So bene di essere un po' invidiato per il fatto di vivere a Venezia. C’è gente che risparmia duramente per anni pur di vedere almeno una volta nella vita e di persona le luci e i colori del nostro cielo e della laguna, le architetture mozzafiato dei palazzi e l’intrico delle calli scure e dei campielli pieni di sole e di gatti stravaccati sulle vere da pozzo. Lo so bene anche questo, così come conosco la domanda inevitabile: ma quanto è fantastico vivere a Venezia? La risposta è: Oh si! Lo è sicuramente e posso indicarne mille motivi che di solito sfuggono a chi non ci abita e lo dico convinto malgrado il fatto che qui tutto costa più che altrove ed è più complicato (provate a fare la spesa grande del sabato e a portarla a casa per calli e per ponti, magari con una bella confezione da sei bottiglie di minerale, poi ne riparliamo), oppure che se stai male devi pregare che ci sia la marea giusta perché l’ambulanza possa passare sotto i ponti o non incagliarsi nel canale (lo stesso vale per i pompieri) altrimenti ti alzi e te ne vai da solo in ospedale o l'incendio provi a spegnertelo tu. E’ fantastico malgrado il fatto che se non parli veneziano nelle trattorie ti applicano per default il menu turistico con il pasticcio di lasagne, la pizzetta del fornaio riscaldata al microonde e la frittura di pesce surgelato e se siete in tre seduti ad un tavolo da quattro vi trovate un coperto in più sul conto o che se hai comprato un appartamento restaurato, fai un buco nel muro per montare una mensola e scopri che è di cartongesso e che sotto ci sono le grisiole (cannette di palude) impastate con la malta come nel 1300. Ma non solo, perché se il tuo appartamento si affaccia su un canale, oltre all'odore persistente da uova marce dei giorni di bassa marea, dopo pochi mesi l'intonaco dei muri appena dipinti comincerà inevitabilmente a mostrare le sue belle macchie e infiorescenze arancioni di salso e di umidità e sotto le eleganti placche di design degli interruttori, scoprirai che si nasconde un impianto elettrico non a norma, realizzato con le piattine e i chiodini ai primi del '900.
Molte calli veneziane dopo la chiusura dei negozi storici (panifici, latterie...) si sono trasformate da tempo in un suk di paccottiglia acchiappa turisti |
Tutto questo lo posso accettare in fin dei conti ed è lo scotto da pagare per vivere in una città colta e civile (oggi non ci giurerei) realmente unica al mondo, che ti consente ritmi di vita impensabili altrove, dove puoi passeggiare per ore seguendo il flusso dei tuoi pensieri e ti offre visioni di palazzi magnificenti, tramonti velati di rosa e silenzi incredibili. Insomma, la mia città che amo profondamente anche a dispetto delle nebbie che non fanno navigare i vaporetti e delle acque alte sino alle ginocchia, dell’umido che te lo senti fin dentro le ossa con il salso che sale su per i muri rovinando gli intonaci, dello scirocco che ti soffoca d’estate e ti fa sentire appiccicoso e dell’odore fetido dei canali in secca che ti entra dentro casa, come dicevo prima. O forse anche per tutto questo che è parte della sua unicità. Però...c’è un problema. Da troppo tempo ormai vivere a Venezia vuol dire provare una decisa sensazione di disagio. Pare infatti che il pretendere di vivere in città senza alcun legame diretto o indiretto al turismo costituisca un'ingiustificabile ostinazione ed un motivo di fastidioso impiccio par chi che el gà da far i schei.
I veneziani, per le masse dei turisti che si appropriano della città per almeno otto mesi all'anno, costituiscono un'entità astratta ed impalpabile. Molti, a quanto pare, pensano che siano estinti come i Maya e gli Incas. Se riveli loro di essere un autentico abitante della città da alcune generazioni è probabile che ti rivolgano lo stesso sguardo che avrebbero incontrando un antico romano a spasso per Pompei. E comunque, se ci sono, gli abitanti indigeni danno fastidio, intralciano e impediscono al signor Schultz, al signor Smith e al signor Nagasawa di godere liberamente ciò per cui pagano 80 euro a notte, colazione con brioche cellophanata compresa ma bagno in corridoio nella pensione a due stelle con vista sul Canal Grande sporgendosi dalla finestra e guardando in fondo lungo la calle del traghetto.
La circolare per Giudecca, Murano, Fondamente Nuove e Piazzale Roma. Anche quella ormai è strapiena di turisti e a volte nemmeno si riesce a salire |
Mi spiego meglio con un esempio pratico. Per lavorare ti devi spostare in città e non potendo farlo in macchina devi usare i vaporetti esattamente come useresti gli autobus altrove, ma con una differenza: che questi sono sempre strapieni come un uovo e tu sei annullato in una massa di gente che è li solo per andare a zonzo e cazzeggiare lento pede. Sui motoscafi e i vaporetti resti trasparente, e dunque sgomitabile o maciullabile a colpi di zaino almeno fino a quando non capiti nel mirino di una qualche fotocamera nel qual caso ti è perentoriamente fatto cenno di levarti di torno che rovini l'inquadratura o il selfie. Ma questa momentanea riconsiderazione della tua fisicità non deve essere motivo d’illusione. Ritorni infatti improvvisamente trasparente quando, per non rischiare di scendere ad una o due fermate successive a quella da te desiderata, cominci a chiedere cortesemente il passo. Potrai emettere allora con voce baritonale o supplichevole tutti i "Please, pardòn, sorry, bìtte, pòr favòr, izvìnite... ." che vorrai, ma il groviglio di gambe, braccia, ascelle e teutonici petti resterà più fitto e solido di prima. E se per avventura, e con l'ultima disperata spallata, riuscissi ad avvicinarti al barcarizzo, ecco l'ostacolo più spaventoso: il muro di valigie! A questo punto, mentre cerchi d’arrampicartici sopra o di saltarlo in un improbabile stile Fosbury, ti accorgi con sgomento di aver superato il tempo limite concesso per lo sbarco (cinque minuti con la fiacchetta per le comitive e cinque secondi per i residenti) e dell'imminente sgancio della catenella.
La catenella, su gran parte dei pontili dove non ci sono ancora le entrate separate tra residenti e turisti, è una potente arma a disposizione dell’ACTV per la selezione naturale del veneziano e del foresto. E’ usata a totale discrezione del Sig. Marinaio Addetto al Pontile per decidere se aggiungere venti minuti d’attesa supplementare alle tue uscite lavorative o ai tuoi ritorni a casa. Nel caso in questione lo sganciamento della catenella serve per dar via libera alla comitiva di turno affinché possa riversarsi come un onda possente all'interno del motoscafo travolgendo tutto al suo passaggio e ricacciando indietro ogni tuo ulteriore tentativo di sbarco. Perché noi Veneziani abbiamo affrontato con coraggio e siamo sopravvissuti alla peste, ai turchi a Lepanto e ai genovesi alle porte di Chioggia, ma stiamo soccombendo inesorabilmente di fronte alla nuova calamità dei tempi moderni: la comitiva.
A proposito di comitive, dopo lunghe e pazienti osservazioni ne ho catalogati alcuni tipi tra i più pericolosi che vi segnalo perché nel caso veniste a Venezia possiate starne alla larga:
A- Comitiva d’ultrasessantenni americani.
Si tratta di una delle più fastidiose. Contiene solitamente maschi e femmine in uguale proporzione, trattandosi d’arzille e stordite coppiette di sapore Old America (il peggio di Ginger Rogers e Fred Astaire ma con una spruzzata di Trump). I maschi sono solitamente dei lungagnoni ossuti come Gary Cooper e vestiti sul sobrio, pur con qualche discutibile puntata nello stile coloniale e/o hawaiano, le donne sono raramente inferiori al quintale e vestono come le cameriere negre di Rossella O’Hara in Via col Vento o come Doris Day ad Honolulu.
Delusi perché gli abitanti di questa copia di Venice (California, U.S.A.) non girano in costume d’epoca come i camerieri dell'omonimo albergo di Las Vegas, sono fermamente convinti che il Doge, Marco Polo e Casanova siano la stessa persona. Nei ristoranti accostano con disinvoltura il cappuccino, il latte macchiato o la Fanta ai folpetti in tècia o alle sarde in saòr (si narra di un vecchio nobilomo venessian, intento a suggere masanete al Graspo de Ua, che chiese al cameriere un paravento per evitare il disgusto di tali visioni...) e applaudono cori di panciuti gondolieri con repertorio partenopeo, ingurgitando pietanze da fucilazione immediata dello chef con successivo vilipendio del cadavere. Quasi sempre sotto scrosci di pioggia battente durante l'inevitabile gondol serenade si ammucchiano nelle gondole incappucciati in impermeabili di fortuna comperati sulle bancarelle, quelli di plastica trasparente tipo preservativo con il serbatoio che al primo colpo di vento si spalancano irrimediabilmente e che servono solo per inzupparsi in modo più omogeneo. Costoro subiscono stoicamente ore di tenore sfiatato e di fisarmonicista impazzito (ne ho sentito perfino uno che svisava sul tema del dott. Zivago…) .
Apprezzano abbastanza la simpatica trovata dei vaporetti (anche se a Disneyland sono più colorati.), ma si capisce che se ci fossero dei bei pullman granturismo con aria condizionata sarebbero più a loro agio e che si chiedono perplessi come mai questi fucked latins non abbiano ancora provveduto ad asfaltare i canali. In ogni caso, salgono e scendono dai battelli (sempre e rigorosamente quelli delle linee che dovrebbero essere riservate ai veneziani che lavorano) con snervante lentezza. Particolarmente insidiosa, in tal caso, è la cosiddetta "rulèta" che nel calcio è il particolare dribbling che si effettua girando improvvisamente attorno all'avversario per cambiare direzione. L'avanzato stato di stordimento della maggioranza dei partecipanti fa sì che ad ogni fermata una parte di loro tenti invariabilmente di sbarcare a terra, salvo rientrare all'improvviso a bordo precipitosamente e in pieno caos entrando in collisione con chi sta ancora scendendo. Tale tipo di turista (ma non solo lui, ci sono anche quelli convinti che gli imbarcaderi si muovano...) pensa, infatti, che a Venezia esista una sola fermata: S.Marco e quindi ogni volta che il battello accosta ad un pontile ritengono di essere arrivati. Ogni tanto qualcuno tra i più distratti resta davvero a terra e questo crea agitazione tra i superstiti che secondo i canoni dell'American way of life tentano con indignate proteste di indurre il capitano ad invertire la rotta e recuperare i dispersi, proprio come John Wayne nel film Berretti verdi. Naturalmente l'unica fermata dove non tentano neppure di scendere è proprio quella di S.Marco.
B-Gita Parrocchiale e/o Gita giornaliera mordi (il panino) e fuggi
Queste due tipologie le ho unite assieme perché hanno caratteristiche comuni. Carattere distintivo di questo tipo di comitive è la periodicità. Le gite parrocchiali compaiono prevalentemente in primavera, a partire dal ponte di Pasqua e intorno al mese Mariano e spariscono ai primi apparire dei bikini da Piazza quando gli subentrano le gite giornaliere mordi (il panino) e fuggi scaricate senza sosta dai bus turistici al Tronchetto o dai lancioni sulla Riva degli Schiavoni nei mesi estivi. Tutti costoro si muovono in prevalenza a piedi creando lunghe fiumane lungo Strada Nova, calle lunga San Polo e le Mercerie, ma talvolta si trovano in gran numero anche sui vaporetti della linea 1 che di fermata in fermata percorrono lentissimi tutto il Canal Grande in modo che loro possano occupare qualsiasi spazio all'aperto a prora, a poppa e davanti ai barcarizzi per fare fotografie. Le gite parrocchiali si trovano facilmente intorno alle principali chiese e basiliche per ovvi motivi ideologici le altre soprattutto in Piazza e nelle direttrici di transito tra Rialto, la stazione e San Marco. Tra i segni distintivi di questi appassiti visitors parrocchiali si annoverano: strani dialetti basso-padani o apulo-sannitici, età avanzata, fisico tarchiato, abiti dimessi e/o da festa paesana, scia di briciole di pane e di bucce di mortadella (quella con i riflessi arcobaleno, da 50 centesimi all’etto), una forte concentrazione di parroci e suore da pastore. Sono molto spartani nello stile di vita perché pare non abbisognino di altro per dissetarsi se non di un bottiglione tappo corona di Cabernet del discount tagliato con l’Idrolitina.
Le comitive giornaliere mordi (il panino) e fuggi, invece sono prevalentemente cosmopolite, di età media abbastanza giovane e indossano solitamente jeans corti e sdruciti, magliette da squadra di calcio o tipo Michigan University e t-shirt con frasi idiote, canottiere con le ascelle bene in vista oltre alle immancabili infradito e le scarpe Adidas da jogging indossate senza calzino, per la gioia di chi gli siederà accanto in vaporetto. Costoro, che sciamano per le calli trasformate in suk alla ricerca della paccottiglia souvenir che gli consenta di dire di essere stati a Venezia, avanzano con lo stesso incedere indolente della processione tarantina dei Perdoni (due passi avanti e uno indietro), si ammassano solitamente nel triangolo tra Rialto, i Frari e San Marco e si nutrono esclusivamente di street food, quindi panini con la mortadella, kebab e pizzette da addentare trangugiando lattine di Fanta, Coca o birra che poi verranno abbandonate schiacciate sul posto, gettate in canale o infilate tra le inferriate delle finestre dei palazzi. Consumano di solito i pasti seduti sui gradini delle Procuratie (se non arrivano i vigili) su quelli dei ponti, sulle panchine dei Giardinetti Napoleonici e a volte anche seduti sul bordo di Riva degli Schiavoni con i piedi penzolanti nell'acqua e combattendo con i gabbiani. Completamente sprovvisti della benché minima nozione storica e di buon gusto acquistano esclusivamente da quei simpatici tagliagole delle bancarelle le cose più repellenti senza battere ciglio, purché ritenute (da loro) economiche. Sono quindi ripuliti fino alle mutande per l’acquisto di maschere da Pierrot Lunaire con lacrima di lustrini, merletti di Burano made in Taiwan (ma fatti laggiù rigorosamente a mano!), orsetti in peluche con remo e cappello da gondoliere, magliette I love Venice, pellicole Kodak scadute nel 1967, torri di Pisa, David, Bronzetti di Riace e tronchetti di abete con veduta dolomitica e saluti dalla Val Gardena. Talvolta arrivano fino all'acquisto (con mutuo ipotecario) delle rivoltanti coppiette di damini e damine di vetro fatte a Poggibonsi (notoriamente in provincia di Murano) che nelle case più raffinate hanno preso il posto, insieme con le immagini di Papa Giovanni XXIII e di J.F. Kennedy serigrafate su piatto (tanto care alle gite parrocchiali), della tradizionale gondola in plastica con la ballerina in tutù che danza il valzer delle candele al suono del carillon. A fine gita, e nell'attesa di rientrare sul bus o sul battello che li riporterà nei loro lontani alberghi o campeggi, in disciplinata coda nelle calli più buie aspettano il turno per orinare contro i muri perché i bar a Venezia hanno sempre il bagno guasto per chi non consuma.
C- Giapponesi
Arrivano sempre più numerosi grazie a degli Europa Tour organizzati in modo che solo la leggendaria pazienza orientale può reggere. Infatti in soli quattro giorni (compresi il volo d’andata e il ritorno per Tokyo) gli Jap riescono di solito a vedere Parigi, Londra, Roma, Amsterdam, la Torre di Pisa e Venezia. Il vero divertimento lo devono provare, una volta a casa, nel riordinare le fotografie e cercare di ricordare se il Colosseo era ad Amsterdam o a Pisa. In realtà di fronte alla nostra cultura devono provare lo stesso senso d’impotente estraneità che proviamo noi di fronte al teatro Kabuki o ai lottatori di Sumo. Camminano silenziosi, irregimentati in plotoncini e sono molto popolari tra i gondolieri e i ristoratori veneziani perché possono essere stipati anche in dieci per gondola (o tavolo) e pagano senza fiatare qualsiasi conto gli sia presentato. anche quello dei vicini.
Anni fa ho letto di alcuni giapponesi che avevano pagato un’aragosta di poco più di un chilo la bellezza di quattrocento euro. Nel caso in questione uno di loro, avvertendo una volta tanto...un senso di pressione dolorosa nell’apposita scanalatura posteriore, chiese timidamente lumi ad un vigile che trenta secondi dopo aveva già fatto sigillare il locale. Anche loro affrontano dunque, con lo stoico coraggio dei samurai, qualsiasi cibo gli sia offerto come tipical venetian food, comprese le olive ascolane o la caprese di pomodoro e mozzarella industriale.
L'unico disappunto su quei volti altrimenti imperscrutabili lo noti quando cercano invano di utilizzare i grissini torinesi come bacchette. Ogni volta che la bacchetta si sbriciola scuotono sconfortati i loro craponi orientali emettendo strani suoni gutturali. Lo stesso accade quando il cameriere, dopo essersi visto cortesemente rifiutare l’imposizione automatica del sedicente prosecco della casa, gli porta una fumante tazzina alla volta di Tè Ati nuovo raccolto (ogni mezz'ora e con crescente malagrazia.) .
Non disturbano, quindi, gli orientali Jap, ma, essendo dappertutto e numerosissimi, alla fine sono fastidiosi come uno sciame di chironomidi .
D-Gita scolastica.
È il tipo di comitiva più micidiale. Rasenta il codice penale, nel senso che è molto duro resistere alla tentazione di farsi giustizia da sé, come un qualsiasi Exterminator, scaraventando a mare una buona parte dei suoi componenti. Fortunatamente tale tipo di comitiva si esaurisce in pochi mesi, in concomitanza con gli esami e le vacanze estive. Caratteristica dell’orda è quella di essere, una volta a bordo di un motoscafo, in perpetuo movimento e comunque completamente disinteressata al fatto di stare a Venezia e non a Suzzara, a Garbagnate o a Cesano Boscone.
Nel breve tratto di una corsa tra Piazzale Roma e S.Marco nascono repentini amori, litigi selvaggi, e appassionate dispute calcistiche sotto lo sguardo assente di docenti presumibilmente avviliti dalla qualifica di dipendente statale o dal proprio precariato. I pochi che simulano una qualche strumentale attenzione per l'ambiente circostante, in vista degli scrutini finali, si abbandonano a ripetute e gioiose esclamazioni di: "Guarda! Ci stanno le gondole per davvero..." dandosi di gomito e sbracciandosi festosi ad ogni natante incrociato, fosse pure la bettolina degli spazzini. Siccome il darsi di gomito è contagioso come il passaparola, dopo un po' ti troverai coinvolto tuo malgrado e ti sembrerà di giocare a rugby contro gli All Blacks. Questo tipo di mucchio selvaggio appena preso terra svolge subito un intensa attività sportiva che prevede alcune innovative discipline agonistiche. Tali sono, infatti, le gare di suona il campanello e fuggi, di salta pozzo e, soprattutto, di Fanta-calcio.
Il Fanta-calcio si gioca per l'appunto con una lattina vuota della nota bevanda e due squadre di trentacinque/quaranta giocatori con tre portieri per parte. Il gioco riesce particolarmente bene se si svolge in un campo di particolare transito o in Piazza S. Marco. Si segna il punto quando la lattina, cannoneggiata alla Ibrahimovic, colpisce alla nuca una qualche vecchietta di passaggio. Lo sdeng! che ne consegue costituisce il segnale acustico del punto conseguito.
I pochi restii all'attività fisica possono dedicarsi con profitto alle creative suggestioni del disegno e/o incisione con pennarello e/o mazzo di chiavi. Fioriscono così veri e propri capolavori in stile elvetico, gotico, Bodoni e New wave tra i quali possiamo citare un monumentale: Elvis lives! (portici del Palazzo Ducale), uno sportiveggiante: romanisti feroci, laziali veloci. (interno Basilica), un vigoroso e perentorio: III Magistrale Ist. G. Deledda (Scuola grande S.Rocco) in pennarello fluorescente, uno struggente: Deborah, ti amo ancora e, per finire, un postmoderno e francamente pettegolo: Cinzia F. fa l'amore con Gigi (auguri e figli maschi!).
Quando ero studente io, e qui lo dico con invidia, le nostre gite scolastiche si spingevano al massimo a Cividale o ad Aquileia, duravano dalla mattina alla sera della domenica e comprendevano obbligatoriamente la Santa Messa (lascio immaginare la devozione con la quale veniva seguita...).
L’unica volta che si fece una gita un po’ più lunghina, addirittura con pernottamento, si andò a Firenze in un albergo che, se non ricordo male, era nella centralissima Via dè Pancani. I professori, come previsto, montavano una guardia feroce alle stanze delle nostre compagne (era il 1966 e l’Italia era ancora terribilmente conformista…) e così noi, rassegnati, ma pur sempre eccitatissimi, ci raggruppammo in una stanza e cominciammo febbrilmente a gonfiare i preservativi che uno di noi (non si sa per farne che...) si era portato dietro. I graziosi ed inconfondibili palloncini ottenuti erano poi fatti uscire dalla finestra tra le risate generali e varie considerazioni amene sui fratelli Montgolfier. Un professore ne raccolse un paio per strada, davanti alla porta dell'albergo e fu grande scandalo.
Il viaggio di ritorno in treno si trasformò in una sorta d’udienza in tribunale con il professore di chimica in veste di Pubblico Ministero e i sospettati convocati e fatti entrare ad uno ad uno nello scompartimento dei giudici per l'interrogatorio. L'ideatore di tanto delitto contro la pubblica morale fiorentina, individuato grazie alla delazione del suo compagno di banco scoppiato in lacrime, fu sospeso per una settimana e le famiglie degli altri lanciatori furono avvisate del malfatto. Indovinate chi era?