Questa mattina, dovendo fare una chiamata e non trovandolo dove lo appoggio di solito, ho temuto per una decina di minuti di aver lasciato il cellulare sul tavolo del bar dove avevo fatto colazione. Poi, per fortuna, l'ho ritrovato in casa perché togliendomi il giaccone mi era caduto dalla tasca senza che me ne accorgessi ed era finito sul tappeto del salotto, finendo nascosto quasi sotto una sedia.
Così, avendo un figlio molto tecnologico e prodigo di consigli a volte inascoltati (da sua madre), ne ho approfittato e, come mi aveva suggerito tempo fa, ho installato da Google Play la app che mi consente di rintracciare (farlo suonare o bloccarlo) con il geolocalizzatore il telefono su Google Maps in caso di smarrimento o furto, sempre che sia ancora acceso. Al termine dell'installazione, con una certa emozione ho provato a vedere se funzionava. Ho chiesto all'assistente vocale sul computer "Hey Google...where is my phone?" e dopo una breve ricerca mi ha risposto "In your hand..." mostrandomi la mappa di casa. Mi rimane il dubbio se "idiot" fosse sottinteso o meno.
Tuttavia, per la serie “Per fortuna in casa c’è sempre chi mi può consolare” le vicende del telefonino dell’elfa sono molto più movimentate, così come quelle delle sue password. Infatti io, che devo gestire almeno una trentina di password per vari siti e servizi a cui mi sono abbonato nel tempo, le ho tutte diverse per ovvi motivi di sicurezza e comunque le conservo e aggiorno quando le cambio all’interno di un file criptato conservato all’interno del cloud.
L’elfa (mia moglie la chiamiamo così perché tira con l'arco come Legolas e per il caratterino), invece, ha un approccio più naif e frizzantino alla gestione delle password, perché dopo mille raccomandazioni mie e di Gianmarco affinché non usasse sempre la stessa per tutto, perché se te la craccano poi è subito Caporetto, si è rassegnata ad averne almeno quattro o cinque, però, volendo farci vedere quanto fosse brava e giudiziosa, le ha scelte alfanumeriche, di almeno dieci caratteri, senza alcun riferimento a date di nascita o cose intuibili e pure con l’inserimento di qualche carattere speciale.
Il problema è che lei, da Superwoman qual è pensa che le basti memorizzarle, ma poi all’atto pratico si confonde “abbestia” e così ogni tanto mi sento chiedere al telefono “Senti…devo aprire il sito “pinco pallino” ma non mi ricordo più la password, non è che per caso la sai tu?” costringendomi a replicare “Amore, ti ricordo che noi ci siamo sposati in regime di separazione dei beni, dunque temo anche delle password… buona fortuna!”.
Oppure, come l’altra sera, quando mi ha chiesto se poteva usare il mio computer per fare un bonifico e dopo sei tentativi sempre più nervosi per accedere alla sua banca e dopo aver accusato me, il mio computer, Kaspersky, il cane e quei craponi tedeschi mangia crauti della banca di ostacolarla deliberatamente e di complottare contro di lei, alla fine si è ricordata che il carattere speciale inserito nella password che le veniva chiesta e della quale era “assolutamente sicura, perché l’ho messa mille volte e le è sempre andata bene, non capisco perché oggi questa fottuta banca mi dica che non è valida”, non era il punto esclamativo, ma la virgola.
Tornando alle movimentate vicende del suo telefonino mia moglie Morena spesso e volentieri entra in modalità “grande allarme” perché lo cerca in borsetta, nelle tasche del cappotto, dentro la macchina, non lo trova e quando me lo fa chiamare per sentire eventualmente lo squillo, il cellulare non risponde. Ma non mi preoccupo più di tanto perché so che probabilmente l’elfa si è dimenticata il telefonino nel suo ufficio o dai suoi genitori, dunque, il poverello è quasi sempre defunto, perché lei lo mette in carica secondo i bioritmi o solo quando non si è dimenticata il carica batteria da qualche parte e riesce perfino a ricordare con precisione dove possa averlo abbandonato.
Evento non sempre possibile giacché l'ultima volta che mi ha strillato angosciata "Mi sta morendo il telefono!" lei era al lavoro e lui giaceva abbandonato sul piatto della frutta in cucina in mezzo alle banane, tanto da indurmi a replicarle con un tono di voce grave adatto alla luttuosa circostanza: "Appena termina l’agonia ed è spirato avvisami via mail che mando un telegramma di condoglianze alla famiglia Xiaomi".
Poi, essendo di fondo un buonista che aiuta le elfe in difficoltà confidando nella loro capacità di redimersi, mi sono infilato il cappotto e dopo un piacevole e fresco chilometro di camminata, gliel'ho portato in ufficio (però almeno, mi ha riportato a casa in macchina e mi ha offerto pure un tramezzino e un bianchetto al bar cinese).
Qualche tempo fa, Morena mi ha chiamato verso le dieci con il cellulare di suo fratello e tutta agitata, perché il telefonino per riavviarsi le chiedeva il PIN che lei, da donna accorta, aveva sì scritto prudentemente su un foglietto in quanto era nuovo, ma però ora non riusciva a trovarlo nel caos della sua borsa e aveva solo quello della SIM del vecchio operatore, che lei ben lo sapeva che non era il caso di usare anche se, in base alla sua teoria del: "Quasi, quasi io ci provo… non si sa mai che funzioni lo stesso" ci aveva provato e ora le rimaneva solo un tentativo (che è come dire: lo so perfettamente che non bisogna toccare le vipere perché possono mordere.. per chi mi hai presa? Però ora mi serve alla svelta il siero antiofidico...")
Alla fine, dopo aver sudato freddo di fronte al suo: "Scendi in cucina da basso, la custodia della SIM nuova con il PIN mi pare che dovrebbe essere sotto la teiera bianca, altrimenti cercala sotto ... (e giù un elenco di quattro possibili location alternative)" ho trovato al primo colpo la confezione della SIM card nuova con il PIN proprio sotto alla teiera e gliel'ho detto, con un sospiro di sollievo.
Pochi attimi dopo aver chiuso la telefonata, il telefono ha suonato di nuovo e mi sono sentito gelare il sangue all'idea che fosse ancora lei per strillarmi "Ma che numero mi hai dato? Adesso il telefono si è bloccato!". Invece, era mio figlio che mi chiamava da Liverpool (mostrandomi in webcam una bellissima giornata di sole, lo dico con invidia) mentre era on the road per andare al lavoro.
Così, quando mi ha detto "Papà! Ma che voce strana che hai...va tutto bene?" gli ho spiegato che mi aveva terrorizzato perché temevo che mi stesse richiamando la mamma per dirmi che il PIN non andava bene e che ora mi sarebbe toccato cercare da qualche parte il suo codice PUK. E Gianmarco mi ha risposto: "Ti capisco... quando la mamma arriva al livello: Codice PUK allora tu sei giunto al livello Codice FUCK, nel senso che sei fottuto...".
Grande battuta, giuro che gliel'ho invidiata...
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