando zone di assoluta tranquillità fuori dai percorsi del turismo di massa si presta benissimo ad essere un unico grande comprensorio calcistico giovanile.
Era alta di mezzo metro sopra la traversa... (1970) |
L’unico problema per il calcio all'uscita da scuola, dopo la colletta per l'acquisto del pallone in plastica, il mitico "Tele Santana" bianco con gli esagoni neri che ha svezzato generazioni di campioncini, era che, se non trovavi qualche oste o negoziante cortese che ti regalava dei cartoni, delle lattine o dei barattoli vuoti, scarseggiavano gli oggetti da mettere per terra per far da palo, ma dopo le prime corse a perdifiato, i maglioni servivano egregiamente. Era assai sconsigliato usare come pali gli zainetti perché in caso di fuga precipitosa per l’arrivo dei vigili, c’era sempre il rischio che venissero sequestrati e all’interno c’erano ovviamente il diario e i quaderni con nome e cognome del fuggitivo. Io, una volta, giocando nel campo di San Francesco della vigna, grazie alla retata di un nugolo di vigili chiamati dalle suore del vicino convento persi un bellissimo pullover inglese di lambswool e non potendolo recuperare dai vigili per non dover pagare la multa salatissima e affrontare le ire di mia madre dovetti inventarmi la storia fantasiosa che lo tenevo appoggiato sulle spalle e salendo in vaporetto - ma tu guarda la sfortuna - era caduto in acqua. Nell’occasione andò peggio ad un mio compagno di classe che si vide sequestrare il vocabolario di greco, il costosissimo Rocci, che era stato messo a fare l’altro palo della porta.
In età più adulta, per ogni veneziano degno di questo nome, l’arrivo della primavera significava soprattutto la messa in acqua della barca, che per noi era come avere finalmente l'automobile a disposizione. Io, a partire dall’età di 19 anni ero tra i tanti veneziani felici possessori di un barchino (da rapina, come lo definiva la mia ragazza dell’epoca) acquistato con un vero raggiro d’incapace da una benestante signorina veneziana che non sapeva che farsene e lo aveva abbandonato in spiaggia, anche perché si era fessurato in chiglia (un po’ di resina e colla al silicone ed era tornato come nuovo). Lo avevo equipaggiato con un motore fuoribordo da 15 hp e così, quando ero solo e seduto a poppa, planavo e schizzavo sulle onde della laguna e tra le bricole come un ciottolo impazzito.
Il canale di San Piero di Castello, dove tenevo il mio barchino a motore |
Per me, oltre ad un mondo nuovo che si apriva da esplorare (quello delle barene e degli isolotti della laguna interna, da Chioggia sino a Punta Sabbioni) l'avere il barchino significava in aggiunta al fitto mensile anche il puntuale pagamento di un pizzo "primaverile" di 135.000 lire perché ogni volta che mi recavo al cantiere di San Piero di Castello dove la tenevo (a caro prezzo, che mi sarebbe costato di meno un miniappartamento) per la prima uscita in mare quel bandito chioggiotto del capo cantiere si presentava da me sostenendo che provando in vasca il mio Johnson si era accorto che per il gelo invernale si era rotta la piccola elica in plastica del raffreddamento ad acqua e dunque me l’aveva cambiata d’ufficio. Per convalidare la tesi mi mostrava ogni volta il pezzo che mi aveva cambiato, affinché vedessi quanto fosse rotto, però era sempre quello, tanto che negli anni avevo imparato perfino a riconoscerlo. A chi si chiedesse come mai non cambiavo cantiere, ricorderò che a Venezia lasciare incustodito e semplicemente legato ad una palina un barchino con un motore fuoribordo che chiunque può sganciare o mettere in moto è come lasciare una BMW aperta e con le chiavi nel cruscotto in qualsiasi periferia urbana. Occorre essere molto ottimisti per sperare di rivederla. Ma, essendo un tema che immagino sconosciuto ai più, di come un giovane veneziano viva la sua barca e delle mie vicende nautiche in particolare ne parleremo nei prossimi post. Intanto iniziamo a goderci la primavera…
Ognuno da il meglio di sé quando esprime sentimenti che ci appartengono, la nostra vita,la casa,infanzia, primi amori .... non ultima la natura che circonda la nostra esistenza. Un bellissimo insieme di immagini e musica. Qui, in Canavese, la primavera resta un pochino indietro, foto di altri anni lo testimoniano, i crochi sono fuori così come ogni altra piantina messa a dimora, per il momento tutto ciò che nasce spontaneo non c'è. Penso con nostalgia alle giunghiglie del Giglio.
RispondiElimina@Jouy-carladidi: Che meraviglia il Canavese con le sue colline e le montagne sullo sfondo (e i suoi eccellenti vini rossi). E' una delle aree del Piemonte che andrebbero valorizzate alla pari delle Langhe e del Monferrato, che è la zona che conosco meglio visto che mia nonna materna era di Viarigi e mia madre di Canelli e quindi l'ho girata in lungo e in largo alla ricerca del tempo perduto e delle memorie di famiglia. Immagino che in collina la primavera sia ancora in ritardo rispetto alla pianura. Era il mio dramma da ragazzo perché appena finivo con le allergie da pollini qui, andavo in montagna dove la fioritura era ancora all'inizio, così riprendeva tutto da capo. Immagino invece che il Giglio sia già tutta una fioritura. Spero che riescano davvero a smantellare alla svelta e senza procurare danni all'ambiente quel tragico monumento alla cretineria umana spiaggiato come una balena perché si possa godere di nuovo quel vostro piccolo angolo di paradiso.Ciao
EliminaChe belle foto Carlo! E come sempre che bel racconto.. sulle Zattere dove prendevate il gelato c'è una pensione La Calcina dove sono stata anche io.. che posto meraviglioso.
RispondiEliminaAnche qui abbiamo l'orbettino o almeno credo, abbiamo una intera famiglia di rettili dei quali troviamo le pelli in giro per il giardino, Ragnina li adora e anche io voglio loro bene.
Che belli che sono quei fiorellini azzurri vero? Fanno subito primavera.
Che invidia per il barchino, io non potrei mai, sto male anche sulla metropolitana.. in compenso siamo molto solidali con la tua allergia, sappi che qui Brontolo da aprile a settembre starnutisce e basta, non parla più!
Ciao!
@Maude Chardin: cara Maude, ma che scelta raffinata! La pensione Calcina è per me in assoluto uno degli alberghi più affascinanti di Venezia ed è sicuramente quello che sceglierei per un mio soggiorno se venissi da fuori. la sua vista sul canale della Giudecca e la chiesa del Redentore è straordinaria. Adesso credo che abbia alzato discretamente i prezzi, ma tanti anni fa, assieme alla pensione Bucintoro all'Arsenale (stanze modestissime e spartane, pulizia dignitosa, bagno in corridoio, una stella soltanto, ma vista strepitosa sul bacino di San Marco, migliore di quella dell'Hotel Danieli e del Londra a 5 stellone extra lusso)era un ritrovo di studenti giramondo e viaggiatori colti: inglesi in giacca di tweed e guida Baedeker in tasca sulle orme di John Ruskin (che vi soggiornò a lungo) e di Robert Browning e George Byron. Di fronte alla pensione Calcina, poi vi era uno dei baretti / gelaterie all'aperto (sulle Zattere i piccoli caffè hanno i tavolini sulle palafitte attaccate alla riva)più celebri tra gli studenti che si chiamava il Cucciolo e oggi mi pare si chiami la Piscina in ricordo dell'adiacente piscina pubblica e recintata (con spogliatoi) che sino agli anni '70 consentiva di nuotare direttamente nelle acque del canale della Giudecca. Cosa oggi sconsigliatissima. In quanto al barchino, ne parleremo e per quel che concerne l'allergia, un etciù solidale e affettuoso a te, figliola e Brontolo.Ciao
EliminaBellissime le foto, il passerotto mi ha commosso!I tuoi ricordi veneziani sono sempre ipnotizzanti, te li leggi d'un fiato e ti vedi davanti le scene, di un mondo per noi extranaturale! red cats
RispondiElimina@Redcats: ovviamente tu e Corrado sapete che quando volete fare un nuovo tour della Venezia segreta con guida indigena (e piacevoli soste enogastronomiche), Morena ed io siamo a disposizione. Ciao
Eliminale foto sono bellissime. davvero.
RispondiEliminache bello il barchino con 15 hp. io ho vissuto sul lago fino a nove anni fa, le barche sono anche un mio ricordo d'infanzia.
che bello questo rispolverare ricordi!
@Trilly: grazie, cara Trilly, mi piace pensare che condivido gli stessi ricordi con gli amici e non sai che darei per riavere ora il mio barchino. Fino a qualche anno fa, quando nostro figlio era un ragazzetto docile e volevamo farlo innamorare a sua volta della laguna, io e l'elfa avevamo pensato di prenderci una sampierotta in legno , una di quelle nostre barche a fondo piatto da pescatore dove ci puoi montare pure un alberello con la vela triangolare, ma, in mancanza del nuovo per chiusura di quasi tutti i cantieri storici, i prezzi dell'usato qui sono fuori del mondo e poi avendo deciso di chiudere la mia casetta veneziana (non aveva senso pagare l'affitto per tutto l'anno per starci solo nei mesi estivi) e di vivere definitivamente a Mestre, la cosa è tramontata del tutto. Peccato...
EliminaCiao (quale lago? Como? quello di Varese? Sono curioso...)
E pensare che non ho mai visto Venezia, pur avendo quasi 50 anni. Credo che sia grave e il tuo racconto, così denso di sensazioni, me lo sta ricordando...
RispondiEliminaUn saluto, Carlo, a presto!
@Linda : Non è grave, ma insomma...spero attraverso i prossimi post di farti venire la voglia del riscatto e di fare finalmente una vacanza a Venezia. Naturalmente se ti servissero consigli saggi da veneziano esperto per organizzare al meglio il viaggio ed evitare le numerose insidie che questa città di bizantini affaristi propone ai visitatori neofiti, sono a disposizione. Chiedimi pure. Ciao
EliminaCompagni di starnuti, quindi! Io inizio dopo, sicuramente, visto che qui il giardino è ancora addormentatissimo.
RispondiEliminaQuanto mi piace scoprire una Venezia intima attraverso i tuoi ricordi, per noi, "bisonti" del turismo di un giorno, è l'occasione di conoscerla dietro le quinte. Grazie.
Buona Primavera!
@Migola. Grazie Migola,spero con i miei prossimi post di farti divertire ancora svelandoti i segreti del vivere quotidiano a Venezia, che quando si dice che è unica al mondo, lo è per davvero, anche nei disagi. Un etciù solidale di saluto e buona primavera anche a te.
Eliminasolo due parole sull'allergia, ma ci sarebbe da parlare a iosa di tante cose, come sempre...
RispondiEliminaio la curo con successo, da ventanni e più, con l'omeopatia, nei primi anni associata all'agopuntura.
era terribile prima, e soffro ancora nel vedere chi ne è affetto. perciò raccomando a tutti di provare con l'omeopatia.
per me è stato un successo.
@Nellabrezza. Grazie del consiglio. In effetti ci stavo pensando a mia volta anche perché a fianco di casa mia ho una farmacia che vende anche molti prodotti erboristici e omeopatici e chiederò lumi in proposito alla dottoressa che mi dicono molto brava. Poi ti dico...
EliminaCiao
a me la primavera fa girare la testa e mette fiacca ma c'è l'aria dell'amore. quello puro e sbarazzino. :)
RispondiElimina@lauramentre: assolutamente vero...il risveglio della natura e quello dei sensi vanno di pari passo. Per fortuna, aggiungerei...
Eliminaa proposito di spesa pubblica... ma sapete che hanno bloccato i risarcimenti alle vittime di ustica?
RispondiEliminahttp://palermo.repubblica.it/cronaca/2012/03/16/news/stop_ai_risarcimenti_alle_vittime_della_strage_di_ustica-31644939/
non solo hanno anche chiuso un sito dedicato al disastro del vajont :
http://www.grr.rai.it/dl/grr/notizie/ContentItem-04ec2fe4-6e6d-4aa0-9725-e02534dbd397.html
roba da farci venire il vomito, altro che andare a votarli !
@stefanover: ho letto anch'io della faccenda dei risarcimenti per Ustica, ma a bloccarli è stata la Corte di Appello di Palermo e non il governo. Comunque è gravissimo lo stesso. In quanto al sito sul Vajont chiuso arbitrariamente su richiesta di parte è stato dissequestrato dai giudici del riesame e riaperto da qualche giorno, dunque almeno questo caso si è risolto positivamente. Ciao.
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